Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |       
Autore: StarFighter    04/05/2014    5 recensioni
AU_Anna è al suo primo anno di college alla NYU ed è alla disperata ricerca di qualcuno che le faccia compagnia alla scoperta di tutti i divertimenti che New York ha da offrirle. Ma per quanto si sforzi, non riesce ad instaurare un rapporto d'amicizia con chicchessia: la sua coinquilina, Merida, a stento le rivolge la parola e i suoi compagni di corso si ignorano l'un l'altro. L'unica che potrebbe iniziarla ai piaceri della città che non dorme mai, è sua sorella Elsa, che vive lì da molto più di lei; ma Elsa, che non vede da tre anni, si rifiuta di incontrarla, adducendo scuse su scuse.
Anna non sa spiegarsi il suo comportamento e quando la sua vita prende la piega che si aspettava, decide di volerla lasciar perdere. Ma il destino la conduce da lei, rivelandole i suoi 'sporchi piccoli segreti', e Anna non sarà più tanto sicura di voler scoprire i piaceri nascosti di New York city.
(Crossover con altri film Disney).
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Jack, Frost, Kristoff
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2: Sliding doors

 

 

La sera stava calando sui grattacieli, lasciando intravedere nel cielo già livido di nuvole, le prime stelle, quelle più luminose, le uniche che non impallidivano rispetto alle luci di Times Square o a quelle dei cartelloni pubblicitari di Broadway. La temperatura era scesa fin quasi allo zero, costringendo i newyorkesi a coprirsi con abiti pesanti ed ingombranti: il meteo aveva preannunciato neve per la notte.

Anna correva sulla 32ma strada, stringendosi nel suo cappotto rosso, in ritardo come al solito all’appuntamento del venerdì sera con i suoi nuovi amici; era passato quasi un mese e mezzo da quando Merida l’aveva trascinata alla festa di Hiccup, e dopo quella ne erano venute altre, quasi ogni sera, lasciandole ben poco tempo per commiserarsi o per pensare ad Elsa. Aveva conosciuto più gente in quell’ultimo mese che in tutto il suo soggiorno newyorkese, entrando in confidenza con persone a cui non avrebbe pensato mai di poter rivolgere la parola. Primo su tutti, lui, il ragazzo più bello su cui avesse mai posato gli occhi; fisico asciutto, sguardo magnetico, sorriso accattivante e un patrimonio pecuniario da far invidia a quello dei Tramp: Hans Westerguard. Uno dei tredici eredi dell’immensa fortuna della compagnia navale più importante della East Coast, la Westerguard Oceanic Trade Company.

L’aveva visto ad un party esclusivissimo dell’élite dell’Upper East Side, una di quelle feste che ti fanno venir voglia di non voler più tornare nel mondo reale, piena di lustrini e champagne, a cui si erano imbucate lei e Merida; aveva ballato con lui, confondendosi perfettamente tra le ragazze vestite come modelle di Victoria Secrets, con abiti così succinti da lasciar poco all’immaginazione; ricordava d’aver bevuto parecchio e che ad un certo punto, con una penna spuntata dal nulla, gli aveva scritto il suo nome e il suo numero sulla mano. Da quella sera non l’aveva più dimenticato, anche perché, prima di andarsene alla chetichella alle prime luci dell’alba, lui l’aveva fermata e l’aveva baciata.

Merida l’aveva dovuta trascinare via a forza, prima che lei avesse avuto la possibilità di gettarsi ai suoi piedi e dirgli che poteva fare di lei quello che voleva. Nei giorni successivi aveva pensato incessantemente a lui e aveva cominciato a fantasticare su una loro possibile storia, anche se lui non l’aveva ancora richiamata.

Diede uno sguardo all’orologio: era in ritardo di ben quarantacinque minuti. Merida le avrebbe fatto una strigliata di capo, che non avrebbe di certo dimenticato: la scozzese infatti non amava chi tardava agli appuntamenti.

