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Autore: Hayley Lecter    26/07/2008    1 recensioni
<< Un burattino di legno.. una marionetta. Sono io. Al contrario di tutte le marionette, io per così dire sono un pò speciale. Potrà anche sembrare un lato del mio carattere in cui io voglia spiccare e differenziarmi dal resto del mondo.Posso affermare che non è così.>> Finalmente posto il primo capitolo della prima fan fiction decente che sono riuscita a comporre.. Anche se non sembra, è una fanfiction sui Panik, in particolare su uno dei componenti: Timo. Adesso posto il primo capitolo.. in pratica tende a decsrivere la protagonista, chi è, il suo passato, i suoi pensieri.
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
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In qualche modo mi arrangierò con un pacchetto da dieci delle mie Camel..
Roma è desolata, deserta a quest'ora.
E ancora soltanto una domanda si mescola al gorgoglio del mio stomaco vuoto, che sbuffa per la nicotina ingerita.
Perchè nessuno mi ha ancora telefonata?
E non riesco a sradicarla dalla mia mente.
Ho paura.. temo che davvero stavolta abbia detto addio alla mia famiglia.
Dopo 18 anni di incredibili liti, problemi, perdite, ho scelto la via più semplice per sopravvivere a questo strazio.
Ogni volta che mi rintanavo in bagno, tra le urla dei miei genitori che squarciavano l'aria, e le lacrime mi imperlavano il viso.. fissavo allo specchio il mio riflesso.
Sapevo che c'era una sola freccia che mi indicava la via da percorrere.
I miei occhi opachi erano ben lungi dal trasparire la verità.
Chi mai avrebbe potuto capire cosa succedeva in casa?
Solo una persona sapeva tutto quanto c'era da sapere, che io le avevo confidato.
Ma si trovava sotto le coperte del suo letto, al caldo, in casa.. fuori dalla mia aura oscura.
Mi ci gioco tutto quello che si trova adesso nel mio zainetto rattoppato, che avrebbe sicuramente fatto i salti di gioia per venire con me.
Non è questo il suo futuro.. anche se lo avrebbe desiderato con tutto il cuore.
E giuro che non è per gelosia, o qualsiasi altra cazzata egoistica.
Anche se sicuramente rimarrà male per ciò che le dirò domani al telefono.. dovrà accettare le mie scelte.
E non nego che sarebbe stupendo se accossentisse ad accompagnarmi.
Solo paura.. ecco un'altra paura.
Stavolta però per una persona che ha fatto più del dovuto per me.
Io che sono sempre riuscita a cavarmela.. lei.. ci riuscirebbe ad adattarsi ad una vita così cruda e avventurosa?
Sebbene so che è in gamba.. io non posso fare a meno di avere dubbi.
Cresciuta in un ambiente completamente differente dal mio.. con un trattamento diverso.
Una vita diversa.
La mia migliore amica riesce a immaginare qualcosa come il mio stile di vita, solo perchè gli e l'ho descritto io.
I miei pensieri ormai hanno formato un altro mondo a parte, esclusivamente per me.
Ormai ne ho creati anche troppi di questi mondi.. sempre strani, contorti.. diversi.
E per quanto tutti insistevano a pressarmi per farmi diventare un tipo più aperto e solare..
Devo proprio ammettere che hanno fallito nei miliardi di tentativi adottati.
C'è stato un periodo in cui, molte cose sembravano avere più senso e una forma ben visibile.
Sembra esservi passata una folata di vento gelido.
Perchè di quelle forme di cui riuscivo a scorgerne il corpo.. adesso.. rimane solo un buio vuoto.
Niente è più come prima..nulla per cui nutrivo passioni.. emozioni.
Ogni sentimento mi è stato risucchiato via da qualche strana creatura maledetta.
Tutto ciò che respiro non ha nemmeno un odore ormai.
Faccio fatica anche a sorridere.. il sole è scomparso.
