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Autore: T_D_VLm    10/05/2014    0 recensioni
La storia e un proseguo di Twilight.
Cosa succede dopo Breaking dawn?
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Nessie non è pronta per essere adulta, e ha paura dei nuovi sentimenti che prova per Jacob.
Intanto il tempo passa, e la storia gira intorno alla piccola e inesperto Valium.
Bella come una dea e più furba di una volpe.
L'unica persona che riesce a tenerla con i piedi per terra si chiama Charlie Cullen. Ultimo arrivato della famiglia. Bello quando Edward - se non di più- e enigmatico quando basta per far uscire pazzi l'intera famiglia.
Ma il legame che gli tiene uniti e troppo forte.
Riusciranno a stare insieme? E Ness e Jacob?
La sete di pericolo di Valium farà cadere i Cullen nell'ennesima lotta contro i Volturi?
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TRATTO DAL RACCONTO
La vita e dura, ma e solo una. E se è eterna e ancora più difficile.
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ATTENZIONE: il raccontò si divide in due tempi, alternati fra loro, che raccontano la storia di Nessie e quella di Valium.
Vi auguro una buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Clan Cullen, Jacob Black, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga, Più libri/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The moon prohibited'
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E.j. cresceva in fretta, tanto quando Valium.
Riusciva sempre a sorprendere tutti.
Era intelligente, buono e ingenuo. Riusciva a tirarci su di morale anche se non parlava e non camminava.

Passò una settimana dalla nascita di E.j, e due da quella di Valium.
Crescevano come fratelli, non come... due corpi e un solo cuore.
Dopo la sua nascita, mia madre, ebbe la scusa di demolire la cabina armadio. Sapevano perfettamente quando ero gelosa della mia camera, e quindi, dopo averla demolita, fece restringere la parete, e mise un immenso armadio a muro.

Il telefono di mia madre squillò, e lei -come era abitudine da due settimane- afferrò il telefono, e staccò la chiamata di nonno Charlie.
«Non puoi continuare così» l'ammonì Jacob.
«Non ho idee! Come gli spiegherò dei due piccoli? Sai, sei diventato bisnonno e nonno -la seconda volta- nel giro di una settimana? Gli verrà un'attacco di cuore!» esclamò mamma ridendo.
Mi misi a ridere. «Si, ma non possiamo evitarlo per sempre!» risposi seria.
«Vero, ma mettiti nei nostri panni. Non possiamo dire quei due sono figli di un altro mio fratello! Impazzirebbe!» spiegò papà.
«Io voglio essere francese!» sbottò Valium. Tutti ci voltammo a guardarla.
E.j. aveva la testa china su i suoi soldatini, come intimidito da qualcosa.
«Che centra la Francia?» chiese insospettita.
«Io ho avuto una brillante idea!» disse orgogliosa. E.j. alzò lo sguardo, solo per incenerire lei.
«Ma se non sai nemmeno quall'è il problema?!» feci io.
«Si invece! Il padre di Bella!» rispose repentina. Mia madre non voleva essere chiamata nonna.
«Allora?» chiese Jacob.
«Ho avuto un'idea» rispose guardando E.j. di sottecchi.
«Be'?» chiese mamma.
«Praticamente possiamo...» Valium venne interrotta da un soldatino di E.j., che le venne tirato in testa dal sottoscritto.
«E.j.!» lo riprese mamma.
«Non è giusto!» sbottò il piccolo, con voce dolce come il miele, ma che esprimeva rabbia.
Io e il resto della famiglia restammo a bocca aperta.
Tutti, tranne Valium, che saltellava felice per tutta la stanza. Porse una manina davanti a Charlie, e lui, a malavoglia, prese uno dei suoi soldatini, e glielo consegnò.
«Merci!» disse in un perfetto francese, con un sorrisetto beffardo sul volto.
Corse tra le braccia di mio padre, gridando «nonno!».
Mia madre volò al fianco di E.j., intimandoci di allontanarci con la mano.
I Cullen sparirono oltre la porta del salone.
Restammo solo io, Jacob, papà, Valium -tra le sue braccia-, mamma e E.j.
«Andiamo a giocare?» chiese Valium a mio padre.
«Dopo, ok?» chiese mio padre dolcemente.
Lei annuì, e volle venire tra le mie braccia.
«Io vado» disse Jacob, stampando un bacio sulla testa a me e alla bambina. «Tu fai la brava, chiaro?» disse a Valium.
«Cristallino» rispose quest'ultima, con un sorriso a trentadue denti. Mia madre era china sul bambino, e bisbigliava a voce bassissima parole che non riuscivo a comprendere, a cui E.j. rispondeva nello stesso tono.
«Che hai combinato?!» mormorai a Valium.
«Era una scommessa, e io lo vinta onestamente» rispose indifferente.
«Bugiarda!» sbottò E.j.
«Ehi, calmo. Parla con me» disse mamma.
«Senti, se non facevo così, non avrebbe mai parlato!» bisbigliò Valium. Aveva una piccola ruga tra le sopraciglia, che gli dava una espressione di rabbia.
«Bella?!» urlò il nome di mia madre, che si voltò di colpo. «Tieni!» disse lanciandogli il soldatino di E.j. Lei l'ho afferrò e lo diede al piccolo.
Un sorriso di felicità gli si stampò in volto.
«Non si dica mai che Valium bari» detto questo, si liberò facilmente dalla mia presa, e si lasciò cadere a terra, fino ad atterrare sulla tenera moket bianco candida. Andò verso E.j., e gli porse la mano. «Amici come prima?» chiese.
Lui afferrò la mano e la strinse. «Amici come prima!» decretò felice.
«Ora andiamo a giocare?» chiese mio padre, suscitando l'entusiasmo dei piccolo che gridarono all'unisono un «SI!».

