Samantha;
Dovrei
prepararmi mentalmente e fisicamente allo scontro che avrò
con mio
padre quando scoprirà che ho preso un 3 di Scienze dopo
avergli
promesso che avrei recuperato con questa verifica.
In mia difesa,
c'era Supernatural
in TV e quello è praticamente Scienze, no? Insomma, qualcosa
di
scientifico ci sarà pure tra tutti i demoni e Lucifero e
anche
Crowley.
Che Crowley poi è tutto strano; prima stai coi buoni e
poi sta coi cattivi. E infine non si capisce neanche più chi
è
dalla parte giusta e chi no.
In ogni caso sono innamorata di Dean
e spero che nella prossima stagione stia di più e petto
nudo.
Sospiro appena raggiungo il portone di casa e lo apro,
entrando nel luminoso soggiorno pieno di vari libri ammucchiati qua e
là.
I miei amici dicono che vivere con un padre scienziato è la
cosa più figa che potrebbe mai capitare a qualcuno.
Come no,
specialmente quando tenti di dormire di notte e lo senti urlare dalla
soffitta che l'elettricità del mondo sta andando a
puttane.
Ovviamente sta andando a puttane, la consuma tutta lui
per fare quegli stupidi esperimenti sul passato e su come coltivavano
patate quando c'era la peste.
“Papà, sono a casa!” Urlo prima
di chiudere la porta e gettare la mia borsa nell'angolo della
sala.
“Vieni in soffitta, voglio mostrarti una cosa!”
Strillo
tutto contento, così mi avvio su per le scale e oltrepasso
il piano
con le stanze da letto, finendo dritta nella polverosa soffitta che
mio padre chiama “Sistema Operativo Generale Del
Tempo”, ovvero
SOGDT.
Non
voglio neanche sapere come ha inventato il nome, preferisco ignorare
certi aspetti della sua vita.
“Che hai combinato, papà? Questo
posto è un porcile.” Borbotto mentre mi faccio
strada tra le
migliaia di scatolette di cibo e le varie borse frigo sparse
dappertutto sul pavimento. Ne manca solo una sul lampadario e questo
posto diventerà una specie di conserva in caso di guerra.
“Vieni
qui, vieni qui.” Mi fa cenno di avvicinarmi e così
faccio; almeno
rimando il tragico momento della mostra dei voti, come lo chiama lui.
“Guarda.” Indica una specie di orologio attaccato a
una macchina
e sorride raggiante.
“Okay. Che cos'è?” Aggrotto la fronte e
faccio finta di non vedere un ragno che scavalca una delle assi del
soffitto per rifugiarsi in uno degli angoli più bui della
stanza.
“Come che cos'è? É una macchina del
tempo, Samantha!
Ogni tanto ho seri dubbi che tu sia mia figlia.” Dice infine.
“Sì,
e io ho serie speranze che non lo sia.” Mugugno prima che mi
trascini con lui verso il retro della cosiddetta macchina del
tempo.
“Guarda come è perfetta. L'ho appena finita. Ti
ricordi
quel progetto segreto di cui ti parlo da un anno? Beh, eccolo qui.
Ora devo solo trovare qualcuno a cui interessi verificarla.”
Dice
in stato di enfasi, poi caccia un sospiro. “Sono
esausto.”
“E
ci credo. Passi più tempo qui che a letto. Forza, preparo la
cena,
tu vai a dormire. O pulisci qui dentro, che ce ne sarebbe
bisogno.”
Mi guardo intorno e per poco non scivolo su una pozza di sostanza non
identificata.
“Un artista non può rimanere in una stanza
pulita, tesoro. Si vede che non sai proprio nulla della mia vita.
Allora, com'è andata la verifica?” Chiede mentre
mi segue al piano
di sotto dopo aver coperto la macchina con un telo.
Dannazione,
speravo non se ne ricordasse. “Um, bene.”
“Bene? Allora non
hai più l'insufficienza?” Mi guarda, sedendosi
davanti al bancone
della cucina mentre io cerco negli armadietti qualcosa da
cucinare.
“Ehm, papà, ecco... Sai che ti dicevo che
la-”
Mi
interrompe, alzandosi furioso. “Samantha Williams, prova solo
a
dirmi che hai ancora l'insufficienza e giuro che andrai a letto senza
cena.”
“E tu cosa mangi, allora?” Chiedo piano mentre
richiudo una delle ante che avevo aperto.
Scuote la testa. “Mi
hai davvero deluso questa volta. Perché non provi ad
applicarti un
po' di più allo studio invece che fissare quei dementi nudi
in
TV?”