Completamente coperto da nuvole, destinate a non spostarsi più.
Un sorriso mi sembra una cosa forzata, terribilmente costretto a uscire per rassicurare chiunque che tutto va bene.
Un burattino di legno.. una marionetta.
Sono io. Al contrario di tutte le marionette, io per così dire sono un pò speciale.
Potrà anche sembrare un lato del mio carattere in cui io voglia spiccare e differenziarmi dal resto del mondo.
Posso affermare che non è così.
Già.. una marionetta che taglia i fili.. non è insolita?
Che si taglia i fili e se la da a gambe quando vede che ogni spigolo del suo essere è saturo della situazione, che non può più andare avanti così.
Ho 18 anni, si, ma non sono tanti.
Sono giovane, fortunatamente maggiorenne.
Resto probabilmente una ragazzina immatura come lo potevo essere qualche anno fa.
Anche se immatura, ho appreso molto.
Ho 18 anni, si, ma cosa vuoi che siano?
Di certo non si aprirà qualche portone particolare per farmi entrare chissà dove.
So bene che nulla accadrà.. ma tento lo stesso.
In fondo provare ti elettrizza e a me in particolar modo, mi stuzzica proprio un appetito di scoperta non descrivibile.
Da bambina ogni uscita per me significa un'autentica botta di euforia.
Che sia stato al parco, al supermercato, a casa dei nonni.. perfino dal vicino.
Ho sempre considerato molto il pianeta che avevo attorno.
Allora non pensavo a ciò che mi attendeva nei prossimi anni.
Anche mia madre era raggiante e piena di vita.
La mia casa un nido accogliente, pieno di amore e armonia.
Mio padre, già.. dopo una bottiglia di vino di vecchia annata, tracannata per la festa di Capodanno, cominciò a darsi alla pazzia.
Lo vedevo di nascosto quando lasciava la porta della cucina accostata e mia madre andava al lavoro.
Prima scendeva in cantina.. lasciava la bottiglia dentro il vaso della pianta nel corridoio, e appena mia madre chiudeva la porta principale scoppiava il finimondo.
Preso dalla fretta e dalla foga di bere, non si curava nemmeno di chiudere la cucina in modo decente.
Io, incerta, lo spiavo e mi arrabbiavo.. lo detestavo.
Quella figura che una volta mi faceva sentire un vecchio calore paterno dalle sue braccia.. era stata rimossa.
Scagliavo ondate di disprezzo ogni qualvolta che la sua bocca prendeva un sorso di vino.
Mi capitava di seguire le sue azioni, il sabato e la domenica, quando non andavo a scuola.
Rinunciavo anche ad alzarmi tardi pur di spiarlo.
Avevo perso le speranze che guarisse dalla sua dipendenza dall'alcool da solo.
Un domenica in punta di piedi scesi le scale e attraversai la casa.
Lo trovai al solito posto a scolarsi una bottiglia.
Ne avevo abbastanza.. io ero ormai certa che quell'uomo non fosse neanche lontanamente mio padre.
Mia madre, titubante, quando cercavo di scoprire di più..non mi rispondeva, faceva grandi giri di parole o mi scagliava maledizioni e mi pregava di farmi gli affari miei.
Cercavo di comprenderla alla fine.. la sentivo piangere a dirotto nel bagno accanto alla mia camera.
Anche lei non reggeva più un tale peso sulle spalle.
Era per lei se adesso potevo mangiare, assieme a quel nullafacente idiota.
Udii qualcosa che mi venne su dal petto e mi trafisse la gola.. un bruciore.
Un fuoco.. una rabbia pulsarmi dentro, nelle viscere.
Fu solo dopo quella sensazione strana e accecante che aprii la porta con un tonfo sordo e mi precipitai verso di lui.
Gli strappai dalle mani la bottiglia e la gettai dalla finestra.
Sembrava stordito.. intronato.. ammutolito.
