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Autore: _mandragola_    06/05/2014    2 recensioni
Una donna misteriosa presente un orribile caso di omicidio alla giovane Demethra Schubert, agente novella della sezione di Unità di Analisi Comportamentale dell'FBI. Giovani donne uccise e messe in posa per dare un chiaro messaggio agli agenti e, come se non bastasse, scritto con il sangue sul muro c'è la sezione esatta dove la squadra di Demethra lavora. Gli omicidi continuano, la caccia all'uomo diventa sempre più frenetica e il bisogno di catturare l'assassino sempre più urgente: la violenza crescente dimostra che sta degenerando ad un ritmo incontrollato...
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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«Agente Schubert?»
Una donna in tailleur viola scuro avanzò per l'ufficio, rigirandosi tra le mani il cartellino con su scritto il suo nome e un “OSPITE” a caratteri cubitali immediatamente sotto. Una ragazza seduta su una scrivania in fondo all'ufficio alzò la mano. La donna le si avvicinò e salutò con un cenno del capo i due colleghi dell'agente che le stavano vicino. La ragazza non doveva avere più di venticinque anni e aveva capelli di un biondo scuro che accennava sfumature di biondo cenere e grandi occhi verde acqua. Era pallida, da sempre rifiutava categoricamente le abbronzature e, se le si chiedeva perché, iniziava a parlare delle dame medioevali senza più fermarsi. La sua ossessione per gli abiti neri o dai colori scuri la faceva sembrare quasi una poco di buono, in netto contrasto con l'innocenza e la fiducia che infondevano i suoi tratti delicati e i suoi lineamenti armoniosi. Buona parte dell'ufficio pensava che fosse una bella donna e buona parte dell'ufficio ebbe il famoso “due di picche”. Era lì da due anni e per due anni ripeteva che non aveva bisogno di uomini, per ora. Era ancora giovane, per quelle cose aveva tempo; ora l'unica cosa che importava per lei era il lavoro e liquidava ogni suo pretendente con la sua notevole abilità nell'oratoria. Li lasciava così confusi che non sapevano bene se prendersela o farsene una ragione. Il suo migliore amico, nonché suo collega, intanto se la rideva sempre sotto i baffi.

L'agente Schubert si alzò buttando una rapida occhiata sul cartellino dell'ospite: «Signora... Rosseau, salve. Cosa posso fare per lei?», disse con un leggero accento tedesco, che ancora si rimproverava di non aver completamente eliminato.
«È l'agente Schubert?»
«Demethra Schubert, in persona.»
Lei la guardò alzando un sopracciglio e le porse la mano. Demethra gliela strinse: «Mi immaginava più vecchia?»
«E meno alta.»
«Capita spesso. Mi permetta di presentarle i miei due colleghi: l'agente Young e l'agente Bennett.»
Richard Young era un ragazzo statunitense sulla trentina, rasato e sempre sorridente. Era alto e muscoloso, il perno della squadra. Era lui che si cimentava più spesso negli inseguimenti o negli scontri a pugni. Matthew Bennett, invece, era l'esatto contrario. Dal fisico gracile, anche lui originario degli Stati Uniti, preferiva leggere i dossier e aiutare la collega Annika Lee a cercare dati sui ricercati nel computer che correre dietro ai criminali, anche se, se l'occasione si presentava, non esitava a farlo. Portava i capelli castani lunghi fino al collo ed era solito legarseli in una piccola coda. Aveva due occhi azzurri che assumevano le tonalità del grigio se il cielo si rannuvolava. Demethra adorava lui in particolare, lo considerava il suo migliore amico e uscivano spesso insieme, a parlare di Freud e di altri illustri esponenti della sua arte, oppure di pittori, musicisti classici e film, davanti ad una bevanda calda.
La signora Juliette Rosseau strinse la mano anche ai due ragazzi con un sorriso. Lei invece era una donna di mezza età, Demethra non sapeva dire con sicurezza se fosse messicana o semplicemente troppo abbronzata. I capelli neri erano sottili e lunghi fin sopra la vita. «Signorina Schubert, vorrei parlare con lei in privato.»
«Volentieri, ma io non sono il capo della mia squadra, forse dovrebbe rivolgersi a...»
Gli occhi castani e decisi di Juliette la fecero bloccare. Era troppo esperta di linguaggio non verbale -anche se l'esperto per eccellenza della squadra in questo argomento era Bennett, da cui spesso prendeva lezioni- per capire che qualunque cosa avesse detto non le avrebbe fatto cambiare idea. Diede una rapida occhiata ai suoi due colleghi e passò un dito sul mento. Un chiaro segnale, uno dei tanti che aveva concordato con loro. Young scattò in piedi e si diresse subito verso il loro capo.

