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Autore: ladylylla    05/05/2014    5 recensioni
*FanFiction partecipante al RuRobin Day!* Una festa incredibile, un'amica d'infanzia, una ciurma pronta a festeggiare e un capitano poco attento ai particolari: sono gli ingredienti perfetti per una serata indimenticabile, in tutti i sensi!
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RuRobin Day: il rosso di un sorriso da Re e l’azzurro degli occhi di una bambina dai mille petali rosa. Il destino li ha fatti incontrare e non importa quanto siano diversi, il loro amore è più forte di tutto.
 
Era arrivato il fatidico giorno. Dopo settimane e settimane e settimane di preparazione, i Mugiwara erano pronti. Forse.
Probabilmente.
Probabilmente no.
Sicuramente no.
Ma ormai nessuno potevano tirarsi più indietro. Non si erano mai sentiti così… Così. Avevano combattuto guerre e battaglie terribili, attraversato deserti mortali e mari in tempesta, versato lacrime e sangue per cause e sentimenti in cui credevano e avrebbero sempre creduto. Ma ciò che avevano provato in quelle situazioni non era minimamente comparabile con il miscuglio di emozioni che stavano vivendo in quel momento. E tutto questo per cosa? Una festa. Più precisamente, il SUPERMEGAIPERSTRAELEGANTISSIMO PARTY di Lady Mina Azuki, su sua stessa definizione (nel biglietto d’invito l’aveva scritto proprio così, tutto maiuscolo).
La signorina, una delle migliori amiche del capitano, aveva invitato la ciurma al completo a uno dei suoi esclusivissimamente esclusivi party, e la cosa aveva generato fin da subito un delirio incontrollabile: Rufy saltava e gridava al cielo la sua felicità per l’opportunità di rivedere la sua migliore amica (e per le quantità industriali di cibo che avrebbe ingurgitato); Nami già si scervellava su cosa mettere, organizzando minuziosamente ogni aspetto della festa per tutti quanti; Sanji perdeva copiose quantità di sangue dal naso pensando a quante graziose fanciulle avrebbe incontrato; Brook strimpellava una canzone che parlava di mutandine e pugni in testa; Usopp iniziava a inventare nuove storie da raccontare, mentre Chopper lo ascoltava sognante; Franky intanto modificava la Sunny, per renderla più bella ed efficiente di quanto già non fosse. Insomma, sembravano tutti impazziti. Solo due persone mantenevano la loro abituale compostezza, Zoro e Robin, che non sembravano minimamente entusiasti della cosa. Conoscendo il loro carattere riservato e poco espansivo sembrava naturale, ma c’era qualcosa che nasceva nell’animo dell’archeologa, un sentimento a lei totalmente nuovo…
Allora, come dicevamo, la nostra ciurma era pronta. O quasi.
“Ragazze, quanto vi manca?” Urlava Chopper davanti alla porta della camera di Robin e Nami. Era mezz’ora che i ragazzi le stavano aspettando, inappuntabili nei loro smoking freschi di lavanderia. Erano tutti davvero belli e portavano in mano le maschere ‘veneziane’ (come Robin aveva letto su un libro sulle tradizioni del mondo) che avrebbero dovuto indossare alla festa. Il capitano non aveva rinunciato al suo cappello, giustamente, imitato da Zoro, che non pensava neanche lontanamente di separarsi… Dalle sue katane. Tutti, soprattutto Nami, avevano cercato di convincerlo a lasciarle sulla nave, ma non c’era stato verso di farlo ragionare, così aveva ottenuto il permesso di portarle.
“Pochissimo, cinque minuti e siamo pronte!” rispose Nami. I ragazzi si misero comodi, sicuri di dover aspettare un’altra mezz’ora, ma, inspiegabilmente, dopo cinque minuti la porta della camera si aprì veramente.