Le mancava ancora più di mezzo isolato da percorrere e fu quasi tentata di fermare un taxi ma, osservando bene la coda infinita del traffico, valutò che quella breve corsa le sarebbe costata troppo. Allungò il passo, facendo lo slalom tra la folla; in lontananza riusciva già a vedere le luci al neon dell’insegna del pub: Olaf’s place.

Qualche minuto dopo arrivò a destinazione. Si fermò a riprendere fiato davanti alla vetrina del locale, sbirciando tra le decorazioni natalizie, cercando con lo sguardo il resto del gruppo: c’erano tutti, ma la chioma fiammeggiante di Merida non si vedeva da nessuna parte. Tirò un sospiro di sollievo e con un sorriso trionfante entrò nel bar, facendo tintinnare la campanella sulla porta. Il proprietario, Olaf, si voltò per accogliere il nuovo cliente e quando la vide si illuminò con un enorme sorriso: “Anna! Sempre in ritardo come al solito, eh?”-

Anna gli lanciò un bacio con la mano, mentre si sfilava la sciarpa: “Ma stasera non sono l’ultima arrivata almeno!”

Olaf la guardò con un’aria interrogativa con i suoi occhietti neri, che le ricordavano tanto due bottoni di ossidiana, inarcando un sopracciglio scuro. Poi tornò a servire i clienti al bancone, canticchiando allegramente il ritornello di Jingle Bell.

Raggiunse il tavolo dove s’erano sistemati gli altri e prese posto, togliendosi il cappotto e i guanti: “Ciao a tutti, che si dice stasera?”- disse mentre si accomodava.

-“Stavamo scommettendo sul tuo ritardo. Ormai è una cosa così certa che possiamo tranquillamente puntarci qualcosina su.”- Flynn, il ragazzo di Rapunzel, una sua compagna di corso, non si smentiva mai, sempre sicuro e pieno di sé, con la battuta sempre pronta –“Anzi, a proposito, mi devi cinque dollari, caro.”- si sporse a recuperare la sua ricompensa dalle mani di uno sbuffante Hiccup.

-“Ripongo troppa fiducia in te, Anna. Ho scommesso che avresti fatto meno di mezz’ora di ritardo, ed invece hai battuto il tuo precedente record, stavolta hai tardato quasi di un’ora.”- le disse sconfitto il ragazzo mingherlino.

-“Hai ragione, ma almeno stasera non sono l’ultima arrivata.”- sentenziò- “Dov’è Merida, io non la vedo: per una volta è più in ritardo di me. Le rinfaccerò tutte le scenate che mi ha fatto, ah!”-

Rapunzel, seduta difronte a lei, rideva sommessamente, guardando alle sue spalle, mentre gli altri due, scoppiarono a ridere.

-“Che c’è tanto da ridere? Ho qualcosa in faccia?”- recuperò velocemente uno specchietto dalla borsa e si esaminò il viso in cerca di una macchia di qualcosa o di un brufolo pronto ad esplodere, ma niente, era in ordine come al solito. Una macchia di colore rosso fuoco, però, faceva capolino nell’angolo destro dello specchio; regolò l’angolatura e il riflesso di Merida le sorrise dalle sue spalle: “Dicevi, riguardo alle sfuriate?”

-“E tu da dove spunti?”- chiese pallida: dove cavolo si era nascosta! Ora le aspettava un discorso sull’educazione di almeno una ventina di minuti.

-“Ero al bagno ad incipriarmi il naso, ovviamente.”- ironizzò la rossa, sedendosi al suo posto, e solo in quel momento Anna notò la custodia dell’arco e l’impermeabile verde militare della coinquilina, appoggiato ad una sedia.

-“Stasera Anna sarà così gentile da pagare da bere a tutti. Così la prossima volta eviterà di farci aspettare.”- la rossa era davvero infastidita.

-“Aspetta, che? Non è giusto, prometto che non lo farò mai più, giuro! È solo che il prof ci ha trattenuti dopo la lezione e…”- cercò di scusarsi.

-“Anna, seguiamo lo stesso corso, ricordi? Perché allora io sarei arrivata prima di te?”- le chiese retoricamente Rapunzel.

