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Autore: ellephedre    07/05/2014    6 recensioni
Mamoru le prime volte che vide Usagi, durante tutto l'arco della prima serie.
Non fu amore a prima vista.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie
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primevoltechetividi9

  

9 - Crudele

  

Quella volta, al luna park,

con me fosti crudele.

   

Terminò di legare i tre bus tra loro. Doveva salvare le persone rapite e le guerriere Sailor, subito. Il varco dimensionale si stava richiudendo. Si mise alla guida del bus di testa e schiacciò il palmo sul clacson. «Vi farò io da autista! Fate presto!»

«Tuxedo Kamen! Ma quando sei arrivato?!» A gridare era stata Sailor Moon.

Marinaio Luna?

Premette il piede sull'acceleratore e i bus si levarono insieme in aria, verso il tunnel che portava alla realtà.

Guardò di sotto. Le guerriere Sailor spiccarono un balzo e lo raggiunsero all'ultimo momento, aggrappandosi alla portiera aperta. Su di loro si poteva contare.

«Tuxedo Kamen, grazie!»

Lui aveva solo fatto il proprio dovere. Si concentrò sul volante: lo teneva saldo tra le mani, non avrebbe sbagliato l'atterraggio. Oramai erano riapparsi a Tokyo.

Alle sue spalle Sailor Moon cominciò a sbracciarsi. «Ami-chaan!!»

Lei si rivolgeva a una ragazza ferma in strada, di sotto.

Dietro Sailor Moon c'era un'altra guerriera, vestita di bianco e rosso.

Allora le Sailor erano diventate tre, oramai. Bene: avrebbero vinto contro il male adesso che le loro fila stavano crescendo.

Le ruote del bus toccarono terra morbidamente, senza scossoni. Era stato bravo.

Sailor Moon si precipitò fuori, a festeggiare con la ragazza dai capelli blu. La Sailor in rosso esitò prima di scendere, lanciandogli un'occhiata.

Lui annuì. Anche lei aveva fatto un buon lavoro: l'aveva vista bruciare vivo il mostro.

Rimasto solo sull'autobus, si slacciò la cintura. Il suo compito era finito.

«Addio» salutò. «Ci rivedremo una prossima volta.»

Ma lo pensò o lo disse? Non ne fu sicuro, sapeva solo che era ora di andare.

Corse via e si infilò in un vicolo. Con una rincorsa compì un enorme balzo e si arrampicò su un tubo - come l'Uomo Ragno! - poi si issò sopra un tetto.

Si era fatto giorno, doveva correre a...

  

Si svegliò, sedendosi sul letto.

Dannazione, un altro sogno.

Ricadde in avanti, esausto.

Era già giorno. Si sentiva come se avesse dormito appena un'ora.

Marinaio Luna?

Quello era il nome della ragazza, giusto? Inoltre lui aveva guidato degli autobus, ma non aveva nemmeno la patente e... Gli stava venendo mal di testa.

Il sogno si stava rintanando in una parte contratta del suo cervello, troppo protetta per essere esplorata senza dolore.

Che ore erano?

La sveglia segnava la sette del mattino.

Era... venerdì? No, sabato.

Non aveva lezioni all'università.

Si sdraiò sul materasso e chiuse gli occhi, tornando a dormire.

   


    

Il giorno seguente Mamoru sbadigliò davanti a una tazza di latte. Rigirò tra le mani il volantino.

Il Paese dei Sogni! Nuovo luna park a Tokyo, Ueno. Venite numerosi! Prezzi scontati per le prime quattro domeniche!

Hm, non era mai stato ad un luna park in vita sua. Almeno, non ricordava di esserci mai stato; in relazione ai primi sei anni della sua esistenza aveva solo qualche prezioso indizio sulle esperienze vissute. Ad esempio sapeva che qualcuno gli aveva insegnato ad andare in bicicletta. Alla casa famiglia in cui era cresciuto c'era stata un'unica bici per bambini, un veicolo bianco traballante privo di ruote d'appoggio. Lui l'aveva provato a sette anni per la prima volta. Non era caduto, l'equilibrio gli era venuto spontaneo. Le ruote che lo trascinavano veloce lungo il vialetto lo avevano galvanizzato.

