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Autore: Mai Kusakabe    04/05/2014    5 recensioni
-Ace, per favore…-
Durante la notte se ne andava nella sua cabina appena dopo aver cenato, e se qualcuno aveva notato le bottiglie di alcool che sempre lo accompagnavano in quei momenti nessuno aveva mai detto niente.

Marco cercava di mantenersi a galla dopo la morte di Ace. Ace venne ad aiutarlo. [Marco/Ace]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Autore originale: Mai Kusakabe
Traduzione: Lilian Potter
Pairing: Marco/Ace [Shonen-ai; raiting verde]
Disclaimer: Tutti i diritti ad Eiichiro Oda.
Note: Si consiglia di leggere ascoltando la canzone Pale, dei Within Temptation

 

 

PALE

 

The world seems not the same
Though I know nothing has changed
It's all my state of mind
I can't leave it all behind
Have to stand up to be stronger

 

Marco era sdraiato sopra le coperte del disordinato letto della sua cabina, con una bottiglia di sakè mezza piena in una mano e ormai varie vuote, di quello stesso giorno e di tanti altri come quello, sparse sul pavimento.

 

Da vari mesi, tutti i giorni seguiva la stessa routine.

 

Si alzava stando relativamente bene, visto che i suoi poteri gli prevenivano un dopo sbornia e, disgraziatamente, evitavano anche che si ubriacasse. Usciva a fare colazione, dato che sapeva quanto aveva sofferto la ciurma nelle prime settimane quando lui non appariva mai, controllava che quelli che erano ancora feriti stessero migliorando e passava il giorno cercando di riorganizzare la sparpagliata ciurma dei pirati di Barbabianca che affrontava la perdita di molti membri.

 

Durante la notte se ne andava nella sua cabina appena dopo aver cenato, e se qualcuno aveva notato le bottiglie di alcool che sempre lo accompagnavano in quei momenti nessuno aveva mai detto niente.

 

Ogni qualvolta che apriva la porta non poteva impedirsi di pensare che quella cabina, adesso solo la sua cabina, era stata di entrambi. Di loro due. E ciò faceva in modo che la prima bottiglia venisse aperta persino prima di arrivare al letto, che se qualche volta era stato rifatto in quei mesi era unicamente perché una volta alla settimana Izou assaltava la sua cabina con un gruppo di membri della ciurma per pulirla un po’.

 

 

I Have to try to break free
From the thoughts in my mind
Use the time that I have
I can say goodbye
Have to make it right
Have to fight, 'cause I know

In the end it's worthwhile
That the pain that I feel slowly fades away
It will be all right

 

 

Marco non si mostrava depresso di fronte alla ciurma e cercava di atteggiarsi come aveva fatto quando era ancora il responsabile comandante della prima flotta e secondo al comando di Barbabianca. Sapeva che adesso, come nuovo capitano, dal suo stato d’animo dipendeva in grande proporzioni il recupero della ciurma.

 

Questo non impediva tuttavia che in privato si lasciasse trasportare dalle emozioni che lo consumavano dentro.

 

I know, should realize
Time is precious, it is worthwhile
Despite how I feel inside
Have to trust it'll be alright
Have to stand up to be stronger

 

Quel primo giorno, dopo aver sotterrato i caduti e la partenza di Shanks e la sua ciurma, Marco aspettò che tutti terminassero di cenare e che si sistemassero per la notte, tanto i feriti quanto quelli che si occupavano di fare la guardia come quelli che erano già stati curati ed andavano a riposarsi.

 

Allora andò in cucina e si portò una cassa intera di bottiglie in cabina.

 

Non fu fino alla terza bottiglia che ricordò che mai, da quando aveva quel potere, era stato capace di ubriacarsi, senza importare quanto bevesse.

 

La bottiglia che aveva in mano scoppiò in pezzi di vetro per via del furioso colpo contro il muro di fronte al letto.

 

Quella che in passato era stata una fonte di divertimento e motivo di più di uno scherzo pesante a discapito di qualche nakama adesso si era convertita in una maledizione.

 

Quella fu la prima volta, dopo il termine della battaglia, che Marco pianse. Raggomitolato sul letto, abbracciato al cuscino che era solito abbracciare Ace di notte, con le lacrime seccandosi sul suo viso e nelle giallastre lenzuola, Marco perse coscienza per puro esaurimento praticamente all’alba.

 

I have to try to break free
From the thoughts in my mind
Use the time that I have
I can say goodbye
Have to make it right
Have to fight 'cause I know

In the end it's worthwhile
That the pain that I feel slowly fades away
It will be all right

 

Fu la mattina dopo, quando Jozu e Vista andarono a vedere perché non era comparso a fare colazione, che Marco decise che doveva apparire forte di fronte alla ciurma. Vedere le espressioni di costernazione, angustia e persino paura nella sua ciurma gli aveva mostrato l’importanza che la sua integrità aveva per loro.

 

Da allora Marco si assicurava di alzarsi prima dell’ora in cui cominciavano a servire le colazioni, ma questo non gli impediva di passare le notti a cercare inutilmente di ubriacarsi.

