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Autore: Alvin Miller    10/05/2014    1 recensioni
A pochi mesi dall'incoronazione a Principessa di Twilight Sparkle, una legione di mostruose creature giganti emerse dal nulla minacciando di ridurre l'intero regno di Equestria a una nuvola di polvere.
Il primo attacco colpì Manehattan. Il secondo puntò a Baltimare. Il terzo insidiò Las Pegasus.
Quando anche Canterlot fu presa di mira, capirono che gli Elementi dell'Armonia non erano più sufficienti.
Per combattere i mostri chiesero aiuto a Bibski Doss, un ribelle inventore sopravvissuto al primo attacco, che creò dei mostri a sua volta.
La battaglia per il destino del regno è cominciata!
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Princess Celestia, Twilight Sparkle, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5: La Fine della Reborn


Brightgate chiuse gli occhi con forza e digrignò i denti, cercando di isolare i suoi sensi dall’ambiente circostante.

Poteva percepire distintamente la presenza di suo fratello nella sua testa, come se il pony fosse di fronte a lui in carne e ossa.

Concentrarsi insieme, per potenziare il legame telepatico, per loro era come fluttuare immersi in una nebbia densa e palpabile, attraverso la quale più le loro menti si avvicinavano, più era intenso il contatto che erano in grado di raggiungere.

Dissipata la foschia che aleggiava tra di loro, Bright aprì gli occhi, e si trovò solo momentaneamente abbagliato dalla luminescenza della sala del trono dell’Impero di Cristallo.

- Ci sono, riesco a sentirvi. Disse Blu, confermando che da quel momento poteva ascoltare attraverso le sue orecchie gli stessi suoni che sentiva il fratello.

Il canale di comunicazione che tenevano aperto costringeva entrambi a un sacrificio di energie ancora più elevato di quanto già non ne esigesse la comunicazione telepatica, ma senza più minacce immediate nei dintorni, era uno sperpero che potevano comunque permettersi. In questo modo, anche Deepblue sarebbe stato partecipe delle grandi rivelazioni che Bibski Doss avrebbe divulgato da un momento all’altro ai presenti nella sala.

Il piccolo stallone dal manto dorato e dal cutie mark lampadina si trovava qualche metro più in là, assistito dalla Principessa Cadance, che con il suo corno avvolto da un alone incantato celeste, stava applicando su di lui un incantesimo curativo che aveva quasi completamente cancellato i lividi e le escoriazioni dal suo manto. Una variante molto più avanzata della sua, constatò l’unicorno alto.

Gli altri pony attendevano la fine di quell’operazione vicino al maestoso trono, chiusi in un silenzio che emanava imbarazzo ma anche ogni genere d’incertezze. Solo Celestia dava dimostrazione di avere una certa padronanza della situazione.

In quel momento gli occhi dell’unicorno grigio-cenere e della Principessa del Sole s’incontrarono, e una scoccata reciproca, invisibile a chiunque meno che a loro, fu trasmessa da pupilla a pupilla.

Celestia ricordava bene i trascorsi di Brightgate, e glielo stava comunicando apertamente attraverso lo sguardo, ma lo stesso non si poteva dire delle Custodi degli Elementi, né tanto meno dei Reali del castello. Altrimenti, pensò lui, difficilmente Shining Armor e Princess Cadance gli avrebbero concesso di accedere nella sala. Tuttavia, l’avvertimento che gli venne lanciato fu chiaro e lampante: dovevano rigare dritto, o l’armistizio sarebbe crollato, e con esso anche le loro speranza di un accordo.

Twilight Sparkle non si sentiva a suo agio a trovarsi nella stessa sala con quei due pony, e non solo per la reputazione che li precedeva, o per il racconto delle lande ghiacciate riassuntole da suo fratello, né tanto meno per la rocambolesca fuga durante la quale si erano liberati di un’intera truppa di Guardie Reali. No, lei aveva visto con i propri occhi le capacità di quell’unicorno dal manto corvino, che aveva saputo tenere testa a lei e ai suoi amici tutto da solo, e si rese conto che nemmeno la grande unione delle Custodi degli Elementi avrebbe potuto fare nulla in uno scontro diretto.