Anna le rivolse uno sguardo omicida: “Perché tu, fiorellino, hai Flynn, che ti fa da chauffeur con la sua bella Mustang antidiluviana.”- sospirò –“ Io invece per arrivare qui devo prendere la metro!”- si lamentò, accasciandosi contro lo schienale della sedia e incrociando le braccia al petto- “Ricordatemi, perché continuiamo a venire qui?”-

-“Perché Olaf ha la migliore birra d’importazione di tutta New York.”- le disse Hiccup.

-“Ehi, la mia auto non è affatto antica, semmai è un pezzo da collezione.”- le rispose Flynn.

-“Non è comunque una scusa accettabile, non ci vogliono quarantacinque minuti per arrivare fin qui. Saranno si e no tre isolati dall’università.”- continuò imperterrita Rapunzel, sprezzante del pericolo che correva ad insistere contro Anna.

-“Punzie, se fossi in te mi guarderei le spalle d’ora in poi: non si sa mai, potrebbe accaderti qualcosa di spiacevole.”- ridacchio sadicamente Anna.

-“Ma io ho Flynn che mi protegge!”- si attaccò al braccio del ragazzo –“Vero?”- gli chiese con gli occhi dolci.

-“Ovviamente, biondina.”- disse, passandosi una mano tra i capelli e sorridendole in maniera seducente.

-“Prima o poi capiterà che ti ritroverai da sola in un vicoletto buio e io sarò lì, pronta ad attendere nell’ombra la mia vendetta!”- concluse ridendo sguaiatamente, imitando la risata malvagia dei cattivi dei cartoni animati.

-“Si, si, come no. Se prima non ti uccido io.”- la interruppe Merida, e tutto il tavolo fece silenzio –“Ehi, stavo scherzando.”-

-“Con la faccia che ti ritrovi e con quell’arco a portata di mano, lo scherzo è abbastanza inquietante.”- ridacchiò nervosamente Hiccup, grattandosi la nuca.

-“Orrendo*, taci!”- lo zittì la rossa, con un’occhiata di fuoco.

-“Scusa, è solo che…”- il povero ragazzo non concluse la frase che un’altra ragazza dai capelli rossi, raccolti in una coda di cavallo, si avvicinò al tavolo, interrompendolo.

-“Salve ragazzi, cosa vi porto?”- chiese con un sorriso enorme.

-“Ciao splendore!”- Flynn le fece l’occhiolino, prendendole la mano- “Io sono Flynn e tu sei?”-

-“Oh scusate, io sono Ariel. Oggi è il mio primo giorno qui.”- disse accennando un saluto con la mano.

-“Molto piacere di conoscerti Ariel. Io sono Anna e questi sono fiorellino, schizzata, singhiozzo** e bellimbusto, che si è già presentato. Tieni a mente le nostre facce perché ci vedrai spesso qui.”- fece indicando gli altri e sorridendole calorosamente.

Ariel le lanciò uno sguardo preoccupato, non sapendo cosa rispondere. Rapunzel notò il suo imbarazzo crescente e accorse in suo aiuto: “Io sono Rapunzel e loro sono Merida e Hiccup.”- precisò.

-“Piacere di conoscervi.”- disse facendo vagare lo sguardo sui tre ragazzi.

-“Non far caso alla svampita qui, è pazza.”- sussurrò Merida, coprendosi la bocca con una mano come se le stesse rivelando un segreto.

-“Ehi! Sono a portata d’orecchio: ti ho sentita.”- sbuffò Anna, lanciandole uno sguardo di sfida.

-“Okay, il teatro delle meraviglie chiude i battenti. Non fatele perdere tempo, lei sta lavorando.”- Hiccup le fermò, prima che potessero ricominciare con le loro infinite diatribe su chi fosse più pazza dell’altra, rivolgendo un sorriso incoraggiante ad Ariel- “Per me una pinta di Lysholmer Ice, grazie.”

-“Una Augustus Weiss per me e una tequila sunrise, per raggio di Sole.”- ordinò Flynn, scorrendo con lo sguardo la lista delle birre d’importazione.