Sorpreso..probabilmente stava ancora formulando la domanda del perchè avessi fatto una cosa così, a modo suo, spregevole e inrispettosa.
Non c'era dubbio che era ubriaco fino all'orlo e i suoi occhi assomigliavano a due fori lampeggianti.
Davamo l'impressione di due statue di sale l'una di fronte all'altro.
Incapace di parlare, mi ccupavo solo di guardarlo e odiarlo.
Avevo soltanto 11 anni.. una bambina appena uscita dal grembo materno si può dire.
Eppure credevo di aver fatto una cosa estremamente giusta e che poteva infliggergli un gran dolore, per ripagare quello patito da me e mia madre.
Cercò di muoversi schiodandosi dal tavolo e i suoi sforzi si dimostrarono fiochi.
Oscillava e dava un chiaro segno di spossatezza, come se fosse stato infilato dentro una lavatrice.
Sapevo che cercava di venire verso di me, ma non mi spostai.
Sentìì il puzzo di sudore e alcool lungo il viso, che lo appestava.
Per un attimo mi squadrò dall'alto in basso.
Con una cattiva ironia, pensai che magari si era anche dimenticato di sua figlia.
Che non mi riconosceva più.
Mi colse impotente, quando mi sferrò un fragoroso schiaffo.
Sentìì la guancia avvampare lungo le linee tracciate dalla sua mano sulla mia pelle.
- Che cosa ti fa pensare di mancarmi così di rispetto mocciosa? -
Non risposi.
In quel momento la rabbia mi scottava ogni singolo brandello dell'anima.
- Rispondimi, ti dico ! Cosa volevi fare eh? Non lo farai mai più capito? -
Prese a urlare queste parole e cominciò a scuotermi per le braccia.
- Capito ? -
Ripetè con più forza e cattiveria.
Mi ero ostinata a tener chiusa la bocca.
Anche se volevo urlargli tutto in faccia, avrebbe scoperto che sapevo la verità.
E se la sarebbe presa con mia madre.. pensando che lei mi avesse confidato questo ignobile segreto.
Un altro scrollo violento, sembravo una bambola di pezza.
Un altro schiaffo sonoro.
Una lacrima uscì solcandomi il volto.
La porta principale sbattè contro i cardini.
Mia madre era rientrata e io caddi per terra, dalla sua presa.
Evidentemente aveva udito rumori, perchè venne in cucina.
Ferma davanti a noi.. con un'espressione cerea e spaventata.
Rivolse il suo sguardo a me, pochi come me ne aveva rivolti.
Lo presi come un: - Mi dispiace.. -
Poi da me a mio padre.
E se avesse potuto lo avrebbe fulminato.
Lui si limitò a ricambiare e a ridacchiare.
- Sai cosa ha fatto questa sudicia sgualdrina? -
Gli si leggeva sul volto che aveva uno strano spirito.. da pazzo.
Un sussurro proveniente da mia madre che io intesi per un "cosa?", sprofondò dopo che lei gli corse incontro e cominciò a picchhiarlo forte, dove le capitava.
Ogni pugno, schiaffo, calcio.. veniva consegnato al destinatario con ferocia.
- Non - toccare - mia figlia - bastardo ! - Come - ti sei - permesso - di picchiarla? - Vattene - Vattene ! -
Scandì con forza le ultime due parole.
Lui cercò di pararsi, ma mia madre aveva preso il via e non credo avesse intenzione di fermarsi proprio in quel momento.
Proprio quando sfogava il suo dolore e rabbia incastrati tra le sue corde vocali, che mai aveva avuto la possibilità di espellere.
Sembrava proprio accanita verso quell'uomo che amava un tempo..
All'improvviso cessò di menar colpi.
Entrambi rossi, accaldati, straniti.
Nessuno dei due sembrava più aver forza per muovere un muscolo.
Lui strascicò i piedi fino in salotto accasciandosi sul divano.
Lei fece finta di niente e si rimboccò le maniche della maglietta per preparare il pranzo.
