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Autore: Al Corseau    04/05/2014    0 recensioni
Le persone non sono fatte per restare, ognuno di noi vuole andare via, ognuno di noi cerca quella libertà interiore, quell'equilibrio che non si potrebbe mai avere restando attaccati alla vita di tutti i giorni. Dobbiamo cercare noi stessi, dobbiamo scavarci una fossa nel petto e poi risanarla di noi, delle nostre esperienze, e di tutto ciò che ci renderà gli uomini o le donne che diventeremo. Così, proprio come ora tante persone si chiedono: "e se andassi via?", io mi feci questa domanda, sono passati anni da quella decisione, ma neanche per una volta ho provato pentimento per ciò che ho fatto.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Potrei parlarvi della dolcezza e del modo in cui mi guardava, potrei dirvi che per  me era come l'oceano per un pesce pagliaccio, potrei raccontarvi di un amore felice e poi distrutto come il muro di Berlino. Beh , potrei dirvene di cose belle o brutte. Potrei dirvi dei litigi, dei pianti, delle corse alla stazione per evitare di perdere l'unico amore della mia vita, ma non lo farò.
Voglio raccontarvi di quando ero ancora libera, di quando la brezza primaverile allontanava, per un millesimo di secondo, le mie ciocche ribelli, illuminandomi il volto. 
Camminando per strada la gente sussurrava che guardare i miei capelli era un po' come guardare l'arcobaleno, tanti colori, tante sfumature felici che si intonavano come la più dolce melodia estiva, quelle che ascolti sulla spiaggia alle 4.00 del mattino con il gruppo, lo stesso gruppo che l'anno successivo non ci sarà, e quindi tu che altro puoi fare, se non viverli al meglio delle tue possibilità? Li vivi, li assapori, e poi li lasci andare. Le persone non sono fatte per restare, ognuno di noi vuole andare via, ognuno di noi cerca quella libertà interiore, quell'equilibrio che non si potrebbe mai avere restando attaccati alla vita di tutti i giorni. Dobbiamo cercare noi stessi, dobbiamo scavarci una fossa nel petto e poi risanarla di noi, delle nostre esperienze, e di tutto ciò che ci renderà gli uomini o le donne che diventeremo. 
Così, proprio come ora tante persone si chiedono: " e se andassi via?", io mi feci questa domanda, sono passati anni da quella decisione, ma neanche per una volta ho provato pentimento per ciò che ho fatto. Ho lasciato la mia famiglia, gli amici, il lavoro in uno stupido supermercato e sono scappata via, da quel mondo che forse era troppo stretto per me, da quel paese non molto conosciuto, che non aveva da offrire grandi possibilità, sono scappata dalla provincia di Napoli, per andare un po' più al nord. Ancora non avevo scelto la mia meta, sapevo solo che volevo andare un po' più al nord, non troppo, ma un po' di più. 
Il 13 di Aprile partii con Carlo, mio migliore amico da tempo immemore, partimmo con l'auto, senza meta, senza pensieri, ma con la libertà nel cuore. Alle 6.00 del mattino  prendemmo quel poco che ci serviva e andammo via, questo era pur sempre un viaggio di perlustrazione. Passammo per Roma, dove facemmo una piccola sosta, visitammo la fontana di Trevi, forse più che visitarla, lì assaporammo un gran bel cornetto; dopo un gran giro per negozi durato tutto il giorno, ci spostammo nelle Marche, dove ci fermammo per una notte sulla Spiaggia delle due Sorelle, ci armammo di sacco a pelo e tende, anzi meglio dire e tenda, era una ma valeva per tre. La comprammo insieme, in un momento di follia ispiratrice, d'altronde un po' tutto ciò che facevamo era folle. Le nostre azioni aquisivano il loro senso molto tempo dopo essere state compiute, sono ricordi che oggi, gelosamente difendo.  
In tutto ciò non vi ho raccontanto granchè su Carlo, ragazzo umile, sorridente, i suoi occhi verdi ricordavano quei prati colmi di fiori in estate. Talvolta era come un cavallo selvaggio, impossibile domarlo, ma alcontempo genuino come quel prato sul quale si librava felice. Ecco questo era lui, una spalla. Ma non del tipo "Muro del pianto", lui era più la spalla della felicità e delle follia.
A quel tempo non sapevo che il nostro legame sarebbe stato indissolubile, io ingenua bambina, non capivo quanto quegli occhi riuscivano a cambiare il mio mondo. 
Mentre lui montava la tenda, io ero seduta a guardare il mare e a fumare una sigaretta, mi giro e lo guardo, è così alto, mentre si diletta con l'ultimo gancio. Resto un paio di secondi immobile come una statua, lui nel frattampo ha finito e si avvicina.
-Hey bella addormentata!- Mi dice. -Che simpaticone che sei.- Gli rispondo mentre gli do' uno spintone, che a mio parere, era tutto meritato. 
Prende un telo e si stende accanto a me, è strano oggi, come se fosse pensieroso, come se i suoi occhi celassero dei misteri. Prende la mia mano, la bacia e si appoggia sul lato per fissarmi meglio, io lo guardo confusa, con gli occhi di chi non sa come comportarsi di fronte a quei capelli del color dell'ebano. 
