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Autore: Fabbricante Di Sogni    06/05/2014    2 recensioni
{955 parole} [contenuti forti] (One Shot) |Shirou centric|
Lo so che per molte persone magari risulta una cosa normale parlare di suicidio, di lamette e via dicendo come se fosse tutto così scontato, ma per me non è altrettanto uguale, penso che ritrovarsi sul punto da abbandonare ogni qualsiasi istinto di sopravvivenza e lasciarsi andare sia solo dopo aver raggiunto un certo limite, come per Shirou.
E in ogni caso penso che anche una volta trovatisi sul limite non sia egualmente facile decidere di lasciarsi andare.
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“gli restava solo una cosa da fare per riuscire finalmente a distruggere quel muro invisibile che ancora lo separava da lui, che ancora lo separava da Atsuya.
Cadere. “
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Ringrazio Sissy che mi ha fatto maturare questa idea e con cui – anche utilizzando molto umorismo – abbiamo parlato tanto di quest’ argomento (e tranquilla cara, non ti chiedo di recensire la storia nel caso non ti “ispiri” ;))
Beh, che altro? Vi aspetto dentro!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Shawn/Shirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And we will be togehter again
 

I suoi passi lo conducevano quasi con totale naturalezza all’ascensore del palazzo, era alto, doveva esserlo visto che aveva tanti piani, Shirou non era molto esperto in materia, a Hokkaido aveva sempre vissuto in una casa di un solo piano e non si era mai posto il problema di sapere come funzionassero le altre.

Di conseguenza ora osservava interrogativo i diversi pulsanti che andavano a indicare piani del palazzo, lui cercava quello più alto, ma la disposizione dei pulsanti era più complessa del previsto.

Alla fine decise che le scale sicuramente sarebbero state più opportune e gli avrebbero dato meno pensieri.
 
Il tetto dell’edificio, come aveva accuratamente previsto, non aveva nessuna palizzata o limite che impedisse a una persona di affacciarsi, sotto di lui si estendeva l’intera Tokio, piena di rumori, di macchine, di persone troppo veloci perché dessero peso a un ragazzo che stava in piedi sulla ringhiera di un palazzo.
 
Ormai aveva deciso, e non voleva tornare indietro, osservava soprelevato il tutto frapporsi disordinatamente sotto i suoi occhi, gli restava solo una cosa da fare per riuscire finalmente a distruggere quel muro invisibile che ancora lo separava da lui, che ancora lo separava da Atsuya.

Cadere.

Era così semplice, era una questione di equilibrio, solo equilibrio, sporgersi un po’ in avanti e lasciare che la forza di gravità facesse il resto, lasciarsi annegare alla disperazione, tanto da annullare quella naturale forza vitale che ci implica di non farci del male.

Buttarsi giù, cadere in basso.

Semplice come un battito di ciglia, così semplice che l’albino si domandò come mai non l’avesse ancora fatto, decise che il ripassare a testa le motivazioni di com'era giunto a questa conclusione, era forse il modo migliore per decidere in maniera definitiva di porre finalmente fine alla sua vita.

Perché era di questo che si trattava poi, lasciarsi cadere, provare un attimo il desiderio di volare, per un secondo prima di sfracellarsi al suolo e mettere un punto sul capitolo della sua esistenza.


Morire.

Incredibile quanto quella parola fosse difficile da digerire se detta così cruda, così sola, così scura.
Troppo scura.

Si passo velocemente una mano sulla fronte nel folle tentativo di ricordare, e ricordi, ricordi il suo volto, i suoi capelli sparpagliati perché non li pettinava mai, e quando lo faceva ti staccava sempre i denti del pettine perché erano talmente aggrovigliati che non riusciva a togliere l’arnese da quel nodo color salmone.

Ricordi la prima volta che in prima elementare scrisse il suo nome invertendo le lettere, facendosi così nominare a vita “Astuya” anzi che “Atsuya”.

Ricordi il suo sorriso largo che appariva perenne a fior di labbra, tutte le volte né aveva combinata una, come quando aveva “accidentalmente” dato fuoco al tuo peluche preferito, dopo che tu avevi denunciato, davanti a vostra mamma, il fatto che i dolcetti fossero “misteriosamente” spariti, e al contempo sul suo viso ne fossero apparsi gli evidenti resti.

