If you're pretending from the start like this
with a tight grip, then my kiss
can mend your broken heart
I might miss everything you said to me
Over Again, One Direction
Quella era una giornata
come tante, un semplice 20 gennaio come ne erano passati altri. Essendo
inverno, il clima era molto rigido, soprattutto nelle strade di Londra,
dove a volte la temperatura scendeva sotto gli 0 gradi centigradi.
Aveva da poco ricominciato a nevicare; la neve, nel giro di un paio di
minuti ricoprì tutta la città trasformandola in
una distesa innevata.
Il Big Ben rintoccò per ben sette volte quella gelida
mattina, forse per svegliare i lavoratori dal loro sonno per farli
andare al lavoro, o semplicemente suonò per avvisare la
popolazione londinese che erano le sette di mattina.
Se il suo intento era quello, lo aveva adempiuto in pieno, infatti dopo
i sette rintocchi, Londra si svegliò. I vecchietti
cominciarono a uscire dalla loro calda casa per recuperare il giornale
nel porticato, molti ragazzi forniti di zaino erano pronti ad
affrontare l’ennesima giornata scolastica… molti
invece, pur essendosi svegliati, preferirono rimanere nella loro dimora
a beare ancora per poco del caldo delle coperte. Uno di questi, Louis
Tomlinson, infatti fece proprio così. Sentì il
rintocco del Big Ben, forte e chiaro. Nonostante si fosse svegliato,
preferì rimanere sotto le coperte: forse non doveva andare
al lavoro quel giorno, forse era comodo nel suo letto e non voleva
perdere quella pace che inondava la sua camera da letto…
oppure, come nel suo caso, non voleva svegliare l’amore della
sua vita sdraiato accanto a lui ancora nel mondo dei sogni. Infatti
Louis, facendo attenzione a non svegliarlo, si voltò verso
il suo lato per il solo piacere di ammirarlo dormire beatamente,
osservare le sue labbra socchiuse e sorridere nel pensare a
ciò che era avvenuto la sera prima.
Louis sorrideva nel guardarlo, cominciò a pensare a cosa
stesse sognando e la sua mano andò verso il suo viso per
sistemagli un ricciolo ribelle cadutogli sulla fronte. Quel gesto
svegliò l’addormentato che, dopo aver sbadigliato,
aprì le palpebre lasciando godere a Louis il verde dei suoi
occhi.
“Buongiorno” aveva sussurrato quella mattina Louis
al suo amore. “Dormito bene?” continuò
mentre gli accarezzava dolcemente la guancia.
Il riccio si limitò ad annuire mostrandogli uno dei suoi
sorrisi più smaglianti, seguito da uno sbadiglio. Il ragazzo
dagli occhi verdi si stropicciò gli occhi e finalmente
riuscì a vedere in maniera nitida la figura del suo amante
davanti a sé. Gli si avvicinò e lo
baciò dolcemente sulle labbra per poi abbracciarlo e
stringerselo forte al petto.
“Come siamo calorosi oggi” scherzò Louis
e il ragazzo dai capelli ricci, Harry, rise rumorosamente, per la prima
volta quel giorno.
“Non ti abbracciavo da sette ore” si
giustificò per poi accarezzargli la guancia. “Mi
sei mancato” continuò.
Louis sorrise involontariamente perché era questo che gli
causava Harry: tanti sorrisi involontari.
Harry lo aveva salvato, gli aveva mostrato che tutti sono in grado di
amare, anche un ragazzo duro e freddo come Louis Tomlinson.
Quest’ultimo diceva sempre che era colpa dei suoi occhi se
era così freddo. Azzurro ghiaccio, senza emozioni,
sentimenti, amore. All’interno di quell’azzurro
c’era un passato orribile che aveva segnato profondamente il
comportamento del ragazzo. Aveva creato attorno a sé un
muro, indistruttibile credeva. Ma il verde speranza degli occhi di
Harry aveva distrutto tutto, sciolto quel ghiaccio con un semplice
sorriso e Louis sarebbe stato grato a Harry per tutta la vita.
Amava gli abbracci di Harry, lo facevano sentire al sicuro, come se
quelle braccia fossero la sua seconda casa. Era diventato dipendente da
quei ricci, quegli occhi verdi e quelle labbra rosse e carnose che
amava tanto succhiare, assaporare e mordere qualche volta, solo dal
piacere di sentire che erano sue e lo sarebbero state per sempre. Louis
ricambiò l’abbraccio caloroso di Harry e sorrise
mentre disegnava con i polpastrelli il contorno del tatuaggio che Harry
portava sul petto. Una farfalla, proprio sull’addome, gli era
sempre piaciuto quel tatuaggio, forse perché era ricco di
particolari, cosa che Louis notò subito, dal primo momento
che lo vide, dalla prima volta che strappò con foga la
camicia del riccio per poi cominciare a baciarlo mentre mille emozioni
diverse gli facevano brutti scherzi allo stomaco. Anche Louis
possedeva diversi tatuaggi, era una passione che accomunava la giovane
coppia, oltre ad altre tante.
Rimasero in quell’abbraccio per una buona manciata di minuti,
quando d’un tratto Harry salì su Louis con uno
scatto felino, lasciandolo di stucco.
“Che vuoi fare?” chiese Louis ridendo,
perché sì, quella situazione gli piaceva. Non
rispose e avvicinò le sue labbra a quelle di Louis facendo
combaciare quelle bocche che erano state separate per troppo tempo.
Louis infilò una mano tra i ricci di Harry che gemette
leggermente quando gli vennero tirati per fare più pressione
al bacio.
Si staccarono senza fiato, entrambi con un sorriso stampato sul volto.
Gli occhi verdi si incastrarono perfettamente in quelli azzurri facendo
nascere emozioni e sorrisi tra i due innamorati.
“Sei bellissimo” disse Harry accarezzando Louis
sulla guancia e poi gli baciò il naso. “Sono stato
bene ieri sera…” sorrise lasciandosi scappare una
piccola risata “ma devo essere sincero, la mia parte
preferita è stata stanotte”.
Louis sorrise, probabilmente perché si trovava
d’accordo con il riccio. Le emozioni che aveva provato quella
notte non le aveva mai provate prima e sperimentarle con Harry era
stato fantastico.
Harry sorrise per poi lasciare il letto, alzandosi in piedi davanti a
Louis, mostrandogli tutti i punti più intimi che possedeva e
che il ragazzo da gli occhi di ghiaccio aveva avuto la fortuna di
esplorare. Spalancò gli occhi e un’ondata di
piacere si sprigionò in lui, facendolo eccitare
più del dovuto. “Così mi tenti,
Harry” disse sorridendo mentre ammirava il corpo nudo del suo
ragazzo.
Harry sorrise e, passandosi una mano tra i capelli, sospirò
e rimase fermo per qualche secondo in più per vedere Louis
contorcersi dal piacere. Forse rimase quell’attimo che fece
traboccare il vaso, tanto che Louis dovette soddisfarsi da solo. Harry
rise nel vederlo masturbarsi in sua presenza, e un po’ si
eccitò pure lui. “Ti ecciti facilmente”
pronunciò il riccio prima di andarsene e dirigersi verso il
bagno, lasciando Louis sotto le coperte da solo in preda ad un
orgasmo.
“Fanculo” disse prima di venire per la seconda
volta a causa di Harry.
Decise di alzarsi anche lui e, mentre l’altro si faceva una
doccia, si diresse in cucina per preparare la colazione.
Guardò l’orologio, che segnava le sette e trenta;
fortunatamente quel giorno né lui né Harry
dovevano lavorare.
Decise di preparare tutto l’occorrente per una colazione
ottima, perfetta da fare con l’uomo della sua vita.
Apparecchiò la tavola con le posate e le stoviglie migliori,
utilizzò tutti gli ingredienti preferiti di Harry per poi
completare il tutto con due rose rosse al centro del tavolo. Louis se
teneva a qualcosa voleva essere perfetto nello svolgerla e se si
trattava
di Harry, sarebbe stato disposto ad offrirgli la luna.