«Che bravo, Mamo-chan. Sai andare in bicicletta!»

Dalle sue educatrici aveva ricevuto tante congratulazioni.

Memore di quel successo, quando era andato alla sua prima lezione di nuoto - alle elementari - si era sentito sicuro. L'acqua della piscina aveva accolto il suo tuffo, poi lo aveva visto annegare, annaspando a braccia all'aria per la disperazione. Uno degli istruttori si era gettato per recuperarlo.

«Ehi, piccolo! Vuoi ammazzarti?»

Così aveva scoperto che i suoi genitori non gli avevano insegnato a nuotare.

Era stato allo zoo con la scuola, in gita al mare con i suoi compagni della casa famiglia, all'acquario e al planetario per conto suo, ma al luna park... mai. 

Nel volantino si vedeva un grosso ottovolante.

Magari avrebbe potuto provarlo e rivivere le sensazioni che lo invadevano nei sogni. Poteva essere un modo per fare chiarezza nella sua testa.

... Sì, era deciso.

    


    

Il treno dell'ottovolante sfrecciava sulle rotaie verso il suolo. Era veloce come un razzo.

«AHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!»

La coppia dietro di lui urlava, ma la corsa era fantastica. Gli veniva da esultare, altro che paura!

Alla curva il convoglio si capovolse, lasciandolo sospeso in aria mentre tutto il mondo girava.

Grandioso! Anche nel tubo di curve il treno non perdeva velocità!

Si aggrappò forte alla maniglia in ferro, chiudendo gli occhi per proteggerli dal vento.

Quello era il suo stato naturale! Lui volava e poteva affrontare di tutto!

Il treno cominciò a rallentare.

Il tracciato si era appianato. Stavano per andare verso una nuova salita.

Mamoru rise ad alta voce.

Wow.

         

Seduto su una panchina, inspirò a boccate profonde. A terra la corsa aveva cominciato a fargli sentire i suoi effetti: testa che girava, stomaco sottosopra... Niente che un poco d'aria non potesse sistemare.

Si guardò intorno. Il parco era molto grande, dove poteva andare adesso? Aveva recuperato una piantina delle attrazioni, ma voleva vederle di persona per decidere cosa provare.

«Attenzione, signori!» Una voce all'altoparlante. «Il trenino del parco sta per partire dalla piazzola Uno! Grandi e piccini, venite a scoprire le meraviglie del Paese dei Sogni!»

Giusto, aveva visto delle rotaie ai bordi di ogni attrazione. Quindi...

Si alzò e corse verso la piazzola più vicina. Un cartello gli confermò che era arrivato al punto giusto.

Attraversò il varco tra una fila di siepi fiorite. Non c'era coda, ma... Ohi, lui non poteva salire su quel treno microscopico! Era pieno di bambini. Altro che 'grandi e piccini', non c'era passeggero che superasse il metro di altezza!

«Deve salire, signore.»

Sobbalzò. Un cervo lo stava spingendo verso il convoglio, strofinandogli il fianco con le corna.

Quei robot con sembianze di animali erano inquietanti. Come diavolo funzionavano?

«Signore, stanno aspettando solo lei!» insistette la bestia.

Mamoru si ritrasse da un ulteriore contatto, ma la belva meccanica non desistette. «Presto, presto!»

Si ritrovò seduto sul tetto di un minuscolo vagone. Tenne lontano l'automa con una mano. «Okay, sono seduto.»

«Bravo!»

... macché bravo.

Si sistemò sul sedile.

A capo del treno non c'era una persona, ma un panda. Doveva essere per forza un umano travestito.