“Woooooooooooow…” I ragazzi rimasero a bocca aperta per la sconcertante bellezza di ciò che avevano il privilegio di guardare: Robin e Nami erano sfolgoranti negli abiti che indossavano. Quello della navigatrice era rosso scarlatto, come fuoco, e sembrava davvero emanare luce e calore per la sua intensità; era stretto e metteva in risalto, ma non in modo volgare, le sue forme. Ma la vera stella era l’archeologa: indossava un abito blu notte con un profondo spacco che le lasciava scoperta la schiena. Ciò che la rendeva così unicamente bella e speciale era qualcosa che andava ben oltre qualsiasi accessorio: i suoi occhi, che brillavano luminosi e raggianti più che mai, erano accesi da qualcosa di indefinito che incantava i presenti. Soprattutto uno…
Com’è bella stasera… Perché sei così bella, Robin? Oh, se solo riuscissi a meritare una goccia della tua bellezza, della tua intelligenza, della tua grazia, della tua dolcezza… Oh Robin, quanto pagherei per essere alla tua altezza… Ma non potrai mai amare uno come me, uno sciocco capitano da quattro soldi che sa solo mangiare e combinare casini…’ Un pugno ben assestato lo riportò alla realtà.
“CAPITANO! Perché non stavi ascoltando?” Una furia rossa gli sbraitava contro.
“I-io… Stavo solo pensando a quanto fosse geniale la tua organizzazione, Nami!” Non era vero, ma in qualche modo doveva salvarsi la pelle.
“Mh, certo, fingerò di crederti solo perché siamo in enorme ritardo!” – neanche questo era vero – “Allora ragazzi, ripetete insieme a me le tre E più precisazione: EDUCATI, ESTROVERSI, ENTUSIASTI (ma non troppo)!” Ripeterono.
“Bene, perciò siamo pronti?”
“Prontissimi, capit… Cioè, Nami!”
“Peeeeeeerfetto! Andiamo!” Scesero dalla nave, che era attraccata al porto di un’isoletta di proprietà di lady Mina, e si diressero alla sua villa in riva al mare.
 
“Oooooooohhhhhhhh…” Le esclamazioni di meraviglia si sprecavano di fronte alla magnificenza che era l’enorme salone nel quale erano appena entrati: il soffitto era altissimo, le pareti erano color oro e al centro troneggiava un gigantesco lampadario di cristalli luminosi, una scultura tanto preziosa quanto fragile e pericolosa. E, ovviamente, lungo tutta una parete, c’era…
“IL BUFFEEEEEEEEEEEEEEET!” Gridava Rufy correndo verso quell’angolo di paradiso colmo di cibo che non faceva altro che invitarlo a nozze, scansando con ben poca grazia gli altri invitati. Tutti i buoni propositi e le speranze di poco prima erano scomparsi, per la grandissima felicità di Nami, a cui non restava che battersi una mano in faccia di fronte alla marea di figuracce che aspettava la ciurma.
Arrivato davanti al tavolo imbandito, il capitano rimase per un attimo incerto su cosa mangiare prima, poi optò per un gustosissimo cosciotto di pollo. Stava per azzannarlo, quando una voce conosciuta gli arrivò alle spalle dicendogli:
“Certo che tu non cambi mai!” Rufy si girò per scoprire chi avesse parlato e rimase tanto stupefatto che lasciò il cosciotto (fatto davvero incredibile). Una ragazza con occhi blu ghiaccio e capelli neri lo guardava divertita.
“Mina!” Abbracciò la padrona di casa con tanta foga da soffocarla quasi, ma questa, evidentemente abituata, rispose alla stretta con altrettanta felicità.
“Oh Rufy, è passato davvero troppo tempo, non vedevo l’ora di vederti! L’ultima volta fu quando partisti… Durante tutti questi anni ho sempre seguito le tue avventure, e sappi che mi dispiace tantissimo per Ace, davvero, quando l’ho saputo…” Gli occhi di tutti e due si velarono di tristezza, ma il ragazzo riportò l’allegria.
“Senti, Ace non vorrebbe vederci così tristi con una festa tanto grandiosa che deve ancora iniziare! Perciò, bando alle ciance e fai cominciare il divertimento!”
 
Dall’altra parte della sala qualcuno osservava in silenzio la scena.
“Robin, ti sei imbambolata? Cosa guardi?” La rossa guardò nella stessa direzione dell’archeologa, che, pensierosa, sembrava fissare il vuoto.
“N-nulla, Nami, non ti preoccupare, è solo un po’ di stanchezza.”
“Sì, certo, stai pur certa che crederò a una storia del genere… Sono giorni che sei così strana, pensi che non me ne sia accorta?” In effetti era vero, erano settimane che Robin si comportava in modo bizzarro. Neanche lei ne capiva il motivo, sapeva solo che, da quando avevano ricevuto l’invito al party, aveva sentito crescere dentro di sé, secondo dopo secondo, una strana e indecifrabile sensazione. Solo ora, mentre guardava quella scena, si rendeva conto di cosa fosse.
