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Autore: horan_smiles    04/05/2014    1 recensioni
Due pianeti che si sono avvicinati, due aree di essi che si sono avvicinate, collegati da un altissimo e possente palazzo chiamato Legatos di duecento piani, nel quale uomini lavorano su esperimenti, invenzioni a contatto con gli abitanti dell'altro mondo.
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«Aspetta! Dove vai?» urlò ancora Harry. Lei si girò, la sua espressione era imperscrutabile, forse era impaurita, forse era perplessa, forse confusa per aver battuto la testa per terra.
«Io non posso parlare con te.» esordì guardandosi intorno per accertarsi che nessuno la stesse ascoltando.
«Perché?» chiese Harry, anche se conosceva già la risposta.
«Perché tu sei del mondo di sotto.» rispose lei.
«Come ti chiami?»
«Sophie.» rispose sospirando.
«Io mi chiamo Harry, piacere.» sorrise smagliante mostrando qualche buco tra i denti a causa del cambio dei denti da latte.
«Devo andare.» disse frettolosa, inforcando il cerchietto.
«Domani tornerai?» chiese il riccio.
«Non posso.»
Sophie stava per correre via ma esitò un attimo, sentendosi osservata da quegli occhi smeraldo e che, per qualche ragione, non riusciva a smettere di guardare. Lui sorrise ancora e lei scappò via.
Harry sapeva che il giorno dopo lei sarebbe tornata.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.

I rami secchi degli alberi nudi gli graffiavano la pelle giovane mentre s'inoltrava nel bosco. Faceva freddo, faceva molto freddo, e l'unica cosa che Harry aveva per coprirsi era una vecchia felpa martoriata che il nonno William gli aveva prestato. Era davvero calda e comoda, gli arrivava quasi alle ginocchia, ma, quasi come un dispetto, il tempo era sempre più freddo di quanto potesse riscaldare quello straccio. Era quasi sera, il cielo s'imbruniva e Harry teneva con una mano una lanterna per illuminarsi la strada e con l'altra reggeva un sacchetto di plastica contenente una bella manciata di frutti di bosco. Suo padre James quel giorno era costretto a letto ammalato mentre sua moglie Julia gli stava accanto, bagnandogli la fronte con un fazzoletto di stoffa fradicio. Visto che era infermo, Harry dovette uscire da solo quella sera a raccogliere i frutti di bosco che poi sarebbero stati la loro cena. Di solito si nutrivano di carne di coniglio, zuppa di carote e bevevano il vino, ma James Styles non era in grado di reggersi in piedi, ed era lui l'unico nella famiglia capace di cacciare. Harry si era offerto di farlo al posto suo ma non sapeva neanche tenere in mano un arco e Julia aveva giudicato l'impresa troppo rischiosa per un bimbo di undici anni, così il giovane dovette rinunciare. 
Aveva quasi finito il suo lavoro, arrivò fino al limitare del bosco, raccolse alcune fragole da dei cespugli ai suoi piedi e si sedette su un masso per riposare, proprio sulla punta di quella montagna. I piedi, intrappolati in quelle che dovevano essere scarpe, gli duolevano molto, così decise di trattenersi ancora per qualche minuto, non c'era nessuna fretta e il sentiero del ritorno era in discesa e quindi più veloce da percorrere. Per ammazzare il tempo contò i frutti di bosco nel sacchetto, ne aveva raccolti cinquantasette, si era impegnato tanto. 
Papà ne sarà fiero, pensò contento. Harry ancora non aveva capito di che cosa si trattasse la malattia che costringeva suo padre a stare a letto da quasi una settimana. Ogni volta che provava a chiederlo a Julia, lei diventata nervosa e cambiava argomento e se lui insisteva, lei cominciava ad urlare, poi si calmava, lo raggiungeva in camera e mentre gli accarezzava i capelli ricci in disordine gli spiegava brevemente che era troppo piccolo per capire quelle cose e subito dopo gli offriva una tazza di tè. 