-“Oddio non ci avevo mai fatto caso, c’è una birra al cioccolato!”- urlò tutto ad un tratto Anna, con lo sguardo puntato sul menù.

-“Si, la Brooklyn Black Chocolate Stout. Segno?”- Ariel era pronta ad inserire l’ordine nel palmare.

-“Ovviamente si.”- confermò Anna, battendo una mano sul tavolo.

-“Per me una Tennent’s Super.”- disse piatta Merida.

-“Ma dai, è la birra più scontata di questo mondo. Puoi scegliere tra tutte queste varietà e opti per una scozzese?”- la punzecchiò Anna.

-“Stasera ho nostalgia di casa, problemi?”- la zittì acida.

-“Arrivo subito con le vostre ordinazioni.”- Ariel si dileguò, tirando un sospiro di sollievo: nel giro di qualche minuto, quei cinque le avevano mandato il cervello sottosopra.

 

Qualche minuto dopo Ariel tornò con il vassoio delle loro ordinazioni, più due ciotoline con noccioline e salatini.

-“Allora, quel tizio del party non ti ha ancora richiamata? Come si chiamava: Hans, giusto?”-

-“Oh ti prego, Punzie! Perché gliel’hai chiesto? Ora passerà l’intera serata a parlare di lui, con quella voce idiota che usa quando è fusa.”- si lamentò Merida.

-“Ehi non è vero che parlo sempre di lui. Lo nomino solo ogni tanto.”- Anna si sentì punta sul vivo: perché dovevano sempre prenderla in giro?

-“Se per ogni tanto intendi almeno una volta ogni ora, allora posso accettarlo; ti ricordo che due giorni fa ho sprecato un’ora e mezza della mia vita ad ascoltare i tuoi discorsi farneticanti sul vostro matrimonio e la casa che comprerete giù a Boca!”- la incalzò Merida- “Cavolo Anna, non lo conosci nemmeno e già hai stilato una lista di nomi per i vostri futuri figli!”-

Eugene e Hiccup per poco non si strozzarono per le risate- “Sei un caso irrecuperabile.”-

-“Hiccup, pensa per te; ho una sola parola da dirti: Astrid.”- Anna lo guardò sorridendo, alzando e abbassando velocemente le sopracciglia.

Il sorso di birra che aveva appena fatto, gli andò di traverso e tossendo si ripulì le labbra dalla schiuma: “Andiamo! Dovevi per forza cacciar fuori questa storia?”-

-“Allora smettila di ridere di me. A quanto pare, io non sono l’unica ad avere un’ossessione.”-

-“Ma devi ammettere che questo è un colpo basso da parte tua.”- le rinfacciò Eugene –“Insomma tu ci hai parlato con questo tizio, Hiccup invece si limita solo a fissarla da lontano, come un pesce lesso.”- e scoppiò a ridere, mentre Merida gli batteva il cinque.

-“Piccoli stolker crescono.”- disse la rossa, lanciandogli una nocciolina in faccia.

-“Ah-ah! Molto divertente. Ridete pure delle mie sciagure.”- rispose infastidito con il viso in fiamme.

Calò il silenzio, mentre il piccolo locale si riempiva di gente, che come loro si riuniva per bere: ormai tutti gli sgabelli e i tavoli erano occupati. Olaf, dietro al bancone, chiacchierava animatamente con due tipi enormi con due boccali di birra davanti, mentre Ariel si destreggiava tra la folla con il vassoio delle ordinazioni, impugnando il palmare ogni volta che sentiva tintinnare la campanella della porta. L’aroma pungente del cibo che usciva dalla cucina, pizzicava i sensi, confondendosi con l’odore del fumo delle sigarette, che usciva in bianche volute dalla saletta dei fumatori, quando qualcuno apriva la porta. L’aria era piana del cozzare tra loro dei bicchieri, delle risate sguaiate di un gruppo di ragazze sedute vicino alla vetrina, che come le amiche di Sex and the City sorseggiavano cocktail colorati, adocchiando i ragazzi al bancone, e della voce acuta e simpatica di Olaf che metteva ogni cliente a proprio agio.

