Libri > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: onlyinmymind    08/05/2014    0 recensioni
[Io sono leggenda]
Non potendo ignorare tutto il dolore (-cit.) che mi aveva lasciato il libro di "Io sono leggenda", ho tentato di trovare un compromesso tra il finale del suddetto e un dignitoso 'happy ending'.
Ho buttato giù, nero su bianco, tutto ciò che pensavo della relazione con Ruth e dei pensieri di Robert, in una 'what if' sicuramente più felice dell'originale. Ho anche tentato di ricalcare lo stile di Matheson, anche se l'ho citato parzialmente solo nelle ultime due righe.
Spero che questa one-shot vi possa piacere, ci ho messo dentro l'anima e l'amore per questo mondo post-apocalittico definito da due sole costanti: la battaglia contro l'anomalo e il diverso e la battaglia contro se stessi.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Neville accarezzava l’arma, tremulo, aspettando i suoi aguzzini.
I passi riecheggiavano nel corridoio e più si avvicinavano, più aumentava il suo tremore.
Lentamente il calcio gli scivolò tra le dita sudate, il pollice sfiorò la sicura e passò sulla canna. La pistola cadde con un tonfo sordo sulla moquette e Robert si premette i palmi contro le tempie con forza, gli esecutori entrarono richiamati dalla sua risata isterica e immediatamente lo bloccarono, comunicando attraverso versi incomprensibili alle sue orecchie.
L’unica cosa che occupava la sua testa era un inspiegabile ed assordante ronzio, che lo tormentava e gli impediva di ragionare. Quel maledetto ronzio. Le urla di Cortman sarebbero state musica a confronto, lo avrebbero deliziato, lo avrebbe persino pregato di chiamarlo più forte pur di non sentire quel suono incomprensibile.
Improvvisamente si ricordò in che mani era finito e tentò di liberarsi, ma loro mantennero salda la presa. Gridò, si agitò e poi tornò a testa bassa, bofonchiando mezzi insulti e commenti sarcastici sui loro mantelli scuri. Poi alzò la testa e fissò uno di loro: pelle pallida, sguardo fisso davanti a sé e movimenti rigidi, controllati.
 
Che pena, pensò. Vivere tutti questi anni in solitudine, al riparo da quelle orrende creature e infine trovarsi addosso le loro mani ossute che lo conducevano a un’auto, senza neanche provare a dargli un morsetto o un assaggio. Se gliel’avessero raccontato non ci avrebbe creduto. In realtà qualcuno gliel’aveva detto in precedenza, qualcuno l’aveva avvisato. O almeno aveva tentato. Non che non si fosse fidato, aveva ascoltato i suoi consigli, li aveva seriamente messi in atto, ma si era pentito subito dopo ed era sempre tornato sui suoi passi.
Gli uomini (se così si poteva chiamarli) aprirono gli sportelli e lo spinsero dentro, poi, dopo un eloquente scambio di sguardi, lo incappucciarono e lo colpirono alla testa con una mazza.
 
Buio.
Era stato un sogno? O stava ancora sognando? Dov’era l’interruttore?
Si alzò con cautela dal materasso su cui era poggiato e subito una fitta di dolore gli trafisse il cranio. Si tastò la nuca, riconoscendo i segni di quelli che dovevano esser dei punti, messi alla bell’e meglio.
Restò seduto per un tempo indefinito, cercando di rimettere insieme i pezzi della sua storia.
Era sopravvissuto al contagio. Sua moglie e figlia erano morte. Per quanto ne sapeva, era l’ultimo umano rimasto sulla terra. I vampiri l’avevano catturato e volevano eliminarlo.
Alla fine, l’unica cosa che contava era che tutto finisse. Era quasi ironico, il modo in cui si accorse di non aver paura, ma anzi quasi piacere ad incontrare finalmente la morte. Non avrebbe più sofferto, si sarebbe ricongiunto ai suoi cari. Chissà, magari avrebbe incontrato anche il cagnolino zoppicante che aveva tentato di salvare. Però qualcosa lo assillava: un pensiero che aveva cercato di ignorare per tutto il tempo, stava lentamente tornando a galla…
 
Click!
 
