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Autore: Zomi    05/05/2014    6 recensioni
Era così assorta dalla lettura, che non notò l’ombra ricurva e mascolina che le si stava avvicinando di soppiatto da dietro le spalle.
Lo sconosciuto allungò una mano verso di lei, addossandola con pesantezza alla spalla ricurva della mora, facendola sussultare.
Immediatamente, senza voltarsi, Robin incrociò le braccia al petto, sgranando gli occhi sui mobili di fronte a lei.
-Cinco flo…
-Ciao Robin-
*Fan Fiction partecipante al RuRobin Day*
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey, D., Rufy, Nico, Robin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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RuRobin day: il rosso di un sorriso da Re e l’azzurro degli occhi di una bambina dai mille petali rosa. Il destino li ha fatti incontrare, e non importa quanto siano diversi, il loro amore è più forte di tutto.


 
MANI NEL BUIO
 
 
Il tuono squarciò la notte, illuminando il profilo ondeggiante della nave, tra le onde in tempesta dell’oceano.
Robin alzò appena lo sguardo dal suo libro, fissando la notte colorarsi di bianco per un attimo, prima di tornare buia e minacciosa.
Si strinse nelle spalle, incurvando il capo sulle pagine gialle e sbiadite del tomo che leggeva, seduta lungo il bancone della cucina. La fiammella traballante della sua candela, illuminava pigramente l’inchiostro nero e scuro delle pagine, costringendo l’archeologa a concentrarsi per poterle leggere e comprendere.
Era così assorta dalla lettura, che non notò l’ombra ricurva e mascolina che le si stava avvicinando di soppiatto da dietro le spalle.
Lo sconosciuto allungò una mano verso di lei, addossandola con pesantezza alla spalla ricurva della mora, facendola sussultare.
Immediatamente, senza voltarsi, Robin incrociò le braccia al petto, sgranando gli occhi sui mobili di fronte a lei.
-Cinco flo…
-Ciao Robin-
Trattenne il respiro, e l’attacco, riconoscendo lo sghignazzare infantile e divertito del suo capitano.
-Rufy- piegò il capo ad osservarlo, studiandolo mentre saltellava, con i geta in mano, verso il frigo, ritraendo il capo nelle spalle.
-Shh- le fece segno di tacere, portandosi un geta sulle labbra –Ho fame-, si appiattì con l’orecchio sulla porta del frigo, fissando a occhi socchiusi il catenaccio che lo chiudeva.
-Non voglio farmi scoprire da Sanji- affermò sottovoce, muovendo i geta sulle mani.
Robin lo fissò, adagiando il viso sul palmo di una mano, ridacchiando oltre il bancone della cucina.
-Ti sei tolto i geta per non fare rumore- l’osservò ridacchiando.
Rufy annuì, sfregando tra loro le piante di sughero dei sandali, pronto a scassinare il lucchetto del frigo. Fissò per un lungo attimo il pomello intaccato dai numeri della serratura, per poi iniziare a strattonarlo con forza, mordendolo e schiaffeggiandolo per aprirlo.
-Apriti!!!- mugugnava strattonando con i denti il lucchetto –Ho fame!!! Apriti!!!-
Tentò inutilmente di forzare la serratura, ma quella non volle cedere, rimanendo saldamente chiusa e attaccata all’elettrodomestico.
-Serratura dispettosa- l’additò Rufy, rimproverandola imitando malamente Nami, ondeggiando con le anche e ballonzolando con il seno inesistente.
-Cattiva, cattiva, cattiva!!!!- puntò il dito contro la maniglia –Sei cattiva!!!-
Una risatina cristallina e mal trattenuta, distolse il moro dal suo gioco, facendolo ridacchiare alla vista divertita e sorridente di Robin.
Sghignazzò anche lui, saltellando sui piedi nudi e avvicinandosi alla mora, sedendosi a gambe incrociate su uno sgabello.
Robin lo guardò ridacchiare al suo fianco, e, asciugandosi una lacrima di riso da un’iride cerulea, lo fissò, con quel suo bel sorriso sempre felice e spontaneo, gli occhi grandi a vedere il mondo con le sue meraviglie, i capelli che sotto il fidato copricapo di paglia, scappavano in ogni dove, vogliosi d’avventura.
Sospirò, tornando a posare il capo su un palmo della mano.