«Signore e signori, partenza!» Il panda tirò una corda e in aria si levò un fischio. I bambini sul treno esultarono.

«Ciao, tesoro!» Una donna oltre la siepe stava salutando un ragazzino di cinque anni.

«Divertiti, Kyo-chan!» Un padre teneva in mano una telecamera. Inquadrò anche lui nell'obiettivo e sollevò la testa, perplesso.

Mamoru volle sprofondare.

«Aspettateciiii!!!»

Un urlo, di una voce conosciuta. Mamoru si girò, ma appena notò le code bionde tornò a guardare davanti a sé con uno scatto.

«Usagi, fermati! Ormai è partito!»

«Figurati, ora lo raggiungo con un baaa...lzo!»

Il treno saltellò. Usagi-Odango lo aveva quasi rotto saltandoci sopra.

«Aspettami, ho detto!»

«Forza, Rei! Dai che ce la fai... Sì, grande!»

... dannazione. Proprio su un treno come quello doveva incontrare Odango? Da un momento all'altro lei lo avrebbe visto.

«Che bello, ce l'abbiamo fatta!»

«Usagi, un po' di contegno...» L'amica di lei sbuffò. «Non vedi che sono tutti ragazzini? Non essere più infantile di loro!»

«Scorbutica! Divertiti un po', su!»

Per fortuna le due non lo avevano notato.

C'era la possibilità che non lo notassero affatto se lui rimaneva girato. Bastava non voltare troppo la testa.

Alle sue spalle Usagi-Odango cominciò a canticchiare un motivetto.

... era davvero una ragazzina.

Purtroppo, lui non si poteva permettere di dirlo da dove stava seduto. La sua dignità era al minimo storico.

Stando attendo a non attirare l'attenzione, sospirò. In fondo, doveva vedere il lato positivo della faccenda: anche quella era una nuova esperienza. Era mai stato su un trenino per bambini? Non ricordava.

Magari, un tempo, anche lui aveva avuto genitori che lo avevano guardato fieri mentre provava nuove esperienze. Era possibile che lo avessero anche filmato. 

In casa, dentro una scatola in soffitta, aveva una vecchia mini-cassetta. Gliel'aveva consegnata il suo tutore legale, di recente.

«Ho voluto aspettare che fossi cresciuto, Mamoru-san» gli aveva detto.

«Lei... l'ha vista?»

«Non mi sono permesso. Sicuramente è un ricordo dei tuoi genitori.»

Mamoru non aveva ancora comprato l'apparecchio necessario a leggerla. Non sapeva se voleva vedere e sapere tanto presto.

Se nella cassetta ci fosse stata una bella scena di famiglia, forse avrebbe cominciato a sentire la mancanza di qualcosa che niente e nessuno gli avrebbe mai ridato.

Era solo. Stava bene da solo. Ovvero, quando fosse stato assolutamente sicuro di essere felice in solitudine, o quando la sua vita fosse cambiata in meglio, con più compagnia, avrebbe avuto il coraggio di guardare quella cassetta.

Per adesso non voleva cambiare le cose. Non ce n'era bisogno.

Il fatto stesso che la possibilità di ascoltare le voci dei suoi genitori non lo tormentasse era un segno: per lui era più importante costruirsi una sua identità come persona singola. Il passato era importante, ma era passato. Lui aveva già troppi problemi da risolvere nel presente.

Sotto i suoi piedi scorreva un suolo di ghiaia e ciottoli. Il convoglio si muoveva placido lungo il percorso.

Da un lato riusciva a vedere la pista di auto-scontro, dall'altro il tendone di un piccolo circo. In sottofondo c'era l'attrazione centrale, la Casa dei Dolci. 

«Senti quant'è buono il profumo di queste rose!»

Odango.

«Usagi, giù le mani! Non rovinare le siepi!»

«Ahia, mi sono punta!»

«Le rose hanno le spine, genio!»

