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Autore: Giuna    24/07/2008    0 recensioni
Agli inizi del tremila il governo degli Stati Uniti aveva deciso di dare fondi per la costruzione della più grande prigione del mondo, situata in un arcipelago di diciotto isole tutte fortificate e controllate, da dove sarebbe stato impossibile uscire.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho sete…




                                                                                                                
Ore 9:00
Carcere di massima sicurezza “Guala”


Il giovane giornalista avanzava lungo il corridoio semibuio della prigione, davanti a lui camminava la guardia.
Tutto questo solo per colpa di Giano, se non gli avessi dato retta ora sarei a casa in pantofole davanti alla tv e non in questo buco dimenticato da Dio.
Daniel aveva poco più di venticinque anni, era il più giovane giornalista che lavorava alla rivista “fatti e misfatti” una delle più vendute.
Guarda dove mi sono cacciato.
Aveva frequentato l’università di lettere e ne era uscito a pieni voti, di certo era il più brillante studente del suo corso, all’età di sedici anni aveva partecipato al concorso “giovani giornalisti del nuovo millennio” e da quel momento aveva deciso che avrebbe dedicato la sua vita alla nobile arte di farsi gli affari altrui per poi renderli pubblici al mondo.
Goditi gli ultimi attimi di felicità Giano perché se esco fuori da qui ancora vivo poi ti ci spedisco a te!
Il suo capo aveva deciso di mandarlo a intervistare un detenuto della famosa “prigione di Guala” un po’ per il gusto di vedere il ragazzino come se la cavava un po’ per accertarsi se quello era davvero talento o un dipendente in più da pagare.
Ma perché tutte a me? E il capo come ha trovato il permesso per farmi entrare in questo inferno?
Agli inizi del tremila il governo degli Stati Uniti aveva deciso di dare fondi per la costruzione della più grande prigione del mondo, situata in un arcipelago di diciotto isole tutte fortificate e controllate, da dove sarebbe stato impossibile uscire.
Questa magnifica costruzione alta sette piani avrebbe ospitato i più pericolosi killer del secolo, i boss della mafia e i condannati a morte.
C’erano voluti più di dieci anni per finire interamente tutto il complesso di costruzioni, tre solo per l’edificio principale, ma una volta conclusa aveva preso a funzionare perfettamente e nessuno era mai riuscito a lasciare l’arcipelago senza un pass apposito e scortato lungo tutto il viaggio.
Ok rilassati qui non ti può succedere nulla c’è la guardia e nessuno può uscire dalle camere, le sbarre sono grosse e.. e… vorrei essere a casa. Anzi no, vorrei essere a spaccare quel brutto muso a Giano. Ecco ci siamo…;
La guardia svoltò a sinistra e si voltò verso il giornalista, gli sorrise e gli fece segno di seguirlo.
Ancora pochi passi e la guardia si fermò davanti ad una porta. Impugnò la pistola. Scelse la chiave. Aprì la porta. Con un lungo strillo metallico due grossi tubi di ferro si sfilarono da due altrettanto grossi buchi nella parete, il giornalista si avvicinò alla porta, la guardia ne aprì ancora due, ora c’era solo una grata ad impedire il passaggio.
« Se ha bisogno di qualsiasi cosa chiami, quando ha finito prema il bottone rosso alla sua sinistra » lo indicò « Arrivederci e…se posso darle un consiglio sia veloce »
« Grazie » disse Daniel.
Tirò fuori un piccolo quaderno, una penna e si avvicinò alla grata.
Guardò dentro ispezionando la piccola stanza, le pareti bianche, un piccolo tavolo bianco, un letto bianco, lenzuola bianche e una sedia bianca.
Ci credo che la gente impazzisce qui con tutto questo bianco.
Si allentò la cravatta e si sbottonò il primo bottone della camicia, poggiò l’impermeabile sopra la spalliera della sedia al suo fianco.
Bene forza Daniel.
« Buongiorno » disse piano, anche se in realtà ancora non aveva visto nessuno.
« Buongiorno Daniel » rispose una voce rauca proveniente dal fondo della stanza.
« L’hanno avvertita del mio arrivo, bene sono contento » rispose il giornalista cercando di dare alla sua voce un tono di sicurezza e aprendo il block notes.
« Veramente no »  disse.
« Beh allora lei è bravo ad indovinare i nomi  » rise Daniel.
Bene stiamo parlando e questo è l’importante Jim sarà felice del mio lavoro e magari mi promuoverà.
« Chi è Jim?» chiese il detenuto.
« Jim? » chiese Daniel incredulo.
« Si, è il tuo capo? »
« Lei come fa a sapere il nome del mio capo? »   
« Lo so e basta »
Ma chi è questo?
« Mi chiamo Fernando Ruan » rispose l’uomo dentro la cella.
« Bene signor Ruan allora io avrei qualche domanda da farle »  disse Daniel «  Posso? »
« A chiedere non si perde nulla »
« Bene » Daniel si schiarì la voce « da quanto tempo è qui signor Ruan?»
« Molto » rispose quello.
« Può essere più preciso? »
« No »
« Bene…»
« E tu da quanto tempo sei qua? » chiese Fernando.
« Come prego? »
Ma questo è tutto matto.
« Hai sentito bene tu da quanto tempo sei qua? »
« Sono entrato da neanche mezz’ora, ma non importa adesso stiamo parlando di lei »
« Non mi hai capito bene, da quanto tempo vivi su questa terra? »
« Non la comprendo »
Mamma mia altro che matto questo è completamente impazzito!
« No, non sono impazzito Daniel sono solo curioso, il tuo corpo è ancora intatto o è stato modificato? »
« Signor Ruan credo che il discorso ci sia fuggito di mano io…»
« No… » replicò la voce calma.
Qualcosa si mosse dentro la cella, poi Daniel sentì dei passi che si avvicinavano alle sbarre della porta. Davanti agli occhi del giornalista comparve una figura esile completamente nascosta sotto un lenzuolo bianco, avanzava curva e lenta, un braccio proteso in avanti, da un piccolo spiraglio sulla faccia il detenuto osservava Daniel fermo di fronte a lui. A separarli le sbarre.
Il prigioniero si tolse il lenzuolo dal braccio.
Il tuo corpo è ancora intatto o è stato modificato?
Quelle parole risuonarono dentro la testa del giovane, davanti ai suoi occhi comparvero tre lunga dita sottili e bianche sorrette da un orrendo braccio pallido.
Il tuo corpo… è ancora intatto… è intatto o è stato modificato?
È intatto…
Daniel chiuse e riaprì gli occhi davanti a lui stava un uomo anziano, i capelli corti, il viso ben rasato.
Indossava un completo bianco, era basso.
Il suo volto stanco e vecchio.
Daniel deglutì e si passò la mano tra i capelli chiari.
« Sono qui da più di tre anni, non mi ricordo la data esatta, mi catturarono nella mia casa tra i miei famigliari, sono accusato di duplice omicidio e di aver testimoniato il falso davanti al giudice in tribunale. »
« Bene signor Ruan, bene » disse Daniel con un filo di voce.
« Non si sente bene? » chiese divertito il detenuto.
« No, non si preoccupi è che qui dentro manca l’aria, fa caldo »
« Si a volte si » ribatté Fernando
« A volte invece fa tanto freddo…»