Il piano consisteva a mentire a nonno Charlie, dicendogli che che avevamo fatto un viaggio in Europa, e abbiamo adottato due bambini. Un maschio e una femmina.
Certamente, il nonno non avrebbe fatto domande. E questo fu positivo.
Ma uno dei problemi più grandi erano proprio i bambini : come facevamo a mostrare a mio nonno due bambini con gli occhi color rosso sangue? Sai, sono vampiri!
Valium poteva andare -una lente a contatto blu mare, e sarebbe stata una bambina perfetta-, ma E.j. aveva entrambi gli occhi rossi, e se gli avremmo messo un paio di lenti si sarebbero disintegrate nemmeno cinque minuti dopo averle messe.
Quindi si parlava di qualche settimana, in cui E.j. avrebbe imparato a camminare e a cacciare. Anche se ci volevano mesi per far si che i suoi occhi raggiungessero un colorito, se non normale, almeno concepibile.
Certo, potevamo far assumere ai suoi occhi un colore nero onice, ma questo verrebbe a dire non nutrirsi per settimane, e mamma non voleva.

Eravamo in salotto. Valium e E.j. giocavano a terra felici con gli scacchi -Erano molto intelligenti, e gli piaceva molto quel gioco.
Io ero seduta accanto a mio padre, sullo sgabello del piano. Suonavo qualche brano, sotto la supervisione del mio insegnante.
I Cullen erano impegnati in diverse conversazioni. Jacob- che oggi aveva giorno di riposo- mi fissava. Mia madre, invece, giocava con i piccoli.
«Hai sete?» chiese mia madre, interrompendo la quiete di tutti.
Andò ad inginocchiarsi vicino a E.j., guardandolo con fare protettivo.
E.j. aveva la piccola manina posata a coppa sulla gola. Lui si limitò ad annuire.
Mia madre si girò, e ci fissò uno per uno.
«Vi va di fare una passeggiata?» chiese Esme cordialmente.
«È una bellissima idea» rispose Carlisle, alzandosi.
Uno alla volta, i Cullen, si alzarono e usciranno dalla stanza. Notai di sfuggita gli occhi di zia Alice, incenerire mamma con lo sguardo.
Valium si alzò, e si diresse verso Jacob, e dopo avergli preso la mano, si diresse verso mio padre -al mio fianco- e prese la mano pure a lui.
«Andiamo pure noi! Il sangue mi fa vomitare!» spiegò. Fece alzare mio padre, e trascinò entrambi fuori, dietro gli altri della mia famiglia.
Restammo solo io, mamma e E.j.
«Vado a prendere il sangue» comunicò mia madre alzandosi da terra, e dirigendosi in cucina.
La seguì a ruota, lasciando il piccolo da solo.
«Che ti salta in mente?!» chiesi una volta che fummo lontane dal bambino.
«Perché?» chiese lei confusa.
«Per quando credi che possa andare avanti?» chiesi appoggiando una mano sul tavolo ovale. Il mio sguardo severo era rivolto a mamma, che in quel momento, faceva finta di nulla.
«Cosa?» chiese lei senza guardarmi.
«Questo!» urlai indicando il contenitore di ferro e la borsa trasparente che conteneva il sangue dei donatori.
«Fino a quando non imparerà a camminare e a cacciare» rispose calma senza fissarmi.
«Ma non puoi far andare via tutti i Cullen per lui! È ingiusto!» sibilai fra i denti.
Lei si girò verso di me, e alzò una sopraciglia. «Senti chi parla!» disse dubbiosa.
«Perché?» mormorai incuriosita.
«"Mamma, oggi sono troppo stanca per andare a caccia, posso bere il sangue di donatori?"» imitò la voce di quando ero piccola. «Fecevi la stessa cosa, e anche di peggio! Non criticare tuo fratello! E smettila di essere gelosa!» mi rimproveró.
Le sue parole mi lasciarono di stucco. «Non sono gelosa! Sto solo dicendo che i donatori non hanno dato il sangue per lui!» sbottai alzando la mano dal tavolo.
«Ha ragione!» disse la voce di Charlie.
Era in piedi, e si teneva allo stipite della porta.
«Cosa?!» chiese mia madre, sbalordita quando me.
«Non voglio più bere sangue umano! Voglio imparare a cacciare! Il prima possibile!» decretò il piccolo, avvicinandosi a noi. Io e mamma lo guardammo sbalordite.
«È.j., tu...» mamma iniziò una frase, che E.j. l'interruppe. «Ti prego, mamma! Io non... voglio fare schifo a Valium! Gli voglio bene!» quasi urlò.
"Non l'amava! Non l'amava! Erano troppo piccoli!" mi ripetevo spaventata.
«Ma ora devi bere! Non puoi morire di sete!» lo rimproveró mamma.
Lui si materializzò al fianco di mamma, prese la borsa del sangue, e si volatilizò oltre la porta della cucina.
Dopo un minuto ritorno con le mani vuote.
«Dov'e il sangue?» chiesi.
«A casa tua!» rispose secco.
«È perché e lì?» chiesi infuriata.
«Perché a te piace!» rispose indifferente.
«E.j., avrai sete!» disse mamma.
«Resisterò fino a domani!» rispose lui con lo stesso tono di voce di poco prima.
«Non potrai stare vicino a Valium!» disse mia madre.
«Si invece. Resisterò!» rispose lui.
Mia madre si avvicinò a lui, e posò una mano sulla sua spalla. «Se è quello che vuoi» disse sorridente.

