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Autore: Colpa delle stelle    04/05/2014    5 recensioni
E se Katniss non avesse resistito alla chiamata dell'arco e delle frecce e avesse provato qualche tiro durante le sessioni di Addestramento?
E se i Favoriti si fossero accorti della sua bravura e le avessero proposto un'alleanza?
Se lei avesse accettato?
Questa non è la storia dei due "innamorati sventurati".
Questa è la storia di come una semplice ragazza lotterà per ritornare alla sua vita, per riabbracciare la sorella, per camminare ancora una volta nei boschi del Distretto 12.
E di come due paia di occhi grigi, intrisi del suo stesso odio e della sua stessa determinazione, la spingeranno fino al limite.
Katniss è la ragazza in fiamme e non può vivere senza Gale, il fuoco che l'alimenta e la tiene in vita.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Favoriti, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 10

 



Il saluto di Caesar alla folla e la presentazione della mia equipe dura pochi minuti, giusto il tempo necessario per non far passare inosservato nessuno.
Il momento di entrare in scena arriva presto, troppo presto.
Sento il mio nome pronunciato, vedo le persone che tendono le loro mani verso di me, in un disperato quanto vano tentativo di toccarmi, di sfiorare anche solo per un secondo la vincitrice.
Non ce la fanno: Caesar gli da a malapena il tempo di ammirarmi, prima di scortarmi al centro del palco, sulla poltrona di velluto rosso del vincitore.
Rosso come il sangue. Vogliono tenere vivo l'orrore fino alla fine.
Scaccio la paura alla svelta e mi siedo, sorridendo a Caesar e alle sue domande, che non mi deludono.
Sarà anche il conduttore del reality show più crudele di tutta Panem, ma non c'è un secondo in cui non mi faccia sentire a mio agio, quasi bene con me stessa.
Il nostro scambio di battute continua per un po': mi chiede poco dell'arena e tanto di casa, della voglia che sicuramente avrò di abbracciare la mia famiglia, di tornare nel
mio Distretto.

-In realtà, ci hai stupito Katniss!- dice ad un certo punto Caesar, placando il pubblico.
Sorrido di nuovo, anche se dentro è scattato il segnale di allarme: cos'ho fatto di sbagliato?
-Di nuovo?- scherzo, cercando di smorzare la tensione.
Caesar ride e annuisce. -Non ci aspettavamo un doppio gioco così accentuato da parte tua, in verità.-
Tutto si fa più chiaro e se prima mi ritrovo a sospirare di sollievo, dopo non riesco a trattenermi e devo far uscire, almeno una volta, tutto il mio disappunto.
-Meglio giocare con i sentimenti che con le vite delle persone.-
Il pubblico applaude di nuovo, come fa ad ogni parola che esce dalla mia bocca, e ignora l'espressione stupita di Caesar, che però si riprende subito.
-La tua tattica ti ha portato alla vittoria però, ed è questo l'importante.-
Mi sembra quasi di vedere l'espressione scandalizzata di Effie e il suo “Maleducazione” che così spesso mi riserva.
L'occhiataccia di Haymitch e le sue mani frementi dalla voglia di chiudersi intorno al mio collo e strangolarmi.
Gale che scuote la testa davanti alla mia sfacciataggine, ma che ride, appoggiandomi in pieno.
Caesar si limita a sorridere di nuovo e a girarsi, questa volta, verso lo schermo dietro di noi.
-Ma ora, il momento che tutti voi state aspettando. Il riassunto completo e dettagliato dei settantaquattresimi Hunger Games!-
Mentre i capitolini applaudono e strepitano, entusiasti, la mia poltrona ruota automaticamente e mi ritrovo davanti all'enorme schermo, già acceso e con le immagini delle Mietiture ad illuminarlo.
Porto le mani in grembo e stringo la mascella, morsicandomi l'interno della guancia.
Come sempre, il sapore ferroso del sangue invade presto la mia bocca, ma l'ignoro.
Devo rivivere il massacro per tre ore intere, davanti a milioni di persone che studieranno ogni mia singola reazione ad ogni singolo fotogramma.
Dritta alla metà e niente passi falsi, ora più che mai.

