Una bella
fiamma vivace s’innalzava da una grossa pira, formata da
oggetti di varie
dimensioni che venivano consumati lentamente dal fuoco. La luce
scarlatta della
lingua di fuoco si diffondeva in tutta la zona circostante, illuminando
un po’
il mare, un po’ la spiaggia, il bosco e delle piccole
abitazioni in legno.
Kairi guardava pigramente i vivaci movimenti del fuoco seduta sulla
sabbia; la
brezza fresca del mare accompagnava i suoni che si inseguivano in
quella notte
piena di stelle. La voce squillante di Olette rincorreva quella di
Roxas in una
discussione che durava da quando il sole era sceso sotto
l’orizzonte; accanto a
loro, Namine leggeva con attenzione un grande mucchio di fogli che
teneva
appoggiati sulle ginocchia. Kairi si alzò, proprio quando
Riku si stava
avvicinando: “Ciao, Riku! Come mai in ritardo
oggi?” chiese la ragazza. Dopo
aver sentito la voce di Kairi, tutti alzarono la testa e salutarono il
nuovo
arrivato, chi con un cenno della mano, chi con un vivace
“ciao”: “Ritardo?
Guarda che ti sbagli! Come fai a stabilire che sono in ritardo se non
hai
neppure un orologio?!” chiese il ragazzo incuriosito. Kairi
si guardò il polso,
quasi sorpresa di non aver né un braccialetto né
un orologio legato. Poi rise:
“Ma sì, lo dicevo solo per iniziare un discorso!
Lo sai che noi non abbiamo
bisogno di orologi!” Riku girò la testa da un lato
e la guardò, ma, prima che
potesse rispondere, Namine richiamò l’attenzione
generale: “Dov’è Sora?”
chiese, guardandosi intorno. Olette smise di ascoltare Roxas che
continuava nel
suo monologo e si girò verso la ragazza: “Il sole
è tramontato da poco;
dovrebbe essere qui a momenti! Qualcuno sa dove doveva
trovarsi?” i ragazzi
alzarono le spalle e Namine ricominciò a leggere. Roxas
richiamò l’attenzione
di Olette strattonandola violentemente per la canottiera:
“Noi abbiamo un
discorso da finire! Ascoltami!” Olette si
inginocchiò davanti al ragazzo: “Oh,
per la miseria! Stiamo continuando a discutere da un sacco di tempo!
Direi che
è ora di finirla!” sentenziò la
ragazza: “anzi, per concludere il nostro
dibattito, ti propongo un esperimento di cui ha parlato
Kairi distolse
gli occhi dal fuoco, che era tornato rosso scarlatto, e si
avvicinò a Namine,
intenta a leggere: “Ripassi?” le chiese. La ragazza
alzò lo sguardo e buttò a
terra con un gesto secco tutti i fogli che aveva sulle ginocchia:
“Non ho più
voglia… non mi piace la mia parte, Kika!” si
lamentò con Kairi: “A dire il
vero, non l’ho neanche capita del tutto! Insomma…
mi avevano detto che ero uno
dei personaggi più importanti…” Kairi
le mise una mano sulle spalle, mentre
Olette si stava avvicinando al duetto, attratta dalla discussione:
“Anche io
appaio pochissimo, per questo passo la maggior parte del tempo
qui… non oso
immaginare se tutto questo non fosse esistesse, cosa farei! Tu che ne
pensi, Olly?”
Olette assunse un’espressione offesa e strinse i pugni:
“Penso che in primo
luogo dovevo avere un nome più accattivante…
qualcosa, insomma, che non venisse
abbreviato in Olly! Mi sembra di essere quello della televisione,
quello del
calcio!” Kairi e Namine risero: “è
fastidioso!” continuò Olette: “lo seguo
da
tanto tempo eppure non ho ancora capito una cosa… ma quanto
è lungo quel campo
da calcio?!” a questa domanda, Namine si sdraiò a
terra ridendo, mentre Kairi si
asciugava le lacrime: “Non penso sia un problema
esistenziale” disse. Olette la
guardò con aria di sufficienza e si mise le mani sui
fianchi: “Lo è, se cerchi
di seguire le azioni dei giocatori… insomma, tirano certe
fucilate che volano
rasoterra per dieci puntate!” a quel punto anche Kairi si
accasciò a terra,
ridendo come mai ha fatto prima. Roxas sbirciò la scena
dalla spalla di Olette:
“Bè, che succede?” chiese:
“Dimmelo, così ho finalmente un buon motivo per
rotolarmi anche io per terra!” Olette lo guardò,
come uno psichiatra guarda il suo
paziente che si trova ormai in una situazione disperata, poi
girò i tacchi e se
ne andò, seguita da Roxas che chiedeva con insistenza
spiegazioni.