La sua stazza era immensa, qualcosa che non aveva mai visto prima in nessun pony che non fosse alicorno. Superava in altezza persino Princess Luna e Cadance, e solo Celestia rivaleggiava con lui, sovrastandolo di pochi centimetri. Persino suo fratello Shining Armor, che lei aveva sempre osservato con un misto di stupore e ammirazione per la sua grande prestanza fisica, degna di un grande Capitano, non era nulla se messa al confronto con quella di Brightgate.

In passato aveva incontrato in diverse occasioni pony che eccedevano nell’altezza o nella massa fisica (uno tra tutti il buffo Bulk Biceps, che qualcuno chiamava simpaticamente Snowflake), ma mai nessuno finora aveva rivelato una tale armonia nelle forme come Bright. Aveva lunghe e forti zampe, un fisico possente ma non sovrabbondante, due occhi intensi e marmorei come quelli di una statua e un corno sottile, lungo e tremendamente appuntito. Una macchina da combattimento perfetta e infallibile, che per fortuna sembrava sostenuta da una mente salda e riflessiva.

Di ben altro registro era Bibski Doss, la cui infamia lo accompagnava dovunque il suo nome andasse; aveva già trovato conferma dei suoi pregiudizi nei primi minuti di conversazione che ebbero.

Al contrario dell’unicorno, verificò la Principessa, lui era gracile e basso (perfino più di lei), antipatico e sbruffone, e all’apparenza non aveva dalla sua alcuna dote particolare, a parte quel bizzarro cutie mark che occasionalmente, e senza alcuna coerenza scientifica, s’illuminava.

La Principessa dell’Armonia non poteva raccapezzarsi di come un equino tanto perfetto quanto Brightgate potesse accettare di accompagnare e persino prende ordini da un piccoletto come Doss. A una prima analisi, sembravano sostenuti da un profondo legame, che in un certo senso rivalutava la prima impressione che ebbe su di loro, ma d’altra parte, da studiosa della Magia dell’Amicizia, si domandava quale potesse essere la loro storia, e cosa li avesse spinti ad arrivare a essere così uniti e inseparabili.

Di opinione più pragmatica era invece suo fratello Shining Armor, che teneva un occhio teso e puntato su di loro, e uno sulle fila di Guardie Reali di Flash Sentry, pronto a dare ordine di attaccarli non appena avessero tentato qualche azione sospetta.

«Così dovrebbe bastare.» Annunciò Cadance, disattivando la magia curativa e arretrando di qualche passo.

Osservò Bibski Doss, mentre si stiracchiava scricchiolandosi le ossa. «È tutto a posto? Qualche problema ai nervi? Dolori muscolari?» Domandò poi.

«Niente di niente. Avrei desiderato rimanere con qualche cicatrice da pony vissuto, ma a quanto pare è proprio vero che la Casta ha i medici migliori!» Rispose l’inventore con sprezzo, mentre si premurava a evitare le saettate che gli stava lanciando Bright.

Cadance si voltò verso il marito, che le fece discretamente cenno di lasciar perdere, e quindi ansimò per mantenersi calma. Dunque fece per andare verso di loro.

«Eh? Ma come, niente lecca-lecca?» Continuò imperterrito il pony di terra.

Nel gruppo, un’altra giumenta s’illuminò al sentir parlare di dolci, ma poi uno zoccolo di Applejack la intimò di starsene buona. Pinkie Pie si sedette a terra, mugugnando contrita.

