Autore originale: Mai Kusakabe
Traduzione:
Lilian
Potter
Pairing: Marco/Ace [Shonen-ai;
raiting verde]
Disclaimer:
Tutti
i diritti ad Eiichiro Oda.
Note: Si consiglia di
leggere
ascoltando la canzone Pale, dei Within Temptation
PALE
The world seems not the same
Though I know nothing has changed
It's all my state of mind
I can't leave it all behind
Have to stand up to be stronger
Marco
era sdraiato sopra le coperte del disordinato letto della sua cabina,
con una
bottiglia di sakè mezza piena in una mano e ormai varie vuote, di
quello stesso
giorno e di tanti altri come quello, sparse sul pavimento.
Da
vari mesi, tutti i giorni seguiva la stessa routine.
Si
alzava stando relativamente bene, visto che i suoi poteri gli
prevenivano un
dopo sbornia e, disgraziatamente, evitavano anche che si ubriacasse.
Usciva a
fare colazione, dato che sapeva quanto aveva sofferto la ciurma nelle
prime
settimane quando lui non appariva mai, controllava che quelli che erano
ancora
feriti stessero migliorando e passava il giorno cercando di
riorganizzare la
sparpagliata ciurma dei pirati di Barbabianca che affrontava la perdita
di
molti membri.
Durante
la notte se ne andava nella sua cabina appena dopo aver cenato, e se
qualcuno
aveva notato le bottiglie di alcool che sempre lo accompagnavano in
quei
momenti nessuno aveva mai detto niente.
Ogni
qualvolta che apriva la porta non poteva impedirsi di pensare che
quella
cabina, adesso solo la sua cabina,
era stata di entrambi. Di loro due. E
ciò faceva in modo che la prima bottiglia venisse aperta persino prima
di
arrivare al letto, che se qualche volta era stato rifatto in quei mesi
era unicamente
perché una volta alla settimana Izou assaltava la sua cabina con un
gruppo di
membri della ciurma per pulirla un po’.
I Have to try to break free
From the thoughts in my mind
Use the time that I have
I can say goodbye
Have to make it right
Have to fight, 'cause I know
In the end it's worthwhile
That the pain that I feel slowly fades away
It will be all right
Marco
non si mostrava depresso di fronte alla ciurma e cercava di atteggiarsi
come
aveva fatto quando era ancora il responsabile comandante della prima
flotta e
secondo al comando di Barbabianca. Sapeva che adesso, come nuovo capitano, dal suo stato d’animo
dipendeva in grande proporzioni il recupero della ciurma.
Questo
non impediva tuttavia che in privato si lasciasse trasportare dalle
emozioni
che lo consumavano dentro.
I know, should realize
Time is precious, it is worthwhile
Despite how I feel inside
Have to trust it'll be alright
Have to stand up to be stronger
Quel
primo giorno, dopo aver sotterrato i caduti e la partenza di Shanks e
la sua
ciurma, Marco aspettò che tutti terminassero di cenare e che si
sistemassero
per la notte, tanto i feriti quanto quelli che si occupavano di fare la
guardia
come quelli che erano già stati curati ed andavano a riposarsi.
Allora
andò in cucina e si portò una cassa intera di bottiglie in cabina.
Non
fu fino alla terza bottiglia che ricordò che mai, da quando aveva quel
potere,
era stato capace di ubriacarsi, senza importare quanto bevesse.
La
bottiglia che aveva in mano scoppiò in pezzi di vetro per via del
furioso colpo
contro il muro di fronte al letto.
Quella
che in passato era stata una fonte di divertimento e motivo di più di
uno
scherzo pesante a discapito di qualche nakama adesso si era convertita
in una
maledizione.
Quella
fu la prima volta, dopo il termine della battaglia, che Marco pianse.
Raggomitolato
sul letto, abbracciato al cuscino che era solito abbracciare Ace di
notte, con
le lacrime seccandosi sul suo viso e nelle giallastre lenzuola, Marco
perse
coscienza per puro esaurimento praticamente all’alba.
I have to try to break free
From the thoughts in my mind
Use the time that I have
I can say goodbye
Have to make it right
Have to fight 'cause I know
In the end it's worthwhile
That the pain that I feel slowly fades away
It will be all right
Fu
la mattina dopo, quando Jozu e Vista andarono a vedere perché non era
comparso
a fare colazione, che Marco decise che doveva apparire forte di fronte
alla ciurma.
Vedere le espressioni di costernazione, angustia e persino paura nella
sua
ciurma gli aveva mostrato l’importanza che la sua integrità aveva per
loro.
Da
allora Marco si assicurava di alzarsi prima dell’ora in cui
cominciavano a
servire le colazioni, ma questo non gli impediva di passare le notti a
cercare inutilmente
di ubriacarsi.
Le
profonde occhiaie sotto i suoi occhi erano un piccolo prezzo da pagare
con il
quale avrebbero dovuto abituarsi a convivere.