Neville scattò in piedi appena la luce lo avvolse e si appiattì contro il muro, la vista ancora accecata dal bagliore della lampadina appesa proprio sopra il suo capo.
«Calmo. Non sono qui per farti del male. Sono solo venuta a controllare che stessi bene.»
Il suo sguardo mise a fuoco un volto familiare. Capelli rossi, corporatura esile.
«Ruth.»
«Proprio io.» Il suo sguardo lo studiò attentamente, ma con fermezza. La sua voce fredda e tagliente come una lama.
Gli si avvicinò, tendendo una mano verso il suo volto, che si irrigidì improvvisamente al tocco.
Ruth la allontanò di scatto e riprese a parlare:
«Perché non mi hai ascoltata? Non mi hai creduto?»
Neville continuò a fissarla. Portava una tenuta militare, probabilmente rivestiva un grado alto in questa nuova società. Il suo comportamento era cambiato, era più dura. Rimaneva immobile davanti a lui, avvolta da un’aria austera e rigorosa. Chi era? Che cosa ne avevano fatto di quella gracile creatura che qualche mese prima tremava tra le sue braccia?
«No, no. Ho creduto alla lettera. Ho anche provato a scappare, una volta ho preparato le valigie e sono uscito sulla mia Giardinetta, ma poi… sono tornato indietro. Dove potevo scappare? Era quella la mia casa, era lì che vivevo.»
La donna sospirò e abbassò lo sguardo, improvvisamente mesta. Qualcosa si era spezzato in lei.
«Robert…» Sentirlo chiamare per nome lo fece fremere.
 
Il silenzio si fece strada fra di loro, riempiendo la stanza. La sentiva distante come non mai. Ma non la voleva distante.
 
Fece un passo verso di lei e le afferrò una mano, mentre con l’altra le tirò su il mento, incontrando i suoi occhi umidi. La baciò. Inizialmente fu un bacio leggero, poi lei si spinse di più verso il suo volto e la sua mano corse ad accarezzargli la guancia ispida. In quel momento si dissero tutto ciò che non avevano avuto il coraggio di dirsi prima. Sembrava che le loro labbra comunicassero molto di più da unite che dispiegate. Le loro dita s’intrecciarono e lentamente strinsero i loro corpi, sempre più attaccati, l’uno all’altro.
Quando le loro labbra si staccarono, lui appoggiò la fronte alla sua, respirando piano, il cuore in tumulto.
Aprendo gli occhi, vide le guance rigate di Ruth e ci passò sopra il pollice, con tenerezza. Anche lui aveva pianto, ma le lacrime erano state assorbite dalla sua barba e dalla mano di lei, che ora era intrecciata ai capelli sulla sua nuca e gli sfiorava il collo.
«Ci sono andati pesante con te.» constatò, percorrendo la cicatrice coi polpastrelli.
«Non è niente. Pensavo mi avrebbero ammazzato subito, ma evidentemente preferiscono che sia un evento pubblico.» Disse con un sorriso amaro. «Quando mi porteranno via…» Ruth alzò lo sguardo su di lui. «Sì, insomma, non ho paura. Ho provato a reprimere ogni pensiero che mi ancorasse a questa vita terrena, ma… non ci sono riuscito. Continuo a non temere la morte, ma ora che sei qui con me non riesco a non pensare.»
«A cosa?» Robert prese ad accarezzarle i capelli, cercando di imprimere l’immagine del suo volto nella memoria.
«A noi. Siamo stati uniti dalla solitudine e forse tutto ciò è sbagliato. Questo… »
«Questo amore?»
«Sì, però io non voglio perderlo. Per quanto possa essere sbagliato, quando sono con te, tutto sembra giusto. Ma ormai manca poco alla fine e, te lo devo chiedere, farà male?» la sua voce rassegnata, tradiva una punta di tristezza. Quel sentimento che aveva sotterrato per anni, era ritornato a farlo soffrire. Si poteva amare ancora dunque? In un mondo d’odio e carneficine era ancora possibile un’emozione del genere? Robert non lo sapeva,  ma se c’era una risposta, se quello che avevano passato significava qualcosa, allora forse non sarebbe stato più così spavaldo durante la sua esecuzione. Per tutti quegli anni si era chiesto quando sarebbe arrivata la sua fine, senza mai riuscire a porla lui stesso. Non era mai stato abbastanza coraggioso. O forse non era mai stato abbastanza codardo. E ora ritornava a sognare che ci fosse una speranza per lui, per loro.
 
