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Autore: Nuel    05/05/2014    7 recensioni
Estate 1925. Al termine degli esami, gli studenti di Hogwarts si apprestano a lasciare la scuola, ma ci sono storie che non sono mai state raccontate o, forse, che non sono nemmeno mai iniziate.
♣ Questa fanfiction si è classificata quinta nel contest "A voi la scelta", promosso da S.Elric_
◊ Imago Mundi I
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Abraxas Malfoy, Albus Silente
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Imago Mundi ϟ'
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Caramelle al limone


 

Hogwarts, 1925



L’estate era arrivata presto quell’anno, facendo allentare i nodi delle cravatte delle divise.
     Il cielo era terso e luminoso e dagli alberi del parco giungeva un cinguettio allegro che si mischiava al vociare degli studenti del quinto e del settimo anno che si apprestavano a lasciare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
     Gli esami erano finiti e sarebbe stata un’estate lunga e piacevole.
    Albus Silente, professore di Trasfigurazione, stava riordinando pigramente il suo alloggio, occhieggiando la finestra, di tanto in tanto, con le labbra stese in un sempiterno sorriso sornione, sotto i baffi folti e rossicci, come se fosse in attesa di qualcosa che, ne era certo, sarebbe successo entro breve.
     Non dovette attendere a lungo, infatti, prima che gli occhi cerulei potessero accarezzare il piumaggio del solito gufo che attraversò la finestra lasciata aperta per lui, facendo cadere sulla scrivania una lettera rossa e subito se ne andò via, senza attendere una risposta.
     L’uomo raccolse la strillettera, quasi con una nota di divertimento, ammirando quella sfumatura di rosso e decidendo che quello sarebbe stato l’esatto punto di colore delle nuove tende del baldacchino del suo letto.
     La carta fu attraversata da un fremito e si animò, sbraitando con voce altera e presuntuosa le parole vergate dal giovane mittente.


 

“Albus, muovi il culo e raggiungimi! Non ho tutta la maledetta giornata e se mi fai perdere il treno, giuro che ti obbligherò a farmi da elfo domestico per il resto della vita!”