-Non credo che il lucchetto cederà facilmente- sorrise bonaria.
-Già, lo cedo anch’io- sbuffò spazientito Rufy, fulminandolo il frigo chiuso e avaro.
Sentì ridacchiare ancora la compagna, e tornò a fissarla, sorridendo allegro.
Robin era bella.
Ma bella davvero.
Aveva due occhi grandi come il mare, capelli lunghi e lisci, e neri come la notte. Labbra sempre morbide e da cui non uscivano mai rimproveri, come quelle di Nami, o insulti, come quelle di Sanji.
In più aveva un profumo dolce, quasi caramellato, che gli ricordava tanto quella di una buona trota, di cui non sarebbe mai stato sazio.
-Robin- la chiamò piano.
La mora sbattè le lunghe ciglia, sorridendogli in segno di ascolto.
-Ma che ci fai sveglia? Hai fame?-
L’archeologa sorrise mestamente, accarezzando a fior di dita il libro che stava leggendo.
-Non riesco a dormire- sussurrò piano, distogliendo lo sguardo da quello del capitano.
-E perchè?-
Continuò a fissare il libro, le sue pagine chiare e le linee scure e secche d’inchiostro.
-Ho degli incubi- ammise senza paura.
Un piccolo sorriso le affiorò sulle labbra.
Lei, così matura e reale, che non aveva paura di affrontare gli uomini dell’esercito, temeva i suoi ricordi più lontani, tremando al pensiero di quegli incubi feroci e neri che le impedivano di riposare.
Mani che appariva da ogni dove, mentre lei correva, correva, correva, ormai senza fiato.
Le gambe che crollavano ad ogni passo, i crampi di fame e paura che le attanagliavano lo stomaco, le lacrime che le impedivano di vedere il buio che la circondava, non sapendo da dove quelle mani attentatrici sarebbero apparse, cercando di afferrarla per i lunghi capelli neri, o per le braccia, strattonandola nel buio in cui sarebbe profondata per l’eternità.
Tremò leggermente al ricordo di quegli incubi, stringendosi nelle spalle, mentre la fiammella consumata della candela traballava. Il vento soffiava con forza contro il castello di poppa, entrando in ogni spiffero e risuonando acuto e sibillino nel silenzio che si era creato tra i due piati.
-Robin- le oscillò davanti al viso una mano Rufy –Va tutto bene?-
La mora sussultò, sorridendo cordiale al capitano.
-Si, tutto bene- mentì, ritornando a leggere il suo libro.
Rufy la fissò con attenzione, osservandola chinare elegantemente il capo sul tomo, girandone lentamente le pagine, assorta da ciò che leggeva.
Eppure, nella sua espressione sobrie e priva di emozioni, il moro scorgeva una paura repressa e nascosta con cura, confinata così in profondità da riuscire a distinguerla solo in un’ombra scura, all’interno dello sguardo nebuloso e ceruleo dell’archeologa.
Dondolando il capo, coperto dal fidato cappello, sghignazzò, saltando a piè pari giù dal suo sgabello.
-Vieni- strattonò per un polso Robin, portandola nella sala comune.
La mora lo seguì ubbidiente, non opponendo resistenza, incuriosita dal gesto del ragazzo. Sentiva sul polso la presa calda e forte di Rufy, accentuata dal tatto gentile delle sue dita che, stringendola con delicatezza, l’accarezzavano anche, regalandole un po’ di dolcezza.
Con il suo passo veloce e sbarazzino, Rufy raggiunse in pochi balzi la sala comune, fermandosi con la mora davanti all’enorme e morbido divano al centro della sala.
-Dormi- indicò il divano, sghignazzando convinto.
Robin lo fissò sorpresa, non capendo bene cosa intendesse fare.
-Rufy- lo chiamò piano, nel buio della sala –Che intenzioni hai?-
Il moro sciolse la sua presa sul polso della mora, trasalendo alla fine del contatto delicato delle loro pelli, sistemandosi poi supino sul divano.
-Su vieni- tese sorridente le braccia verso la donna, allargandole –dormi con me-
Robin sussultò, sorpresa e stranamente imbarazzata.
-Con te?- domandò incerta.
-Si- annuì il moro, convinto –Così se hai un incubo io ti proteggo-
L’archeologa fissò per un lungo attimo il capitano steso sul divano, tra i morbidi cuscini e con le braccia accoglienti tese verso di lei.
Prese un respiro profondo, e si adagiò al suo fianco.
 
