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Autore: WillowG    25/07/2008    0 recensioni
Spin-off della mia fic "Destiny. Qualcun'altro era sulla collina dei caduti,quel giorno...
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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destiny the obscure part Dopo aver scritto Destiny, ho deciso di scrivere questa. È un po’ uno spin-off, se così vogliamo chiamarlo. Non amo particolarmente Sasuke (anzi! Lo trovo uno dei personaggi più antipatici di Naruto) ma ero un po’ depressa, e avevo bisogno di scrivere qualcosa di tormentato, denso di rimorso. Non so che ne è venuto fuori, quindi ditemi che ne pensate.

Destiny
-The obscure part-

Il destino non può essere cambiato.
Ti si impone, e tu non puoi fare a meno di seguirlo.
Qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa tu dica, è così.
Non basta fare delle scelte.
Non basta desiderare che cambi.
Era così che lui la pensava.
Poco importa ciò che dice uno o l’altro.
Lui non aveva un credo. Solo una missione.
Una missione che era diventata tutto.
La sua compagna,
La sua amante,
La sua migliore amica.
Tutta la sua vita.
La sua intera esistenza era dedita solo ad essa. Aveva un buon sapore. Amaro, a volte quasi dolce. La vendetta può essere così. Ha il gusto un po’ metallico del sangue.
Come il colore degli occhi della sua preda. Hitachi.
Sasuke Uchiha si guardò attorno, circospetto. Lo sharingan attivato. Le fronde dell’albero lo nascondevano da sguardi ostili. Le labbra s’incurvarono leggermente verso il basso. Un tempo avrebbe sì, evitato quelle strade, ma solo per non dover incrociare la gente che lo guardava con ammirazione, quasi fosse stato un dio. O per scappare a quelle ragazzine petulanti e fastidiose che gli facevano il filo. Come se avessero mai potuto avere diritto su di lui.
Cose che non sarebbero mai più successe.
Quel villaggio non gli avrebbe mai più regalato occhiate ammirate, o ragazzine sbavanti.
Mai più.
Sapeva bene che gli anziani gli avrebbero dato ancora tutte le possibilità che voleva.
Ma non la quinta Hokage. O gli altri ninja della sua età.
Loro non erano abbagliati dal suo nome.
Probabilmente, neppure col potere dello sharingan ipnotico sarebbe mai riuscito a farsi riaccettare da loro. Forse da Sakura o Ino sì. Ma mai da Neji, Shikamaru, Rock Lee o gli altri. O da Naruto.
Perché lui li aveva traditi.
Molto più profondamente del villaggio.
Socchiuse gli occhi. Forse lo avevano considerato davvero un loro compagno.
E lui li aveva traditi. Mandati a quel paese, subito dopo che si erano fatti in mille per salvarlo.
Strinse i pugni. Un moto di rabbia gli attraversò il corpo, provocandogli un dolore quasi fisico. Per un momento, gli era parso di avere del rimpianto.
Rimpianto.
Non ricordava quasi più cosa significasse, quella parola. Era troppo tempo che l’aveva cancellata.
I suoi occhi captarono un movimento. Si appiattì contro il tronco, restando invisibile.
Chi diavolo poteva esserci in giro, in quel giorno di lutto? Tutta Konoha era deserta. I negozi chiusi, le persone rintanate in casa a pregare. Eppure qualcuno era ancora in giro.
Una chioma bionda spiccò tra il marrone della strada.
Sasuke serrò la mascella. Conosceva bene quella zazzera incolta. Così come ne conosceva il proprietario. La sua tuta arancione sembrava illuminare la via.
Camminava lentamente, soprapensiero. Il volto, di solito sempre allegro, era stranamente serio.
L’Uchiha avrebbe voluto scendere dall’albero e piazzarglisi davanti. Solo per vederne la reazione.
Solo per sputargli in faccia quella realtà che si ostinava a non riconoscere.
Il destino.
Il destino improrogabile, che li avrebbe sempre tenuti separati.
Che avrebbe sempre messo tra loro un divario incolmabile.
Era certo di questo.
Anche se Naruto si fosse allenato una vita, non avrebbe mai potuto superarlo.
Gli sarebbe bastato scendere dall’albero, per farlo fuori.
Una certezza che gli si era insidiata dentro da tempo. Da quando aveva iniziato a comprendere le parole. Tutti gli avevano sempre detto che sarebbe diventato imbattibile. Era impensabile, per Sasuke Uchiha, che qualcuno potesse essere più potente di lui.
Una goccia di sudore gli colò dalla fronte. Faceva così caldo? La brezza gelida che lo investì gli fece capire di no. Ed allora, perché sudava?
Forse per quello che aveva appena pensato. Davvero si sarebbe sbarazzato di Naruto così facilmente? La risposta era semplice.
No.
Neppure in un milione di anni.
E non solo per un fatto di capacità. Se Naruto fosse morto, avrebbe perso l’unica altra missione che aveva nella sua vita, oltre ad uccidere suo fratello.
Superarlo. Sempre e comunque.
Per dimostrare a sé stesso che era vero, che il suo nome, il suo sangue, erano superiori.
O forse il motivo era un altro. Era quell’aura sinistra che a tratti aleggiava attorno al suo ex compagno. Quella pericolosa, che lo rendeva potente.
In quel momento la sentiva. Era latente, quasi come nascosta. Ma percepibile.
Naruto si fermò.
Sasuke temette di essere stato notato. Ma poi il vento gli fece capire cos’aveva fermato il biondo. Un profumo d’incenso appena bruciato, proveniente dalla collina dei caduti.
Vide il ninja esitare. Poi prendere con calma la via della stele.
I muscoli del traditore si rilassarono impercettibilmente. Se non fosse stato per il sudore sulla fronte, sarebbe apparso freddo come suo solito. Guardò sparire Naruto per il sentiero. Poco dopo, giunsero alle sue orecchie degli uggiolii festosi. Probabilmente Akamaru. Dunque alla stele dei caduti era presente anche Kiba. Forse Hinata e Shino erano con lui.
Un chiacchiericcio tutto femminile lo rimise in allerta.
Appena sotto di lui, Sakura ed Ino, con un paio di mazzi di fiori, accompagnate da Choji ed un imbronciato Shikamaru, stavano andando nella stessa direzione di Naruto.
Alla vista dei capelli rosa di Sakura, il ninja strinse di nuovo i pugni. Quando era partito, l’aveva vista in lacrime, come se non potesse mai più essere felice. Eppure adesso era lì, allegra e spensierata, a ridere e scherzare con Ino.
Sorrise amaramente.
Ora che non c’era più lui da contendersi, erano tornate amiche.
Li guardò passare, senza battere ciglio.
“A quanto pare, sei riuscita a dimenticarti di me, Sakura …”
La ragazza dagli occhi verdi si volse un momento, quasi in ascolto. Sasuke non poté non notare quanto le fossero cresciuti i capelli.
-Sakura, andiamo?- Ino la richiamò, mentre Shikamaru sperava inutilmente di fuggire.
-Eh? Ah, sì, eccomi, eccomi, arrivo!- Sakura corse incontro ai suoi amici, ignara della presenza scura sull’albero.
Sasuke la guardò allontanarsi, esattamente come aveva visto fare Naruto.
Per vari minuti, il ninja rimase fermo al suo posto. Il battito del cuore impazzito come unico rumore.
Era arrabbiato, Sasuke. Perché solo vedere da lontano quelle persone, quei frammenti del suo passato, gli avevano provocato più emozioni che quattro anni di caccia. Quando lui pensava di non poter più provare nulla.
Vide appena in tempo il gruppo di Gai arrivare. Gli bastò una breve valutazione, per decidere che era meglio muoversi. Il byakugan di Neji non avrebbe perdonato.
Scese dall’albero con agilità felina, e si rifugiò nel boschetto che costeggiava la collinetta dei caduti. Rock Lee si stava dando ad uno dei suoi assurdi allenamenti, saltellando su una gamba sola e le mani dietro la schiena. Prima che arrivassero alla stele funeraria, ce ne sarebbe voluta.
Arrivò in cima saltando da un albero all’altro. Neppure lui seppe spiegarne il perché.
Avrebbe potuto andarsene via come un’ombra.
Uscire dai confini del villaggio in poco tempo.
Invece era andato in cima a quella collina, a pochi metri dalla stele dei caduti.
I suoi ex compagni erano tutti lì. A scambiare qualche battuta.