Quelle due sembravano una babysitter e la sua protetta.

«Pensi che Ami sia andata al castello? Anche io dopo voglio passare da lì!»

«Prima dobbiamo esplorare l'intero parco. Hai sentito qualcosa di tutto quello che abbiamo detto, o eri troppo impegnata ad abbracciare quel leone finto?»

«Era morbido!»

«Era sinistro. Mi chiedo come tu abbia fatto a sopravvivere con il sesto senso che ti ritrovi. Un sacchetto di plastica ha più intuito di te!»

«Sei troppo cattiva, Rei! Ma io non ti starò a sentire! La la la!»

Mamoru alzò gli occhi al cielo. Ogni volta che si faceva venire il dubbio di aver sottovalutato Odango, lei lo smentiva.

L'altra ragazza sospirò ancora. «A me sembra che qui stiamo solo giocando.»

L'amica sembrava una persona sensata. Che ci faceva su quel treno? Non si fidava a lasciare Odango da sola?

Usagi-Odango era serena. «Guarda che è il modo migliore per curiosare in giro senza dare nell'occhio.»

Hm. Cercavano qualcuno?

Forse un povero derelitto di cui Odango si era invaghita. Di sicuro lei non era fedele a Motoki con le sue cotte lampo.

Il treno si fermò di colpo e qualcosa di duro lo colpì alla schiena. Era una faccia, naturalmente di...

Il treno rilasciò un fischio. «Scusate» annunciò il panda. «Questo era il segnale di stop. Aspettate un attimo.»

Si erano fermati all'intersezione con un'altra fila di rotaie. Appena dopo seguiva un curva profonda, con una piccola discesa. In quel tratto di percorso il treno avrebbe marciato a U per qualche metro e per Odango sarebbe stato chiaro chi aveva davanti.

Mamoru prese il coraggio a due mani e si voltò. «Ehi.»

Lei lo vide e il suo viso si deformò per il disgusto. «Ugh... Ancora tu.»

«Aspetta un attimo!» La maleducazione di quella ragazzina non aveva limiti! «Sei tu che mi sei venuta addosso con quella pietra che ti ritrovi al posto della testa. Non mi pare il caso, Testolina a Odango.»

Accucciata per la vergogna, lei non replicò.

La sua amica era estasiata. «Testolina a Odango! Ma certo, che soprannome!»

Bene, esisteva qualcuno con un sano senso dell'umorismo. «Assomigliano un po' anche a degli onsen-manju, no?»

«Ah sì, hai ragione!»

Era strano che una ragazza come quella si accompagnasse ad Odango. Di viso sembrava più grande; con quei lunghi capelli neri era carina come una liceale, ben lontana dal visetto anime di certe bambine delle medie coi codini biondi.

Odango scattò in piedi, i pugni stretti. «Smettetela di divertirvi alle mie spalle!»

Era colpa sua, era troppo facile prenderla in giro.

Odango era lanciata. «E poi sentiamo, tu che scusa hai? Sei grande, cosa ci fai su questo trenino?!»

Colpito e forse affondato.

Lei non aveva terminato. «La verità è che sei un tipo tanto triste, dico bene? Mi fai solo ridere! Ha ha ha!»

Triste, lui? Anche se lo era, Odango non aveva alcun diritto di-

«Inoltre scommetto che hai l'ombelico a trombetta, che fa 'pepperepeee'!!»

Eh no! «Ho-» balbettò. «Ho le mie ragioni anche io!» Non sarebbe sceso al livello di lei!

Il treno ripartì, facendo cadere Odango sopra la sua amica.

«Ma sentila...» bofonchiò lui, tornando a guardare davanti a sé. «Gira pure il dito nella piaga.» Si zittì a forza. Più parlava, più le dava strumenti per attaccarlo. 

«Ehi, Panda!» sbraitò Odango. Non stava più badando a lui. «Piantala di fermarti e ripartire in continuazione!»