La lettera si stracciò in tanti piccoli frammenti rossi che caddero, simili a foglie d’autunno, sul pavimento di pietra, preludio di una separazione burrascosa, ma che non sarebbe stata mai definitiva.
     Il professore, sorridendo tra sé, come se ubbidisse all’ordine ricevuto dal suo giovane ed intransigente amico, raccolse dalla scrivania ingombra una scatola di metallo con un disegno di arabeschi argentati sulla lacca nera, legata sui quattro lati con un semplice nastrino di raso verde e, senza fretta, lasciò il proprio studio senza curarsi di chiudere la finestra.
     Il sole estivo scaldava le pietre millenarie di Hogwarts, la cui lunga ombra si proiettava verso il Lago Nero, dove le piccole barche che attendevano gli ormai ex studenti del settimo anno si stavano già radunando per accompagnare i giovani diplomati sulle acque scure come la prima volta che erano giunti, undicenni, al castello, come a voler concludere quel viaggio meraviglioso che era stata la loro esperienza di giovani maghi, ormai adulti, pronti ad assumere il proprio posto nel mondo.
     Il mago osservava l’esodo stagionale, salutando di quando in quando i suoi alunni che si avvicinavano e proseguiva calmo, il passo sicuro e tranquillo, allontanandosi dal vociare allegro per sparire dietro la curva di una delle molte torri svettanti, il cui basamento possente disegnava angoli retti sull’erba tenera che raramente vedeva la luce. Sollevò lo sguardo verso il cielo azzurro, riparato dall’ombra del castello, intercettando il volo di qualche rapace che raggiungeva la guferia, accertandosi, poi, con studiata casualità, che nessuno lo avesse seguito e si inoltrò in una delle tante rientranze seminascoste, adiacenti alle mura.
     La temperatura si abbassava considerevolmente all’ombra greve delle torri ed il muschio avvolgeva, morbido e tenace, le pietre più in basso ed i basamenti delle statue, simulacri in pietra di guerrieri dalle armature sbattute dal vento e dalla pioggia ad imperitura difesa della scuola.
     I passi del professore di Trasfigurazione non facevano rumore sul terreno morbido mentre gli occhi ridenti abbracciavano la bionda figura seduta su una panca di pietra, la schiena appoggiata ad un bracciolo ed una gamba sollevata, il ginocchio piegato, sopra la seduta.
     Sulle labbra gli comparve un sorriso affettuoso nel notare il broncio infantile sul profilo affilato del giovane uomo in eleganti abiti neri che lo aspettava.
« Abraxas! »
    Richiamato dal suono del proprio nome, il giovane biondo si alzò in piedi, sorridendo un istante e subito ricomponendo l’espressione altera e vagamente infastidita sul volto pallido, dalla mascella marcata e dal naso affilato. Occhi d’acciaio si illuminarono di emozione, ma Abraxas Malfoy non fece un passo verso il mago che lo aveva chiamato.
     Anzi. Si sedette di nuovo, con espressione contrariata.
     « Albus! Ce ne hai messo di tempo! »
     Silente lo raggiunse, sedendosi accanto a lui ed offrendogli la scatola con un sorriso gioviale.
    « Pensi di comprarmi con così poco? » Abraxas prese con circospezione il dono di pace offerto dal suo ex insegnante e sciolse il nastro verde, già sapendo cosa avrebbe trovato all’interno, quando avrebbe aperto il coperchio.
     « Caramelle al limone! »
     « Le tue preferite! » rispose il professore, mentre il giovane ne prendeva una ed offriva le altre all’insegnante.
     Una mano lunga, dalle dita affusolate, prese una caramella gommosa, ricoperta dai cristalli di zucchero e la portò alle labbra del mago più anziano.
     Quelle caramelle, le preferite di Abraxas Malfoy, erano anche le sue preferite.
     Gli facevano pensare a lui, così educato e distinto fuori, capace di brevi istanti di dolcezza e poi... quell’acido che non era male, che rendeva più sopportabile la calura estiva.
     Per qualche momento rimasero in silenzio, mangiando caramelle al limone.
     « Non dovresti chiamarmi Albus e nemmeno mandarmi strillettere. Non è conveniente ».
     « Sono un Malfoy ed i Malfoy fanno sempre quello che vogliono! » replicò piccato. « E poi, ora sono diplomato. Non c’è più ragione ché ti chiami professore ».
     Silente annuì. Nessuno dei due guardava l’altro, la scatola era posata sulla panchina, tra di loro, un formale divisorio che avrebbero potuto eliminare così facilmente.
    « Ora tornerai a Malfoy Manor » una cicala, da qualche parte, si era messa a frinire, forse per convincerli a rompere gli indugi ed a dare prova di quell’eloquenza di cui erano entrambi maestri.
     Quando lo volevano.
     Annuì. « Verrai a trovarmi? » Il giovane Malfoy occhieggiò verso Silente, lo sguardo carico di aspettativa dissimulata, ma l’uomo sospirò, levando di nuovo lo sguardo al cielo, che in certi giorni d’inverno sapeva assumere una sfumatura così simile al colore degli occhi dell’altro.
     « Ne abbiamo già parlato. Tu sei lord Malfoy. La comunità magica si aspetta qualcosa da te. Che ti sposi, per esempio, e che provvedi a dare alla tua stirpe un erede ». Prese un’altra caramella dalla scatola, ma Abraxas gli afferrò la mano, trattenendola nella sua, il volto girato, ora, verso il suo.
     « Hai detto bene: sono io lord Malfoy! Mio padre è morto, nessuno può obbligarmi a fare quello che non voglio e per avere un erede c’è tempo! Io voglio te, Albus! »
     Silente sorrise di nuovo, allungando la mano libera per togliere dalle dita trattenute la caramella e portarsela alla bocca.
     Masticò per un po’, leccandosi poi una traccia di zucchero dalle labbra e gli sorrise di nuovo. « Sei giovane, Abraxas, ed io ho qualcosa da fare ».
    Malfoy annuì. « Allora sbrigati a farla! » Aveva capito l’antifona: se non puoi prendere una caramella con la destra, prendila con la sinistra ed essendo un Malfoy, avrebbe fatto sempre qualunque cosa per ottenere ciò che desiderava.
     « Ogni cosa a tempo debito, mio giovane amico. » Sospirò. « Ti ho già accennato a... »
     « Gellert Grindelwald! » sputò il nome, gli occhi ora carichi di risentimento. « Per quanto ancora ti nasconderai dietro a quel nome?! » Si era alzato in piedi, affrontando Silente a volto aperto, nessuna bacchetta nelle mani. « Io non solo lui! »