“Gelosia…” La sua voce fu un sussurro impercettibile.
“Cosa hai detto? Non ho capito!”
“Gelosia! Sì, ecco cos’è, gelosia!” Mentre pronunciava quelle parole, una assurda sensazione di euforia la pervase, lasciando però velocemente spazio a tutti gli altri sentimenti che non si era resa conto di provare: rabbia, invidia, paura, tristezza, angoscia, malinconia…
“Cosa?? Tu.Sei.Gelosa??” - Nami era davvero sotto shock – “ Ma che… Cosa… No, aspetta, non hai appena detto che sei gelosa, vero? Oh mio Dio, sto sognando, sono ubriaca, hanno corretto il ponch! No, aspetta, qui non c’è ponch, non ho ancora bevuto nulla, perciò deve essere vero! Oh cielo Robin, perché sei gelosa?” L’archeologa non parlava, guardando dritto davanti a sé. La rossa tornò a osservare nella stessa direzione dell’amica, capendo cosa la turbava.
“Oh Robin, ma tu…”
“Già… Non pensavo di poter essere così stupida da diventare gelosa di lui, ma è successo. Io lo amo, Nami, lo amo e non posso immaginare la mia vita senza il suo sorriso.” Mentre parlava sorrideva dolcemente, abbassando lo sguardo.
“Perché non me ne hai mai parlato? Sai che sono la tua migliore amica e mi puoi dire tutto!”
“Lo so, Nami, e non finirò mai di ringraziarti per questo, ma sinceramente fino a poco fa non mi rendevo neanche conto di quanto la amassi. Solo ora che vedo quanto sia felice con un’altra capisco che non voglio perderlo.” Nami abbracciò forte Robin e le sussurrò:
“Diglielo, stasera o mai più.” La mora sobbalzò.
“Cosa?? N-no, io non posso dirgli nulla, soprattutto non stasera che è così felice con… Quella!”
“Ma prima o poi dovrai farlo, e questa festa mi sembra l’occasione perfetta.”
“Mh, non lo so, io…”
“ Pensaci su, ma ora andiamo a divertirci, il party sta per iniziare!” Infatti Mina stava per iniziare il discorso di inizio.
“Ok…”
“Sai una cosa? Tu e Mina vi assomigliate molto, avete anche un vestito molto simile! Ma tu sei molto più bella!” Era vero. La ragazza aveva un vestito che davanti era praticamente uguale a quello di Robin, ma dietro non aveva lo spacco.
“Già…”
 
“Bene, signori e signore, vi ringrazio enormemente per aver accettato così gentilmente il mio invito. Non voglio annoiarvi, so che morite dalla voglia di iniziare a festeggiare, perciò vorrei solo fare un brindisi alla mitica Ciurma di Cappello di Paglia che oggi è qui con noi! Vi prego, avvicinatevi!” Tutta la sala esplose in un fragoroso applauso. I Mugiwara si avvicinarono a Mina.
“Rufy, sei un grande!”
“Nami e Robin, siete stupende!”
“Sanji, come sei bello!” Appena la sala si fece più silenziosa si sentì un urlo:
“Zoro, sei un gran fico!” Accortasi della brutta figura, la ragazza che aveva parlato, con capelli scuri e boccolosi e occhiali, si fece piccola piccola.
“Ehm, scusate…” Finita la pausa di imbarazzo, Mina continuò:
“Ok, allora la festa può veramente iniziare! Indossate tutti le vostre maschere e scatenatevi.” Partì la musica e la ciurma si divise.