Ma magari fossero nudi.
Ricomincia. “Speravo di averti
trasmesso almeno un po' la mia passione per la Scienza ma ovviamente
non c'è niente da fare. Voi ragazzini siete sempre
lì attaccati ai
telefoni. Non mi meraviglia che in terza liceo vi devono insegnare
come si impostano le lettere da spedire!”
Oh, ecco, ci risiamo.
Ora mi farà di nuovo il discorsetto sulla
responsabilità e su come
la società del futuro deve appoggiarsi a noi giovani per
evolversi e
noi non siamo neanche capaci di trovare il riso al supermercato senza
perderci due volte tra tutte le file.
Dopo circa mezz'ora mi
spedisce in camera e mi ordina di studiare lo stesso capitolo che
dovevo studiare ieri, perché dopo ha una sorpresa per me.
Spero
solo che non flirti con la professoressa perchè mi alzi il
voto;
giuro che cambio scuola, città, faccia e nome se lo fa.
E
probabilmente anche impronte digitali, cosicchè il governo
non possa
provare che sono sua figlia in nessun modo.
“Samantha!”
Sobbalzo e mi metto a sedere di colpo, sentendo il libro di
Scienze che crolla per terra con un tonfo.
Mi stropiccio gli occhi
e mi guardo intorno. Cazzo, mi sono addormentata. Non è
colpa mia se
Scienze mi fa questo effetto.
“Samantha!”
E arrivo, arrivo!
Scendo al piano di sotto e mi guardo intorno per individuare l'uomo
che chiamo papà, poi mi trasferisco in soffitta e lo trovo
impegnato
a sistemare qualcosa sulla macchina del tempo.
“Oh, eccoti qui.
Hai studiato?”
“Uh, sì.” Mento, grattandomi la guancia
che
sicuramente ha ancora le impronte del cuscino.
“Bene, perfetto.
Adesso ti spiego cosa faremo. Non ti preoccupare, non è
niente di
pericoloso. Dammi solo la mano un momento.” Allunga la sua
mano e
io gli do la mia, guardandomi intorno nel porcile.
“Ahia!”
Scatto all'indietro appena sento un ago perforarmi il mignolo.
“Ma
che diavolo fai?”
“Shh.” Mi zittisce velocemente mentre fa
cadere delle gocce di sangue su una specie di piattino bianco che si
trova in una delle fessure della macchina. “Okay, dovrebbe
essere
pronto. Penso di aver fatto tutto.”
“Aver fatto tutto cosa?”
Chiedo mentre lo guardo andare avanti e indietro per la stanza e
racimolare vari oggetti da terra.
“Vieni a sederti qui, tesoro.”
Mi indica una sedia e solo ora capisco cosa vuole fare.
Ma non ci
penso neanche, razza di pazzo. “Papà, non hai
intenzione di
provare quella roba con me per la prima volta, vero? Potrei finire
nel bel mezzo della prima Guerra Mondiale, sai?”
“Non dire
sciocchezze, funziona che è una meraviglia. Ti mando solo
qualche
giorno indietro, così che tu possa recuperare la
verifica.” Fa
spallucce e gli lancio un'occhiata stranita.
“Stai scherzando?
Metteresti in pericolo la mia vita solo per farmi recuperare una
verifica? Non ci penso neanche, papà.”
“Forza, vieni e
siediti qui.” Mi spinge a sedere e io incrocio le braccia
sbuffando.
Dovevo essere adottata quando avevo un anno e mia madre
ha scoperto che mio padre teneva vari pezzi di metallo qua sopra
senza un uso specifico.
Spero solo che mio padre ora non cerchi di
riportare in vita mia madre usando questa dannata cosa accanto a
me.
Lo guardo manovrare qualcosa prima di annuire e parlare tra
sè
e sè, e circa due minuti dopo ha finito.
“Okay, tesoro, forse.
Dammi di nuovo il mignolo.” Non mi fa neanche alzare la mano
che mi
afferra il dito e ci attacca una specie di pinza con un cavo che
è
attorcigliato intorno alla macchina. “Bene, che giorno era la
verifica?”
“Il 18.” Borbotto, alzando gli occhi al cielo.
Tanto non funzionerà. Nessuna delle invenzioni di mio padre
si è
mai rivelata utile, funzionante o efficiente. O quantomeno non
ridicola.
“Okay, il 18.” Sussurra mentre imposta la presunta
data nell'orologio e si rialza in piedi. “Adesso dovrebbe
iniziare
a muoversi.”