Quando finalmente si decise ad alzarsi e rincasare, Harry udì un rumore e poi un gemito. Alzò lo sguardo: proveniva dal mondo di sopra, quello che copriva per metà il cielo di Londra, quello che rinfacciava ogni giorno quanto lassù si stesse bene e quanto laggiù, sulla vecchia Terra, si vivesse male. Era così da quando quel pianeta ignoto era entrato, tutto d'un tratto, nel sistema solare e si era avvicinato pericolosamente alla Terra e aveva cominciato a compiere lo stesso moto della Luna, solo che mostrava sempre la stessa faccia e sempre allo stesso luogo della Terra, nelle zone dell'Europa. Il continente fu colonnizzato dagli umani nel 2501, due anni dopo che il pianeta sconosciuto si era avvicinato alla Terra. Quell'unico continente venne chiamato New Land, quindi terra nuova. La città, il nucleo di quell'organismo di palazzi, grattacieli e piattaforme era Great Core, ossia il grande nucleo. Solo un palazzo, enorme, di duecento piani, collegava i due pianeti, questo palazzo si chiamava Legatos nel quale uomini lavoravano su esperimenti, invenzioni a contatto con gli abitanti dell'altro mondo.
Harry si mise in punta di piedi, vagò con lo sguardo e scorse una bambina dai capelli rossi stesa sulla neve della punta di quell'altra montagna, quella che si avvicinava di più al mondo di sotto.
«Ehi, tutto bene? Ti sei fatta male?» gridò Harry provocando l'eco. Lei si rialzò impacciata, si scrollò la neve dal vestitino rosso e alzò lo sguardo. Aveva gli occhi di un azzurro che il ragazzino non aveva mai visto e risaltavano su quella pelle pallida e addolcita dalle guance rosse. Era vestita bene, due ciuffi erano stati intrecciati e poi uniti dietro il capo da una molletta nera, indossava un vestitino bordeaux e dei collant bianchi. Si guardarono per qualche secondo, poi la ragazzina raccolse il cerchietto bianco che le era caduto e camminò via. 
«Aspetta! Dove vai?» urlò ancora Harry. Lei si girò, la sua espressione era imperscrutabile, forse era impaurita, forse era perplessa, forse confusa per aver battuto la testa per terra.
«Io non posso parlare con te.» esordì guardandosi intorno per accertarsi che nessuno la stesse ascoltando.
«Perché?» chiese Harry, anche se conosceva già la risposta.
«Perché tu sei del mondo di sotto.» rispose lei.
«Come ti chiami?» 
«Sophie.» rispose sospirando.
«Io mi chiamo Harry, piacere.» sorrise smagliante mostrando qualche buco tra i denti a causa del cambio dei denti da latte. 
«Devo andare.» disse frettolosa, inforcando il cerchietto.
«Domani tornerai?» chiese il riccio.
«Non posso.» 
Sophie stava per correre via ma esitò un attimo, sentendosi osservata da quegli occhi smeraldo e che, per qualche ragione, non riusciva a smettere di guardare. Lui sorrise ancora e lei scappò via.
Harry sapeva che il giorno dopo lei sarebbe tornata.