Oh, this night is too long
Have no strength to go on
No more pain I'm floating away
Through the mist see the face
Of an angel, who calls my name
I remember you're the reason I have to stay
Quel
giorno, in cambio, Marco dubitava che sarebbe apparso sul ponte, che
fosse per
mangiare, pranzare o cenare.
Nessuno
aveva avuto la forza di festeggiare l’evento, e la cena era stata
persino più
sobria di quella delle prime settimane, ma adesso era ancora peggio.
Perché la
mezzanotte era passata e con lei era arrivato un mese nuovo, capodanno.
L’uno
gennaio.
Marco
finì la quarta bottiglia con un solo sorso e la gettò al suolo, il
vetro
infrangendosi rumorosamente contro il legno, e tutto ciò senza smettere
di
abbracciare quel cuscino che aveva perso l’odore dell’altro uomo ormai
tempo
prima che la guerra terminasse.
Se
aveva sopportato tanto tempo era per la silenziosa promessa che aveva
fatto
quel fatidico giorno.
Non
appena si era liberato dalle manette di algamatolite era corso per
cercare di fermare
Akainu. Non avrebbe fatto in tempo a salvare Ace, e la consapevolezza
aveva
colpito il suo petto molto più dolorosamente di quanto lo avessero
fatto gli
attacchi di Kizaru, ma se poteva donare a Ace degli ultimi istanti con
suo
fratello, avrebbe fatto tutto il necessario per riuscirci.
Fu
nell’essere tanto vicino a lui, tanto dolorosamente vicino e al
contempo
lontano, che potè ascoltare le parole:
‘’Il
mio unico
rimpianto… è di non averti visto realizzare il tuo sogno.’’
Fu
in quel momento che Marco promise a Ace, nonostante lui non avrebbe
potuto più
sentirlo neppure se lo avesse detto ad alta voce, che si sarebbe
assicurato che
quel ragazzo per il quale il suo amante aveva dato la vita senza
neppure pensarci,
il suo fratellino, realizzasse il suo sogno. Marco se ne sarebbe
assicurato.
Fosse dovunque fosse, Ace avrebbe visto Rufy diventare il re dei pirati.
Quella
notte, quella promessa era l’unica cosa che lo tratteneva lì, quella
promessa e
la speranza di tornare a sentire una mano sui suoi capelli, delle
labbra sulla
sua fronte o una carezza sulla guancia come tante notti la sua mente
gli aveva
fatto credere di sentire nel perdere conoscenza.
Ed
eccola lì, la mano sulla sua guancia. Presto si sarebbe addormentato,
con il
ricordo di Ace ancora impresso sul suo corpo. Le dita si mossero ed il
primo
sorriso da molto tempo cominciò a stirarsi sulle labbra di Marco. Così,
con gli
occhi chiusi, nel letto di entrambi, poteva credere, per pochi secondi,
che
fosse lì.
-Marco…-
I
suoi occhi si aprirono immediatamente, senza che lui avesse avuto il
tempo di
elaborare l’ordine.
Gli
era sembrato…
Lì,
di fronte ai suoi occhi sopra al materasso, c’era la forma di una gamba
coperta
dalla stoffa di un pantalone nero che sprofondava nel materasso.
Se
quello era ciò che implicava l’essere diventato pazzo, desiderava che
fosse
successo nel momento stesso in cui il corpo di Ace era caduto, inerte,
sopra il
suolo di Marineford.
La
mano si mosse, salendo sulla sua tempia, di fianco alla sua testa e
sprofondando nella sua massa di capelli biondi.
-Marco,
guardami.-
Marco
obbedì.
Che
fosse una visione, un prodotto della sua immaginazione, della sua
memoria o
persino un fantasma, Ace era lì, di fronte a lui. Si alzò lentamente,
col
timore che quella mano lasciasse la sua testa e che con essa se ne
andasse
quell’immagine, e presto i suoi occhi incontrarono quel famigliare viso
con le
guance coperte di lentiggini. Dell’ampio e sfrontato sorriso non c’era
neppure
traccia.
Strano.
Marco si sarebbe aspettato che un’immagine di Ace prodotta dalla sua
mente
ridesse del suo deplorevole stato. Un Ace prodotto dalla sua mente non
sarebbe
morto.
-Non
stai allucinando, Marco.- disse Ace, serio, e Marco sorrise con
amarezza.
-Certo
che no, Ace.-
-Sono
serio, non stai allucinando e sono davvero morto a Marineford.-
-Non
dirlo!- gridò Marco, afferrandolo per le spalle. –Sei qui, non sei
morto!-
La
mano sui suoi capelli cominciò a muoversi in una confortante carezza e
l’altra
si alzò per deporsi sopra la sua guancia.
-Ma
lo sono, e presto dovrò andarmene.-
-No…!-
-Il
Babbo, Thatch e tutti gli altri ti mandano saluti, e ti chiedono di
occuparti
della nostra famiglia. Già lo sai che sono un disastro e che da soli
non ce la
farebbero.-
-Ace,
per favore…-
Il
ragazzo negò con la testa.