 
Passarono due ore. Erano le 23, e tutti erano ancora pieni di energia per ballare e divertirsi. Nessuno aveva abbandonato le postazioni di due ore prima: Rufy si era ancorato al tavolo del buffet, mandando in crisi i cuochi di palazzo; Sanji era con lui per osservare e prendere appunti su nuovi piatti, circondato da un gruppo di bellissime ragazze; anche Chopper era nel mezzo di una folla di dame che lo coccolavano per la sua dolcezza; Usopp cercava nuove prede da incantare con le sue storielle; Brook importunava alcune ragazze, ricevendo tanti pugni in testa; Franky discorreva amabilmente di ingegneria e meccanica con qualche erudito; Nami e Zoro ballavano insieme al centro della sala, per la disperazione dello spadaccino, costretto a fare da partner alla rossa per tutta la sera. Robin invece sedeva su un divanetto in un angolino, osservando silenziosa la sala, mentre un gruppo di ammiratori faceva la fila per chiederle di ballare, ottenendo costantemente un rifiuto. Se non fosse stato per i loro caratteristici comportamenti nessuno li avrebbe potuto riconoscere, con quelle maschere che lasciavano scoperti solo occhi e bocca…
“Allora, signori e signore, a voi un lento che più lento non si può, romantico fino al limite della zuccherosità! Trovate un partner e ballate appiccicati come cozze a uno scoglio!” Annunciò il deejay, che andava urgentemente licenziato e sostituito. Gli invitati seguirono il suo consiglio e si unirono a coppie per danzare sulle note di una canzone davvero melensa.
Rufy probabilmente non aveva neanche sentito le parole del deejay e non si era accorto della zuccherina melodia nell’aria, infatti continuava a divorare valanghe di carne. A un certo punto un tocco sulla spalla interruppe la sua cena (e pranzo, colazione, spuntino di mezzanotte, ecc.). Si girò e vide un paio di occhi blu che lo guardavano dolcemente e una mano che lo invitava a ballare.
Oh Robin, con te ballerei ovunque…’ I pensieri del capitano continuavano ad accavallarsi nella sua mente, mandandolo in confusione, ma mentre volteggiava si rese conto di una cosa: era ora di tradurli in parole. Non poteva continuare senza che Robin sapesse cosa provava per lei.
Dopo cinque interminabili minuti di quella noiosissima canzoncina, i volteggi finirono e Rufy, risoluto, prese la ragazza per il polso e la portò fuori, in una terrazza isolata e tranquilla. La luna era piena e illuminava il mare, calmo e rilassante. Dopo qualche minuto di silenzio per raccogliere i pensieri, il capitano si decise a parlare.
“Vedi, io… Ehm… Ecco, come dire…” La ragazza lo guardava perplessa.
Puoi farcela, Rufy, puoi farcela…
“Io ti amo! Sì, io ti amo! Ti ho sempre amata, dalla prima volta che ti ho visto, e non smetterò mai di farlo, ma… A volte tutto questo scompare. Sì, scompare! Quando vedo i tuoi occhi, non penso alla tempesta in cui ci troviamo. Non penso a quanto tu sia bella o a quanto quel vestito stia bene con la tua pelle o che so io. Non penso ai miei dolori, non penso ai tuoi che vorrei far scomparire. Quando vedo i tuoi occhi, tutto il resto non conta. Quanto vedo i tuoi occhi, tutto il resto scompare. Quando vedo i tuoi occhi, vedo i tuoi occhi. E mi bastano. Per sempre.” Quelle parole… Non si era neanche reso conto di averle pronunciate. Ma erano quelle giuste.
“Oh Rufy, io… Non so che dire… Davvero…” ‘Ma… La sua voce… Non sembra la sua, è diversa…’  “Aspettavo praticamente da sempre queste parole! Da quando eravamo piccoli e tu…
“Cosa?? Da quando eravamo piccoli?? Ma che cosa…”
“Sì, da quando eravamo piccoli!” Si levò la maschera. “Da quando giocavamo con Ace e Sabo!”
“Mina??”
“S-sì, perché? Con chi credevi di parlare?” In quell’istante si sentì il rumore di passi che correvano. Rufy si girò in tempo per vedere Robin che correva via in lacrime, rincorsa da Nami che cercava di consolarla.
“S-scusa, mi sono sbagliato, non era per te.” Disse con tono brusco, prima di correre via per seguire Robin, lasciando una ragazza sola con il suo cuore spezzato.
 
“Robin! Robin, perdonami, è stato tutto un enorme malinteso! Ti prego, Robin, ascoltami!” Il capitano aveva raggiunto l’archeologa dopo averla cercata a lungo. L’aveva trovata subito, nel luogo in cui era sicuro che fosse: l’enorme biblioteca della famiglia Azuki. Ed era lì, al sicuro nel suo habitat naturale, con le lacrime che ancora le scorrevano sul viso.
“Va’ via, Rufy, te ne prego. Fallo per tutti e due. Torna da Mina, io me ne farò una ragione.”