Anna osservò i suoi amici, persa nei propri pensieri: erano tutti diversi, ognuno con le proprie passioni e i propri problemi a cui far fronte, ma tirando le somme erano un gruppetto ben assortito. Eugene osservava la folla di avventori, con un braccio posato mollemente sullo schienale della sedia della fidanzata; Hiccup sospirava guardando il fondo del suo bicchiere; Merida osservava seria i riflessi ambrati del suo boccale e Rapunzel…cosa diavolo stava facendo?

-“Fiorellino, si può sapere cosa stai facendo?”- Anna si sporse sul tavolo di legno, scostando una ciocca di lunghi capelli biondi, dal viso dell’amica, intenta a scarabocchiare qualcosa sul legno consunto.

-“Cosa?”- Rapunzel uscì dal suo mondo, raddrizzandosi- “Oh, niente…ho pensato che questo è il nostro tavolo e che c’era bisogno di qualcosa che lo differenziasse dagli altri.”- disse scostandosi i capelli dal volto, chiudendo un pennarello spuntato dal nulla.

-“Dove l’hai preso quello?”- le chiese Merida lasciando perdere per un momento il suo boccale.

-“Io giro sempre con un pennarello in tasca o anche con una matita. Ma la matita non avrebbe di certo funzionato su tutti questi intagli.”- fece scorrere le dita su tutte le scritte lasciate nel tempo da quelli che avevano occupato il tavolo prima di loro.

-“Fa vedere.”- Eugene si sporse per guardare meglio- “Wow, biondina è davvero bello.”- le disse stringendole un braccio attorno alle spalle.

-“Grazie.”- rispose arrossendo appena la ragazza, soffiando sul disegnino che aveva lasciato sul tavolo –“Guardate, siamo noi. Cioè, le nostre caricature.”-

Anche gli altri si avvicinarono per vedere meglio. Anna sorrise eccitata alla vista del suo alter ego d’inchiostro, mentre Merida sbuffò contrariata: “Te lo concedo, è carino. Ma i miei capelli non sono così gonfi.”-

-“No, hai ragione, lo sono di più!”- rise Hiccup, spingendola, attirandosi il suo sguardo infastidito.

-“Guardate. Nevica!”- Anna spostò la loro attenzione dal tavolo alla strada oltre la vetrina: la neve cadeva lieve sulle teste dei passanti, scendendo dal cielo in spirali candide, imbiancando i tetti delle macchine parcheggiate lungo il marciapiede.

-“Era ora!”- esclamò Olaf al di sopra del frastuono del locale, cominciando a canticchiare Let it snow, mentre metà delle persone lo seguiva in quell’intermezzo canoro. Anche Anna e Rapunzel si unirono al gruppo, mentre Hiccup tirava fuori il suo smartphone per immortalare il momento: “Un sorriso per i posteri.”

Le due ragazze si abbracciarono, tirando con loro anche Merida, sfoderarono i loro luminosi sorrisi.

-“Credo mi verrà una paresi facciale. L’hai scattata questa foto?”- si lamentò Anna pochi secondi dopo, continuando a sorridere.

-“In realtà è un video, quindi potete continuare a cantare.”- spiegò ridacchiando.

Merida gli lanciò la prima cosa a tiro: “Cosa aspettavi a dircelo?”

La bionda e la rossa ricominciarono a cantare, sgolandosi per superare con le loro voci il coro del resto dei clienti del pub.

-“Che spettacolo imbarazzante.”- esclamò confuso Eugene continuando a guardare le due amiche cantare a squarciagola, attirando l’obbiettivo dell’ iphone di Hiccup su di sé.

-“Questo va direttamente alla regia di American Idol!”- disse il ragazzo, stoppando la registrazione, mentre la gente batteva le mani, applaudendo la propria esibizione –“Dobbiamo assolutamente fare una serata karaoke.”- concluse.