Ricordi quei pomeriggi sotto la neve, quando nonostante il cattivo tempo usciva di nascosto per giocare a calcio, la volta che era partito per andare a sciare senza gli sci e una volta arrivato davanti alla seggiovia pretendeva che uno sciatore gli cedesse i propri.

Ricordi che è grazie a lui se hai superato la paura della palla che prima tanto ti opprimeva.

Ricordi che è grazie a lui se ora sei qui, perché è stato lui ad avere la prontezza di spingerti giù da quella macchina, e non tu, tu eri troppo paralizzato da quella sorta di silenzio che avvolgeva tutto, quel bianco infinito che non dava e lasciava altro che nulla, solo un senso d’indifferenza atrofizzato.

Quello stesso bianco che ora provi.

E ora lui non c’è.

Lo sai di certo, perché se fosse qui ti avrebbe salvato, ti salverebbe a costo di lasciarci la sua di vita, e lo farebbe di nuovo, ancora una volta, come quella volta.

Trattenere le lacrime ti è impossibile, cerchi di visualizzare tutte le cose belle che hai vissuto dalla sua morte per portarle con te nel tuo viaggio senza ritorno, Sali la palizzata mentre cerchi frustato nella mente un ricordo felice, uno. Uno soltanto.

Niente, nulla, vuoto, bianco.

Allarghi le braccia, e ti sporgi in avanti, senti per un secondo la magnifica sensazione di avere tutto in pugno, che tutto dipenda da te, che tutto stia a te, senti per un attimo che stai davvero facendo qualcosa.

«Ehi, che ci fa un ragazzo lì?»
«Attento! Che fai? Non ti sporgere o cadrai!»
«Fermatelo! Si sta suicidando!»


Osservi convinto che sia l’ultima volta gli uomini farsi largo verso di te uno allunga un braccio per tenerti.

Ora o mai più.

Eppure non riesci a squilibrarti in avanti, e finisci con il cadere, all'indietro, per terra, alla fine non ce l’hai fatta a farti davvero del male alla fine va contro il tuo stesso istinto vitale, alla fine va contro te stesso.

«Ma che ti è saltato in mente?»
«Saresti potuto morire ragazzo, i giovani d’oggi sono tutti così irresponsabili!»


Vorresti urlare, non ci sei riuscito, ti odi, ti odi perché Atsuya per te non avrebbe esitato un istante, si sarebbe lanciato nel fuoco per te, e invece tu sei solo lì, debole, ecco cosa sei, non sei mai servito a nulla, e continui a essere inutile.

Non sei riuscito a raggiungerlo, a perseguire il tuo obiettivo, perché pensi troppo, pensi troppo alle conseguenze delle tue azioni, Atsuya non lo faceva, infatti, è sempre stato più forte.

E ora ti senti morire al solo pensiero di ripassare tutto quel tempo in terapia, una terapia fasulla che non fa nulla al dolore che tu invece provi, un giovane pazzo disperato, ecco cosa sei per la società che ti circonda, una persona inutile che è meglio rinchiudere in un ospedale per malati mentali e lasciarla sotto sedativo impedendogli di vivere una vita vera a pieno.


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Angolo d'autrice:

Allora, in primo luogo ringrazio tutti voi che avete letto, questa è la prima fic in cui mi spingo così diciamo "oltre" non ho mai trattato con molta definitezza l'argomento della morte, forse perché mi sembrava troppo definitivo e immutabile, forse perché non penso di esserne ancora in grado, ma beh, ditemelo voi piuttosto cosa ne pensate.
In questa fic Shirou non riesce a buttarsi giù, lo so, non è scontato, affatto, forse perchè alla fine il dramma vero non era quello del suicidio, ma quello del restare in vita, alla fine forse era più difficile sopravvivere e andare avanti.
Alla fine le cose vanno storte.
Beh, non ho molto da aggiungere, se non che spero davvero di avervi trasmesso qualcosa.
Ringrazio nuovamente Sissy che ascolta i miei Audio infiniti e che ha piacere di parlare con me di questo genere di argomenti, perché beh, non penso sia una cosa semplice, e la ringrazio tantissimo ancora.
Grazie e scusate se non è la solita fic divertente ma mi è uscita sta roba.
Quindi nulla.

Kisses
Angy

 
  
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