-Non
posso restare, questo ormai non è più il mio posto.-
-Allora
lasciami venire con te.- domandò Marco, disperato.
-Davvero
lo faresti? Se potessi, davvero lasceresti tutti per venire con me?-
Marco
volle dire di sì, che l’avrebbe fatto, ma non fu capace di forzare la
parola ad
oltrepassare le sue labbra.
-Come
pensavo.- Ace sorrise. Per la prima volta da molto tempo, Marco vide
quel
radiante sorriso illuminare il viso di
Ace. –Inoltre, mi hai fatto una promessa, ricordi?-
-…
lo sapevi?-
-Non
la smettevi di ripeterla, per un momento ho creduto che non avresti
pensato a
nient’altro.-
-Avevo
bisogno di qualcosa per continuare.-
-Ed
ancora si mantiene, vero?-
Marco
osò per la prima volta da quell’incontro alzare la mano e la portò al
viso di
Ace, accarezzandolo con stupefacente reverenza. Era lì, ed anche se le
sue mani
lo avevano toccato fin dall’inizio, non aveva potuto crederci fino a
quel
momento.
Assentì.
Ace
aveva voluto vedere suo fratello realizzare il suo sogno. La
convinzione di
Marco aumentò, adesso che sapeva con certezza che poteva osservarli.
Non
avrebbe lasciato che Ace avesse dei rimpianti.
-Io
continuerò a stare qui. Verrò a cercarti quando arriverà il momento.-
-Lo
prometti?-
-Lo
prometto.-
Rimasero
in silenzio per un lungo momento, forse ore, minuti o forse semplici
secondi,
che si trasformarono in un’eternità prima che Ace tornasse a parlare:
-Devi
dormire.-
Marco
volle protestare, argomentare che non aveva bisogno di riposare se
poteva
averlo con lui. Ma conosceva Ace, e quell’espressione seria diceva che
non
ammetteva repliche.
-Tornerai
a visitarmi?-
-Non
lo so. Ma farò il possibile perché così sia.-
-Allora
ti aspetterò. Visto quanto sei testardo nessuno ti dirà di no.-
Marco
sorrise debolmente, ed anche Ace sorrise.
Il
ragazzo si inclinò in avanti, unendo le sue labbra a quelle di Marco,
come non
erano potute stare da praticamente un anno ormai, in un bacio
interrotto ed
intenso ad occhi aperti. Poco a poco, le mani di Ace si spostarono
sulle spalle
di Marco e lo fecero sdraiarsi sul materasso.
Marco
cercò di lottare contro la pesantezza che cominciava a forzare i suoi
occhi a
chiudersi, ma perse la battaglia e l’ultima cosa di cui fu cosciente
furono
quei brillanti occhi neri carichi di liquido e della prima lacrima che
cadeva
da essi sopra la sua guancia.
I Have to try to break free
From the thoughts in my mind
Use the time that I have
I can’t say goodbye
Have to make it right
Have to fight, ‘cause I know
In the end it's worthwhile
That the pain that I feel slowly fades away
It will be all right
Quella
mattina Marco si svegliò sentendosi riposato per la prima volta da
molto tempo.
La posizione del sole indicava che era già da un pezzo che la colazione
era
finita, probabilmente persino il pranzo era già passato, ma nessuno era
andato
a cercarlo come il primo giorno.
Sicuramente
perché non si erano aspettati di vederlo quel giorno.
Ma,
anche questo per la prima volta da molto, Marco cominciava a sentirsi
meglio.
Ricordava
le mani di Ace che lo accarezzavano dolcemente, le sue parole, le sue
labbra
sopra le proprie. E poteva suonare come una pazzia, ma sapeva che non
era stato
un sogno o un’illusione, e non per la pressione che poteva ancora
sentire sulle
labbra se si concentrava a sufficienza, se non perché se fosse stato un
sogno o
un’illusione Marco si sarebbe svegliato sentendosi peggio di com’era
stato
nell’andare a dormire.
Aveva
sognato abbastanza volte Ace da saperlo.
Adesso
Marco aveva una promessa da compiere per il suo amante. Aveva anche un
compito
verso la sua famiglia da portare a termine.
E,
anche se non sapeva ancora quando, aveva un appuntamento. Poteva essere
che
passassero settimane, o persino mesi, ma sapeva che lo avrebbe avuto.
Seguito
da altri, fino a quando la sua promessa fosse giunta a compimento e lui
potesse
assicurarsi che i membri della sua famiglia sarebbero stati bene.
Ed
allora sarebbe potuto tornare a stare nuovamente con Ace.
FINE
A volte anche Marco
può
dimostrarsi debole.
E dato che né io né voi possiamo portarci questo carico sul cuore, vi aspetto stasera per l’inizio di una nuova long, In the Shadows. A più tardi. (: