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Autore: jakefan    06/05/2014    7 recensioni
Mi ero creduta morta, e mi scoprivo viva. Avevo di nuovo diciotto anni ed ero la figlia di Charlie, dormivo nella mia cameretta al piano di sopra in casa di mio padre. Uscivo in jeans e maglietta, con le cuffiette in testa, guidavo il mio vecchio rottame rosso. Passeggiavo sulla spiaggia di La Push, mangiavo con le mani sporche una fetta di pizza raccolta da un cartone.
Ora sapevo con certezza di avere una voragine nel petto, ma non più vuota: era un abisso traboccante d'amore, così copioso da inondare il mondo che aveva finalmente trovato il suo centro tra le mie braccia.
Ero stata molte persone insieme, prima, ma tutto ciò che non era essenziale scivolò via frantumandosi, mentre io ero di nuovo intera. Ero io, perché mi vedevo nei suoi occhi.

Bella Black si racconta.
Poi forse parlerà anche qualcun altro, al momento non so ancora.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Rising Sun'
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Dalla voce di Bella Swan


 

1.

Però la faccenda della crepa invisibile che un giorno, presto o tardi, è destinata a distruggere il cristallo mi aveva stranamente colpito. Me ne ero creata una sorta di fotografia mentale molto vivida e reale. Vedevo e rivedevo con gli occhi della mente la ferita sotterranea corrompere l'essenza del vetro fino a provocarne la deflagrazione in un miliardo di gocce di luce. I frammenti luminosi scintillavano di un fulgore molto simile a quello che avvolgeva la visione della pelle di Edward, un lontano giorno nella nostra radura. 
Ora mi sentivo come se io fossi il cristallo e la silenziosa opera di distruzione si stesse svolgendo dentro di me. Non sotto la pelle, ma molto più profondamente.
 

2.
Ora sono costretta a raccontare in parole spezzate, in frasi scomposte che non mi sembrano mai quelle giuste per dirlo.
Ma quello che accadde, in realtà, avvenne tutto nello stesso attimo, proprio mentre riconoscevo mio figlio e l'odore del suo corpo si imprimeva in me.

 
 
3.
Mi ero creduta morta, e mi scoprivo viva. Avevo di nuovo diciotto anni ed ero la figlia di Charlie, dormivo nella mia cameretta al piano di sopra in casa di mio padre. Uscivo in jeans e maglietta, con le cuffiette in testa, guidavo il mio vecchio rottame rosso. Passeggiavo sulla spiaggia di La Push, mangiavo con le mani sporche una fetta di pizza raccolta da un cartone.
Ora sapevo con certezza di avere una voragine nel petto, ma non più vuota: era un abisso traboccante d'amore, così copioso da inondare il mondo che aveva finalmente trovato il suo centro tra le mie braccia.
Ero stata molte persone insieme, prima, ma tutto ciò che non era essenziale scivolò via frantumandosi, mentre io ero di nuovo intera. Ero io, perché mi vedevo nei suoi occhi.
 
 

4.

Non lo so, come si chiama. Lo chiederò a Jacob.
Jacob non c'è.
Me lo dimentico, che non c'è, perché in realtà è dappertutto.

 
 

5.
Aspettavo di veder apparire i baffi di Charlie da un momento all'altro, nel vano della porta.
 
 
6.
-Vuoi parlarne, Bella? Non vuoi dirmi cosa... cosa è successo? Forse ti farebbe stare meglio...
Fissai Emily in silenzio. 
Il mio bambino dormiva serenamente sulla mia pancia, sazio di latte e di carezze.
Era sceso il crepuscolo.
Le luci notturne della strada si erano già accese e splendevano surreali contro i colori del cielo al tramonto. Un tramonto incredibile, luminoso e puro, anche se non vedevo il sole; un tramonto senza pioggia come non se ne vedono quasi mai nella penisola Olimpica.
Presi la mano di Emily, che mi fissava con i suoi occhi grandi e tranquilli. Nella penombra sempre più morbida, contemplando il suo viso bellissimo, pensai che anch'io, come lei, portavo addosso le cicatrici del mio amore. Per sempre.
-Mi vergogno.
-Chiudi gli occhi, Bella. Chiudi gli occhi, e dimmi solo quello che vedi.
Mi appoggiai ai cuscini.
-E' stato... La notte prima. La notte prima del mio matrimonio.
Chiusi gli occhi e cominciai a ricordare.
 
 
7.
Spazi, luce e colori non erano come sempre. Un imprevisto, qualcosa di diverso e apparentemente assurdo, cambiava i contorni di una visione diventata quieta e familiare.
Qualcosa, qualcuno che non avrebbe dovuto esserci era lì.
C'era. Sotto ai miei occhi.
-Ciao, Bells.
Andai in pezzi.