Harry fece il suo ingresso in cucina pochi minuti dopo e sorrise nel
vedere la tavola imbandita di pietanze che lui amava.
“Pancakes” disse il riccio avvicinandosi alla
tavola. Ne assaggiò uno e lo assaporò con calma,
chiudendo addirittura gli occhi per convincersi meglio.
“Allora, sono promosso?” chiese Louis titubante nel
vedere Harry mangiarlo.
“Mancherebbe un po’ di sale…”
disse il riccio sorridendo.
“Sale? Te lo prendo subito, asp-” ma Harry lo
fermò per un braccio e lo attirò a sé
facendo scontrare i loro sguardi ancora una volta quella mattina.
“Nei pancakes non ci va il sale, idiota” disse
Harry per poi baciare Louis come se volesse tranquillizzarlo.
“Erano perfetti, promosso” concluse e Louis
tirò un sospiro di sollievo.
Ci teneva alla sua opinione, gli aveva dato tutto, era in debito con
lui e voleva che tutto fosse perfetto. Ma lui non sapeva che Harry era
felice così, con il suo amato Louis al suo fianco. Avrebbe
anche accettato cibo per cani anziché i pancakes, li avrebbe
amati lo stesso.
Si sedettero per fare colazione e cominciarono a mangiare, erano
davvero buoni. A volte si scambiavano degli sguardi, altre volte dei
baci volanti, cercavano addirittura il contatto fisico, nonostante si
trovassero a un metro di distanza. Erano molto presi l’uno
dall’altro ed erano felici così.
“Senti Haz” disse Louis dopo aver appoggiato la
tazzina del caffè sul suo piattino “stasera voglio
che andiamo a cena fuori, offro io”.
“Ah beh, se offri tu…”
scherzò Harry e tra i due si alzò una risata che
fu sostituita subito dopo con dei sorrisi. “Certo, mi farebbe
piacere” disse infine.
Quella mattina si
dovettero separare: Harry andò dai suoi
genitori per passare la mattinata con loro mentre Louis si
recò nel suo posto preferito, la biblioteca. Amava leggere,
aveva letto tutti i libri della biblioteca comunale di Londra
più di una volta e li avrebbe letti una terza e una quarta.
Gli piaceva immedesimarsi nel personaggio, vivere la storia con lui e
appartenere a un mondo fantastico, senza ingiustizie e
calamità. Era sua abitudine sostituire i nomi dei personaggi
con Louis e Harry, tanto per rendere la storia più
avvincente. Si recò in biblioteca e ci rimase per tutta la
mattinata. Lesse si e no quattro libri, tutti con fine romantico e
tragico. Louis amava queste storie, anche se un po’ lo
spaventavano: aveva paura che potesse accadere lo stesso a loro.
Per esempio, quella mattina, vagando tra gli innumerevoli scaffali,
trovò un libro a lui sconosciuto, forse era stato aggiunto
da poco. “Tutto
da capo” disse Louis leggendo il
titolo del libro. Si sedette in una zona molto tranquilla, la
più calma della biblioteca e cominciò a leggerlo.
La storia narrava di una coppia prossima alle nozze, innamorata come
non mai e molto felice. Questo gli ricordò lui e Harry e a
pensare a quei occhi e a quelle labbra sorrise. Scosse la testa e
riprese a leggere il racconto. Nonostante fosse lungo 300 pagine, Louis
lo lesse tutto da cima a fondo e se lo divorò mentre il
cuore gli partiva all’impazzata. Appena lesse le parole THE
END all’ultima pagina, chiuse il libro e si mise a guardare
nel vuoto. Era stato emozionante, tanto che Louis aveva le lacrime agli
occhi.
Il collegamento di lui e Harry al libro fu automatico.
“E’ solo un libro, Louis” continuava a
ripetersi, ma nel suo io interiore si sentiva che quella tragica
storia, quella drammatica vicenda sarebbe successa presto e il destino
avrebbe deciso che le vittime sarebbero state proprio Louis e il suo
amato Harry.
Controllò l’orologio sul polso. “Mamma,
papà, devo andare”. Avrebbe liquidato
così Harry i suoi genitori, che lo avevano tenuto lontano da
Louis tutto il pomeriggio. In ogni caso Harry amava i suoi genitori,
doveva tutto a loro: gli avevano dato una casa e del cibo, oltre a
capricci vari. Li amava profondamente. Ma la lancetta piccola del suo
orologio da polso era riuscita a dividerli. Aveva passato tutta la
giornata in loro compagnia, senza accorgersi che si era fatto
pomeriggio inoltrato.
Mandò un messaggio a Louis dicendogli che sarebbe arrivato
presto e infatti, nel giro di mezz’oretta, si trovava con le
labbra appiccicate al suo amato, come se non si baciassero da una vita.
Il punto è che approfittavano di ogni singolo istante per
baciarsi, toccarsi o semplicemente rimanere incantati l’uno
negli occhi dell’altro.
Purtroppo si dovettero staccare, anche perché si stava
facendo sera e c’era un ristorante ad aspettarli. Si
prepararono per bene, in modo che tutto fosse perfetto e alle sette si
trovavano già in macchina, dove alla guida si trovava Louis.
“Pronto signor Styles?” disse sorridendo, mentre
metteva in moto la macchina che si era comprato da poco, tanto che
sapeva ancora di nuovo.
“Sono pronto, Tomlinson” avrebbe risposto Harry.
Girò la chiave verso destra, i motori si accesero e dopo
aver inserito la marcia la macchina partì. Harry
tirò giù il finestrino dell’auto,
lasciando che l’aria gli scompigliasse tutti i ricci. Louis
accese la radio e proprio in quel momento stavano riproducendo quella
canzone, la loro. Your
Song di Elton John. Louis aumentò il
volume al massimo e cominciarono a cantarla, guardandosi negli occhi
come la prima volta.
“Ti amo” sussurrò Harry una volta
terminata la canzone.
Louis sorrise e si morse un labbro “Ti amo anche
io” disse dopo un po’ e rimase ad osservare il
riccio sorridergli.
“Louis” disse Harry “non stai correndo
troppo?”.
Rise e “Non ti fidi di me?” pronunciò
aumentando leggermente la velocità.
“C’è il ghiaccio, potresti scivolare,
rallenta” disse ancora Harry.
Louis era molto orgoglioso, e anche se provenivano dalla bocca di
Harry, difficilmente ascoltava i consigli degli altri.
Accelerò ancora per far spaventare il suo ragazzo. Quando lo
era, gli si dilatavano le pupille e Louis adorava specchiarsi dentro
esse, infatti fece lo stesso quella sera, ma lo fece nel posto
sbagliato al momento sbagliato.
“Frena!” urlò Harry e Louis
riportò lo sguardo sulla strada, schiacciò il
freno ma ormai era troppo tardi.
Un rumore assordante invase il ragazzo dagli occhi di ghiaccio mentre
l’automobile si schiantò contro un'altra macchina.
Poi il buio.
Quando Louis aprì di nuovo gli occhi non si trovava in
macchina. Bensì in una stanza bianca e luminosa, dove
sentiva un suono alternato da pause costanti.
“Signor Tomlinson, finalmente si è svegliato. Mi
sente?” disse un’infermiera al povero Louis che,
ancora intontito, non capiva dove si trovasse.
“D-Dove sono?” chiese con ancora la voce impastata
dal sonno.
“In ospedale, ha avuto un incidente” gli
spiegò la donna.
“Ospedale?” disse fra se e se Louis, ancora
incredulo.
Dopo gli venne in mente il momento prima in cui era cosciente: aveva
corso troppo, c’era molto ghiaccio sulla strada, avrebbe
dovuto dare ascolto a… “Harry!”
urlò e si alzò di colpo, provocandosi un capogiro
alla testa.
L’infermiera lo bloccò e lo fece stendere ancora
sul lettino. “Deve stare fermo, è ancora
debole”.
A Louis non importava se fosse debole o meno. Voleva Harry con lui in
quel momento, ma aveva paura a chiedere di lui. Se gli fosse successo
qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato, però lui doveva
sapere.