Le doppie ante del portone si spalancarono, e una Guardia Reale Unicorno fece la sua entrata in scena, issando con la telecinesi dell’attrezzatura a loro familiare. «Miei Signori. Come richiesto, ho portato l’Equalizzatore.» Disse dopo l’inchino

«OH CELESTIA DANNATA, DAI QUI!» Si lanciò a capofitto Bibski, afferrando la sua preziosa bardatura al volo senza dargli neanche il tempo di avvicinarsi. Non gli importò nulla delle punte di lancia che prontamente gli furono puntate contro, né dell’imprecazione che si lasciò sfuggire in presenza delle Principesse, e che fece desiderare a Brightgate di sprofondare nel pavimento di cristallo in preda alla vergogna. Bibski strinse la sua invenzione come un folle sotto l’effetto di un incantesimo d’amore, e la baciò più e più volte sul casco, lieto di riaverla finalmente con sé.

Un cenno poco convinto di Shining Armor ordinò ai soldati di tornare ai loro posti. «Notizie sulle altre Guardie?» Domandò poi al nuovo arrivato.

«Otto feriti nei sotterranei e due nei corridoi inferiori, Signore. Uno di loro è messo male.»

Shining Armor nitrì. «Si riprenderà?»

«Difficile a dirsi, Signore. Ha fratture multiple su tutto il corpo e diverse e gravi lesione interne. I medici non sanno neppure se tornerà a galoppare.»

Bright incassò in silenzio il cenno di rimprovero che gli venne rivolto dal Capitano.

«Mettetegli una museruola al collo.» Commentò Bibski, intento a indossare l’Equalizzatore. «Temo che per un po’ non avrà altro modo per mangiare! Ihihih!» Mentre ridacchiava, in meno di un minuto aveva già indossato la sua imbracatura, che esibì sotto gli sguardi basiti dei presenti. Un rapido controllo all’indicatore della carica residua rivelò che la cella energetica era ormai quasi esaurita, e l’apparecchio inservibile. Per fortuna, sapeva che all’interno dello Skybreaker era presente una piccola scorta di ricariche d’emergenza. Quello che più gli fremeva in quel momento era di essersi rimpossessato dell’Equalizzatore, il resto erano solo dettagli.

Le ali di metallo erano ripiegate sui fianchi, e da dentro il casco non percepì alcun impulso elettrico, ma anche così si sentì finalmente rinato.

Si voltò di scatto, esibendo un sorriso sgargiante e una posa piena di sé. «Molto bene. Ora possiamo parlare!» Annunciò alla fine.

Brightgate scosse la testa, spossato.

- La prossima volta ci vai tu con lui. - Disse al fratello in ascolto.

- Fossi matto! -

«Fatemi capire… » cominciò Rainbow Dash, rivolgendosi alle alicorno Luna e Celestia « sarebbe quello il “promettente inventore di Equestria?” che vi ha dato tante noie?!»

L’unica risposta che ottenne fu una scrollata di spalle da parte della Principessa della Notte.

«E tu invece saresti la “promettente” Prima Cadetta dei Wonderbolts» aggiunse lui al loro posto, avvicinandosi «nonché la “famosa” Custode dell’Elemento della Loltà, Rainbow Dash?»

«LEALTÀ!!» Nitrì lei, volandogli incontro rabbiosa.

Bibski accolse la sfida con un ghigno sbeffeggiante. «Ah sì? Devo averti confusa con l’altra Rainbow Dash.» Disse mettendosi in posa riflessiva. «Quella che il mese scorso è stata richiamata due volte dal Capitano Spitfire durante gli esami di velocità alle due miglia rettilinee!»

La pegaso arcobaleno trasalì sentendo le proprie ali cederle, e dovette adagiarsi a terra per non rischiare di schiantarsi. «D-di cosa… s-stai parlando?!» Farfugliò, piroettando lo sguardo dal piccolo stallone con la strana bardatura alle altre Custodi, nessuno al di fuori dell’accademia sapeva di quella storia!

«Pff, per favore cara Dashie! Non sta bene mentire così di fronte alle tue amiche!» Bibski volse lo sguardo verso la giumenta col cappello desperado. «Prendi esempio da Applejack, così umile e onesta!»