 

I vari momenti della mia esperienza a Capitol City e negli Hunger Games si susseguono sullo schermo, in quello che sembra uno spettacolo cruente, destinato a non avere fine.
Rivivo tutto quello che ho passato nell'arena dall'esterno, con occhi nuovi, e in alcuni momenti mi meraviglio addirittura delle scelte che ho fatto.
La pietà dimostrata nei confronti di Peeta, per esempio.
Gli avevo praticamente confidato che non avrei esitato ad ucciderlo, quella volta che ci eravamo trovati sulla terrazza del nostro appartamento, e poi gli salvo la vita per ben due volte.
L'inaspettato affetto verso Rue, che mi ha addirittura spinta ad uccidere Marvel, offuscando automaticamente ogni rapporto che c'era stato tra di noi con una freccia.
Il momento in cui rinfaccio il mio atto di vendetta con Thresh per salvarmi la vita.
Quando guardo Clove morire e non alzo un dito per salvarla.
Quando mento a Cato e la sera stessa porto la medicina a un Peeta svenuto nei margini del bosco, sopravvissuto per miracolo ad una brutta ferita alla gamba.
E poi quando mi arrabbio per la morte del mio compagno, come se ci fosse stata un'altra scelta, come se avessimo potuto davvero arrivare a vincere gli Hunger Games in due.
I momenti che invece rappresentano la vera me sono pochi, troppo pochi, e l'unico che mi rimane veramente impresso, è quello rappresentato dalla morte di Cato.
Non è la vendetta a spingermi a scoccare quella freccia e nemmeno la voglia di vincere o, per assurdo, la voglia di tornare a casa, ma la consapevolezza di non voler accettare le regole di Capitol City.
Tutta Panem voleva uno scontro finale all'ultimo sangue e l'unica cosa che ha ottenuto è stata una morte veloce, senza divertimento, sotto richiesta dello stesso Cato.
La Katniss dello schermo non è la vera Katniss.
Mai avrei immaginato di arrivare ad uccidere delle persone, a volerlo fare con così tanto desiderio, e solo in quel momento mi rendo conto della paura di Peeta.
Sin dall'inizio lui voleva tornare a casa, ma ha preferito non uccidere nessuno e morire così com'è entrato nell'arena, per mantenere intatti i suoi ideali.
A quei tempi, solo due settimane fa, gli avevo risposto che non potevo permettermi di pensarla così, che avevo troppe persone da cui tornare, che avevano bisogno di me.
Ma ora vorrei non averlo fatto.
Quelle stesse persone per cui ho lottato, mi accetteranno lo stesso anche se sono
un'assassina?