 

Le profonde occhiaie sotto i suoi occhi erano un piccolo prezzo da pagare con il quale avrebbero dovuto abituarsi a convivere.

 

Oh, this night is too long
Have no strength to go on
No more pain I'm floating away
Through the mist see the face
Of an angel, who calls my name
I remember you're the reason I have to stay

 

Quel giorno, in cambio, Marco dubitava che sarebbe apparso sul ponte, che fosse per mangiare, pranzare o cenare.

 

Nessuno aveva avuto la forza di festeggiare l’evento, e la cena era stata persino più sobria di quella delle prime settimane, ma adesso era ancora peggio. Perché la mezzanotte era passata e con lei era arrivato un mese nuovo, capodanno.

 

L’uno gennaio.

 

Marco finì la quarta bottiglia con un solo sorso e la gettò al suolo, il vetro infrangendosi rumorosamente contro il legno, e tutto ciò senza smettere di abbracciare quel cuscino che aveva perso l’odore dell’altro uomo ormai tempo prima che la guerra terminasse.

 

Se aveva sopportato tanto tempo era per la silenziosa promessa che aveva fatto quel fatidico giorno.

 

Non appena si era liberato dalle manette di algamatolite era corso per cercare di fermare Akainu. Non avrebbe fatto in tempo a salvare Ace, e la consapevolezza aveva colpito il suo petto molto più dolorosamente di quanto lo avessero fatto gli attacchi di Kizaru, ma se poteva donare a Ace degli ultimi istanti con suo fratello, avrebbe fatto tutto il necessario per riuscirci.

 

Fu nell’essere tanto vicino a lui, tanto dolorosamente vicino e al contempo lontano, che potè ascoltare le parole:

 

‘’Il mio unico rimpianto… è di non averti visto realizzare il tuo sogno.’’

 

Fu in quel momento che Marco promise a Ace, nonostante lui non avrebbe potuto più sentirlo neppure se lo avesse detto ad alta voce, che si sarebbe assicurato che quel ragazzo per il quale il suo amante aveva dato la vita senza neppure pensarci, il suo fratellino, realizzasse il suo sogno. Marco se ne sarebbe assicurato. Fosse dovunque fosse, Ace avrebbe visto Rufy diventare il re dei pirati.

 

Quella notte, quella promessa era l’unica cosa che lo tratteneva lì, quella promessa e la speranza di tornare a sentire una mano sui suoi capelli, delle labbra sulla sua fronte o una carezza sulla guancia come tante notti la sua mente gli aveva fatto credere di sentire nel perdere conoscenza.

 

Ed eccola lì, la mano sulla sua guancia. Presto si sarebbe addormentato, con il ricordo di Ace ancora impresso sul suo corpo. Le dita si mossero ed il primo sorriso da molto tempo cominciò a stirarsi sulle labbra di Marco. Così, con gli occhi chiusi, nel letto di entrambi, poteva credere, per pochi secondi, che fosse lì.

 

-Marco…-

I suoi occhi si aprirono immediatamente, senza che lui avesse avuto il tempo di elaborare l’ordine.

Gli era sembrato…

 

Lì, di fronte ai suoi occhi sopra al materasso, c’era la forma di una gamba coperta dalla stoffa di un pantalone nero che sprofondava nel materasso.

 

Se quello era ciò che implicava l’essere diventato pazzo, desiderava che fosse successo nel momento stesso in cui il corpo di Ace era caduto, inerte, sopra il suolo di Marineford.

 

La mano si mosse, salendo sulla sua tempia, di fianco alla sua testa e sprofondando nella sua massa di capelli biondi.

 

-Marco, guardami.-

Marco obbedì.

 

Che fosse una visione, un prodotto della sua immaginazione, della sua memoria o persino un fantasma, Ace era lì, di fronte a lui. Si alzò lentamente, col timore che quella mano lasciasse la sua testa e che con essa se ne andasse quell’immagine, e presto i suoi occhi incontrarono quel famigliare viso con le guance coperte di lentiggini. Dell’ampio e sfrontato sorriso non c’era neppure traccia.

 

Strano. Marco si sarebbe aspettato che un’immagine di Ace prodotta dalla sua mente ridesse del suo deplorevole stato. Un Ace prodotto dalla sua mente non sarebbe morto.

 

-Non stai allucinando, Marco.- disse Ace, serio, e Marco sorrise con amarezza.

 

-Certo che no, Ace.-

-Sono serio, non stai allucinando e sono davvero morto a Marineford.-

 

-Non dirlo!- gridò Marco, afferrandolo per le spalle. –Sei qui, non sei morto!-

La mano sui suoi capelli cominciò a muoversi in una confortante carezza e l’altra si alzò per deporsi sopra la sua guancia.

 

-Ma lo sono, e presto dovrò andarmene.-

 

-No…!-

 

-Il Babbo, Thatch e tutti gli altri ti mandano saluti, e ti chiedono di occuparti della nostra famiglia. Già lo sai che sono un disastro e che da soli non ce la farebbero.-

 

-Ace, per favore…-

Il ragazzo negò con la testa.