“Ma no, Robin, non capisci, é…”
“Non ti preoccupare, capisco benissimo. Tu la ami, lei ti ama… Sono contenta per voi! Alla fine l’amore è questo: essere felici della felicità dell’altro, anche se l’altro…” E continuò a piangere in silenzio, girandosi per non far vedere a Rufy la sua debolezza.
“Robin, ascoltami.” La prese per un braccio, facendola voltare. “Tutto questo è solo un incredibile malinteso, uno stupido sbaglio che si sarebbe potuto evitare se non fossi stato tanto stupido. Tu e Mina siete abbastanza simili, e con quelle maschere e quei vestiti… Sono un idiota, lo sai meglio di me, tanto da confondere la donna della mia vita con una semplice amica, ma non farò più un errore del genere… Con te accanto.” La ragazza lo guardava, continuando a piangere. Ma quelle lacrime erano piccole perle di felicità, confermate da un sorriso pieno, gioioso e innamorato, come Rufy non ne aveva mai visti sul volto dell’archeologa. E anche lui era felice, perché Robin aveva ragione: ‘Alla fine l’amore è questo: essere felici della felicità dell’altro…’
Si abbracciarono, si strinsero forte, per colmare tutto quel tempo in cui non l’avevano fatto. Le loro labbra erano a un soffio di distanza, e già l’uno poteva sentire il dolce calore dell’altra, quando…
“TU! BRUTTO BASTARDO IDIOTA DEFICIENTE DI UN CAPPELLO DI PAGLIA! COME OSI RIFIUTARE ME, MINA AZUKI? COME OSI DISTRUGGERE, CALPESTARE, ANNULLARE I MIEI SENTIMENTI IN QUESTO MODO E SPERARE DI FARLA FRANCA, EH? DIMMELO!” Lei era lì. Rabbiosa, col vestito strappato e gli occhi fiammeggianti, letteralmente. Lo spadone enorme che aveva in mano non sembrava presagire nulla di buono. Era arrabbiata, come lo può essere una ragazza che è stata innamorata per tutta una vita e ha appena perso le speranze in un modo orribile.
“Mina, io…”
“TU COSA, EH? TU COSA? PARLA, COSA VUOI?”
“Ti prego, lasciami spiegare, non volevo farti del male…”
“NON VOLEVI FARMI DEL MALE? BEH, POTEVI PENSARCI DUE VOLTE, PRIMA DI DICHIARARTI ALLA MORA SBAGLIATA!” E sferrò il primo attacco. Cercando di colpire i due innamorati, distrusse una buona parte di libri. Il cuore di Robin si fermò per un attimo, ma poi si rese conto, con sommo dispiacere, che non era quello il momento di disperarsi per quella perdita immane.
Avendo sbagliato colpo, Mina decise rapidamente di cambiare tattica: con un balzo incredibile si avvicino alla coppietta e prese Robin per il collo, stringendola in una morsa mortale.
“Muahahahah, cosa si prova, Rufy? Terrore, angoscia, senso di impotenza mentre la tua ragazza muore?” E strinse ancora di più la mano. L’archeologa boccheggiava, cercando disperatamente di resistere, ma era già paonazza.
“No, Mina, ferma! Cosa pensi di risolvere così? Non otterrai certo il mio amore così!” Una sonora risata rimbombò nella biblioteca, facendo tremare le pareti.
“Il tuo amore? Muahahahah, cosa me ne faccio del tuo amore? Troppo tardi, Rufy caro! Ora desidero solo vendetta!” Il capitano cercò di attaccarla, ma ad ogni sua mossa la mano intorno al collo di Robin si stringeva di più. Era disperato, ma con la coda dell’occhio riuscì a vedere una marea multicolore entrare nella stanza.
“Ragazzi, siete qua!” La ciurma era accorsa in loro aiuto, richiamata da Nami. Anche Mina si accorse dei Mugiwara, e in quell’attimo di distrazione Robin riuscì a far uscire un braccio dalla sua schiena, con cui diede un pugno alla sua nemica, e si liberò. Era però troppo debole e si accasciò al suolo senza forze. Rufy allungò un braccio e la afferrò, lasciandola poi nelle mani di Zoro e Nami.
“Proteggetela.” Zoro fece per venire a combattere insieme al suo migliore amico, ma questo lo fermò.
“è una faccenda fra me e lei.” Lo spadaccino capì e si fece indietro. Rufy si girò e rivolse tutta la sua attenzione a una Mina sghignazzante.