E così cominciò la storia di questi due ragazzini, appartenenti a mondi diversi, che ogni sera s'incontravano sulle punte delle montagne dei rispettivi pianeti. Tra di loro c'erano circa cinque metri di distanza, perciò a volte era difficile parlarsi a bassa voce, in modo da non farsi sentire da nessuno. Harry, dopo aver raccolto i frutti di bosco, si sedeva sempre sullo stesso masso e la aspettava, a volte anche per più di un'ora. Sophie doveva aspettare invece il momento in cui i suoi genitori le dessero la buonanotte e andassero in camera da letto, così lei poteva uscire dalla finestra, scendendo dai rami dell'edera che era cresciuta sul muro della casa. Poi correva e raggiungeva la punta della montagna dove due occhi smeraldo la aspettavano levati verso l'alto. Le sorrideva e le chiedeva com'era andata la sua giornata. Parlavano di tutto e di più, ridevano, scherzavano. Quello era l'unico momento del giorno in cui riuscivano ad essere felici entrambi. Harry frequentava la scuola dell'obbligo, dalle ore nove alle ore quattordici. Amava studiare, amava sapere, ma non riusciva a farsi piacere le giornate scolastiche a causa degli altri. Gli altri non facevano altro che prenderlo in giro perché la sua famiglia era povera. Nei corridoi lo spintonavano, a volte lo chiudevano in bagno, gli rubavano la cartelletta e gli rovesciavano tutti i libri per terra pestandoli con le scarpe. Lo prendevano in giro perché non poteva partecipare alle gite didattiche, i suoi non potevano permetterselo, lo prendevano in giro perché indossava abiti usati. Lui aveva imparato a non reagire: chiudeva la tavoletta del gabinetto e ci si sedeva sopra aspettando che una bidella o una professoressa venisse ad aprirgli, raccoglieva i libri e i quaderni e senza dire una parola li risistemava nella cartelletta. Sophie era l'unica persona che gli rivolgesse la parola. Per lei la situazione familiare era esattamente l'opposto. I Garison erano una delle famiglie più ricche della provincia di Great Core. Vivevano in una casa abnorme con tutti le comodità possibili: riscaldamento, piscina, idromassaggio, terrazza, palestra personale, domestici al loro servizio... tutte cose che la famiglia Styles poteva solo sognare. Sophie non parlava mai a Harry della sua casa, temeva di metterlo a disagio, temeva che sembrasse che si stesse vantando, che gli stesse rinfacciando la sua superiorità. Piuttosto gli raccontava delle sue giornate a scuola, di come avesse tutto il tempo persone false attorno, cui l'unico obbiettivo era entrare in casa sua e servirsi di tutto ciò che poteva offrire. Altri invece la prendevano in giro per i suoi capelli rossi. La caratteristica del mondo di sopra era quella dei capelli biondi e gli occhi chiari, a causa della poca presenza di sole, perciò la maggiorparte della popolazione aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri. C'era una specie di razzismo e pregiudizi contro chi aveva i capelli rossi, il più comune era quello che sosteneva che chi avesse i capelli rossi puzzasse. Alcuni neanche osavano avvicinarsi a lei a causa di questo detto. Ma a lei non importava, non desiderava avere accanto gente superficiale. Per questa serie di motivi, Sophie non aveva amici. Harry era l'unico che se ne fregava di tutto.
«Noi non potremmo parlare, lo sai?» ogni tanto gli chiedeva lei.
«E chi lo ha deciso?» rispondeva lui meccanicamente.
«Gli altri.» 
«Gli altri...» echeggiava con una smorfia. 
Nessuno dei due aveva raccontato alla propria famiglia dell'altro. Nessuno sapeva di loro due. Continuarono ad incontrarsi per qualche mese alla Montagna, come la chiamava Harry, o ai Monti Albi, come lo correggeva Sophie, fino a quando non gli venne voglia di raggiungerla. Ne parlarono per qualche giorno, Harry voleva toccare le sue mani, guardare i suoi occhi da vicino, sentire il suo respiro. Lei era meno sicura, aveva paura che questo potesse avere delle conseguenze, che qualcuno li potesse scoprire. Harry un giorno le chiese di aspettarlo per qualche minuto e si mise a vagare per il bosco fino a quando trovò quello che cercava. Un ramo di un pino, caduto al suolo, lungo circa tre metri. Era felice, ma tre metri non bastavano. Trovò un altro ramo lungo poco più di un metro. Pensò a come potesse unirli e alla fine strappò un pezzo della sua felpa e completò il lavoro. Corse fino alla cima della montagna e mostrò i due rami uniti alla ragazza.