«Sai, tu sei l’ultimo della vecchia razza. L’ultimo umano puro, a quanto ne sappiamo. La nostra società non può ammettere questa condizione però. Ti vogliono uccidere e, in realtà, penso che sarà una cosa veloce, qualcosa di classico e ad effetto. Orribile. C’è anche un altro fatto però, qualcosa che non hanno calcolato. Io non voglio che questo accada e non lo permetterò.»
«Ruth... Per quanto solo ora capisca quanto voglia questo, quanto voglia te, noi due. Quanto voglia questa nuova vita. Non posso accettarlo. Tu hai una chance, contribuirai a creare questa nuova società, potrai renderla giusta e vivibile, un giorno. Lo so che ce la puoi fare, ma io non ho possibilità. Noi ci siamo trovati, ma tu incontrerai qualcun altro e forse formerete una famiglia. Sappiamo che è impossibile provare a portare avanti la nostra storia.» Le diede un altro bacio a fior di labbra, ma lei gli premette una mano contro il petto e lo allontanò.
«Dimmi, Robert, quante volte capita nella vita?» La voce incrinata, la bocca nuovamente incorniciata di lacrime.
«Cosa?» Rispose con tono altrettanto disperato.
«L’amore. Quante volte ti innamori nella vita? Amavo le mie figlie ed ero innamorata di mio marito, pensavo di non riuscire a superare le loro perdite, ma ce l’ho fatta. Incredibilmente, ho incontrato una persona che mi ricordasse cosa vuol dire abbracciare qualcuno e sentire le palpitazioni, che mi facesse mancar l’aria con la sua lontananza, che me la facesse mancare ancora di più con la sua presenza e mi ossigenasse con un bacio. Che mi facesse sperare in un futuro. Noi eravamo involucri di corpi, morti dentro, Neville! Tu sai cosa vuol dire! E ora, ora che ho reimparato a vivere, o almeno che sto iniziando a reimparare, non solo ad accettare la mia esistenza, ma anche a gioirne, nonostante tutto; ora tu, pretendi che ti portino via da me? Moriremmo entrambi, lo sai. Ed è per questo che ti salverò. Io ho bisogno di te.»
 
Robert la guardò, con compassione e amore e tentò un sorriso. Allungò la mano e prese ad accarezzarle il braccio, poi la attirò di nuovo a sé. Affondò il naso nei suoi capelli e sentì le sue mani stringersi alla sua maglia. La strinse ancora più forte, nel tentativo di arginare i suoi singhiozzi e, quando si calmò, inspirò profondamente e le chiese:
«E’ davvero questo quello che vuoi?» Lei tremava ancora, ma la sua voce era risoluta e decisa:
«Sì.»
Senza più dire una parola, lentamente si ripresero dall’abbraccio e poi si affrettarono a uscire dalla cella, cauti e silenziosi, sapendo che le guardie si sarebbero presto accorte della fuga.
Ruth si voltò e lo prese per mano, poi sussurrò:
«Andrà bene, Robert. Andrà tutto bene, sono certa che ce la faremo e se mai ti capiterà qualcosa io farò di tutto per salvarti e farti rimanere in vita, dovessi morire io stessa. Te lo giuro.» Lui intrecciò le dita con le sue e annuì.
«Ti amo Ruth» Disse tutto d’un fiato. Lei sorrise, un sorriso vero, di quelli che lui non vedeva anni, di quelli di cui non ti puoi scordare:
«Ti amo anch’io. Ora andiamo.»
 
Robert decise di crederle, di credere in un finale felice e in un affetto sincero e intanto nella sua testa nasceva un’idea. Una nuova credenza prende forma dall’amore, una nuova superstizione penetra la fortezza inattaccabile dell’infinito.
 
Loro sono leggenda.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: onlyinmymind