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Autore: Class Of 13    07/05/2014    7 recensioni
[Centric!Winry | Accenni EdWin]
Sentì la rabbia montare lentamente dentro di sé. Non aveva mai impugnato un'arma, le sue mani erano abituate al metallo delle protesi meccaniche, piuttosto che alla forma delle armi da fuoco, ma non importava.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Elric, Scar, Winry Rockbell | Coppie: Edward/Winry
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una Pistola.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       «Se avessi avuto una pistola! pensavo.
Se solo avessi avuto una pistola!

                                      Avrei messo fine una volta per tutte                                                                                                                                    alla sua lurida vita di miserabile, 
se solo avessi avuto una pistola». 
                                                                                                                                                                                                
[Stephen King, Incubi & Deliri]
   
Non aveva mai amato la violenza. Era sempre stata una ragazza che amava vivere in pace, circondata dall'affetto delle persone a cui voleva bene: viveva in un piccolo villaggio di campagna, Resembool, aveva la sua officina di automail, l'affetto di Pinako e di Edward e Alphonse, ma, in fondo, sentiva che qualcosa mancava. Aveva perso i suoi genitori quando era a malapena una bambina, sapeva che erano morti durante la guerra di Ishval facendo del bene alle persone, e quel pensiero le era stato sufficiente per andare avanti per tutti quegli anni in serenità, convinta che non si potesse incolpare nessuno per quello che era successo. Dopotutto perdere qualcuno di caro durante una guerra era un rischio che tutti correvano, era la prassi  e lei era una ragazza forte, o meglio, resa forte dalla sicurezza che gli altri infondevano in lei con la loro costante presenza. Ma poi Ed e Al se n'erano andati, e lei era rimasta sola con Pinako, Den e i suoi automail, se n'erano andati e le cose erano precipitate. Adesso lei si trovava lì, in ginocchio sulla strada ruvida e sporca di macerie, mentre la verità le veniva sbattuta in faccia crudelmente.
«Ho ucciso io i tuoi genitori, ragazzina».
Scar, uno degli abitanti di Ishval sopravvissuti al massacro, l'uomo che aveva quasi ucciso i suoi due migliori amici, aveva confessato senza alcuna remora né pentimento di aver tolto la vita alla sua famiglia. Non importava che fosse pazzo a causa del dolore quando aveva commesso quel gesto, non importava che tutta la sua gente fosse stata massacrata dai Cani dell'esercito, lui non aveva alcun diritto di toglierle i suoi genitori, le persone che le avevano dato la vita e l'avevano amata più di chiunque altro al mondo, non doveva, non poteva farlo. Quell'essere senza pietà meritava di morire, doveva pagare per quello che aveva commesso, e sarebbe stata lei ad ucciderlo, così che le anime dei suoi genitori potessero finalmente riposare in pace.
Fece vagare lo sguardo annebbiato dalle lacrime attorno a sé, distinguendo i tratti confusi di una pistola di fianco a lei. Sentì la rabbia montare lentamente dentro di sé.  Non aveva mai impugnato un'arma, le sue mani erano abituate al metallo delle protesi meccaniche, piuttosto che alla forma delle armi da fuoco, ma non importava. Singhiozzava, e si sentiva patetica per quello, ma adesso poteva ucciderlo, aveva il potere di fargli subire la stessa sorte in cui ingiustamente i suoi genitori erano incappati.
«Puoi uccidermi, se lo desideri. Ne hai tutto il diritto».
Non se ne era nemmeno resa conto, ma aveva puntato quella pistola contro di lui con mani tremanti, le dita incerte sul grilletto. Se avesse sparato da quella distanza quasi sicuramente lo avrebbe ucciso. Dopodiché non avrebbe mai più impugnato un'arma in vita sua e sarebbe andata avanti, sempre se poteva farlo qualcuno la cui anima era stata lacerata dall'aver tolto la vita ad un altro essere umano.
«Sbrigati, ragazzina. Che aspetti?!».
Lo sentiva urlare, lo vedeva urlare attraverso la nebbia confusa delle sue lacrime che, nonostante tutto, non volevano smettere di cadere. Posò il dito sul grilletto con maggiore convinzione, cercando di non tremare più. La figura di Edward si frappose tra di loro. Diceva qualcosa, ma, sebbene le sue orecchie percepissero i suoni, il suo cervello sembrava essere andato in sovraccarico, incapace di elaborare le troppe informazioni. Non se ne era nemmeno resa conto, ma aveva abbassato la pistola, tenendola mollemente tra le mani ancora tremanti. Vedeva le sagome sfocate di Alphonse e di quell’uomo muoversi e cozzare l’una contro l’altra, rapide, ma Edward non si muoveva, Edward rimaneva immobile, le spalle rivolte verso di lei. Chissà come faceva a sopportare tutto quello. Dove trovava una forza del genere? Lui e Al l’avevano sempre protetta, e solo in un momento del genere si era resa conto che Edward fosse più uomo di quanto lei avrebbe mai immaginato. Sentiva rumori di esplosioni e il tono di rimprovero di Alphonse, ma quando finalmente la sua testa sembrava cominciare a lavorare si rese conto che l’uomo che aveva ucciso i suoi genitori era scappato senza che lei potesse sparargli. Le mani di Edward erano intorno alle sue, adesso.
«Winry… Lascia andare la pistola».
«… non sono riuscita a sparargli».
«Non sparare, ti supplico».
«Ha ucciso mamma e papà… Ha cercato di uccidere te e Al… Perché?».
Non poteva fare a meno di piangere, sentiva che sarebbe esplosa, se non l’avesse fatto. Singhiozzava senza ritegno, le mani sugli occhi nel vano tentativo di fermare le lacrime. Tutto quello non aveva senso… Le mani di Edward sono gentili attorno alla sua.
«Hai aiutato una donna a dare alla luce una nuova vita».
Lo sentiva togliere con delicatezza le sue dita dal calcio della pistola. Non si era resa conto di tenerla così stretta.
«Mi hai dato un braccio e una gamba così che potessi stare in piedi ancora una volta». Le sue dita non erano più attorno a quell’arma. Si sentiva più leggera. «Le tue mani non sono fatte per uccidere le persone, ma per aiutarle a vivere».
La pistola cadde a terra con un tonfo sordo.
 

~Welcome To The Jungle
Questa cosa mi è uscita di getto grazie ad un prompt affidatomi su Ask, ovvero la frase di Stephen King che vede citata lassù. Questa è la prima storia che pubblico nel fandom di FMA e spero non sia una schifezza completa. Se avete critiche o avete notato eventuali errori sarei estremamente grata se mi faceste notare entrambe le cose con una recensione. :)
   
 
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