La cowgirl galoppò in soccorso dell’amica. «Perché, hai qualcosa da dire contro di me?» Chiese torva.

Bibski corrugò la fronte. «Verso di te? Ma certo che no!» Si voltò dall’altra parte, godendosi solo per un momento le espressioni incendiarie delle Guardie Reali e dell’amico Bright, che sembravano volergli appiccar fuoco con lo sguardo. «A proposito, avete più avuto problemi con Flim, Flam e la loro Super Speedy Cider Squeezy 6000

Applejack non capì dove volle andare a parare, ma decise di rispondergli. «No. Non più. Ma tu che cosa ne sai?»

«Oh, Applejack. Ma è ovvio, no? Quella macchina l’ho inventata io!»

«Tu?!» Risposero in coro tutte e sei.

«Certo che sì. Un aggeggio niente male, non trovate anche voi?»

«Niente… male… il… ?! Ahahah!» Rainbow Dash cominciò a ridere, rotolandosi a terra .

«Ceerto!» Annuì Applejack, sfregiante. «Se l’intenzione era di provocare un completo disastro!»

«Au contraire!» Si difese l’inventore, distaccato. «Le mie macchine sono SEMPRE perfette. Non è certo colpa mia se oggigiorno nessuno legge più le istruzioni… disattivare il controllo qualità per vincere una sfida che avevano praticamente in zoccolo?! Pff… idioti.»

«Ohh per la miseria Bibski! Ti vuoi decidere a spiegarci che diavolo ci facciamo qui?!» Scoppio Brightgate d’improvviso, spazientito. Ma la reazione non ebbe sul pony di terra alcun effetto.

«Tutto a suo tempo, Bright. Prima fammi finire con le signorine.» Respinse lui.

Rarity, a bassa voce, si lasciò sfuggire un’ingiuria nei suoi riguardi: «Che screanzato!» Finendo per cadere nelle sue mire.

«Accidenti, mi stavo quasi dimenticando di voi: Rarity e Fluttershy!»

A entrambe le pony si rizzò il pelo, mentre gli sguardi di tutti si spostavano su di loro.

«La prossima volta che andrete alla Spa di Lotus e Aloe, per favore, assicuratevi di non avere occhi indiscreti intorno a voi. Non sta bene fare certe cose in locali pubblici.»

Di qualunque cosa stesse parlando, fu abbastanza grave da spingere entrambe ad abbracciarsi e mettersi a urlare come puledre disperate. Spike, accanto, seguì quell’improvvisa reazione senza però capirne il motivo.

Twilight cominciò a provare una certa empatia verso Brightgate, che proprio come lei, stava cominciando ad averne davvero abbastanza dell’atteggiamento di Doss. Oltretutto, non riusciva a spiegarsi come quel pony sapesse tante cose su di loro. Segreti di cui, per alcune, nemmeno le stesse amiche erano a conoscenza. Si sforzò di scacciare dalla mente le rivelazioni appena apprese.

Dopo di loro, fu il turno di Pinkie Pie, che nel suo caso fu lei stessa ad andargli incontro. Gli si parò di fronte con un sorrisetto ingenuo e saltellando sul posto. «Oh, oh, tocca a me adesso, vero?? Che bello, che bello!!»

«Pinkie Pie… » disse Bibski con scarse parole. Al contrario delle altre, con lei sembrò avere più difficoltà a comporre la frase. Alla fine, dopo averci riflettuto per svariati secondi, tagliò corto con un unico, lapidario commento: «La tua fama la dice già lunga.» E si congedò.

L’allegra pony dell’Elemento della Gioia si sedette di peso a terra, con la chioma sgonfia. «Ed è un bene o un male?» Chiese afflitta, rivolgendosi alle altre.

“Ora è troppo!” pensò Twilight, facendosi avanti con trotto deciso. «E di me cos’hai da dire, Doss?!»

Si posero uno di fronte all’altra, come rivali di vecchia data, sebbene fossero al loro primo incontro a tu-per-tu. Entrambi si conoscevano per fama, e avevano seguito le vicissitudini l’uno dell’altra fino a quel fatidico momento.

Twilight spalancò le proprie ali, in segno di sfregio, intenzionata a impartirgli una lezione sulla differenza tra un vero alicorno e lui. Bibski intuì le sue intenzioni e non accolse la provocazione. In compenso, aveva la frase giusta per lei. «Princess Twilight Sparkle.» Pronunciò, accentuando per bene il nome. «Il fatto che un semplice pony di terra come me sia riuscito a costruire un dispositivo per imitarvi, e che questo vi irriti così tanto, la dice lunga sul vostro status symbol.» Per non farsi mancare niente, scoccò un’allusione malevola anche a Princess Celestia e Luna, che rimasero in silenzio. Sebbene seccate, conoscevano a sufficienza Doss da sapere che era meglio non ribattere.

Shining Armor e Cadance andarono dietro alla loro stessa linea di pensiero, e lasciarono che fosse Twilight parlare.

La Principessa dell’Armonia grugnì, ma s’impose di mantenere un atteggiamento rispettabile. «Indossare quell’aggeggio non fa di te un Alicorno!»

«Se questo è vero, perché la cosa ti irriggidisce tanto?» Insinuò divertito.

«Vogliamo parlare di te, Bibski Doss? Violi le leggi di Canterlot perché non accetti che ti venga dato un “No” come risposta, fuggi dalle tue responsabilità in una condizione di crisi come quella che stiamo vivendo ora, evadi da una cella facendo del male a delle oneste Guardie che svolgevano solo il loro dovere… »

«Sull’onestà delle Guardie avrei da ridire… »

«Zitto, non ho finito!» Lo fermò, ponendosi a un palmo dal suo muso. Il suo vantaggio in altezza le permise, una volta tanto, di elevarsi su di lui con fare ancora più risoluto. «Entri qui dentro insultando le Principesse, prendi in giro le mie amiche dopo aver violato la loro privacy, manchi di rispetto a mio fratello e alla mia cognata che ti hanno accolto malgrado la tua condotta. E ultimo, ma non ultimo: fai sfoggio di quella diavoleria credendo di essere superiore a TUTTE noi, quando invece non vali NIENTE!»

«Ahm, Twilight?» La chiamò Rainbow Dash, facendoli voltare entrambi. «Dimentichi la storia della rapina… » suggerì, con l’intento di pareggiare i conti con Doss.

«Oh già, la rapina!» Tornò a incombere su di lui. «Mentre tutta Manehattan era in fermento per il primo attacco dei Kaiju, con le famiglie che compiangevano i loro morti, tu e i tuoi tirazoccoli avete avuto la brillante idea di mettere a ferro e fuoco la banca centrale per poi dileguarvi come se niente fosse!!»

Questa volta l’odio dei presenti fu indirizzato anche verso Brightgate, che fino a quel momento era stato spettatore quasi passivo della scena.

- E’ giunto il momento. - disse la voce nella sua testa appartenente a Deepblue Whirl.

- Mi chiedevo quanto ci avrebbero messo a tirare il ballo la questione. - Rispose l’unicorno nella sala del trono.

- Pensi che glielo dirà? Voglio dire… la verità? -

Bright scrollò d’istinto le spalle. - Non vedo per quale motivo non dovrebbe. Ma nel caso, ci penserò io. Questa faccenda è troppo importante per lasciarla negli zoccoli di Bibski. -

Bright, e con lui Blu, sentirono una breve frase uscire dalla bocca di Shining Armor.

«Due milioni, quattrocentocinquantaseimila e trecento monete d’oro, per l’esattezza.» Scandì per bene ogni singola cifra di quel numero da capogiro.