“Harry! Dov’è Harry?” chiese
all’infermiera.
La donna lo guardò negli occhi e da quel silenzio, se fosse
durato un secondo di più, Louis ci avrebbe lasciato le
penne. Fortunatamente parlò. “Harry sta bene, ha
solo picchiato la testa contro il parabrezza ed è svenuto,
non indossava le cinture di sicurezza”.
Louis perse minimo 10 anni di vita a sentire quelle parole.
“Devo vederlo” disse e fece per alzarsi ma
l’infermiera lo bloccò.
“No, signor Tomlinson, deve stare qui finché non
glielo diremo noi. Stia tranquillo, medici esperti si stanno occupando
del suo amico, è in buone mani”.
Louis scosse la testa e si alzò, ignorando
l’infermiera che gli ordinava di ritornare nel lettino.
Louis corse, corse forte, nonostante gli facesse male la gamba. Doveva
trovare il suo Harry, doveva assicurarsi che stesse bene.
“Harry Styles, per favore!” chiese alla hall
dell’ospedale.
“In fondo a sinistra, stanza 24” disse
l’impiegato dietro al bancone.
24. Quel numero Louis lo aveva già sentito, ma non ricordava
dove. Cominciò a correre con tutte le forze rimastigli nel
corpo e, una volta davanti alla sala 24, la aprì.
“Harry!” urlò e vide il suo amato
sdraiato sul lettino, con ancora gli occhi chiusi. “Cristo
santo” sussurrò Louis avvicinandosi
al ragazzo. La
faccia era piena di ferite, come se qualcuno lo avesse colpito con una
bottiglia di vetro in pieno volto. Le sue amate labbra erano
martoriate, strappate e piene di spaccature. Louis rimase a bocca
aperta mentre si sedette vicino al lettino di Harry, prendendolo per
mano e sperando si svegliasse, sperando di rivedere quegli occhi verdi
ancora una volta.
“Louis Tomlinson?” chiese un medico entrando nella
stanza. Si limitò ad annuire senza togliere lo sguardo dal
viso di Harry. “Non dovrebbe essere qui” disse il
dottore ma Louis lo ignorò completamente. Non gli importava
e non avrebbe mollato Harry neanche se lo avessero pagato.
“Harry sta bene” disse ancora il medico e Louis
finalmente respirò ancora, dopo tanto tempo.
“Però abbiamo fatto degli esami
e…” ed ecco che Louis smise di vivere per un
secondo.
E cosa?, si
continuava a chiedere, ma aveva paura della risposta. Se era
successo tutto questo era solo colpa sua, aveva fatto del male a Harry
e questo non se lo sarebbe mai perdonato.
Louis si voltò verso il dottore che continuò a
parlare. “E ha perso la memoria”.
Per la prima volta Louis pianse. Da quegli occhi uscì acqua
salata ed amara. “C-Come perso la memoria?” chiese
per poi riportare lo sguardo su Harry, che dormiva beato.
“Mi dispiace, ragazzo” disse il dottore e gli
accarezzò la schiena in segno di conforto.
Era finita, pensò Louis. Harry non si sarebbe più
ricordato di nulla, dei momenti passati assieme, dei baci, dei sorrisi,
delle risate e delle notti passate insonni. Tutto andato perso.
“Tomlinson!” disse l’infermiera di prima,
che intanto lo stava cercando per tutto l’ospedale.
“Deve torn-”.
“Sta zitta, troia!” urlò Louis prima di
scoppiare definitivamente a piangere.
Quell’urlo svegliò Harry, infatti quando si
rivoltò lo stava osservando attentamente, forse per capire
che stava succedendo.
“Harry” disse Louis avvicinandosi al ragazzo mentre
una decina di infermieri entrarono nella stanza.
“Dovrebbe uscire ora, la chiameremo dopo” disse uno
di loro a Louis.
“Ma io…” protestò ma ormai si
trovava già nel corridoio dell’ospedale.
Si portò le mani alla testa per cercare di assimilare tutto
ciò che era successo. Se fosse stato vero che Harry
aveva perso la memoria, come avrebbe fatto? Avrebbe dovuto conquistarlo
ancora una volta. E se non ci fosse riuscito? E se Harry non si fosse
più innamorato di lui? Scosse la testa cacciando via quel
pensiero.
Era stato Harry ad averlo fatto innamorare. Era stato Harry ad averlo
aiutato. Ora toccava a lui, solo che Louis non era sicuro di riuscirci.
Aveva paura di averlo perso per sempre.
Finalmente i medici lasciarono la stanza e diedero il permesso a Louis
di entrare. “5 minuti” gli avevano detto.
Louis annuì ed entrò, sapendo già che
sarebbero stati i 5 minuti più dolorosi della sua vita.
“Ciao Harry” disse entrando nella stanza.
Harry lo fissava, ma non con il suo solito sguardo da innamorato. Louis
sentiva che le sue iridi verdi non si incastravano più nelle
sue azzurre, e questo faceva male al suo giovane cuore. Si sedette
accanto a lui e fece per prendergli la mano ma Harry la
ritirò. “Chi sei?” chiese innocente.
Louis mandò giù il groppo che gli si era formato
alla gola. “S-Sono il tuo ragazzo, Harry. Sono Louis, ti
ricordi di me?” chiese sperando ancora in una risposta
affermativa.
“Il mio ragazzo?” disse Harry e Louis
annuì, mostrandogli il sorriso più veritiero che
potesse fare. “Scusami ma non mi ricordo… come ti
chiami?”.
A Louis scese una lacrima e tirò su con il naso mentre
ammirava Harry incredulo di tutto quello che stava capitando.
“L-Louis, sono Louis” disse tentennando appena,
voleva farsi vedere forte, anche se dentro stava morendo piano piano.
Harry gli sorrise per la prima volta dopo l’incidente, a
Louis era mancato molto quel sorriso. Ma non era uno dei suoi soliti
sorrisi pieni d’amore e passione, era un sorriso amichevole e
questo a Louis non piaceva. Voleva Harry di nuovo tutto per
sé, come prima.
“Tu sapresti spiegarmi che è successo,
Louis?” chiese Harry sorridendo, mentre si portava una mano
alla testa per massaggiarsi la cute.
Sorrise appena, prima di cominciare a parlare: “Abbiamo fatto
un incidente, hai picchiato la testa e hai perso la
memoria” disse nella maniera più
tranquilla possibile.
“Ho perso la memoria?” chiese Harry, facendo
sorridere Louis.
“Si, Harry, l’hai persa non so dove e ora la
dobbiamo trovare”.
Nonostante fosse palese il fatto che Louis stesse scherzando, Harry ci
credette per davvero. “Posso aiutarvi a cercarla?”.
Louis scoppiò a ridere ed osservò
l’Harry sorridente che tanto amava. Gli occhi che brillavano,
denti splendenti e pure le labbra, nonostante fossero rovinate,
attraevano Louis. Cominciò ad avvicinarsi piano piano al
ragazzo, dimenticandosi del fatto che Harry fosse all’oscuro
di tutto quanto, che non sapeva chi fosse, che lo amava e che era suo.
Tutto questo lo realizzò troppo tardi.
“Che stai facendo?” chiese Harry allontanandosi
piano piano da Louis.
Cercò subito una scusa e “Ti sto aiutando a
recuperare la memoria” disse sorridendo.
“Volevi baciarmi” disse Harry “Non puoi
farlo”.
Louis lo guardò strano, pensando che Harry non aveva mai
rifiutato un suo bacio.
“Perché non posso?” chiese a fil di voce.
“Perché di solito i baci se li scambiano persone
innamorate, o sbaglio?”.
Ed ecco che Louis perse altri 10 anni di vita. “Ma Harry noi
ci amiamo”.
Rimase impassibile a quelle parole, non mostrava segni di concepimento
dell’informazione che Louis gli aveva appena detto. Gli prese
una mano e “Prima, ci amavamo” ma Harry si
allontanò leggermente lasciando cadere il silenzio tra i due.
“Chi me lo dice che ti amavo?” disse Harry con una
freddezza tale da essere riuscito a spiazzare Louis, che di freddezza
ne aveva da vendere.
Una lacrima rigò il suo viso e fece un respiro profondo.
“Mi amavi, Harry… me lo dicevi sempre”.
Il ragazzo dagli occhi verdi cominciò a diventare sempre
più confuso, non capiva davvero quello che stava succedendo,
e vedere Louis piangere lo fece entrare in uno stato di confusione
assoluta.
“Io, mi dispiace ma…” cercò
di dire mentre lo vedeva straziarsi davanti ai suoi occhi
“io… non so se ti amo, Louis”.
Quelle parole segnarono la fine del giovane cuore del ragazzo dagli
occhi azzurri, che si lasciò andare in un pianto isterico,
tanto da spaventare Harry.
“Louis Tomlinson, i 5 minuti sono finiti” disse
l’infermiera.
Louis guardò Harry per l’ultima volta, lasciandolo
con una semplice frase che fece riflettere il giovane ragazzo:
“Ti ho conquistato una volta, lo farò una
seconda”.
Sentì Harry sospirare prima di chiudere la porta della sua
stanza. C’erano davanti a lui numerosi dottori, tutti in
camice bianco che osservavano Louis, forse per pietà avendo
capito la situazione. Uno di loro decise di prenderlo in disparte,
facendolo entrare nel suo ufficio per spiegargli meglio la situazione.
Louis si sedette di fronte al medico, fermo a fissare il vuoto. Non
riusciva a capacitarsi all’idea di averlo perso. Non lo
amava, glielo aveva detto. Credeva che il loro amore fosse nato a prima
vista, evidentemente si sbagliava.
Il dottore guardava Louis senza parlare, si limitava solo a scrivere su
una cartellina medica alcuni dati. Dopo 10 minuti passati in silenzio,
il dottore smise di scrivere e sorrise debolmente a Louis prima di
parlare. “Mi dispiace per Harry, Louis” disse
abbassando lo sguardo.
Louis annuì sforzandosi di sorridere educatamente.
“L’ha persa per sempre?” chiese. Aveva
sperato che Harry avesse perso la memoria solo per un periodo, ma che
poi l’avrebbe riacquistata e tutto sarebbe tornato come prima.
Il dottore fissò Louis e il lucido nei suoi occhi fece
capire al ragazzo la risposta dolorosa.
“E io che dovrei fare ora? Non ricorda nemmeno il mio
nome” singhiozzò Louis, deglutendo a fatica mentre
pensava che quella era la dura verità.
“Ha perso la memoria ma questo non significa che non
può recuperarla” disse il dottore sistemandosi gli
occhiali sul naso.
“In che senso recuperarla?” chiese Louis.
“Se lo aiuterai attraverso fotografie e filmini a recuperare
una parte di memoria, anche se non completamente, potrà
acquisirne una parte e quindi…” il dottore non
concluse la frase mentre sorrideva a Louis nel vedere la luce nei suoi
occhi azzurri.
“Davvero sarebbe possibile una cosa del genere?”
chiese mentre un sorriso trovava spazio nelle sue labbra.
“Ovviamente ci vorrà tempo, Louis. Si parla di
mesi”.
Louis pendeva dalle sue labbra. Non gli importava se ci sarebbero
voluti mesi o addirittura anni, l’importante era che Harry
avrebbe ricordato di nuovo chi fosse, che lo amava e che viveva
felicemente con lui.
“Comunque, avete avuto un incidente. Avrete bisogno entrambi
di uno psicologo con cui parlare, soprattutto Harry” disse il
dottore e Louis annuì pensando avesse ragione. Forse lo
psicologo lo avrebbe aiutato a far ricordare a Harry tutto quanto.
“Ma Harry potrebbe tornare a vivere con me?” chiese
Louis.
Il dottore scosse la testa. “Mi dispiace, ma non credo sia
possibile. Harry dovrà stare da parenti stretti per un bel
po’, sono gli unici che possono veramente aiutarlo.
Successivamente potrà cominciare a riprendere la sua routine
quotidiana” spiegò il dottore per poi alzarsi in
piedi “comunque Louis non devi preoccuparti, faremo di tutto
per aiutarlo, fidati di noi”.
Louis annuì e si alzò a sua volta, strinse la
mano al dottore e “grazie” disse prima di lasciare
la stanza, ancora una volta in lacrime.
Passò davanti alla stanza di Harry. Non era solo,
c’erano i suoi genitori con lui. Si fermò ad
osservare la scena, sembrava che dei suoi si ricordasse. Sorrideva
mentre la madre gli faceva vedere foto di famiglia.
D’un tratto Harry alzò lo sguardo e
incrociò quello di Louis, un sorriso trovò spazio
sul suo volto martoriato facendo fuoriuscire quelle fossette da Louis
tanto amate.
Harry lo salutò con una mano, come si salutano due vecchi
compagni di scuola. Quel saluto era freddo, fece cadere una lacrima
dall’occhio sinistro di Louis, l’ennesima per quel
giorno.
La madre di Harry alzò lo sguardo e lo puntò
nello stesso punto in cui lo aveva puntato suo figlio. Lo
guardò e Louis percepì disgusto nel suo sguardo.
Non la biasimava affatto, era stata tutta colpa sua, probabilmente non
avrebbe più permesso ad Harry di vivere con lui.
Sorrise debolmente al ragazzo dagli occhi verdi per poi dirigersi verso
la sua stanza.
“Louis!” urlò una donna dal corridoio.
Si voltò e vide la madre di Harry corrergli incontro. Aveva
paura di tante, troppe cose. Pensava che lo avrebbe ricoperto di
insulti, oppure incolpato per quello che era successo al suo unico
figlio. Invece lo abbracciò, lo strinse forte e Louis
riconobbe Harry in quell’abbraccio.
“M-Mi dispiace” disse Louis singhiozzando tra le
braccia di quella donna. Ella si preoccupò a massaggiargli
la schiena per farlo sfogare; sapeva che aveva bisogno di un abbraccio
e lei era stata pronta a darglielo. “E’ stata colpa
mia” continuava a dire Louis ma la madre di Harry lo
zittì subito.
“No, Louis, poteva succedere a chiunque”.
Si staccarono da quell’abbraccio e si fissarono negli occhi:
lucidi, freddi e pieni di dolore. Non sarebbero stati mesi facili, ma
insieme erano convinti che avrebbero aiutato Harry e che presto sarebbe
tornato tutto come prima.
Harry andò a vivere dai genitori, come aveva detto il
dottore. Entrò nella sua vecchia casa, osservando
attentamente lo spazio attorno a sé. Ci aveva passato 18
anni in quella umile casa, dove aveva passato feste, compleanni,
momenti felici e momenti tristi. Era una casa molto accogliente: appena
entravi vi trovavi il salotto dove c’erano due divani e un
tavolino con di fronte un televisore a 32 pollici, il padre di Harry lo
aveva comprato da poco.
Harry si sedette sul divano grande e si portò le mani alla
testa, forse perché voleva ricordare; sapeva di aver passato
del tempo in quella casa, ma non ricordava nulla, nella sua mente
regnava il vuoto.
La madre, Anne, preparò una tazza di tè nero per
il figlio, sapendo che Harry amava il tè. Prese tutti gli
album di famiglia e li portò in salotto appoggiandoli sul
tavolino.
Harry fissò quegli album, avrebbe voluto tanto ricordare
tutto, ma quello che non capiva era che non riusciva a ricordare
nemmeno chi era lui, che vita faceva. Aveva paura e mille pensieri
cominciarono a vagare nella sua testa mentre beveva a sorsi la tazza di
tè. Non era sicuro che quelli fossero i suoi genitori, non
era sicuro che quella fosse veramente casa sua. Aveva paura di tutto
attorno a se e l’ansia cominciava a divorarlo man mano
passavano i minuti.
Poggiò la tazza sul tavolino e prese il primo album che
c’era in cima alla pila. Anne si sedette accanto a lui
cercando di sorridere. “Vedi questa foto, tesoro?”
disse indicando una fotografia in alto a destra del raccoglitore
“questa è la nostra famiglia”.
