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Autore: La_scrittrice_solitaria    05/05/2014    1 recensioni
Era così strano tutto quello che mi era successo...
All'inizio pensavo di star sognando,ma mi è bastato aprire gli occhi per capire che tutto era reale.
Non era stata la mia immaginazione,ma la cruda verità della mia vita.
Sapevo poco della mia storia,certo non pesavo di arrivare a scoprire l'esistenza dei Kegh,elfi belli quanto spietati, e dei Gekh,gnomi misteriosi e forti;tanto meno pensavo di finire nella guerra tra queste due razze per la ricerca della loro principessa guerriera.Ora solo una domanda mi sorgeva spontanea:chi sono io?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Non credevo che una gita tra amici potesse finire così…Scoprire cosa o chi si è veramente è davvero così traumatico?Così insopportabilmente impossibile,ma reale?
Tutto iniziò attorno ad un falò…
-Hey Felì!Ti va di giocare con noi ad obbligo verità?-domandò Francesco sorridente apparendomi davanti.
-Perché no.-risposi prontamente avvicinandomi agli altri.
-Ok allora!-disse Siria-Chi inizia?
-Vado io!-Michele si alzò in piedi e mi indicò-Allora Felì,obbligo o verità?
-Obbligo-risposi.Non mi piaceva parlare di me,infatti non sceglievo quasi mai verità.
-Umh…si ci sono!Vai nel bosco e torna solo quando avrai preso una foglia dalla Quercia.-e così concluse mentre io sbiancavo come un lenzuolo.
-Dalla Quercia?!Ma sei matto?!È a più di due kilometri da qui!Ci metterò troppo tempo!Allora scelgo verità!-ribbattei impaurita
-Non puoi cambiare decisione.-mi disse con fare sufficiente Marco,il capo gruppo.Io lo odiavo,lui odiava me.-O lo fai … o lo fai.-mi guardò storto.Sapevo che se avessi rifiutato non mi avrebbe lasciato tranquilla neanche un secondo così decisi.
-Va bene…lo faccio.-risposi demoralizzata.
Presi la torcia dallo zaino,ma non mi fu concesso portarla con me,la lasciai e mi addentrai nel bosco.All’inizio mi guardavo alle spalle ogni passo,quasi a pregare i miei amici di non farmelo fare,ma le loro figure diventavano sempre più piccole e in breve sparirono all’orizzonte.Ogni mio muscolo era in tensione,l’udito si acutizzava ad ogni passo,le mani sudavano,ma non mollavo.Non potevo e non dovevo mollare.Lo scricchiolio dei rami e delle foglie secche sotto le mie scarpe mi provocavano un fremito continuo nella schiena.Non riuscivo a capire perché avessi accettato di fare una cosa così pericolosa e stupida al contempo.Non volevo credere di essere lì,andavo avanti senza guardarmi intorno.Avevo paura che se l’avessi fatto mi sarei impietrita.Quando sentì un rumore dietro di me mi girai di scatto,sembravo una molla in pressione pronta a scattare da un momento all’altro;andavo avanti per inerzia più che per forza di volontà:se fossi stata un'altra persona probabilmente sarei già fuggita a gambe levate.Dopotutto chi non l’avrebbe fatto?Vedevo solo buio intorno a me e quando lasciai il sentiero per raggiungere la Quercia mi sembrò di sprofondare nel nulla.Camminando notai delle lucciole,erano le sole luci che mi segnavano la strada.Mi avvicinai al primo salice dei cinque che portavano alla Quercia:veniva chiamato il Saggio.Mi appoggiai al tronco per riprendere fiato e ammirai estasiata lo spettacolo delle lucciole che mi giravano intorno.Sentì un latrato sommesso,subito mi lanciai giù dal ramo su cui mi ero seduta e corsi via il più veloce possibile fregandomene del dolore che la caviglia mi provocava per la storta presa.Corsi talmente veloce da superare il secondo salice detto Astuto e arrivare al terzo in meno di cinque minuti.
-Chissà cos’era quel rumore.-pensai mentre cercavo di riprendere a respirare normalmente.Sentì qualcuno chiamare il mio nome;credendo che fossero i miei amici inziai a gridare-Sono qui!Al terzo salice!-le voci che mi nominavano cessarono e io capì di aver fatto l’errore più grande della mia vita.Non solo avevo rivelato a chissà chi la mia postazione,in più non riuscivo a muovermi perché iniziai a sentire la caviglia che pulsava.Udì dei passi che si avvicinavano,anche se faceva male ricominciai a correre come una furia.Avevo paura,ma riuscivo ancora a controllare il mio corpo;speravo di sbrigarmi,superare il Giusto e il Solenne(il quarto e il quinto salice),prendere quella dannata foglia dalla Quercia e tornare dai miei amici il prima possibile.Correvo sopprimendo mentalmente il dolore,mi bloccai senza fiato.Caddi sulle ginocchia e iniziai a tossire,sentì una mano posarsi sulla mia spalla.Iniziai a gridare e a dimenarmi sperando che qualcuno mi sentisse e venisse in mio soccorso,ma la mano dalla spalla passo alla mia bocca e due braccia forti mi bloccarono i movimenti.
-Vuoi stare ferma ragazzina!-sentì la voce di un ragazzo sputarmi parole dure nell’orecchio,ma ero così intenta a liberarmi da afferrare solo a metà ciò che voleva dirmi.Scalciai e capì con profonda fierezza di aver assestato due colpi duri quando lo sentì allegerire la presa.Altre mani mi furono addosso.Mi colpirono forte su un orecchio facendomi perdere la capacità di muovermi;li sentivo parlare,ma non riuscivo a rispondere.I miei movimenti erano come spenti.
-Ti sei quasi fatto battere da una ragazzina!Non ti vergogni Piven?!-Piven?Così era questo il nome del ragazzo che mi aveva bloccato prima.
-Ti ho già detto che devi chiamarmi solo Ven.-rispose lui acido;la sua voce era(o sembrava per lo meno)più calorosa di come l’avevo percepita mentre mi attaccava.Si sentirono delle sirene della polizia suonare.
-A quanto pare la mocciosa non era sola!Dividiamoci Ven ,ci vediamo dove sai.-disse l’uomo che mi stava trascinando spostandomi tra le braccia del ragazzo-Io li distraggo,tu pensa a lei.-lo sentì allontanarsi mentre parlava.
-Lo farò…-sussurrò Ven quando ormai i passi del compagno erano semi impercettibili.Mi sollevò,lui si piegò perché mi sentì trascinare verso la terra.Non capivo cosa stava facendo,ma non feci in tempo a chiederlo a me stessa che lui saltò.Aspettai di sentire il tonfo sul terreno,ma non avvenne.Il vento mi scompigliava i capelli e mi accarezzava le guance,ci misi un po’a concretizzare il fatto che stavo volando.STAVO VOLANDO!Ogni legge della fisica si sfaldò nella mia mente mentre cercavo di muovermi o di emettere almeno un suono,dare segni di vita insomma,ma niente ero impalata come uno stoccafisso tra le braccia di quel ragazzo.Sembrava una persona tanto fredda,ma sentivo la sua estasi mentre volavamo nel cielo limpido.Sentì odore di fumo e un forte vociare,forse stavamo passando sopra il piccolo paesino di Vallepietra dove ero cresicuta,ma ci misimo poco a superarlo perché dopo solo qualche secondo tutto era tornato silenzio e l’aria era di nuovo pura.Mi permisi di aprire gli occhi cercando di non farmi notare,ma tutto era ovattato intorno a me e naufragai in breve nell’oblio dell’incoscienza.
  
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