Bibski Doss si trovò a condividere col suo compagno un’onda di marea di biasimi, scaturita dalle accuse della famiglia Reale dell’Impero di Cristallo. Squadrò le quattro Principesse che attendevano con solerte pazienza la sua dichiarazione, mentre con la coda dell’occhio studiava gli altri presenti nella sala.

Non dovette riflettere molto sul come esporsi, aveva provato più e più volte quel discorso in innumerevoli varianti, e ora che i tempi erano finalmente giunti a maturazione, era il momento di rendere reali quei pensieri. Dovette solo scegliere la frase giusta e l’effetto ideale per introdursi. «Davvero volete credere a tutte le frottole che vi propinano queste due?» Disse, indicando con lo sguardo Princess Celestia, che d’improvviso perse tutta la sua maestosa sicurezza. La vide fremere, urtata dal violento impatto della sua controaccusa. Un gesto che non mancò di coinvolgere anche Luna, e attirare su entrambe la curiosità dei pony.

«Di che cosa stai parlando?» Gli chiese Twilight, volgendo però lo sguardo alla sua Mentore.

Bibski sospirò e abbassò il capo (non era chiaro se per infondere istrionicità alla scena o se davvero sentisse il bisogno di farlo).

«Voi ci accusate di aver rapinato la banca centrale di Manehattan.» Alzò gli occhi sull’alicorno fucsia. «Ebbene, non posso negarlo. Ma prima di puntare lo zoccolo dovreste conoscere la verità… » scoccò di sfuggita un’occhiata a Bright «la NOSTRA verità.» Completò la frase.

La Principessa dell’Armonia s’incupì, ma non distolse lo sguardo dal pony, neanche per sondare i volti delle amiche o delle altre Principesse.

Bibski iniziò a parlare, e mentre parlava, il suo atteggiamento non espose più alcuna sfrontatezza o sfacciataggine. Era incredibile come quel pony sapesse balzare da uno stato d’animo all’altro nel corso di poche frasi, come se fosse pienamente coscienzioso del suo atteggiamento, e decidesse scrupolosamente quali comportamenti adottare a seconda delle sue necessità.

«Tutto è cominciato quando il primo Kaiju aveva deciso di fare di Manehattan il suo personale parco giochi …» disse per cominciare «come immagino saprete, la Reborn Technologies è stata tra gli edifici investiti dalla sua carica. Quel giorno un terzo del nostro intero complesso è andato distrutto nell’arco di pochi minuti.» Fece una pausa, in vista di uno spiacevole ricordo che stava riaffiorando. «Tra i nostri lavoratori, i più che si trovavano negli altri reparti ne sono usciti incolumi, ma molti dei pony che lavoravano nell’area abbattuta hanno trovato la morte sotto quelle macerie.»

Nel gruppo delle Custodi, qualcuna sospirò affranta, e qualcun'altra non trattenne le lacrime. Avevano vissuto quelle scene. Conoscevano fin troppo bene l’orrore della scoperta che portavano con sé i corpi senza vita che riemergevano dalle macerie. Un incubo a cui nessuno avrebbe mai voluto assistere.

«Quando le squadre di soccorso si sono attivate per cercare superstiti tra le rovine del Sentiero, noi della Reborn abbiamo messo al servizio tutta la nostra attrezzatura per contribuire come potevamo per il recupero di quanti più feriti era possibile. Ci era sembrato giusto fare la nostra parte… »

Twilight lo seguiva con la stessa perizia con la quale studiava un complicato libro di alchimia d’alto livello, cercando di cogliere lievi fremiti nel corpo e incrinazioni della voce che le potessero rivelare se tutto quello che stava dicendo era simulatozione, o se invece fosse sincero. Non notò nulla che le facesse dubitare della sua onestà.