Harry la osservò attentamente, in particolare si
soffermò su una ragazza. “Chi è
lei?” chiese guardando la madre.
Anne sospirò. “Non ti ricordi di Gemma?”.
“Gemma?” disse Harry ripetendo il nome appena
citato dalla madre “era la mia fidanzata?” chiese e
la donna sorrise scuotendo la testa.
“No, tesoro, vedi… era tua sorella” e
gli accarezzò i capelli, sistemandogli il solito riccio
ribelle.
“Era?” Harry disse a bassa voce, forse
perché aveva capito che probabilmente non c’era
più. La conferma gliela diede una lacrima della madre, che
andò a finire proprio sulla fotografia. In quel momento si
sentiva terribilmente male, quasi incolpa. Non ricordava sua sorella.
Era morta, non avrebbe mai ricordato gli ultimi momenti passati
insieme, l’ultima parola che le aveva detto, se andavano
d’accordo, come lo trattava, se le voleva bene…
doveva basarsi su quello che gli dicevano gli altri, ma non era facile.
Andò avanti con le foto, fino a che decise di soffermarsi su
una: raffigurava lui e un altro ragazzo, occhi azzurro ghiaccio,
capelli mori e un sorriso smagliante.
“Chi è?” chiese alla madre e lei sorrise.
“Lo hai incontrato oggi, Harry. Quello è
Louis” e gli accarezzò amorevolmente la guancia.
“Si, mi ricordo di lui… piangeva”.
“Amore, lui è il ragazzo di cui ti eri
innamorato… di cui sei innamorato”
cercò di spiegare Anne al figlio. La donna amava Louis, ci
andava molto d’accordo ed era felice che stesse con Harry.
Per questo avrebbe fatto di tutto pur di far ricordare al figlio chi
era.
“Lo amavo?” disse Harry grattandosi la nuca.
Anne annuì sorridendo “si, lo amavi
tanto”.
“E’ con lui che ho perso la memoria?”.
Il ragazzo osservò la madre con gli occhi lucidi, pensando
alle parole con cui lo aveva liquidato quel Louis.
“Vorrei tanto ricordarmi tutto” disse dopo un
po’, poggiando sul tavolo l’album di fotografie.
La madre lo abbracciò “Lo vorrei anche
io”.
Louis, dopo aver terminato tutti gli accertamenti
all’ospedale, tornò a casa, più
depresso che mai. Gli mancava già Harry, avrebbe voluto
tanto passare con lui il resto della serata, ma questo non era
possibile. Aveva chiamato un suo caro e vecchio amico, Liam, e gli
aveva chiesto se poteva venirlo a trovare. Questo aveva accettato,
infatti dopo mezz’ora si trovava fuori dalla porta di casa di
Louis con una confezione di gelato da poter mangiare per cercar di
tirare su il morale al suo amico.
“Non ricorda niente!” disse Louis
“nemmeno chi fossi” continuò.
Liam gli massaggiò la schiena per cercare di rassicurarlo.
“Ma siamo sicuri che la memoria non
tornerà?” chiese e Louis lo fissò
immobile per poi sospirare.
“Non lo so, non ci ho capito tanto. Secondo il dottore, se
gli facciamo vedere foto o video, la memoria potrebbe tornare, ma non
tutta… parlava di mesi. Ma non si ricordava nemmeno il mio
nome, mi ha anche detto che…” e si
fermò. Non riusciva più a continuare la frase,
era troppo doloroso anche solo pronunciarlo.
Liam, che era intelligente, capì quello che
l’amico voleva dirgli e lo abbracciò in segno di
conforto. “Sta tranquillo, Lou, si sistemerà
tutto, ne sono sicuro”.
Louis avrebbe voluto tanto credere a quelle parole, ma non poteva.
Aveva paura di illudersi, di credere ancora all’impossibile,
non avrebbe retto una simile delusione.
“Se era vero amore” continuò Liam
“Harry non avrà problemi ad amarti
ancora”.
Forse era proprio di questo che Louis aveva paura. Se non ci fosse
riuscito, se Harry non si fosse più innamorato di lui,
avrebbe significato che in fondo non lo era mai stato,
perché non si ama con il ricordo, con la mente…
ma con il cuore. Se Harry non avesse più amato Louis come
prima, significava solo che era tutta una finzione e che quindi il
povero Louis si era illuso ancora, per l’ennesima volta nella
sua vita.
“Harry mi amava” disse quasi come se volesse
autoconvincersi da solo che quella era la verità.
“Mi amava” disse a Liam che gli sorrise annuendo.
“Certo che ti amava, è per questo che non ti devi
preoccupare” e gli diede una pacca sulla schiena, per poi
alzarsi e dirigersi in cucina a recuperare l’ennesima
porzione di gelato.
Louis sorrise, sospirando e ripetendosi mentalmente che sarebbe andato
tutto bene. Liam tornò dopo poco e si risedette accanto
all’amico. “E con Zayn come va?” chiese
Louis. Voleva cambiare argomento, era inutile piangerci sopra.
Liam sorrise e “Alla grande” pronunciò
con parecchia enfasi. “Ieri siamo andati a cena fuori,
è stato fantastico. Poi siamo tornati a casa e abbiamo
guardato un film, abbiamo passato proprio una bella serata”
concluse mangiando un altro cucchiaio di gelato.
“Sono contento per voi” disse Louis e
rubò la ciotola dalle mani di Liam “comunque
questa è mia ora”.
Liam rise e lasciò che l’amico mangiasse il suo
gelato. Lo guardò compiaciuto, forse con un po’ di
tenerezza, tanto che quando Louis ebbe finito lo abbracciò
di nuovo e lo strinse forte a sé, come se sapesse che Louis
aveva bisogno di un abbraccio caloroso. E Louis accettò il
gesto di Liam anche se, quando si staccò, avrebbe tanto
voluto vedere quegli occhi verdi, quei ricci ribelli e quelle labbra
che tanto amava. Realizzare che fosse stato tutto frutto della sua
immaginazione e tirare un sospiro di sollievo alla fine concludendo con
un bacio appassionato e disperato. Lo avrebbe tanto voluto, ma forse
per sta volta avrebbe dovuto affrontare la vita reale, proprio come
facevano i personaggi dei suoi libri preferiti e concludere la vicenda
con un lieto fine che vedeva lui e il suo amato Harry abbracciati
proprio come quella mattina, senza pensieri e preoccupazioni, svegliati
dai sette rintocchi del Big Ben.
Louis avrebbe tanto voluto andare a trovare il riccio a casa dei suoi
genitori. Ma dopo averci pensato, decise che sarebbe stato meglio far
passare qualche giorno prima di rivedere il ragazzo dagli occhi verdi.
Inutile dire che questi giorni senza di lui furono terribili: li
passò a letto, senza mangiare, senza neppure svolgere le sue
solite abitudini, senza libri, senza televisione, senza sigarette e
senza alcool. Rimase semplicemente a letto, il loro letto, ad osservare
il soffitto e a soffrire in silenzio, continuando a pensare a cosa
stesse facendo Harry in quel preciso momento senza di lui. Il 25
gennaio, 5 giorni dopo l’incidente, decise di uscire allo
scoperto e di affrontare una volta per tutte la situazione. Si era
promesso a se stesso che sarebbe riuscito a salvare Harry, ora
finalmente sapeva come avrebbe potuto ripagarlo per tutto quello che
aveva fatto per lui. Avrebbe ricominciato tutto da capo, dalla prima
volta che lo vide al primo appuntamento, dal primo scambio di sguardi
al primo bacio, dal primo mi piaci al primo ti amo. In questi 5 giorni
aveva pianificato tutto, portarlo all’Escape, il loro bar gay
preferito che si trovava proprio in centro Londra e dove inoltre si
erano conosciuti, offrirgli di nuovo la stessa bibita, invitarlo a casa
sua, guardare insieme un film e pronunciarsi il primo ‘ti
amo’ durante Your Songe concludere con un bacio appassionato
e fugace, seguito da momenti di piacere. Avrebbe rifatto tutto uguale,
come se fosse stata la prima volta, in modo da riuscire di nuovo a
conquistare Harry. Sorrise al pensiero che sarebbe tornato suo, sarebbe
diventato ancora proprietà di Louis Tomlinson.