“Bene, vedo che hai capito di cosa si tratta...” Rispondendo alle provocazioni, il capitano allungò il suo braccio per colpirla, ma la ragazza lo intercettò e lo buttò contro la parete con tanta forza da sfondarla. Rufy si ritrovò catapultato sulla spiaggia senza cappello, che dondolava sulle onde. Intontito dal botto, si alzò e si diresse verso la riva per riprenderlo, ma un colpo fortissimo alle spalle lo lasciò senza fiato e lo fece cadere. Faticosamente allungò un mano e afferrò il cappello, rigirandosi in tempo per evitare un nuovo colpo. Nonostante tutti i dolori, si scagliò furiosamente contro Mina e questa volta riuscì a colpirla, abbassando le sue difese. Le arrivò un altro colpo che la fece cadere, ma non ne arrivarono altri: Rufy non avrebbe infierito contro quella che un tempo considerava la sua migliore amica.
“Ah, la pietà… Pessimo sentimento in alcune situazioni!” Mina si rialzò e colpì il capitano, che cadde a terra senza riuscire a rialzarsi. Era troppo per lui: non lo spiazzava il dolore fisico ma quello del cuore. Stava combattendo contro lei, contro la sua confidente, contro qualcuno che non sarebbe mai riuscito a battere, anche volendo! Sapeva di aver combattuto con avversari molto più forti e crudeli, ma in quel momento non poteva reagire. In quegli istanti iniziò a pensare, e tanti ricordi felici gli tornarono in mente: la sua ciurma al completo dopo i due anni di lontananza, suo fratello che gli sorrideva, Shanks che gli regalava il suo cappello, le parole che aveva detto a Robin a Enies Lobby… Gli sembrava ancora di sentirle.
“DI’ CHE VUOI VIVERE!” Ma… Ma le stava sentendo davvero!
“RUFY, DI’ CHE VUOI VIVERE!” Robin era lì. Era uscita correndo, sfuggendo persino al controllo di Zoro, e lo stava aiutando. Sarebbe venuta da lui, se le forti mani dello spadaccino non l’avessero bloccata, ma gli urlava con tutto il cuore.
Rufy si rese conto di cosa doveva fare.
“I-io… Io voglio vivere… Sì, io voglio vivere! ROBIN, IO VOGLIO VIVERE!” E si rialzò, lasciando senza parole Mina.
“Sì, hai capito bene, Mina… Io voglio vivere, voglio vivere con Robin, e chiunque mi ostacoli dovrà pagarne le conseguenze!” E attaccò, reso più potente da una nuova forza: la forza dell’amore. Il suo colpo fu talmente forte da far volare Mina, che, per sua fortuna, atterrò sul mare senza riuscire a riprendersi.
Nel frattempo erano arrivati anche gli altri ospiti, evidentemente sordi, per capire cosa fosse successo. Spingevano per uscire a curiosare, ma i Mugiwara li frenavano.
Robin corse da Rufy, ancora affaticato, e lo travolse con un abbraccio tanto forte da farli cadere entrambi sulla sabbia. Scoppiarono a ridere, ma dopo poco il ragazzo smise, iniziando a fissare negli occhi l’archeologa, che non se ne accorse subito. Quando lo vide, arrossì.
“Cosa pensi?” Rufy le sorrise dolcemente e le sussurrò, prima di baciarla:
“Che voglio vivere…”
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ok… Allora, mi presento: sono LadyLylla e sono davvero dispiaciuta che abbiate letto questa abnorme schifezza (sono troppo educata per chiamarla col suo vero nome). Se non vi piace prendetevela con la mia Ice Star (una grande scrittrice di fanfiction che vi consiglio), che mi ha spinto a scriverla, mi ha aiutato con le ispirazioni mancanti e mi ha sempre seguito (non capisco come faccia…), perciò non finirò mai di ringraziarla.
Questa è la mia prima ff (e anche l’ultima, ora mi sotterro), ma si capisce già la mia pazzia e il mio amore per le storie avventurose (non adoro il romanticismo e basta, un po’ di movimento serve sempre). Mi dispiace tantissimo di aver scritto una shot così long ma non ho alternative: quest’anno ho gli esami e non ho tempo neanche di respirare, figurarsi per tenere una long!
Ok, allora io andrei… Sciau!
P.S.: andate a leggere le ff di Ice Star, non ve ne pentirete!

  
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