E il giorno dopo ci ritrovammo nel bosco.
Eravamo io, i miei, Valium e E.j.
«Pronti?» chiese mio padre ai piccoli. Anche se sembrava un diciassettenne, i panni del nonno gli calzavano a pennello.
«Sono nato pronto!» rispose E.j.
«No, sei nato piangendo» lo prese in giro Valium.
«Io non piango!» rispose stizzito l'altro.
«Basta!» intervenne mamma. Entrambi si azitirono di colpo.
«Andiamo?» chiesi impaziente.
«Certo» rispose papà.
C'incamminammo nel fitto bosco.
Quando fummo davanti all'albero più vecchio del bosco, iniziammo a dare istruzioni hai piccoli.
«Facciamo così! Chi prende l'animale più grosso vince, ci state?» proposi entusiasta lo stesso gioco che facevo da piccola con Jake. Vincevo sempre io.
I bambini accettarono di buon grado la sfida. E quindi, per farli vincere, io e i miei ci buttammo su un branco di cervi, lasciando liberi i piccoli.
Dopo due ore, ritornammo al punto di partenza, e gli aspettammo.
«Mamma! Mamma! Guarda!» urlò E.j. saltando in braccio a mamma. I suoi occhi erano di oro puro. Come se andasse a caccia da sempre.
«Come hai fatto?» chiesi inoridita.
«Ho cacciato un puma» rispose sorridente. «Quindi ho vinto!» dichiarò sorridente.
Mi guardai un pò intorno. «Dov'è Valium ?» chiesi preoccupata.
«Io. Non.Caccierò. Mai. Più.!» gridò la voce cristallina di Valium oltre il bosco.
Apparì da dietro un albero. I capelli -dritti e lisci come sempre- erano sporchi di sangue, come la maglietta bianco candido- almeno quella mattina-, e i suoi pantaloni erano dimezzati, e scoprivano lembi di pelle color allabastro. Il suo viso -ricoperto di sangue come il resto del corpo- era corruciato in una espressione di rabbia e frustrazione.
La presi in braccio. «Vedrai che la prossima...» m'interruppe nel mezzo di una frase.
«Non ci sarà una prossima volta!» urlò. Risi della sua espressione.
Ritornammo in dietro.
Valium insistette di saltare da sola il fiume. Prima l'aveva saltato tra le mie braccia, ma ora insisteva a volerlo fare da sola, e io la lasciai fare.
Il resto della famiglia era dall'altra parte, che aspettava.
Valium prese una lunga rincorsa, e poi si lanciò oltre il fiume. Sembrava una elegante farfalla per come era leggera.
Poi mise male il piede, e scivolo sul masso, dall'altra parte del fiume. Mio padre si affrettò ad afferarle la mano, e io mi precipitai dall'altra parte. Presi mia figlia, con l'altra mano, e la tirai a me.
Non so cosa successe. Era una strana sensazione.
Per un attimo, mia figlia, ebbe paura di qualcosa. Di mio padre.
Strinsi più forte la bambina a me - era rigida, come se fosse sotto shock- e gli diedi un bacio sul capo.
Realizzai in quell'istante che tutto sarebbe cambiato radicalmente.
CAPITOLO REVISIONATO

Spazio all'autrice:
Salve a tutti, veterani lettori e non.
Che ne dite di questo capitolo? Le recensioni sono sempre gradite, critiche e non!
Continuate a leggere, mi raccomando.
Un bacio, V.
   
 
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