Si alzò finalmente dal letto, era debole ma allo stesso
tempo felice e impaziente. Certo, era spaventato e sembrava che dovesse
morire da un momento all’altro, ma in compenso lo avrebbe
rivisto, dopo giorni e giorni. Le sue labbra ormai soffrivano da tempo,
ma sapeva che avrebbe potuto poggiarle su quelle morbide e rosse di
Harry solo quando e se sarebbe riuscito di nuovo a farsi amare. Si fece
una doccia, in modo da cacciare via i brutti pensieri e mise il suo
completo migliore. Doveva essere perfetto per il suo Harry, non poteva
permettersi di sbagliare. Non guidava dal giorno
dell’incidente. Aveva paura a farlo, ma non poteva smettere
di guidare e poi non nevicava da due giorni, ormai il ghiaccio era in
fase di scioglimento e non avrebbe rischiato nulla. Il massimo che
poteva succedere era che le ruote slittassero sulla palcia della neve.
Scosse la testa cercando di non pensare a quelle cose. Accese i motori
e si diresse verso la casa di Harry, cercando di sorridere il
più possibile. Continuava a chiedersi che gli avrebbe detto
quando l’avrebbe visto. Chissà se sua madre gli
aveva parlato di lui, se gli aveva fatto vedere sue fotografie, se
magari Harry si fosse ricordato di lui, ma quest’ultima la
escluse fin da subito; non voleva illudersi, non poteva.
Arrivò davanti alla casa di Harry. Si fermò
davanti alla porta d’ingresso e, no, non era affatto pronto.
Gli tremavano le gambe e il cuore non se lo sentiva neanche da quanto
batteva forte. Involontariamente il suo dito schiacciò il
campanello e quando si rese conto di quello che aveva appena fatto si
maledisse mentalmente e, voltandosi, si incamminò con una
corsetta verso la macchina. Non era di sicuro passato inosservato,
infatti qualcuno aprì la porta e lo chiamò,
ordinandogli di fermarsi. A sentire quella voce, Louis per poco svenne.
Si voltò e lì, in piedi davanti a lui si trovava
Harry che lo fissava con quei suoi grandi occhi verdi e con un sorriso
che gli fece comparire quelle due adorabili fossette.
“Louis, giusto?” urlò Harry e gli venne
incontro. Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio annuì e si
incamminò a sua volta verso il riccio.
“Ciao Harry” pronunciò quando lo ebbe
davanti, e dovette trattenersi dal non baciarlo.
“Perché te ne stavi andando?” disse
sorridendo e Louis, proprio Louis non seppe rispondergli. Harry rise,
trovandolo quasi buffo e, prendendolo per mano, si diresse verso casa
“Vieni dentro, fa freddo qui”.
Louis si fece trascinare dal ragazzo ed entrò nella casa
Styles. Era molto accogliente e un’ondata di profumo gli
invase le narici e i suoi occhi brillarono. Harry lo fece accomodare in
salotto e gli offrì la solita tazza di tè nero.
“Mi sei mancato” si lasciò sfuggire
Louis e Harry sorrise. Avrebbe voluto digli lo stesso, ma la
realtà era che Louis non gli era mancato, dal semplice fatto
che non lo conosceva bene. In ogni caso, durante quei giorni, grazie a
sua madre, era riuscito a recuperare le cose basilari come il nome dei
suoi parenti, la vita che faceva e, soprattutto, aveva ricordato il
fatto di essere omosessuale. Forse era per questo che aveva sorriso a
Louis appena lo aveva visto, ma ancora i suoi occhi non brillavano e
Harry non avrebbe mai accettato di stare assieme a lui solo
perché lo faceva prima. In ogni caso era curioso di
conoscerlo meglio.
“Mamma mi ha parlato di te” disse Harry sorridendo
“mi è piaciuto molto quello che mi ha detto, spero
sia la verità”.
Louis sorrise “dipende da cosa ti ha detto, Harry”.
Tirò un sospiro perché per ora la conversazione
stava prendendo una buona piega.
“Mi piacerebbe ri-conoscerti meglio, Louis” disse
Harry bevendo la sua tazza di tè “e vorrei che tu
mi aiutassi a ri-conoscermi meglio, non so se mi spiego”.
Louis sorrise e annuì “certo Harry,
farò di tutto per aiutarti, è per questo che sono
qui”.
Sorrisero entrambi per poi fissarsi intensamente negli occhi. Dopo
tempo, finalmente l’azzurro trovò spazio nel verde
e formarono molte sfumature diverse, uniche come erano soliti fare.
Louis era abituato a tutto questo, e gli era mancato pure. Ma per Harry
era tutto nuovo e, nonostante gli piacesse quella situazione, si
trovava in imbarazzo tanto che dovette abbassare lo sguardo per non
incontrare più quello azzurro ghiaccio che cominciavano
già ad attirarlo.
Louis si alzò in piedi e invitò Harry a fare lo
stesso. “Dove vuoi andare?” chiese il riccio
leggermente confuso.
“Ti porto nel locale dove ci siamo conosciuti, magari
può servirti” sorrise e, prendendolo per mano,
uscirono dalla casa Styles.
“Aspetta, devo chiedere a mia madre se-” disse
Harry ma Louis lo interruppe. “Haz, hai 20 anni, non hai
più bisogno del permesso della mammina”.
Harry rise e chiuse la porta a chiave, incamminandosi verso la macchina
di Louis (ovviamente non era la stessa dell’incidente).
Salirono in macchina e, prima di partire, Louis controllò
che Harry avesse allacciato le cinture di sicurezza. Quando si fu
assicurato che il ragazzo fosse al sicuro, accese i motori e, ad una
velocità moderata, si diresse verso l’Escape. Una
volta arrivati, Louis e Harry entrarono mano nella mano nel locale.
C’erano diversi ragazzi, tutti già accoppiati, ma
che guardavano i due quasi con invidia. Erano famosi in quel locale,
molti li ammiravano per il loro amore, mentre altri erano gelosi marci.
Ma la notizia dell’incidente si era diffusa in fretta, e
vedere i due mano nella mano, fece pesare a tutti i presenti che non
importava se uno dei due aveva perso la memoria. Se è vero
amore, si può amare anche 100 volte. Ma
l’apparenza inganna, infatti Louis, nonostante fosse contento
del fatto che Harry si fosse aperto tanto con lui, sapeva che ancora
non lo amava.
Si sedettero al loro solito tavolo, ordinando i soliti drink e
standosene in silenzio, mentre la musica del locale teneva loro
compagnia.
“Bel posto” disse Harry per poi bere la sua bibita
“ci venivamo spesso?”.
Louis annuì “almeno due volte a settimana, sempre
su queste sedie”. Harry sorrise “che cosa
dolce”. Bevve un sorso della sua bibita e
“già, qui ci siamo detti il nostro primo
‘ti amo’” sorrise mentre le guance gli
diventavano rosse.
Harry guardò Louis incredulo e dispiaciuto, avrebbe voluto
ricordarsi quella frase “pure io te l’ho
detto?”.
Louis appoggiò la bibita sul tavolo e sospirò
cercando di ricordarsi ogni particolare di quel giorno “Era
la quinta volta che uscivamo insieme. Siamo venuti qui e abbiamo preso
questi drink. D’un tratto il dj mise una canzone, la nostra
Your Song di Elton John. Io dissi ‘io amo questa
canzone’ e tu…” Louis sorrise senza
volerlo e si morse un labbro al ricordo di quella sera.
“E io?” chiese Harry sorridendo, probabilmente
perché sapeva già la risposta.
“E tu dissi ‘io amo te’” il
cuore del ragazzo dagli occhi azzurri andava all’impazzata in
quel momento. Quelle tre parole avevano rotto i muri del suo cuore e
sciolto il ghiaccio dei suoi occhi.