«Due settimane dopo, il Kaiju era ormai stato abbattuto dal vostro intervento, e in città la gente stava pian piano imparando a farsene una ragione. Vennero celebrati i funerali delle vittime, e i più fortunati tra i superstiti stavano cominciando a essere dimessi dagli ospedali. Noi avevamo fatto il possibile per Manehattan, aiutandola con tutto quello che avevamo, sebbene la Reborn Technologies fosse ormai distrutta… in quei giorni l’ultima cosa di cui ci preoccupavamo era pensare che le istituzioni di Equestria potessero metterci i bastoni tra le ruote come loro solito.»

Luna e Celestia ascoltavano con curiosità, in vista di una parte del racconto che anch’esse ignoravano.

«Venimmo a sapere che il Municipio, su vostro ordine… » riprese, rivolgendosi a loro «stava inviando risarcimenti alle famiglie delle vittime e a tutti coloro che avevano perso qualcuno durante il primo attacco. Tra i nostri pony, avevamo contato oltre quaranta vittime, e i loro parenti da giorni ci stavano facendo pressioni affinché gli dessimo delle risposte. Sapete, molti di loro ci reputarono direttamente responsabili per le loro perdite, come se fossimo stati noi gli artefici delle malelingue che circolavano a nostro riguardo.»

Celestia e Luna non reagirono alla sua allusione.

«Naturalmente noi avevamo avuto tutte le intenzioni di aiutarli. Nell’attesa dell’invio degli aiuti economici, avevamo iniziato a vendere gran parte delle nostre invenzioni salvatesi e dei nostri brevetti ancora incompiuti, pur di racimolare qualche soldo da devolverlo a loro, pensando che presto sarebbero arrivati gli aiuti dalla capitale. Immaginatevi la nostra sorpresa quando ci hanno comunicato che non avremmo visto una sola moneta di tutto quel fondo.»

«Come sarebbe a dire?!?» Esplose Princess Celestia, non riuscendo a elaborare una rivelazione così assurda.

«Sarebbe a dire, cara Celestia, che il Municipio di Manehattan subito dopo aver ricevuto il denaro, aveva emanato che neppure un centesimo di quel patrimonio venisse devoluto alle vittime dell’attacco che avevano prestato servizio nella Reborn Technologies. Né manovali, né elettricisti, neppure gli inservienti! Chiunque aveva lavorato per noi non avrebbero avuto NIENTE da parte del Regno!»

Twilight sentì cederle le gambe, e un velo di cupezza calò sul suo volto. «P-Principessa… »

«Twilight, ti assicuro che noi non ne sapevamo nulla!» Si affrettò a rispondere.

«E non è tutto.» Riprese Bibski. «Non solo ci avevano negato il fondo inviato da Canterlot, ma scoprii che il Sindaco aveva anche fatto sospendere le polizze vita e ogni altra forma di risarcimento sottoscritti privatamente dai nostri dipendenti!»

«M-ma… com’è possibile?»

«Probabilmente, Sparkle, grazie al sostegno di una carica ben più in alto di quanto non lo sia mai stata quella vecchia zoccola del Municipio di Manehattan!»

«Ti sbagli, Bibski.» Intervenne Princess Luna. «Noi non abbiamo mai ordinato niente del genere!»

«COMUNQUE SIA… » urlò il pony di terra, facendoli sobbalzare.

Bright si avvicinò, pronto ad intervenire qualora l’amico avesse perso la testa.

Bibski Doss capì la gravità della sua reazione, e respirò profondamente per riprendere il controllo. «Stavo dicendo: d’un tratto ci siamo ritrovati con l’acqua alla gola e le istituzioni che ancora una volta stavano cercando di far passare noi per i cattivi della situazione. E mentre tutto ciò avveniva, le famiglie di quei pony, che contro il parere di tutti avevano scelto di stare dalla nostra parte, erano state abbandonate da quello stesso Sistema che fino ad allora aveva sempre giurato di proteggerci nei momenti di difficoltà!» Si stoppò ancora una volta, e fissò negli occhi le Principesse. «Voi ancora insistete a dire che non eravate al corrente di quanto stava accadendo?»