Aveva avuto ragione. C’era Kiba. E con lui anche Hinata e Shino.
Vide Akamaru trotterellare da un ninja all’altro, ed annusare un esausto Rock Lee, in qualche modo riuscito nel suo intento.
Era arrivato anche il gruppo di Gai.
Avrebbe dovuto andarsene.
Ma, per una volta, decise di non ascoltare la prudenza. Sapeva bene che Neji, o Hinata, oppure qualche insetto di Shino avrebbero potuto individuarlo.
Eppure non se ne andò.
Rimase lì, abbarbicato su di un albero, senza riuscire a dare un nome alle proprie emozioni. Forse era troppo tempo che non ne provava.
Assistette allo scambio di battute. Sorrise. Naruto era rimasto la solita testa quadra.
Sentì un brivido lungo la schiena. Lui … lui aveva appena pensato …
Al diavolo! Non era come allora! Naruto non era più l’amico/avversario che chiamava testa quadra per farlo arrabbiare!
Non poteva più esserlo …
La ragazze posarono i fiori davanti alla stele, mentre Rock Lee, ormai ripresosi, e Shino bruciavano dell’altro incenso.
Sentì il fumo invadergli le narici, forte, diretto. Eppure solenne.
I ninja si misero a pregare per alcuni minuti. Le mani giunte, il capo abbassato.
Sasuke aveva già giunto le mani, quando si rese conto di quanto stava facendo. Dovette combattere contro il suo istinto, per non mettersi a pregare anche lui.
Lasciò scorrere lo sguardo sulle rocce degli Hokage, senza sapere che anche i suoi ex compagni stavano facendo la stessa cosa. Senza sapere che anche loro ricordavano quel giorno di quattro anni prima, quando era morto il terzo Hokage.
Ricordava ancora il giorno del funerale.
Gli abiti neri, uguali per  tutti.
La pioggia scrosciante.
Forse era stato l’unico momento in cui si era sentito parte della comunità.
Decine di persone.
Ma tutte accomunate da un unico dolore.
Il grido disperato di Naruto lo distolse dai ricordi, ricordandogli che era in territorio nemico, ormai. Stette ad ascoltare il dialogo. Un sorriso divertito gli spuntò sulle labbra, mentre comprendeva che Naruto era senza una briciola di pane per un pic-nic.
Una morsa allo stomaco.
La sua mente diceva che era una vera stupidaggine. Un pic-nic. In una giornata di lutto. Era una vera cavolata. Eppure il suo cuore si strinse di malinconia. Cercò di combattere l’emozione molesta ricordandosi chi e che cosa era, che un vendicatore non poteva permettersi malinconie idiote, e che quella non era più casa sua.
Ma vedere che tutti si davano da fare per dare qualcosa a Naruto, fece precipitare ogni replica in fondo alla mente.
Quella era l’amicizia.
Amicizia.
La prima cosa a cui aveva tirato un calcio, scegliendo la sua strada.
Si accorse di provarne un’enorme nostalgia.
Lasciò che il suo corpo fosse invaso da quella sorta di dolore, mentre quelli che avrebbero potuto essere i suoi amici, i suoi compagni, se ne andavano.
Si accorse che una lacrima, una sola, gli stava scendendo sulla guancia.
Non si diede neppure la pena di asciugarla.
Rimase lì, seduto su quel ramo, gli occhi puntati sulle rocce degli Hokage, ancora lì, a proteggere il villaggio.
Solo quando fu del tutto sicuro che Naruto e gli altri se ne fossero andati, si alzò in piedi.
Guardò a lungo il villaggio.
Quello che una volta considerava la sua patria.
Chiuse gli occhi.
Ed un’altra lacrima cadde.
Avrebbe voluto avere perdono. Ecco il motivo per cui era tornato, in quel giorno.
Per chiedere scusa. Agli spiriti dei suoi genitori, ai suoi vecchi compagni, a Naruto, a Sakura, a tutto il villaggio.
Ma non ne avrebbe ricevuto. Né lo avrebbe chiesto.
Perché il suo destino era quello.
Oscuro, maligno. Irto di sofferenze, e privo di ogni felicità.
Il destino che si era scelto.
Rise. Una risata fredda, amara.
No. Il destino non si può scegliere.
Si impone.
Ma lui se lo era imposto da solo.

-Fine-

Dedicata a chi piace il personaggio di Sasuke e ha commentato Destiny.
  
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