L'inno di Panem spezza in quel momento l'aria e il presidente sale sul palco, accompagnato da una bambina che regge una corona.
È il momento dell'incoronazione.
Il sorriso di Snow è contenuto, ma ugualmente orribile, esasperato dalle labbra gonfie dal botulino, e mi inquieta, ma sono costretta a ricambiarlo, almeno finché non mi posa la corona sulla testa e toglie dal mio viso il suo sguardo da serpente.
Invoca un applauso per il mio coraggio e per la mia mancanza di paura, che si è rivelata fondamentale per il mio successo.
Conclude con un apprezzamento per la mia vittoria, entusiasmante a sentirlo parlare, e abbandona il palco, chiudendo così anche la serata.
Saluto il pubblico a lungo, con il peso intrascurabile della corona sulla mia testa, e quando finalmente Caesar da la buonanotte a tutti e ricorda l'appuntamento di domani, con la mia intervista conclusiva, abbasso il braccio indolenzito e mi rendo conto che la tortura non è ancora finita.
Mi aspetta una cena infinita nella residenza del presidente, per il cosiddetto Banchetto della Vittoria, e una marea di fotografie con le persone più importanti e influenti di tutta Panem.
Lo stesso presidente Snow ne reclama una e quando il suo braccio si appoggia sul mio fianco, non posso fare a meno di rabbrividire per lo sconcerto.
Di tanto in tanto, intravedo tra la folla di sconosciuti qualche volto amico, ma nessuno che si degna di avvicinarsi e aiutarmi.
Dopotutto, affrontare quella marea di capitolini mi sembra il male minore dopo due settimane di sfide mortali.
Solo a notte fonda Effie viene a chiamarmi e finalmente torniamo al dodicesimo piano del Centro di Addestramento, per un breve riposo prima della prossima intervista.
Inutile dire che non riesco a chiudere occhio e mi limito ad appoggiare la testa sul cuscino, nel silenzio opprimente della stanza.
Affronto il nuovo giorno di preparativi con entusiasmo, consapevole che quella sarà l'ultima mia apparizione in pubblico prima del Tour della Vittoria.
Il chiacchiericcio del mio staff, i consigli di Haymitch, le raccomandazioni di Effie, le stesse domande di Caesar non influiscono sul mio umore.
Galleggio in una bolla per tutto il tempo e nemmeno mi assicuro di aver detto la cosa giusta davanti alle telecamere.
Mi accorgo di essermi risvegliata dalla trans in cui sono caduta solo quando mi ritrovo ormai sul treno, in viaggio per il Distretto 12.
Stringo in mano la mia spilla della Ghiandaia Imitatrice, regalo di Madge, e non posso fare a meno di pensare che ora potrò finalmente ringraziarla.
Abbraccerò di nuovo Prim, non dovremo più lottare per la fame ad ogni ora di ogni giorno, potrò tornare a cacciare nel bosco se riuscirò di nuovo a tenere in mano un arco.
Ormai non devi più uccidere nessuno, Katniss.
Ma non è la prospettiva di un nuovo omicidio a spaventarmi.
Ogni volta che chiudo gli occhi rivedo le mie vittime, prendono il posto di ogni oggetto su cui poso gli occhi, non riesco a pensare ad altro.
Quasi mi rassicuro che è solo un momento, una fresca ferita che con il tempo si rimarginerà, ma sono speranze vane.
So bene che gli incubi non svaniranno, ne ho la prova lampante davanti agli occhi.
Probabilmente un giorno il dolore sarà talmente forte che cercherò di annegare i ricordi nell'alcool, proprio come fa Haymitch.
O forse mi limiterò a riporre il mio futuro nelle mani delle persone che amo, nella speranza che non mi abbondino mai, che mi accettino così come sono diventata.
 

Alla stazione ci sono tutti.
Prim, mia madre, Gale e i suoi fratelli con Hazelle, il vecchio Cray, Darius e pochi altri Pacificatori, ma nessuna telecamera.
Il sorriso che incurva le mie labbra però non è finto perché la gioia che spinge veloci le mie gambe verso di loro è vera.
Abbraccio tutti, rivolgo un altro sorriso perfino ai Pacificatori, e scopro con sollievo che nessuno mi evita o ha paura di me, nemmeno la piccola Posy.
La mia natura di combattente non è passata inosservata nemmeno una volta nel Distretto, è naturale che tutti si fossero aspettati di ritrovarla nell'arena.
Le forti braccia di Gale, il suo corpo di nuovo contro il mio e il profumo dei boschi che mi inonda le narici rappresentano il tassello che chiude il cerchio degli eventi.
Simboleggia la mia vittoria molto più di quanto non l'abbia fatto la corona sulla mia testa.
-Ce l'hai fatta, Catnip.- sussurra Gale, stringendomi ancora di più. -Ora non te ne
dovrai andare mai più.-

Smetto di pensare al Tour della Vittoria, all'Edizione della Memoria dell'anno prossimo in cui dovrò presenziare da mentore.
Tutto si annulla davanti al mio migliore amico, alla prospettiva che il giorno dopo saremo di nuovo insieme, a cacciare nei boschi, come abbiamo sempre fatto.
-Mai più, Gale.- lo rassicuro. -Mai più.-

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Angolo d'autrice:
L'ultimo capitolo, accidenti.
Quando mi sono iscritta a questo sito, mai avrei immaginato di arrivare a scrivere una storia a capitoli e di riuscire persino a completarla, senza farmi odiare da tutti gli utenti che la leggono :)
I ringraziamenti ufficiali (visto che saranno un po' lunghini) li rimando al prologo, che penso di riuscire a postare fra pochi giorni.
Questo capitolo poi, è il mio preferito, forse per l'incontro con Gale, per il loro abbraccio, forse perché adesso posso immaginarmi cosa succederà dopo...
Alla prossima,
Lucinda_Lockwood

   
 
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