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Autore: Tatika_Tai_Tacchan    11/05/2014    3 recensioni
C'è un campo di battaglia e ci sono i morti; c'è chi non vorrebbe essere lì e chi non vorrebbe essere in vita.
Devono odiarci davvero tanto gli dei per farci questo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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"Padre..." invoca la ragazza spezzata a metà nel mezzo del campo di battaglia.
"Padre, le mie ali erano troppo grandi, troppo ampie e fragili per passare."
"Padre, perdonami." 
Giace, la ragazza spezzata a metà, giace in mezzo al campo di battaglia, con le grandi ali piegate in angoli grotteschi che si allungano verso il sole morente chiedendo pietà, lanciando magre e tremule ombre sulla terra bruciata. 

Il sole annega, annega in una pozza di sangue illuminando quel che resta del mondo.

Un bambino piange. Urla strazianti che devastano le orecchie di chi può ancora sentire. E c'è ancora chi pensa quanto sia fortunato  a poter piangere.

C'è un uomo, coperto di sangue, che non è il padre di nessuno e ha un buco in mezzo alla pancia. Sa che non potrà respirare fino a domani come sa che sarà costretto a respirare fino alla fine per non perdersi neanche un istante di quello spettacolo ironico che è la sua morte.

C'è un giovane uomo che ha giocato a fare il Dio e si è accorto troppo presto di quanto faccia male la condizione umana, è ancora vivo e fa male. Si aggira fra i cadaveri e gli abominii e si chiede dove ha sbagliato, con gli occhi sgranati e il raffinato mantello che pende dalla spalla destra strappato ed impregnato di sangue; ha un labbro spaccato e si trascina dietro una gamba, ma il dolore fisico è niente in confronto alle bombe che gli stanno esplodendo in testa, una per ogni corpo mutilato.

C'è una donna che ha ucciso i suoi genitori perchè credeva nei suoi ideali. A lei il fato ha riservato il destino crudele di sopravvivere.
La donna stringe una calibro 45 con tutte le sue forze, se la punta alla  tempia, cerca di convincersi a premere il grilletto. Ma è in preda alle convulsioni, piange, la pistola non vuole stare ferma.

C'è la ragazza che non era preparata al dopo perchè pensava che perdere equivalesse a morire. La ragazza dai capelli rossi che urla come un maiale sgozzato rifiutandosi di accetare lo scenario della fine del suo mondo.

C'è un ragazzo con i polmoni bucati che stringe le mani di un altro ragazzo, bello come un dio. Un rivolo scarlatto sfugge alle labbra del dio, che sorride come per scusarsi, ma ha un'espressione dolorosa. Chi mai farebbe soffrire una creatura del genere pensa il ragazzo con i polmoni bucati e poca vita rimasta; se solo avessimo vinto...pensa ancora il ragazzo dai polmoni bucati.

Ma dall'altra parte del campo di battaglia ci sono i vincitori.
A terra. Immobili. Non sembrano contenti. Non sembrano esultanti.
Sembrano morti.
E sembrano provare davvero molto dolore; sopratutto l'uomo che culla il figlio sussurrandogli una cantilena di "andrà tutto bene" nell'orecchio, anche se il figlio è freddo come il ghiaccio.

Siamo polvere nel vento. Siamo cenere di un falò spento. 
Siamo la tragedia delle sensazioni assolute e dei sogni troncati. 
Siamo le vite interrotte.
Siamo i demoni del passato, del presente e del futuro.
Non importa quanto bene ti nasconderai, ti troveremo sempre.


Dal corteo dei vincitori si alza uno strano canto, suona come un lamento, un coro funebre. Nessuno sa chi ha cominciato a cantare e nessuno se lo chiede.
"Oh, oh! L'alba sorgeràààà, la notte fiiiniràààà prima o poooooiiii!!!!!
Piangete i vostri morti adesso, o vivi, piangete quando è ancora notte fooondaaaa!!!! Portate a casa la spaaaada e riponetelaaa, più guerra non ci saràààà...."

Non ci sono nè vincitori nè vinti in questa guerra che è stata solo un massacro inutile.
E noi siamo polvere nel vento, nati dal dolore, dalla rabbia, dal fuoco o dal coraggio;
non ha più importanza ormai.
Non siamo che polvere nel vento e qualche nota di una canzone d'addio,
un paio di sorsi dalla fiaschetta del vicino e un braccio passato intorno alle spalle di un ferito,
l'orgoglio di tornare a casa con la faccia alta e la necessità di consolare il dolore; nient'altro siamo noi.


 
  
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