8.
"Lo sai che ti amo"
"Lo sai quanto vorrei che questo fosse abbastanza"
Il ricordo diventa confuso. Chi ha pronunciato queste parole? Lui... o io?
Me ne vado da quella stanza.
Vado a sposare un altro, lasciando sul quel letto la verità, abbandonata come un oggetto inutile, una scatola vuota, una penna che non scrive più.

 


9.
Si avvicinò, guaì ancora; chinò la grande testa verso di me e mi leccò il viso. Mi annusò e brontolò, infastidito. Strofinò il grande muso contro la mia guancia e mi leccò ancora.
Chiusi gli occhi.
Restai ad ascoltare quel respiro caldo e pesante e la lingua ruvida e bagnata che ora frugava il mio collo. Incerta, alzai lentamente una mano per accarezzare il pelo corto e leggermente ispido, divisa tra il terrore e il sollievo di poterlo finalmente toccare.
Strinsi forte il pelo nel pugno, poi lo accarezzai, ancora, in preda ad una strana debolezza e ad un senso di languore per la follia di quello che stava accadendo.
E ad un tratto qualcosa cambiò.
Il flusso dell'energia si spezzò di nuovo e la consistenza fisica della belva mutò in quella di un corpo nudo che ora si stringeva al mio.
Sentii il pelo ispido farsi più morbido e mutare in seta scura, dello stesso odore del lupo; sentii la lingua sul collo ritrarsi e poi tornare, meno ruvida, a percorrermi la pelle accompagnata dal calore di un respiro meno selvatico.
Un corpo materializzato dalla magia aveva preso forma sotto i palmi delle mie mani, duro come l'acciaio, contratto e tremante, teso come un arco di fuoco.
Un corpo di uomo dalla carne forte e calda sotto le mie mani incredule.
 
 
10.
Sedevo al tavolo a leggere, una di quelle notti, quando sentii fremere l'aria e qualcosa mi spinse a correre alla porta e, follemente, ad aprirla senza sapere con esattezza quel che stava accadendo.
La pioggia si era quasi placata e cadeva meno violenta; l'unico chiarore proveniente dalla luce azzurra della mia finestra non arrivava abbastanza lontano da rivelare i primi alberi, al confine con la foresta.
Non so cosa mi spinse sotto l'acqua, a piedi nudi, coperta a malapena da una camicia; so che una pazzia alla quale non sapevo dare un nome mi costrinse lontana da mio figlio addormentato, sull'erba davanti a casa, fino al limite del cerchio di luce dove cominciava l'oscurità.
E lì, all'inizio dell'ombra, un grande lupo dagli occhi calmi e scintillanti mi aspettava.
Sapevo cosa dovevo fare e non rallentai il passo, anzi quasi corsi verso il buio e verso gli occhi che avevo riconosciuto.
Non fu il lupo ad accogliermi e a divorarmi, quando le mani furono abbastanza vicine da poterlo toccare.
Di nuovo l'aria ebbe un tremore trasparente, poi la mia sofferenza ebbe fine.
Quando comprese dalla mia pazzia quanto lo avevo aspettato non ci fu più niente a fermarlo né a fermare me.
Tutto ciò che era spezzato si ricompose, ciò che era morto ricominciò a pulsare; fu di nuovo la sua bocca sulla mia, le mani impazzite, le gambe che cedevano fino a farci ritrovare a terra avvinghiati l'uno all'altro. E l'acqua, l'acqua che mi incollava la camicia addosso, i capelli al viso e la pelle su quella ardente ed amata e ritrovata del mio uomo.


 
11.
-Bells?
-Sì?
-Devi dirmi qualcosa?
-No. Cosa ti dovrei dire?
-Niente, così. Chiedevo.
 


12.
Sospirò.
-Mi vieni dietro ovunque vada, in qualche modo. Non c'è niente da fare, tanto vale che...
Mi asciugò gli occhi con la mano.
-...tanto vale che tu lo sappia. Non ci posso fare niente, assolutamente niente, perciò smetti di piangere, va bene?
Feci segno di sì con la testa, senza sapere esattamente dove volesse andare a parare. Ma non me ne importava niente, visto che era tornato ed era lì e il calore della sua pelle mi raggiungeva e testimoniava che c'era davvero. Posò la mano sulla mia guancia; conteneva quasi tutta la metà del mio viso.
-E' assodato. Più mi dibatto e cerco di liberarmi e più mi faccio del male e ne faccio anche a te.
Non si muoveva. Mi fissava sdraiato accanto a me e i suoi occhi bruciavano. Ero senza parole.
Mi mossi io e mi raggomitolai contro di lui, scomparendo tra le sue braccia.
-Ti amo, Isabella Swan. Sono tuo. Dove diavolo vuoi che vada senza di te?
 