«Bibski, sebbene la nostra carica può farlo credere, noi non abbiamo giurisdizione totale su tutta Equestria.» Spiegò Celestia, sicura delle sue parole e dei fatti, così come li conosceva lei. «Ai tempi, avevamo delegato al Municipio la responsabilità di sovrintendere la crisi, così come avevamo fatto quando erano cessati i rapporti con la Reborn Technologies. Se qualcuno ci avesse avvisato della linea di condotta che stava intraprendendo il Sindaco, avremo preso immediatamente provvedimenti!»

«L’ho fatto!» Le informò. «Vi ho scritto lettere su lettere supplicandovi di fare qualcosa per quelle famiglie, e non è servito a niente!»

Luna e Celestia incrociarono i propri sguardi, interrogandosi in silenzio.

Twilight e gli altri, sempre più confusi e smarriti, erano stati tagliati fuori dalla conversazione.

«Forse comincio a capire.» Annunciò Princess Luna. «Se non sbaglio, c’è un vincolo particolare per la posta che viene recapitata al castello di Canterlot?» Chiese rivolta alla sorella.

Princess Celestia rifletté brevemente, e poi annuì. «E così. Lo attuano in ogni ufficio postale del regno quando un messaggio reca come destinatario il nostro indirizzo, ma in genere è solo un processo burocratico che ha lo scopo di tracciare i messaggi inviati al Castello… non starai pensando che… ?»

«Non vedo altre spiegazioni… » fece una pausa, colta da un dubbio «a meno che tu non abbia emanato qualche ordinanza particolare di cui non sono al corrente… »

«Non pensarlo neanche! Non lo farei mai!»

Bibski intuì ciò che Luna stava ipotizzando. «Quella BASTARDA!» Digrignò i denti, riferendosi alla condotta del Sindaco di Manehattan. «Non solo ci ha tagliato fuori dai risarcimenti, ma si è anche presa il lusso di censurare la nostra posta!»

«Se ho ben capito, quindi, la colpa è loro… »

«Si direbbe di sì, Bright.  Colpo di scena: è stato tutto un equivoco!»

L’unicorno alto nitrì. «Io te l’avevo detto di non calcare troppo lo zoccolo con lei… »

Ben presto anche Twilight stava cominciando a capire i retroscena di quell’assurda vicenda, ma nonostante tutto, un dubbio la stava ancora tormentando. «Quindi… la rapina è stata… ?»

Fu Brightgate a risponderle con un cenno del capo. «Non vado fiero di quello che abbiamo fatto» disse «ma viste le condizioni, non avevamo molte alternative.»

Doss riprese dal punto in cui avevano interrotto. «Se c’è una cosa che la vita mi ha insegnato è chi fa da sé, fa sempre per tre. Ci avevano abbandonati a noi stessi, senza più risorse e senza gli aiuti da parte della città. Dopo l’attacco, molti dei nostri se n’erano andati, pensando che per la società ormai non ci fosse più futuro. Io cominciai a indagare di persona su ognuna delle vittime. Calcolai quanto ognuno di loro guadagnava lavorando per noi, quali di loro avessero stipulato assicurazioni e a quanto ammontavano le loro polizze. Il bilancio delle loro famiglie. Feci ogni genere di conteggio per cercare di capire quanto sarebbe ammontata la cifra spettante ai loro parenti. Diedi fondo a tutte le mie ricchezze residue per accumulare parte del denaro di cui avevano bisogno. Fu quello a segnare il colpo di grazia alla Reborn Technologies, ma almeno avevamo fatto la cosa giusta.»

Ammutolita dal racconto del piccolo stallone, Twilight Sparkle trovò le parole per completare un’ultima domanda. «A quanto… ammontava il risarcimento?»

Bibski sospirò con aria grave. «Beh, facendo la differenza tra i fondi che siamo riusciti a raggranellare… e i soldi che ancora spettavano alle famiglie, ci mancavano esattamente… due milioni, quattrocentocinquantaseimila e trecento monete d’oro.»
   
 
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