-Cosa accadrà?- Mi dice, le sue labbra si sfiorano, come se fossero alla ricerca di un ispirazione che sembra essere arrivata, - Cosa accadrà quando tu andrai via? Come Cambierà il nostro rapporto, come cambierai tu, come cambieremo?-
-Non lo so!- Gli sussurro ancor prima che potessi pensarci, prima che potessi pensare ad una risposta sensata, pronuncio queste sillabe, stupide, le più stupide che potrei dire in un momento del genere. Stupida io che ho lasciato alle mie labbra la possibilità di pronunciarle, di scandirle. Avrei anche potuto pronunciarle in modo differente, senza che lui le capisse. Non riesco a guardare in quegli occhi che ora mi scrutano come se fossi la sospettata di un crimine. Non mi ero accorta che con questa risposta lui ha lasciato la mia mano, che non ha intenzione di stringere di nuovo, perchè mi guarda, mi guarda afflitto, non voleva quella risposta, vorrei essere capace di urlargli che non lo lascerò, che sarà come tutti i giorni, ma entrambi sappiamo che non sarà così. Entrambi sappiamo che le cose cambieranno, che è necessario che cambino.
-C'è un perchè della mia presenza qui, Paola.-  Era da tempo che non mi chiamava per nome, di solito strani nomignoli accmpagnano la mia persona, non ho il tempo di pensare a ciò che sta accadendo, perchè continua il suo "discorso".
-Devo partire!- 
Ecco, il viso inizia a bruciare, percepisco un fuoco ardente nel mio corpo che brama e soffre, che spinge per uscire! Urla di dolore strazianti accompagnano la mia anima ora, ma da fuori resto io, impassibile, e non capisco il perchè di tutto questo. Che egoista che sono, decido di partire e rimango allibita se il mio migliore amico, che non avevo mai pensato di perdere, decide di fare lo stesso. 
- Vado in America per un anno, tra un paio d'anni dovrò gestire l'azienda di famiglia, ed è arrivato il momento di crescere, vado lì per imparare. Avevo promesso a mio padre che l'avrei fatto se lui avesse smesso, per un paio d'anni, di farmi pressioni, ed è arrivato quel momento, non posso deluderlo, specialmente ora che si è ammalato.-
Non parlo, a che servirebbe? Lo guardo per mezzo secondo , ha gli occhi bassi ed io non so che fare, guardo il mare, mi alzo e vado in acqua. Si, fa freddo. E sono vestita. Ma vado in acqua perchè non posso restare qui, non riesco a guardarlo e a dirgli che io, la sua migliore amica, lo appoggio, che le cose non cambieranno. Non posso chiedergli di restare con me, non ho nessun diritto di dirgli niente, non sono nessuno nella sua vita, solo una stupida gattina che ha giocato con il fuoco ed ora si sente stesa sul braciere della vita. Mi tuffo, lui mi chiama ma non mi giro, ancora un altro tuffo, non voglio sentirlo, nuoto sott'acqua come il pesce pagliaccio, l'acqua è fredda ed io non voglio risalire ma devo, devo respirare perchè non sono uno stupido pesce, i miei capelli colorati vengono illuminati dalla luna, ma ora devo risalire davvero, manca il respiro, ecco risalgo, prendo aria e vengo bloccata, è lui, è dietro di me. Mi abbraccia, non mi volto ma piango, un pianto che rompe il silenzio che ci circonda. Mi gira. Mi abbraccia forte, mi dice che non ci perderemo, che dobbiamo crescere, ma perchè? Perchè crescere deve essere così difficile? Perchè crescere ti fa perdere chi ami? Crescere ti allontana dal mondo degli affetti e ti lancia in quello colmo di sofferenza, nel mondo che è senza pietà ne indulgenze. Mi abbraccia più forte, lo stringo a me, sento il suo cuore, tremiamo, fa freddo, ma restiamo lì, immobili come le statue che abbiamo ammirato sulla fontana di Trevi, finchè gli dico: -Ok!-
Lui si scosta e mi guarda. Sembra non capire, così ripeto, - Ok, per me va bene, è giusto che accada tutto questo, ma stasera no! Questi giorni sono nostri, viviamoli come vorremmo davvero, le cose cambieranno, e noi ci rivedremo dopo molto tempo, ed io voglio che questo sia un viaggio d'addio. Forse ci rincontreremo un giorno, ma senza fare pressioni al destino, quindi, come vuoi viverli questi giorni?- Lo guardo dritto negli occhi, lui sorride, è strano questo sorriso, e come quando si gioca, come qualcuno che è consapevole di vincere, un sorriso che dice "sto Vincendo!", ed uno sguardo che mi mostra dolcezza. Non parla, non dice nulla, mi bacia, un bacio lungo, dolce, un bacio che sa di lacrime, delle mie lacrime, un bacio che sa di mare, il mare più buono del mondo. 
Ora capisco, non c'è bisogno delle parole, ora la dolcezza si tramuta in passione, accompagnati da questo telo di velluto fatto d'acqua ci lasciamo guidare. Le nostre mani tremano e i nostri corpi si uniscono in questa danza d'amore che spero non abbia mai una fine.   
  
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