     Il volto di Silente si adombrò, ma gli occhi chiari come il cielo su di loro si illuminarono di orgoglio davanti al suo giovane allievo. Giovane, appunto. Come era stato lui quando aveva conosciuto Gellert. Come quando si era lasciato incantare dal fascino e dal potere di un mago più adulto di lui, che sembrava conoscere la risposta ad ogni domanda, che pareva capace di comprendere il bene superiore.
     Silente sospirò. « No, non sei lui » convenne, facendo impallidire il giovane lord Malfoy.
   « Devo diventare un mago oscuro per avere la tua attenzione?! » Il tono improvvisamente freddo di Abraxas sembrava quasi una sfida e l’allegria scomparve dagli occhi dell’insegnante.
     « No. Ti invito a notare, inoltre, che hai già tutta la mia attenzione ».
     « Sai che non è l’unica cosa che voglio! » sbottò allora il giovane lord. « Io non ti tradirò! Non ti farò soffrire! »
    « Non posso darti ciò che non possiedo, Abraxas ». Silente sollevò la mano su cui erano rimasti alcuni cristalli di zucchero e si indicò il centro del petto. « Sono stato anche io un giovane mago pieno di ambizione ed entusiasmo ed ho donato il mio cuore all’uomo sbagliato. Non fare il mio stesso errore, ragazzo ».
     Lord Malfoy, i capelli biondi legati sulla nuca da un nastro di velluto nero a formare una coda e la tunica nera dal collo e dai polsi ricamati con minuziosa precisione, atteggiò le labbra in una smorfia piena di disappunto.
     « C’è oscurità in me, Abraxas. Non voglio contagiarti col male che mi perseguita » la voce di Silente era melodiosa anche mentre pronunciava parole che suonavano tanto dure alle orecchie del mago più giovane.
     « Tutti si aspettano che tu lo affronti! Tutti sanno che lo batterai: sei tu il migliore! »
     Silente lo ascoltava imperturbabile, gli occhi azzurri fissi e carichi di comprensione in quelli grigi e tormentati di Malfoy. Poco più che un ragazzo, si diceva il mago, cercando di ricordare se stesso alla sua età, cercando di non far penetrare il dolore nella propria mente.
     « Affrontalo! Fallo per me! Riprenditi il tuo cuore, la tua libertà, tutto quello che vuoi, Albus, e vieni da me! » Il tono accorato, quasi disperato di Abraxas avrebbe scosso chiunque. Chiunque avesse ancora un cuore da poter impegnare, ma il professore di Trasfigurazione aveva messo in gioco il proprio tanti anni prima e lo aveva perso.
     Silente si alzò in piedi, avvicinandosi al giovane, ancora più basso di lui, sebbene fosse cresciuto molto in quell’ultimo anno. Gli pose una mano sotto il mento, facendoglielo alzare per guardarlo ancora negli occhi, ma invece di parlare, sollevò il pollice ad accarezzargli le labbra imbronciate.
     Quella carezza era l’unico gesto simile ad un bacio che gli avrebbe concesso.
     « Dovresti prepararti a partire. Le barche sono già ormeggiate ».
     « Non m’importa delle barche! » Il tono duro, lo sguardo severo, Malfoy non si sottraeva al suo tocco perché sapeva che non ce ne sarebbe stato un altro per chissà quanto tempo.
     Piccoli gesti, sempre cauti, sempre carichi di rispetto, oltre che di affetto, erano tutto quello che c’era sempre stato tra loro.
     Le parole no, quelle erano tutt’altra cosa: parole roventi, ingiuriose, appassionate. Si erano scagliati uno contro l’altro in schermaglie violente, con pretese assurde, come quella: fallo per me.
     Strinse i pugni ed infine abbassò lo sguardo.
     Silente ritrasse la mano ed il contatto finì. « Quando sarà il momento, affronterò Gellert, ma non prima ». Grindelwald era la sua personale ossessione, il suo sogno infranto ed Albus Silente sapeva che non avrebbe potuto affrontarlo allo stesso modo in cui fronteggiava un ragazzo innamorato.
     Avrebbe dovuto prepararsi, scegliere un luogo appropriato. Togliergli la bacchetta.
     Quello era il nocciolo della questione: la bacchetta leggendaria, la stecca della morte, quella che Gellert aveva recuperato dai meandri della leggenda, fondendo insieme realtà e mito, consacrando se stesso alla storia.
     « Ti aspetterò ». La voce di Malfoy era stata poco più di un sussurro, ma sufficiente a distrarlo dai suoi pensieri.
     « Non posso chiederti tanto, Abraxas ».
     Malfoy sorrise in tralice. « Non ho di meglio da fare, Albus ».
     Silente scosse il capo. « Da un grande potere derivano grandi responsabilità, ragazzo: tutti i maghi d’Inghilterra guarderanno a te ».
     « Farò quello che ho sempre voluto fare, Albus: andrò in Romania a vedere i draghi! Credo che rimarrò lì per un po’, ma tu non prendertela troppo comoda! Quando tornerò dovrai essere libero e disponibile! » rispose senza mezzi termini: l’Inghilterra e tutti i suoi maghi avrebbero dovuto aspettare i suoi comodi, se ci tenevano tanto a lui.
     Silente sospirò, osservandolo come se volesse imprimersi nella memoria il suo volto giovane, preparandosi ad una lunga lontananza.
     « I draghi! »
     « Ti pare tanto strano? »
   « A dire il vero, no. Credo che sarà un’esperienza interessante, andare a vedere i draghi! » Per qualche momento parve perdersi nella contemplazione di quel pensiero, poi sospirò e gli fece un cenno di invito. « Vogliamo rientrare a scuola, adesso? » Senza aspettare la sua risposta, il professore si mise a camminare, ripercorrendo, in senso inverso, la strada che poco prima aveva fatto, mentre il rumore delle carrozze che iniziavano a partire, portando con sé i novelli Fattucchieri Ordinari giungeva alle loro orecchie.
     Abraxas recuperò la scatola di caramelle al limone e ne mise in bocca un’altra, prima di raggiungere a passo svelto il professor Silente, che sembrava procedere adagio per dargli la possibilità di affiancarglisi.
    Quando il ragazzo gli fu accanto, infatti, l’insegnante gli sorrise, osservando il movimento lento della sua mandibola, impegnata a consumare il dolcetto e protese una mano verso la scatola.
     « Prima di salutarti, mangerei volentieri un’altra caramella ».
     Malfoy, con espressione truce, scostò la scatola sul lato opposto, allontanandola dalla sua mano e sfidandolo a prendergliela nonostante il suo rifiuto e Silente comprese che sarebbe stata una lunga e calda estate, senza il sollievo dello zucchero e del limone.