Passiamo circa cinque minuti aspettando che questa
specie di rottame inizi a scuotersi e a causare vari cortocircuiti
per tutta l'Inghilterra, ma non succede niente. Come avevo
previsto.
“Okay, posso tornare in camera?” Chiedo infine,
cercando di alzarmi quando mio padre boccheggia.
“Ma che
stupido! Ho dimenticato di cliccare sull'orologio. Scusa,
tesoro.”
Dice prima di inginocchiarsi di nuovo.
Oh, e di che? Picchietto la
coscia con le dita mentre aspetto pazientemente che tutto questo
provi ancora una volta a mio padre che deve tornare a lavorare in
ufficio invece di nominarsi il prossimo Einstein o una cosa del
genere.
La macchina inizia a fare vari rumori e entrambi la
fissiamo perplessi. Ti prego, fai che non scoppi. Fai che non scoppi
e giuro che studierò diligentemente per ogni verifica fino
alla fine
dell'anno.
Facciamo quasi ogni.
“Funziona!” Urla mio padre
quando la sedia su cui sono seduta inizia a traballare e la pinza
attaccata al mio dito inizia a mandare varie scosse.
“Ma che
diavolo-”
“Oddio, oddio, no! No, no, no! Cazzo, ho impostato
l'anno sbagliato-”
“Che cosa?!” Urlo prima di vedere tutto
nero e scomparire dalla soffitta.
Atterro
su un pezzo di terreno pieno di vermi e vari pomodori marci e mi
guardo intorno, sgranando gli occhi quando vedo casette fatte di
legno con piccoli camini che rilasciano il fumo.
Dove cazzo sono e
come faccio a tornare indietro?
Mi alzo a fatica e mi pulisco le
mani sporche di fango sui jeans, iniziando a uscire da quella specie
di orto non molto coltivato e ritrovandomi in una strada piena di
gente vestita troppo male e troppo coperta. Ma che diavolo è
questo
posto? Non ditemi che sono finita in un campo di Amish.
Tiro
fuori il telefono e cerco di sbatterlo un po' per vedere l'ora, che
segna sempre l'ora di quando mi sono seduta sulla sedia accanto a mio
padre.
“Mi scusi.”
Mi sposto velocemente e faccio passare
una donna in un abito beige che porta un cestino di vimini pieno di
frutta e varie verdure.
“Mi scusi.”
Mi sposto di nuovo e
osservo il tipo con una calzamaglia medievale che mi passa affianco
con dietro un cavallo che lo segue piano piano.
“Mi scusi.”
“E
smettila, passami accanto senza rompere i coglioni!” Sbotto,
facendo girare ogni persona che passava di lì verso di me.
Porca
anatra. “Ehm, scusate.”
Ricominciano a camminare mentre io
guardo in alto, scorgendo solo edifici in pietra e vari campanili con
orologi che segnano le 8;35 di sera.
E io ho fame.
Vediamo di
capire dove mi trovo prima di andare a cercare del cibo. O forse
potrei mangiare prima di capire dove sono.
No, no, no. É
fondamentale che io riesca a orientarmi prima di mangiare,
così
posso tornare a casa e sbattere la macchina del tempo sulla testa di
mio padre e sperare che si risvegli con un cervello.
Evito di
sbattere addosso alla gente mentre mi faccio largo tra la folla per
raggiungere almeno un cartello che mi dica la via o anche solo la
città in cui mi trovo, poi mi blocco quando davanti a me si
erge una
specie di arco fatto di mattoni con sopra un'insegna:
“Benvenuti a
Scarborough Fair.”
Dove diavolo è Scarborough Fair e come
diavolo me ne vado?
“Mi scusi.”
Mi mordo la lingua solo per
non urlare contro un bambino e continuo a fissare l'insegna, poi mi
guardo intorno e vedo un calendario pieno di croci rosse su ogni
giorno del mese, così mi avvicino e leggo attentamente, poi
quasi
svengo quando scopro cosa dice.
“18 Marzo,
1313.”
Oddio.
Oddio.
Oddio mio.
Sono finita nel
Medioevo. Da sola!
“Mi scusi.”
E svengo.
MASSSALVE.
Stavo
per addormentarmi quando mi è venuta in mente una storia.
Come
succede sempre, tra l'altro.
Ma vabbè.
Per ora non c'è molto
da dire sul capitolo, era solo l'introduzione per i prossimi,
perciò
che vi va di leggere un secondo capitolo,
fatemelo sapere.
:)