«Attenzione! Sta per avere inizio lo spettacolo alla Casa dei Dolci.»

Mamoru ascoltò a stento il messaggio all'altoparlante.

«Ehi, Panda!» riprese a urlare Odango. «Fermati, fermati!»

Il capotreno si voltò. «Spiacente, non posso fermarmi e ripartire in continuazione!»

Mamoru lo applaudì nella propria testa.

«Uffa!» si lamentò Odango. «Non è per niente gentile.»

Senti chi parla. Lei lo aveva appena insultato come nessuno aveva osato fare.

Triste, lui? Ma se aveva una casa tutta sua, una carriera universitaria brillante, il rispetto di tutti quelli che lo conoscevano e... E se ne stava su quel treno solo per caso! A differenza di lei, che da quando era salita aveva urlato più di tutti gli altri ragazzini messi insieme!

Alle sue spalle udì una risatina. Non era di Odango: parlottava con la sua amica.

Odango si alzò di scatto, facendo di nuovo sobbalzare il treno.

«No, nella maniera più assoluta!» ribatté. «Non gli somiglia per niente, no e no!»

Somiglia a chi? Lui?

Parlavano di lui?

Doveva far finta che non esistessero. Doveva chiudere il cervello al mondo e...

«Insomma, abbiamo una missione! Dobbiamo scendere subito!»

«Cos-? Usagi!»

Mamoru udì un verso e si voltò. Odango era saltata oltre le siepi, atterrando sul marciapiede. Stava già correndo via.

Come aveva fatto?

«Usagi!» L'amica di lei scese dal treno, incespicando. «Scusa!» gridò, rivolta a lui.

Mamoru scosse la testa: non c'era niente di cui scusarsi. Ma era meglio che quella ragazza stesse attenta alle proprie frequentazioni: alcune facevano decisamente male.

 


  

 «Sei tanto triste, sai?!»

Si svegliò nel cuore della notte con la voce di Odango in testa.

«Mi fai ridere!»

Nel petto aveva un masso duro di vergogna.

Si girò su un fianco.

Quella notte il suo incubo era stato normale, così reale che faceva ancora male riviverlo.

Usagi Tsukino che rideva di lui, Motoki che rideva di lui, tutti i suoi professori all'università - che non riusciva più ad accontentare - che si facevano beffe di quanto era stupido, perché non era più in grado di imparare niente. Gli amici della casa famiglia che lo abbandonavano perché lo giudicavano ridicolo.

... quell'ultima parte era vera.

Erano passati due anni dall'ultima volta che aveva incontrato Koga, Akimura, Misano -  o uno qualunque dei ragazzi con cui era cresciuto. Tutti facevano le loro vite.

Erano soli come lui?

... Avevano abbandonato la casa, come aveva fatto lui? Senza guardarsi indietro, senza tornare quasi mai a far visita?

Veniva abbandonato se era il primo ad abbandonare. Poteva biasimare solo se stesso.

Il prossimo weekend sarebbe andato a far visita alle donne che lo avevano cresciuto.

Conosceva la verità su stesso, ma forse aveva bisogno di qualcuno che gli dicesse...

«Bravo, Mamo-chan.»

  

 

9 - Crudele - FINE

    


   

NdA:

Questo episodio riprende le scene finali dell'episodio 10 dell'anime (quello in cui appare Sailor Mars) e la parte centrale dell'episodio 11. Come al solito tutti i dialoghi sono ripresi da quelli originali. Mi aveva colpito in particolare Mamoru che diceva 'Ma senti questa, come gira il coltello nella piaga'. Come se Usagi ci avesse proprio azzeccato definendolo 'triste' e di fatto ridicolo.

Non state troppo in pena per lui perché - sempre seguendo la linea della prima serie, episodio 13 - vedrete che poi sarà così risentito che si vendicherà a dovere.

 

Grazie per aver letto!

ellephedre

   
 
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