Ore 11:27
« E per finire quali sono le sue impressioni su questa prigione? Insomma come si vive qui dentro, i nostri lettori sarebbero curiosi di sapere » disse Daniel.
« Si vive bene, non mi lamento, a volte ci portano nel cortile ma io non ci vado mai. Ho paura, gli altri sono più grossi di me mi fanno del male perché il cibo scarseggia »
« Capisco »
« Bene signor Ruan la ringrazio per la sua collaborazione, è stato un piacere parlare con lei. Magari torno a farle visita »
« Davvero? Sono tanto solo »
« Perché no? » Daniel si alzò si passò la mano tra i capelli, si sistemò la cravatta chiuse il quaderno e salutò « Arrivederci allora signor Ruan » Si allontanò qualche passo. Si voltò un’ultima volta.
Prima che la figura di Fernando scomparisse dietro la porta di sicurezza vide una massa bianca gobba che afferrava il lenzuolo e se lo ricacciava sopra il corpo scomparendoci sotto.
Forse ho bevuto troppo ieri.
Tranquillamente Daniel si avventurò in quel labirinto bianco di camere e corridoi sicuro di ricordarsi la strada che aveva fatto per raggiungere la camera di Fernando Ruan.
Girò per un buon quarto d’ora poi sconfitto decise di cercare qualcuno che lo poteva aiutare.
Una guardia, possibile ch non ci sia nessuno che controlla i corridoi? Guardò l’ora le 11:44, è presto non può esserci la pausa pranzo, forse il cambio della guardia. No non è possibile sono anni che giro e non c’è nessuno. Ecco una porta magari è un’uscita.
Il giornalista si diresse verso una grande porta quadrata e bianca alla fine del corridoio sorpassò una ventina di camere come quella di Ruan.
Non si apre maledizione.
Daniel spinse la maniglia un paio di volte.
« Non si può entrare lì » una voce alle spalle del giovane lo bloccò.
« Mi scusi io » si zittì.
Davanti a lui era apparso un lenzuolo bianco che lentamente si trascinava verso la fine del corridoio.
Mi sono perso.
« Lo so che ti sei perso ma lì non puoi entrare ­»
« Signor Ruan come ha fatto ad uscire? »
Ma l’ho calcato il bottone? No…
« Ho sete » lo strano essere si avvicinò a Daniel trascinandosi sulle gambe coperte dal lenzuolo.
« Ho dell’acqua se vuole » Daniel tirò fuori una bottiglia piccola di acqua minerale. « Però ora dovrebbe tornare dentro, è meglio »
« Ho sete » la voce della figura si fece più rauca e più bassa « Ho sete »
« Se-se vuole ho dell’acqua » balbetto Daniel.
« Sete… » tirò fuori la mano bianca, le tre lunghe dita si protesero verso il giornalista immobile.
Tutto il corpo di Daniel era paralizzato Sto sognando? No… ho paura voglio andarmene.
La figura si fermò a un metro di distanza dal giovane.
Daniel fece un bel respiro un passo, due passi. Si mise a correre, prima girò intorno al lenzuolo che si muoveva poi corse lungo il corridoio.
Non ti può raggiungere è troppo lento troppo.
Sentiva le gambe farsi più molli.
Corri.
La testa gli girava.
Ma cosa sto facendo ma sono cretino?
Si fermò di botto.
Non può esistere davvero quell’affare.
Si guardò dietro…
Un improvviso dolore lo buttò a terra, sentiva la testa bruciarli in tre punti. Aprì gli occhi.
Urlò.
Tre lunghe dita erano premute contro la sua fronte…                     «  Ho sete »

  
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