Ci vollero un
paio di minuti prima che le ragazze stese a terra ritrovarono la
serietà;
Namine fu la prima ad alzarsi e fece scivolare via la sabbia dal suo
vestito
con veloci colpi della mano. Guardò il tessuto bianco per un
po’, poi sospirò
sconsolata: “Che c’è?” le
chiese Kairi che si alzò appoggiandosi sui gomiti,
mentre la sabbia le scivolava giù dai vestiti; Namine si
girò per guardarla con
un’espressione che esprimeva tristezza mista a delusione:
“Guardami! Sembro un
essere immacolato agghindata così! I capelli biondissimi,
questo vestitino
bianco… sembro passata nell’Omino Bianco, ancora
un po’!” si lamentò. Kairi,
che ignorava il significato delle parole “omino
bianco”, capì comunque il
problema della ragazza: “è il tuo personaggio,
Nami…” Namine socchiuse gli
occhi, guardandola con uno sguardo che sembrava a tratti crudele:
“Lo so, è il
mio personaggio… ma non sono stata io a deciderlo! Non sono
stata io a decidere
il mio ruolo, le mie battute, le mie azioni… la mia
vita!” si fermò, aspettando
una risposta di Kairi che non arrivò:
“Io… io vorrei avere un po’
più di
personalità. Per esempio, dei bei capelli lunghi neri, un
paio di bei vestitini
nell’armadio…” “Tu non ce
l’hai neanche un armadio…” sia Kairi che
Namine
lanciarono uno sguardo fulminante a Roxas, che gli fecero capire che la
sua
affermazione era del tutto fuori luogo: “Infatti,
sarà la prima cosa che ti
farò quando troverò un martello e del
legno…” disse imbarazzato: “e dei
chiodi”
poi, con passi veloci e le mani dietro alla schiena
indietreggiò senza dare le
spalle alle ragazze e sparì nell’ombra, come un
bambino in castigo.
Kairi si
alzò
e si tolse la sabbia che le era rimasta addosso, poi guardò
Namine, sorridendo:
“ne sono sicura, il tuo ruolo verrà di certo
rivalutato nel futuro… di certo!
Sei davvero un personaggio importante in questo racconto!” e
prima di riuscire
a dare delle ulteriori spiegazioni, i raggi del sole cominciarono a
illuminare
il mare, dallo stesso punto nel quale poco tempo prima avevano lasciato
il
posto alle tenebre e alle stelle. Olette, Kairi, Namine, Roxas e Riku
si
girarono come una sola persona verso la luce dorata: “Penso
sia arrivato il
momento di salutarci… spero di rivedervi presto!”
disse Olette, salutando con
un allegro cenno della mano, svanendo come se non fosse mai stata in
quel
luogo. Poco dopo anche tutti gli altri sparirono come la notte quando
sopraggiunge
il giorno e, su quella spiaggia, non restò che il suono
della fiamma che
scoppiettava vivace in un paesaggio desolato.
Dopo aver
giocato con
i miei videogiochi e, dopo aver notato a più riprese che il
mio personaggio non
obbediva ai miei comandi, mi sono domandata se avesse una
volontà tutta sua;
dopo averlo utilizzato spesso é come se diventasse parte di
noi, che soffriamo
quando viene ucciso ed esultiamo quando vince.
E se i
personaggi
avessero una volontà e una vita loro create in funzione del
gioco in cui si
trovano?
L’unico
modo in cui
possano muoversi liberamente è il momento in cui il gioco
viene salvato e
spento, quando riacquista piena libertà individuale, in una regione dove il sole
sorge e tramonta
sempre dalla stessa parte.
Insomma,
quando
salviamo il gioco è come un set cinematografico che si
prende la pausa caffè :
D