Harry sorrise “quindi io ti ho detto ‘ti
amo’?” chiese ancora.
Louis annuì “e io risposi ‘ti amo anche
io’. Da quel momento siamo sempre stati insieme, inseparabili.
Harry si grattò la cute “e tu mi ami
ancora?”.
Louis lo guardò stupito “certo che ti amo ancora,
Harry. Non posso stare senza te, lo giuro” disse un
po’ tremolante. Non era mai stato bravo a esternare i suoi
sentimenti, e di questo se ne dava una colpa.
Non riusciva a spiegare cosa provava per Harry, non esistevano parole.
Il verde dei suoi occhi, il suo sorriso e la sua risata… lo
avevano cambiato drasticamente, gli aveva insegnato tanto della vita,
di se stesso. Si era reso conto di non aver mai amato veramente prima
di Harry. Quelle sensazioni allo stomaco, quei brividi, quei momenti in
cui si sentiva il cuore esplodere non gli erano mai capitati. Non era
mai riuscito a capire cosa faceva della sua vita prima di incontrarlo.
Aveva colmato un enorme vuoto nel suo cuore, lo aveva svegliato da un
sonno che stava durando da troppo tempo. Aveva scongelato quelle paure,
ansietà e angosce che regnavano dentro Louis e le aveva
sprigionate lasciandole svolazzare via, in modo che il ragazzo potesse
vivere in pace. Louis non aveva mai amato prima di Harry, era entrato
nella sua vita come un uragano colpisce inaspettatamente una
città. Ma Louis fu grato per sempre a
quell’uragano, probabilmente se non fosse arrivato, a quel
momento non sarebbe con Harry, in quel locale, a bere il suo solito
drink e a sperare con tutto se stesso che Harry possa amarlo proprio
come aveva fatto in precedenza, in una vita a lui sconosciuta.
Tutto questo Louis non sarebbe mai stato in grado di esternarlo al
ragazzo che tanto amava, il quale proprio in quel momento gli stava
sorridendo, come se andasse tutto bene, come se volesse
tranquillizzarlo.
“Vorrei tanto amarti come tu ami me” disse Harry
abbassando lo sguardo.
Louis sorrise e gli afferrò la mano, come per consolarlo.
“Mi hai amato una volta, lo farai ancora”.
Harry osservò a lungo le dita affusolate di Louis sulla sua
pelle, infondo gli piacevano tutte queste attenzioni e iniziava
veramente a credere che prima dell’incidente lo avesse amato.
“Ci siamo mai baciati?” chiese mentre il suo viso
si stava tingendo piano piano di un porpora acceso e il sorriso
sfacciato di Louis gli fece intendere la risposta.
“Siamo andati anche oltre al bacio, proprio cinque giorni
fa”.
Si portò le mani alla testa in segno di disperazione
“possibile che non ricordi niente?!” e questa frase
fece ridere Louis. Ma Harry era serio: avrebbe tanto voluto ricordarsi
tutto quello che era successo tra i due, tutto ciò che quel
ragazzo con del ghiaccio al posto delle iridi gli aveva fatto provare e
cosa lui gli aveva fatto. Ovviamente quest’ultimo ricordava
tutto alla perfezione, tanto che un sorriso nacque sul suo volto.
“Potresti parlarmi di noi?” chiese Harry e Louis
cominciò a raccontare tutto per filo e per segno, senza
badare al tempo che passava. Harry pendeva dalle sue labbra e Louis
sorrideva anche in maniera sfacciata, al solo ricordo di quelle belle
mani su di lui. Sperava anche in un possibile recupero di dati della
mente di Harry, cosa che purtroppo non avvenne. Rimase semplicemente
seduto lì sul loro tavolo personale a pendere dalle sue
labbra mentre si immaginava tutto ciò che Louis gli
proferiva, anche scene piuttosto erotiche dove Louis non
trovò problema a raccontarle. Passarono la serata a bere e a
parlare di loro e Harry ne rimase quasi affascinato, pensando alla
bella storia d’amore che stavano vivendo. Aveva anche paura
di non essere in grado di ricambiare l’amore per Louis e,
come dire, mandare tutte quelle parole, tutti quei baci e tutti quei
momenti di intenso piacere che avevano passato a puttane. Louis invece
sembrava spensierato nel raccontarle, come se lo facesse tutti i
giorni. Gli piaceva parlare di lui e di Harry, di quello che erano e di
quello che sarebbero potuti diventare.
Ad un certo punto della serata, mentre Louis era intento a raccontare
una vicenda piuttosto piccante si bloccò e si
fermò ad osservare Harry negli occhi, che intanto fremevano.
Si fermò perché voleva goderseli,
perché era da tanto che non li vedeva così pieni
di vita e di desiderio e si rese conto solo in quel momento che quegli
occhi, che facevano invidia al mondo, lui li aveva sempre avuti, erano
suoi, ma in realtà non lo aveva mai saputo fino in fondo. Se
ne accorse solo quella sera, perché era da tanto che non li
vedeva e gli erano mancati parecchio. Sorrise a Harry, che moriva dalla
voglia di sapere cosa sarebbe successo dopo e riprese il racconto
mentre fremeva dal desiderio di realizzarlo in quel preciso istante,
proprio su quel tavolo da lui tanto amato, per far capire a Harry che
era suo, che è suo e che lo sarà per sempre. Dio
solo sa cosa lo trattenne.
Dopo aver realizzato di essersi fatto tardi e che il principino aveva
bisogno di tornare a casa, smise di parlare e si alzò in
piedi.
“Dove vai?” chiese Harry mentre lo seguiva con lo
sguardo.
“Abbiamo bevuto abbastanza, vado a pagare. Torno subito, sta
tranquillo” gli rispose.
Il riccio sorrise e Louis andò a pagare le quattro bottiglie
di birra che si erano scolati.
“Allora Lou, come va?” chiese il barista, di nome
Niall Horan. Era biondo, più o meno altro come Louis e aveva
gli occhi azzurri. Aveva origini irlandesi e anche lui era gay ma non
era il suo tipo. Il suo ragazzo ideale era Harry, lo era sempre stato.
“Credo bene, Niall. Anche se sono
preoccupato…” ammise Louis mentre si occupava di
tirare fuori le sterline per le bibite.
“Per Harry, vero?” disse il biondo e Louis
annuì, mostrando mezzo sorriso. “Vi ho visti ora,
sembravate due innamorati”.
Louis si voltò ad osservare Harry, seduto là da
solo ad osservarsi intorno, pensava a quanto fosse bello in quel
momento e a quanto lo amasse. “Già… il
problema è che tra i due l’unico innamorato sono
io”.
Niall scosse la testa “dagli tempo, non ci metterai molto a
conquistarlo, fidati di Niall” e fu così che per
l’ennesima volta riuscì a strappargli un sorriso.
“Grazie Nì” disse Louis e porse i soldi
al ragazzo ma li rifiutò “offre la casa”.
Gli sorrise e si diresse di nuovo verso Harry che intanto cominciava
già ad annoiarsi.
“Finalmente, dov’eri finito?” chiese
ridendo.
Lo prese per mano e lo fece alzare “ero andato a pagare, te
lo avevo detto” si giustificò Louis e si diressero
fino all’uscita del pub sotto gli occhi di tutti.
Salirono in macchina e accese il motore “sono stato bene
oggi, Lou” disse Harry sorridendo.
Pure Louis sorrise ma non sapeva bene se lo stava facendo per la frase
di Harry o per il semplice fatto che lo avesse chiamato Lou. Lo
portò a casa, accompagnandolo addirittura fino alla porta.
“Ragazzi, dov’eravate finiti?” chiese la
madre di Harry nel vederli arrivare, ma loro erano troppo felici per
prestarle attenzioni. La donna sbuffò e rientrò
in casa, ma rimase lì ferma sullo stipite della porta ad
osservare la scena.
“Beh, grazie per la serata” disse Harry sorridendo.