 
Scappava.
Scappava con tutta la forza che aveva nel suo piccolo e fragile corpo di bambina di otto anni.
Le corte e snelle gambe traballavano, venendo trapassate da mille lancinanti crampi, che le mozzavano il fiato, già corto per la fatica di correre.
Con i grandi occhi azzurri, Robin si guardò attorno spaventata, piangendo alla vista di mille mani, apprese al buio che la circondava, allungarsi verso di lei, pronte ed affamarla con forza, strattonandola nel nero infinito.
-NO- urlò con la sua acuta e fragile voce –NO-
Accelerò il passo, sbattendo le piante dei piedi nudi sul terreno duro e accidentato su cui correva, ferendosi la pelle delicate e chiara.
Sentiva i polmoni bruciarle, nel piccolo e fragile petto, per l’assenza d’aria, ma non si permetteva di fermarsi per riposare, cercando di aumentare il suo andamento per sfuggire a tutte quelle mani.
Ormai era al limite, e ben presto qualcuno l’avrebbe presa, imprigionata, venduta al Governo Mondiale, godendo delle sue urla disperate e rotte dal pianto
Tirò su con il naso, annaspando nel buio che la circondava, sentendosi a pezzi, infranta dal dolore e dalla paura.
Sentì il graffio di alcune dita strapparle qualche lungo capello corvino, e, terrorista da quel tocco fugace e crudele, inciampò, rotolando a terra.
La bocca le si riempì di polvere nera, le lacrime le bagnarono le guance, impasticciandole, mentre le sue piccole manine da bambina non le permettevano di aggrapparsi al terreno, aiutandola ad alzarsi.
Robin trattenne il pianto, ma sapeva che ben presto qualche orrenda e violenta mano, sarebbe arrivata a prenderla.
Ed eccola, forte, grande, muscolosa, una mano le afferrò i polsi, alzandola da terra, e strattonandola verso il buio.
-NO NO NO!!!- si divincolava spaventata.
Chiuse gli occhi, colmi di lacrime, arrendendosi al suo aggressore.
L’avrebbe portata alla Marina, che poi l’avrebbe consegnata al Governo Mondiale, che l’avrebbe giustiziata, senza pietà né rimorso.
Si morse le labbra la bambina demone, sentendosi strattonare con forza, fino a posare il capo su un petto caldo e muscoloso.
Era la fine.
Lo sapeva, era la fine.
Ma quelle mani, invece che picchiarla e tenerla ferma, impedendole di scappare, iniziarono ad accarezzarla dolcemente, abbracciandola con forza per le spalle, spingendola contro quel petto caldo e mascolino, che magicamente, la nascose dal resto dei suoi inseguitori, che sembravano spariti nel buio più nero.
-Tranquilla- le disse una voce, mentre quelle due grandi mani continuavano a rincuorarla –Ora ci sono io-
Titubante, e con ancora gli occhi colmi di lacrime, Robin sollevò il capo, fissando il giovane viso di…
 
Un nuovo tuono squarciò la notte, svegliandola nel leggero dormiveglia che l’aveva colpita tra le braccia di Rufy.
Muovendosi lentamente sul divano, la mora fissò il viso serenamente addormentato del suo capitano, che l’abbracciava per le spalle, abbandonando il capo contro il suo.
-Mmm- mugugnava con la bava alla bocca -… ca-carneeee…-
Un leggero sorriso divertito inarcò le labbra dell’archeologa, rilassandola nuovamente contro il corpo del ragazzo.
Sentiva le sue mani grandi e calde abbracciarla, scaldandola e allontanando da lei ogni incubo peggiore.
Due mani grandi, rosee, uguali a milizia di altre, che spesso si erano allungate su di lei per poterla catturare o ferire.
Ma quelle di Rufy, invece che ostili e minacciose, erano dolci, affettuose, amorevoli. Robin sorrise dolcemente, sollevando il capo verso quelle del ragazzo di gomma, posando un casto bacio sulle sue labbra.
-Grazie- sussurrò al moro, che mosse leggermente il capo contro il suo, accarezzandola.
Si raggomitolò al suo fianco, chiudendo gli occhi, addormentandosi.
Non si accorse della presa più forte e protettiva di Rufy su di lei, né che il moro le posò un altro dolce bacio sulle sue labbra, mentre posava on un sorriso, il su fidato cappello di paglia sui suoi capelli corvini.
-Grazie a te- se la strinse al petto –Mia Regina-

 
   
 
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