Note al testo

1. La ff partecipa al contest “A voi la scelta” che prevede l’uso di tre elementi a piacere da una lista prestabilita: un personaggio, una trama ed un oggetto.
La mia preferenza è andata al personaggio di Albus Silente, alla trama Q: il personaggio vuole ottenere qualcosa che non gli appartiene da qualcun altro ed all’oggetto strillettera.

2. In questa ff ho cercato di dare una collocazione temporale ipotetica ai fatti:

  • sebbene la Rowling non abbia reso nota la data di nascita di Abraxas Malfoy, sappiamo che il personaggio è “più vecchio” del professor Lumacorno che insegnò ad insegnare ad Hogwards a partire dagli anni ‘30.
  • Tom Riddle (anno di nascita 1926), chiese di poter insegnare subito dopo il diploma, quindi è possibile ipotizzare che Lumacorno sia nato intorno al 1910, che pertanto ho scelto come terminus ad quem per la data di nascita di Abraxas, che, quindi, ai fini del racconto, ho fatto nascere nel 1908.
  • Dal momento che Lucius Malfoy nasce nel 1954, Abraxas è piuttosto avanti con l’età quando nasce il suo unico figlio, ma, sempre dalla Rowling sappiamo che può capitare: Nott, infatti, è avanti negli anni quando nasce il suo unico figlio Theodor.
  • La differenza di età tra Silente e Malfoy è di quasi trent’anni, ma quella tra Silente e Grindelwald, in questa storia, è di quasi quaranta: sul web si trovano diverse ipotesi sull'età di Grindelwald, una di queste si basa su una dichiarazione della Rowling, secondo cui Grindelwald sarebbe nato nel 1842, mentre Silente nel 1881. Secondo altre versioni, la Rowling avrebbe dichiarato che i due fossero quasi coetanei.
  • A tal proposito credo sia importante notare come, secondo la prima ipotesi, Grindelwald avesse già 103 anni quando Silente riuscì a sconfiggerlo, togliendogli la bacchetta di sambuco; Silente muore alla veneranda età di 115 anni e 10 mesi, ma a questo punto va ricordato che Grindelwald muore a 154 anni!
  • Il Silente della ff ha ben dodici anni in meno di quello che incontrò, per la prima volta, Tom Riddle.
  • Il 1925 è anche l’anno di nascita della professoressa McGranitt.


   
 
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