«Che cos'è? Cos'hai fatto alla tua felpa?» chiese confusa alzandosi in piedi. Harry alzò il lungo ramo e si mise in punta di piedi.
«Afferralo.» ordinò frettoloso ed emozionato allo stesso tempo. Lei capì un secondo dopo. Voleva che si aggrappasse al ramo in modo da tirarla fino a lui. Era un'idea fantastica, ma aveva una perplessità.
«Ma Harry, abbiamo due gravità diverse, non riuscirò mai a mettere i piedi sul tuo pianeta, ricadrei sul mio!» riferì preoccupata.
«Afferralo e basta.» l'avrebbe solo tirata su, guardata da vicino e poi riportata giù. A lui bastava questo, Sophie non riusciva a capirlo. Tremava e guardava Harry agitata.
«Fidati di me, Sophie.» si guardò attorno e finalmente si aggrappò al ramo. Harry cominciò a portarlo giù, piano piano, lei aveva le vertigini e quando entrò nell'atmosfera dell'altro pianeta, la testa le cominciò a girare, non era abituata a quell'aria, quella sul suo pianeta era artificiale, l'avevano installata gli scienziati per favorire la vita. Mentre Harry l'avvicinava, non smetteva di guardarla negli occhi e fremeva dalla felicità. Arrivarono a un metro di distanza, le loro mani si toccarono e a entrambi mancò il fiato per un secondo. Harry notò che delle piccole lentiggini le punteggiavano le guance rosse, da lontano non le aveva notate.
«Hai le lentiggini.» affermò sorridendo.
«Sì, le odio.» rispose lei distogliendo lo sguardo e sentendosi imbarazzata. Anche le lentiggini erano una di quelle tante cose per cui i suoi compagni la prendevano in giro.
«Io le adoro invece.» stettero a guardarsi per quasi un minuto, senza trovare niente da dirsi fino a quando non sentirono una voce. Sophie la riconobbe, era la voce di suo padre che la chiamava, probabilmente si era accorto che non era nella sua stanza a dormire. Il panico cominciò a crescere nei loro occhi, Harry per lo spavento lasciò andare il ramo e riuscì a prenderlo due secondi dopo.
Ma era troppo tardi. 
Sophie cadde nel vuoto urlando il nome del ragazzo e si schiantò contro il suolo roccioso della montagna del mondo di sopra. 
«Sophie!» gridò Harry mentre il cuore cominciava a scalpitargli. Doveva scappare via, lo sapeva, o lo avrebbero scoperto, ma indugiò per un attimo, guardandola lì, sdraiata sulla neve. Una striscia di sangue scorreva dalla sua testa sopra il bianco della neve. Harry spalancò gli occhi e cominciò a piangere. 
«Sophie... scusami....» sussurrò tra le lacrime prima di correre via.


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Ciao a tutti! Questa è la mia fan fiction: Upside down. 
Come avrete potuto notare, è ispirata al film uscito qualche anno fa al cinema, Upside down. La storia mi aveva colpita molto e di notte, mentre ci ripensavo, mi venne in mente di sostituire i personaggi con i miei idoli, gli One Direction. Ho cambiato -e cambierò- alcune scene, alcuni momenti... insomma, non sarà una fotocopia del copione del film anche perché ho in mente molte cose che potrei aggiungere o togliere.
Ho iniziato a scriverla un po' di tempo fa, avevo intenzione di pubblicarla sulla mia pagina Facebook ma ha fallito, ormai i fan non sono più attivi e quindi ho dovuto rinunciare all'idea. Così ho pensato che avrei potuto provare qui, su efp, anche se sinceramente ho un po' di paura, perché qui siete la maggiorparte lettori esperti... però ho davvero bisogno di un'opinione, anche negativa, però ne ho bisogno. Quindi vi pregherei di lasciarmi una recensione e dirmi che cosa ne pensate della mia storia e dei miei personaggi.
Ciao a tutti! :)

horan_smiles
  
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