“E’ stato un piacere, buonanotte” rispose
Louis.
“Buonanotte” e in quel momento avvenne un gesto, un
semplice gesto che avrebbe fatto stare Louis con le farfalle allo
stomaco per le prossime ore. Harry si avvicinò e
lasciò un bacio sulla guancia del ragazzo dagli occhi
azzurri. Un semplice bacio, forse il più bello.
Harry sorrise prima di entrare in casa e lasciare Louis lì
in piedi nel suo porticato ad assimilare quello che era appena successo.
Tornò a casa e la prima cosa che fece, oltre ad urlare di
gioia, fu chiamare Liam. “Mi ha baciato sulla guancia, lo ha
fatto!” avrebbe detto all’amico.
Era stato un semplice bacio, gliene aveva dati tanti altri come quelli.
Ma questo segnò l’inizio, la genesi della loro
storia. Sarebbe ricominciata tutta da capo, con il finale che Harry si
sarebbe ri-innamorato di Louis e che tutto sarebbe tornato come prima.
Passavano i giorni, le settimane e addirittura i mesi. Praticamente
Louis si era trasferito a casa di Harry. Aveva passato quelle settimane
accanto al ragazzo dai capelli ricci volendolo aiutare. E ci stava
riuscendo: Harry aveva cominciato a mostrare segni di miglioramento
dopo circa due settimane dall’incidente, ovviamente non
ricordò mai cosa faceva prima o come fosse stato un tempo il
suo rapporto con Louis. Comunque, la sua famiglia cercò di
aiutarlo, mostrandogli tutti i pregi e i difetti che lo
caratterizzavano.
Dopo circa due mesi di sedute dallo psicologo, i medici diedero il
permesso a Harry di tornare a vivere con Louis, come un tempo. Forse
quella che ne soffrì di più fu la Anne, che si
era abituata ormai ad avere il figlio in giro per casa.
Inutile dire che Louis fu al settimo cielo a sentire quella notizia,
tanto che organizzò una festa in onore del ritorno di Harry,
tanto di cibo e bevande. Invitò tutti i suoi amici e quelli
del riccio, in modo da creare un’atmosfera amichevole e
tranquilla. Il suo appartamento non era molto grande, non poteva
permettersi tanta gente, così invitò solamente
coloro che Harry, durante questi mesi, era riuscito a ricordare.
Invitò Liam assieme al suo compagno Zayn; poi venne Niall
che gli aveva chiesto gentilmente se poteva portare un ragazzo che
aveva adocchiato da poco; solo loro sei, tanta musica e molte patatine
per la felicità di Niall.
Louis sorrideva sempre, dopo tanto tempo, perché aveva
capito che senza Harry non poteva stare, che lo amava più di
qualunque altra cosa al mondo, che anche lui è in grado di
far innamorare, di far provare tutte quelle sensazioni che gli erano
solo state date. Ma soprattutto, capì che l’amore
non ha memoria, l’amore non ha tempo. Aveva capito che Harry
lo amava veramente, lo aveva sempre fatto ed era stato pronto a farlo
una seconda volta. Ma Louis sapeva che lo avrebbe fatto più
e più volte perché Harry lo amava con il cuore.
Una settimana prima, Louis si trovava in quella biblioteca a leggere e
a immedesimarsi nei personaggi, come era sua abitudine. Per puro caso
gli capitò tra le mani quel libro “Tutto da
capo”. Beh, senza che lo sapesse, Louis la sua storia
l’aveva già vissuta, proprio tra quelle pagine.
Aveva sempre saputo che i libri fossero magici, sotto qualche aspetto.
Ora ne aveva la conferma. Sorrise mentre i suoi occhi passavano sopra
quelle parole, pensava a quanto fossero vere. Decise di comprarlo, come
se in quel libro si trovasse la sua vita e non se la sentiva di
lasciarla tra quegli scaffali, dove magari sarebbe ammuffita e la gente
non l’avrebbe notata. Molti leggono i libri in maniera troppo
superficiale, pensava Louis. Ogni racconto è speciale per
qualcuno, come quel libro per il ragazzo dagli occhi azzurri. Bisogna
solo trovare la propria vita tra quelle pagine e sorridere nel pensare
che anche le più tragiche delle storie hanno un lieto fine.
Louis aveva trovato il suo, ed era felice.
Quanto a Harry, beh, non recuperò mai completamente la
memoria. Nonostante il passare degli anni, continuava ad avere
difficoltà nel ricordare avvenimenti passati. Ma
probabilmente, se avesse avuto la possibilità di tornare
indietro nel tempo e cambiare quel 20 gennaio, evitando
l’incidente, non l’avrebbe fatto. Ha avuto una
possibilità unica, che non gli ricapiterà mai
più nella vita: ha potuto innamorarsi ancora una volta del
suo amato Louis, tutto da capo, e anche se la memoria può
cancellarsi, il cuore non dimentica. Nella vita possono succedere molti
avvenimenti che te la possono cambiare da un momento
all’altro, come successe al ragazzo dai capelli ricci. Ma a
volte sono proprio queste esperienze che tirano fuori veramente chi
sei; è vero, Harry aveva perso completamente la memoria, ma
in fondo il suo cuore lo aveva sempre saputo che un giorno si sarebbe
donato a Louis. Lo sapeva e aveva ragione.
Il Big Ben rintoccò per ben sette volte quella gelida
mattina, forse per svegliare i lavoratori dal loro sonno per farli
andare al lavoro, o semplicemente suonò per avvisare la
popolazione londinese che erano le sette di mattina.
Se il suo intento era quello, lo aveva adempiuto in pieno, infatti dopo
i sette rintocchi, Londra si svegliò. I vecchietti
cominciarono a uscire dalla loro calda casa per recuperare il giornale
nel porticato di casa, molti ragazzi forniti di zaino erano pronti ad
affrontare l’ennesima giornata scolastica… molti
invece, pur essendosi svegliati, preferirono rimanere nella loro dimora
a beare ancora per poco del caldo delle coperte. Uno di questi, Louis
Tomlinson, infatti fece proprio così. Sentì il
rintocco del Big Ben, forte e chiaro. Nonostante si fosse svegliato,
preferì rimanere sotto le coperte: forse non doveva andare
al lavoro quel giorno, forse era comodo nel suo letto e non voleva
perdere quella pace che inondava la sua camera da letto…
oppure, come nel suo caso, non voleva svegliare l’amore della
sua vita sdraiato accanto a lui ancora nel mondo dei sogni. Infatti
Louis, facendo attenzione a non svegliarlo, si voltò verso
il suo lato per il solo piacere di ammirarlo dormire beatamente,
osservare le sue labbra socchiuse e sorridere nel pensare a
ciò che era avvenuto la sera prima. Louis rimase fermo,
immobile ad osservarlo e sorrise per la prima volta quel giorno, nel
pensare che fosse suo e, indipendentemente da quello che poteva
succedere, lo sarebbe stato per sempre.
*
Note:
Ciao a tutti, innanzitutto grazie per aver letto la storia. Questa
è la mia prima OS Larry, spero sia uscita bene. Non ho
intenzione di dilungarmi troppo, volevo solo dire un paio di cose in
merito alla fan fiction:
Per prima cosa, mi sono ispirata al film "La Memoria Del Cuore" per
l'ambientazione. Il carattere dei personaggi non rappresenta la
realtà, ci tenevo a precisarlo.
Per secondo punto, volevo sapere cosa ne pensavate, ci ho impiegato un
mese a scriverla e la vostra opinione (anche critiche, accetto tutto)
è gradita. Quindi recensite e commentate, mi dareste una
grande soddisfazione.
Volevo chiedere scusa anche per eventuali errori grammaticali che
potrebbero essermi sfuggiti, se li notate non esitate a dirmelo.
Beh, grazie ancora per averla letta, spero vi sia piaciuta.
Ho in mente già un'altra OS da scrivere su Larry (scrivo
solo quelle lol) ma la farò più in là,
non vi prometto niente.
Quindi, niente ho detto tutto.
Ciao e buona giornata, un bacio.
Al.