 
13.
-Tu adesso mi racconti tutto- ansimai. -E vedi che faccia abbastanza male, perché altrimenti non ti crederò.
Mi sembrò che tacesse anche la musica, che non ci fosse più vento, che gli alberi fossero diventati silenziosi alberi di cristallo come quelli delle favole.
Jacob era una figura scura contro le luci lontane; il mio dio di ombra e di foresta, un braccio ancora teso verso di me.
Il silenzio divenne ancora più intenso.
Finalmente parlò.
Al suono delle sue prime parole, tutto ciò che non era ancora scomparso svanì .
Fui di nuovo nella mia cameretta, profondamente addormentata.
Lui se ne andava. Scavalcava silenzioso il davanzale della mia finestra, un raggio di quella luna bianca e incredibile colpiva il suo viso e qualcosa brillava. Lui se ne andava per permettermi di sposarmi; il mio vestito bianco splendeva come uno spettro sotto un raggio della stessa luna.
Chiesi in sogno a quella bambina che dormiva nel mio letto se dovevo permettere alla Voce di continuare e lei, desiderosa di riavere il tempo perduto, mi rispose di sì. Allora mi arresi definitivamente e mi preparai ad ascoltare, sapendo esattamente che stavo per tornare in quei lunghissimi mesi di buio.


 
14.
Avevo lanciato i dadi ed ero stata fortunata: forse non mi rendevo nemmeno conto di quanto lo fossi stata davvero. I numeri erano quelli giusti ed io, piccola pedina in balia degli eventi, mi ritrovavo in quel preciso momento dove tutto era cominciato, come se nulla -ma nello stesso tempo tutto- fosse cambiato.
Davanti a me c'era, ancora e sempre, colui che c'era sempre stato.
Vivo, innamorato, e perfetto per me.
Apri gli occhi, Isabella Swan.
Solo che ora riuscivo a vederlo.
Solo che questa volta ero pronta.


 
15.
Non parlo più e tu mi sorridi, mia metà, mio opposto e mio uguale, come un viso nello specchio, come il riflesso di un cigno su acque immobili; nei tuoi occhi leggo qualcosa che non ha bisogno di parole per spiegarsi.
Quanto tempo ho prima che la paura che ci sta intorno prenda una forma precisa e ci separi?
“Per sempre” può fare paura, “per sempre” è solo un’illusione. Per sempre non esiste. Un giorno anche i vampiri moriranno, il sole si spegnerà e noi non saremo più nemmeno ricordi di leggende. Perché non ci sarà più nessuno a ricordare.
Perciò, qui. Qui ed ora. Non soltanto perché non so se potrò farlo domani o perché non so se sto sognando o se quello che ci è accaduto è vero. E’ che ho bisogno di un per sempre che non sia solo un’illusione e se non tu, chi altro? E se non ora, quando?

 


16.
Ho riflettuto molto, in seguito, su ciò che accadde quella notte. Non ci fu vera violenza se non in un unico, indicibile atto.
Per tutto il resto del tempo non furono né la forza né le minacce a farmi sentire continuamente sopraffatta, ma piuttosto un conflitto: la lotta interna cieca e furiosa fra un invincibile ribrezzo e un’attrazione altrettanto potente. Qualcosa che Aro doveva avere incontrato mille volte nel corso della sua lunga vita e di cui era consapevole ed esperto; qualcosa che avrebbe manipolato con arte consumata, senza alcun bisogno di leggermi nel pensiero.


 
17.
Io sono certa come la morte che rivedrò Aro. Spero molto tardi, spero non qui, ma so che accadrà.


 
18.
Non so come sarebbe stato, non so come sarebbe andata se solo uno di tutti gli eventi che ho raccontato fosse evoluto diversamente, se il battito d’ali della farfalla avesse mutato la materia del tanto che basta a cambiare il corso delle cose. So solo che la vita ha fatto mille giri e poi è ripartita da qui.
Io, loro, il passato ed il presente, tutto si incontra qui: era questo il cammino naturale nell’universo dove Jacob ed io ci apparteniamo. E’ andata così e non poteva andare diversamente, nonostante lupi, vampiri e cose grosse come l’eternità che si sono messe sulla nostra strada.
Alla fine l’eternità si è stemperata in un qui ed ora di carne, sangue caldo, briciole, risvegli di calore e caffè, allungare un piede e sentire che lui è al mio fianco, proprio come stamattina. Non gli ho ancora detto che sono di nuovo incinta.
Il cerchio si è chiuso; ad un tratto le scintille mi accecano, non lo so, forse le visioni si sono confuse ed unite o io tanto per cambiare sto piangendo, ma è solo per la troppa felicità. Non sento più niente se non la sua spalla contro la mia, il suo odore che ormai è diventato il mio e sa di caldo, di noi due e di sole.
Riesco a pensare solo una cosa, sempre la stessa.


 

Ho avuto molto di più dell’eternità.




 
Ehm. Uhm. Niente di nuovo... tutta colpa vostra che mi avete fatto venire una nostalgia pazzesca di questi due. Casomai passasse di qua qualcuno che non sa di che parlo e pensa che mi sia fumata roba molto scadente, volevo aggiungere che questa Bella qui è quella di Rising Sun. E ama Jacob. Punto.

Grazie di essere arrivati fin qui, vostra
J
   
 
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