Rapunzel e Anna si guardarono e poi cominciarono a lanciare urletti estatici, come se quella parola avesse un certo potere su di loro.

-“Come si chiama quel sushibar dove fanno il karaoke il sabato sera?”- chiese a Merida.

-“Il Mushu Palace?”-

-“Già, quello del tuo amico Shang.”- intervenne Eugene- “Che tipo strano.”- disse scuotendo il capo.

-“Dobbiamo tornarci, c’era una cameriera davvero carina, come si chiamava?”- chiese Hiccup.

-“Mu…”-cominciò Merida.

-“Elsa!”- la interruppe tutto ad un tratto Anna, con gli occhi spalancati e lo sguardo rivolto fuori dal locale.

-“Ma no, si chiama Mulan.”- la corresse la rossa, non facendo caso al suo comportamento, abituata alle sue pazzie.

-“No, no. Non capisci: lì c’era Elsa!”- esclamò esasperata, scuotendo il capo.

-“Anna calmati, ma che…”- ma non concluse la frase che la sua coinquilina si era già fatta strada nel pub, spingendo per uscire in strada.

 

 

Il freddo della sera le entrò nelle ossa non appena mise piede fuori dalla porta, in mezzo alla strada innevata. La neve continuava a cadere instancabile, andandosi a posare sui suoi capelli, mentre correva tra la gente, incurante del freddo: aveva lasciato il cappotto appeso alla sedia, ma non se ne era preoccupata. Non aveva esitato nemmeno per un istante e si era lanciata all’inseguimento della sorella, o almeno di quella che sembrava Elsa: vedeva i suoi capelli biondi, di quel colore quasi platino che avrebbe riconosciuto tra mille, raccolti in una lunga treccia che le oscillava alle spalle.

-“Elsa!”- la chiamò, allungando il collo per vederla meglio.

Il moto perpetuo dei capelli della bionda si fermò, quando la ragazza si bloccò di colpo, girandosi piano.

Anna la vide, vide i suoi occhi chiari cercare qualcuno tra la folla e poi spalancarsi per la sorpresa quando si posarono su di lei. Poi prima che la rossa potesse anche solo farle un cenno con la mano, Elsa si voltò di scatto e cominciò a correre, cercando di confondersi con la calca di persone che stava scendendo le scale della metropolitana.

Anna spintonò per passare e quasi cadde, inciampando sulle scale.

-“Elsa! Fermati!”- chiamò di nuovo, ma l’altra continuava imperterrita a non voltarsi e a procedere nella sua fuga.

La rossa si bloccò davanti alle sbarre delle macchinette dei biglietti e si maledisse quando, frugandosi nelle tasche dei jeans non trovò nemmeno un centesimo. Alzò lo sguardo per cercare ancora Elsa, e la vide, ferma a pochi centimetri dalla linea gialla del binario.

Anna scavalcò la sbarra, incurante delle proteste della gente dietro di lei e cercò di raggiungerla, ma un secondo prima che riuscisse a prenderla, la bionda sgusciò nel vagone della metro e le porte scorrevoli si richiusero dietro di lei.

Elsa la guardò per alcuni secondi con uno sguardo dispiaciuto, mentre il mezzo partiva lento, poi abbassò gli occhi triste.

Anna rimase ferma sul bordo del binario, dove un attimo prima sostava la sorella, e si lasciò sfuggire un verso disperato, mentre lacrime di frustrazione cominciavano a caderle dagli occhi. La metro era sparita nel tunnel buio e con lei la speranza di parlare con Elsa. Inspirò profondamente, per cercare di calmarsi, ma l’aria malsana della ferrovia sotterrane di New York fece solo peggio, acuendo il suo stato di malessere: il fetore di urina e di gomma bruciata, le ardeva in gola, lasciandola senza fiato.

Si asciugò gli occhi con la manica del suo maglione, con un gesto furioso, riducendo il suo make-up ad un ammasso informe di matita e mascara. Si incamminò a testa bassa verso l’uscita, non prestando molta attenzione a dove andava, resa parzialmente cieca dalle lacrime che continuavano imperterrite a riempirle gli occhi.