 

Le due donne si sedettero su poltrone messe una di fronte all'altra. Il sole delle nove entrava prepotentemente nella stanza, attraverso le serrande socchiuse. Demethra decise di dargli un po' di libertà e le aprì, chiudendo invece quelle che davano sull'ufficio per una maggiore privacy. «Non capisco proprio perché mettano muri di vetro invece di muri reali.», disse a Juliette, per tentare di alleggerire l'atmosfera, mentre si accomodava sulla poltrona nera di pelle. La guardò con lo sguardo interrogativo, attendendo una sua mossa. Juliette sorrise con aria di sfida. «Di cosa si occupa, lei, nella sua squadra?»
«Ah, un po' di tutto, in particolar modo cerco di abbozzare il profilo psicologico del cattivone di turno. Sono il membro più giovane, è da solo due anni che lavoro qui contro i venticinque del mio capitano, il membro più vecchio. Lavora qui da quando sono nata, praticamente.»
Juliette annuì. «Si sta chiedendo se ha fatto la scelta giusta a rivolgersi a me?»
La donna alzò lo sguardo abbastanza perplessa. «Sì, mi sto chiedendo se hai la stoffa necessaria per occuparti di ciò che voglio affidare alla tua squadra, ma soprattutto a te.»
«Non decido io i casi da seguire.», rispose lei, notando il repentino cambiamento dal lei al tu che l'interlocutrice aveva adottato.
«Ma puoi proporne uno.»
Tolse dalla borsa una cartelletta gialla. La posò sulle gambe sottili dell'agente, richiudendola immediatamente e appoggiandola di nuovo a terra. Fatto questo incrociò le braccia, attendendo che la ragazza la aprisse e leggesse ciò che c'era dentro. «Braccia incrociate, testa all'indietro, busto idem. Pessimo segno.»
«Cioè?»
Demethra aprì la cartelletta e si mise a leggere ciò che c'era scritto, senza risponderle. Raccolse poi i fogli che le erano scivolati, facendo cadere tutta la cartelletta quando si accorse che non erano semplici foglietti, ma fotografie. Fotografie di una scena del crimine.
Ce n'erano tre. Osservò le foto a lungo prima di chiedere delucidazioni. «Mi scusi se sono così diretta, ma lei chi è?»
«Osserva bene la seconda ragazza.»
Lei la mise davanti a tutte le altre foto: era una ragazza dalla carnagione lievemente abbronzata, con i lunghi capelli neri e gli occhi azzurri sbarrati. Era distesa a terra con le labbra colorate di rosso, socchiuse, le braccia e le gambe aperte. Il ventre era stato aperto con goffaggine ed estrema violenza, tutti gli organi erano stati messi con cura attorno al corpo, l'intestino era stato srotolato per circondarla. Solo dopo una più attenta osservazione Demethra notò le X sulle braccia e le gambe e che le labbra rosse erano state dipinte con il sangue. Il suo stesso sangue, probabilmente. Si concentrò sui suoi lineamenti marcati e sui capelli neri, e alzò lo sguardo. «Lei è sua madre.»
«Voglio scoprire chi ha fatto questo a mia figlia.»
«Perché io? Perché proprio Demethra Schubert e la sua squadra?»
Juliette riaprì la borsa e le porse un'altra cartelletta. Oltre ai soliti fogli dentro c'erano altre foto: particolari del viso delle ragazze, della macabra disposizione e delle incisioni sugli arti. E poi c'era l'ultima, che recitava: “BAU, settore B, numero 5”
Demethra sussurrò quelle parole un paio di volte a sé stessa. «E' la zona dell'ufficio della nostra squadra. E' la zona dell'ufficio della nostra squadra!»
Scattò in piedi e fece per andarsene. Se nessuno della squadra o dell'ufficio aveva detto a qualcuno la posizione della loro scrivania, allora erano molto probabilmente in pericolo. Chiunque avesse scritto quelle parole li conosceva, sapeva dove lavoravano con estrema precisione. Si voltò poi verso la signora Rosseau. «Signora, faremo il possibile per torvare chi ha fatto questo. Le informazioni sono scritte tutte nei fogli?»
Fece un cenno col capo per annuire. «Bene.»
Aprì la porta e la guardò, sperando di non risultare troppo offensiva o sfacciata. Juliette capì immediatamente, si alzò e, dalla giacca, prese un biglietto da visita. Lo mise tra le mani della ragazza. «Ho un contatto qui a Quantico, mi sono informata su chi lavorava in quel settore e ho letto di lei. E' una giovane promessa, signorina Schubert. Mi fido di lei. Per ogni cosa non esiti a chiamarmi.»
Demethra sentì un nodo alla gola quando lesse il nome della donna e il suo numero scritti a penna su quel cartoncino. Doveva parlare con il suo capo, e subito.

   
 
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