 

-Non posso restare, questo ormai non è più il mio posto.-

 

-Allora lasciami venire con te.- domandò Marco, disperato.

-Davvero lo faresti? Se potessi, davvero lasceresti tutti per venire con  me?-

 

Marco volle dire di sì, che l’avrebbe fatto, ma non fu capace di forzare la parola ad oltrepassare le sue labbra.

 

-Come pensavo.- Ace sorrise. Per la prima volta da molto tempo, Marco vide quel radiante sorriso  illuminare il viso di Ace. –Inoltre, mi hai fatto una promessa, ricordi?-

 

-… lo sapevi?-

-Non la smettevi di ripeterla, per un momento ho creduto che non avresti pensato a nient’altro.-

 

-Avevo bisogno di qualcosa per continuare.-

-Ed ancora si mantiene, vero?-

 

Marco osò per la prima volta da quell’incontro alzare la mano e la portò al viso di Ace, accarezzandolo con stupefacente reverenza. Era lì, ed anche se le sue mani lo avevano toccato fin dall’inizio, non aveva potuto crederci fino a quel momento.

 

Assentì.

 

Ace aveva voluto vedere suo fratello realizzare il suo sogno. La convinzione di Marco aumentò, adesso che sapeva con certezza che poteva osservarli. Non avrebbe lasciato che Ace avesse dei rimpianti.

 

-Io continuerò a stare qui. Verrò a cercarti quando arriverà il momento.-

 

-Lo prometti?-

-Lo prometto.-

 

Rimasero in silenzio per un lungo momento, forse ore, minuti o forse semplici secondi, che si trasformarono in un’eternità prima che Ace tornasse a parlare:

 

-Devi dormire.-

 

Marco volle protestare, argomentare che non aveva bisogno di riposare se poteva averlo con lui. Ma conosceva Ace, e quell’espressione seria diceva che non ammetteva repliche.

 

-Tornerai a visitarmi?-

-Non lo so. Ma farò il possibile perché così sia.-

 

-Allora ti aspetterò. Visto quanto sei testardo nessuno ti dirà di no.-

 

Marco sorrise debolmente, ed anche Ace sorrise.

 

Il ragazzo si inclinò in avanti, unendo le sue labbra a quelle di Marco, come non erano potute stare da praticamente un anno ormai, in un bacio interrotto ed intenso ad occhi aperti. Poco a poco, le mani di Ace si spostarono sulle spalle di Marco e lo fecero sdraiarsi sul materasso.

 

Marco cercò di lottare contro la pesantezza che cominciava a forzare i suoi occhi a chiudersi, ma perse la battaglia e l’ultima cosa di cui fu cosciente furono quei brillanti occhi neri carichi di liquido e della prima lacrima che cadeva da essi sopra la sua guancia.

 

I Have to try to break free
From the thoughts in my mind
Use the time that I have
I can’t say goodbye
Have to make it right
Have to fight, ‘cause I know

In the end it's worthwhile
That the pain that I feel slowly fades away
It will be all right

 

Quella mattina Marco si svegliò sentendosi riposato per la prima volta da molto tempo. La posizione del sole indicava che era già da un pezzo che la colazione era finita, probabilmente persino il pranzo era già passato, ma nessuno era andato a cercarlo come il primo giorno.

 

Sicuramente perché non si erano aspettati di vederlo quel giorno.

 

Ma, anche questo per la prima volta da molto, Marco cominciava a sentirsi meglio.

 

Ricordava le mani di Ace che lo accarezzavano dolcemente, le sue parole, le sue labbra sopra le proprie. E poteva suonare come una pazzia, ma sapeva che non era stato un sogno o un’illusione, e non per la pressione che poteva ancora sentire sulle labbra se si concentrava a sufficienza, se non perché se fosse stato un sogno o un’illusione Marco si sarebbe svegliato sentendosi peggio di com’era stato nell’andare a dormire.

 

Aveva sognato abbastanza volte Ace da saperlo.

 

Adesso Marco aveva una promessa da compiere per il suo amante. Aveva anche un compito verso la sua famiglia da portare a termine.

 

E, anche se non sapeva ancora quando, aveva un appuntamento. Poteva essere che passassero settimane, o persino mesi, ma sapeva che lo avrebbe avuto. Seguito da altri, fino a quando la sua promessa fosse giunta a compimento e lui potesse assicurarsi che i membri della sua famiglia sarebbero stati bene.

 

Ed allora sarebbe potuto tornare a stare nuovamente con Ace.

 

FINE

A volte anche Marco può dimostrarsi debole. Ma per fortuna c’è Ace che, in qualsiasi circostanza, è capace di far star meglio chiunque. Nonostante il finale sia magnifico, mi rimane sempre quella sensazione di tristezza che mi sprofonda nel cuore fin dalle prime parole di questa ff. È così anche per voi?

E dato che né io né voi possiamo portarci questo carico sul cuore, vi aspetto stasera per l’inizio di una nuova long, In the Shadows. A più tardi. (:



Tradotta come premio traduzione a Fuyuchan, sperando sia di suo gradimento. 
  
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