Per quale ragione Elsa l’aveva evitata quasi come fosse la peste bubbonica, fuggendo via, come se non volesse vederla? Perché il suo sguardo era così triste? Doveva esserci qualcosa che non andava, altrimenti il suo comportamento non si spiegava!

Trascinata dal flusso inesauribile dei suoi pensieri non si rese conto di quello che aveva davanti e andò a sbattere contro quella che a prima vista le sembrò una colonna, cadendo sul suo didietro.

-“Ouch!”- si lamentò.

Qualcuno le urlò dietro qualcosa di incomprensibile in un tono di voce basso e minaccioso. Ma i suoi occhi si spalancarono quando si rese conto che la colonna era in realtà una persone e le parole incomprensibili erano una lunga fila di imprecazioni. Risalì la figura dello sconosciuto, su, su, sempre più su…ma quanto cavolo era alto quel tizio?

Si alzò, massaggiandosi la parte dolente: “Sei sempre così fine?”- gli disse di rimando, mentre lo sconosciuto si passava una mano sul cappotto sporco e con l’altra manteneva un bicchiere di caffè.

-“Dove diavolo hai la testa, eh?”- le urlò contro, puntando i suoi occhi scuri su di lei, spostandosi i capelli biondi dalla fronte.

Anna fece un passo indietro intimorita, poi cercò di riprendersi: “Non c’è bisogno di essere così alterati. Scusa, non volevo ero sovrappensiero.”-

Il ragazzo grugnì in disappunto, gettando il bicchiere mezzo vuoto in un cestino lì vicino.

-“Senti, ti pago la lavanderia. Ecco tieni.”- cercò di nuovo nelle tasche, ma ovviamente non trovò nulla e con un sorrisino imbarazzato gli disse: “Ehm, al momento non ho contante, ma se mi lasci provare posso…”- cominciò a strofinargli la manica del suo maglione sulla macchia di caffè, cercando di farla sparire, peggiorando solo la situazione.

Alzò lo sguardo sul ragazzo di fronte a lei, temendo una sfuriata: quel tizio era grande e grosso, alto almeno due metri.

-“Lascia perdere.”- le tirò via le mani e sbuffò contrariato, mentre si allontanava- “Imbranata!”- esclamò a mezza voce, ma lei lo sentì.

-“Idiota!”- gli rispose arrabbiata. Lui si voltò di nuovo nella sua direzione e la fissò per un secondo con uno sguardo strano. Anna temette il peggio e se la svignò tra la folla, su per la scala per tornare in superficie.

Una volta fuori tirò un sospiro di sollievo -“C’è mancato poco.”- disse piegandosi in due a riprendere fiato.

La neve aveva smesso di cadere ed ora la città sembrava avvolta da una fredda coperta di quiete, nonostante l’andirivieni incessante della gente che affollava le strade. Si allontanò lungo il marciapiede, stringendosi le braccia al petto per riscaldarsi, ma una voce la chiamò.

-“Anna?”-

Si voltò a fissare chi l’aveva fermata e per un secondo si scordò di respirare.

 

 

 

*Orrendo, riferito al fatto che Hiccup nel suo universo di cognome fa Horrendus.

** Hiccup in inglese vuol dire singhiozzo.

 

NdA: scusate l’enorme ritardo, ma davvero non sapevo cosa scrivere in questo secondo capitolo e mi sono resa tristemente conto che gestire più di una long per volta è molto difficile e stressante. Spero di non avervi annoiate; anche se questo capitolo è molto statico e non dice niente di che, introduce nuovi personaggi e situazioni. Con i prossimi aggiornamenti vedrò di inserire più indizi sul comportamento di Elsa.

Comunque grazie per aver letto e grazie ad Amberly_1, bioshock1988 e robylovatic98 per aver inserito la ff tra le loro preferite e a chiarotti2000, giascali, ily95, LysL_97, mintheart e Poseidonson97 per averla annoverata tra le loro seguite.

Al prossimo aggiornamento XD

Mi raccomando: R&R!!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: StarFighter