Possibile che un episodio tale potesse essere superato con tanta facilità?
La mia piccola mente lavorò frenetica, e seppi dall'inizio che nulla sarebbe cambiato.
Sarei rimasta schiava a vita di questo segreto, del silenzio che incatenava me e mia madre.
E semmai a scuola mi avessero chiesto come mi fossi procurata lividi avrei risposto semplicemente:
- No non è nulla, ho sbattuto contro la porta mentre correvo -
Non sarei mai stata un ragazza indipendente, libera e spensierata..
La mia adolescenza sarebbe rimasta segnata da brutti ricordi e continue urla nelle orecchie.
Da continui ammonimenti e pianti nel bagno, chiusa a chiave.
Nessuno si era mai preso la briga di chiedere come stavo.
Non sapevo nemmeno se i miei nonni fossero ancora vivi.
Sarei potuta andare a vivere da sola, per ciò che riguardava a i miei genitori.
Lui.. beveva e se capitava, che qualcuno di noi intralciava il suo "ritmo" della giornata, non si toglieva lo sfizio di prenderci e farci spuntare lividi lungo tutto il corpo.
Lei.. lavorava ininterrottamente dal mattino alla sera, lasciava poco spazio alla casa, alle pulizie, alla sua cura.. anche a me.
In quei momenti in cui restavamo da sole mi pregava che qualunque altra cosa fosse successa sarei dovuta rimanere in casa, almeno fino a quando avessi preso il diploma.
Ci abbracciavamo, nella nostra infelicità e io non riuscivo a trattenere le lacrime.
Sentivo nostalgia, sentivo la lontananza di mia madre. Colei che mi ha dato alla luce.
A volte mi chiudevo in camera con uno stretto nodo alla gola.
Afferravo la sua sciarpa che le avevo rubato dall'armadio e ci affondavo il viso.
Sentivo il suo profumo di sapone e lo respiravo, quasi mi stesse avvolgendo con le sue braccia.
Cedevo alla mia voglia liberatoria.
Crollavo in un sonno pieno e la mattina mi svegliavo con le coperte rimboccate fino alla testa e la sua sciarpa ancora stretta fra le dita.
Sapevo che prima di uscire passava da me.
Questo è forse il ricordo più bello che ho di lei.
Credo che ce ne siano di migliori, ma ero troppo piccola per poter ricordare.
La mia vita si è offuscata per colpa di un uomo debole e incapace.
E assieme alla mia, quella della mia povera mamma.
Da lui ho imparato molto e lo continuerò a ripetere fino alla morte, che non seguirò mai le sue orme.
Ero una bambina che si era appena affacciata alle sue esperienze.
Incominciarono le medie e ebbi molta difficoltà a socializzare.
Non ricordo nessuno che abbia avuto il garbo di farmi sentire accolta.
Anche colpa mia ovvio, ma come potevo?
Ciò che nascondevo era strettamente riservato.
Non volevo fare uscire dai confini il segreto.. ma se solo mi fosse scappato.. non osavo immaginare cosa mi sarebbe accaduto.
Un giorno alla fine del terzo e ultimo anno, mentre tornavo a casa vidi un'ambulanza in lontananza e una volante della polizia.. in quella che sembrava essere casa mia..
Avvicinandomi mi resi conto che lo era davvero e presi a correre.
Addirittura la porta del giardino era stata sbarrata con il nastro della polizia..
Uno spiacevole presentimento mi annebbio la mente, mi prese il panico.
Ogni molecola di ossigeno sembrò abbandonarmi.
- Mamma... mamma.. dimmi che ci sei ancora.. ti prego.. tu no.. tu no.. -
Il ritornello mi faceva scoppiare il cervello.
Gli agenti mi videro in corsa verso casa e mi afferrarono appena in tempo, prima che scavalcassi il nastro.
Mi dimenai in tutti i modi e fui presa nuovamente dalla rabbia.
- Bastardo, che le hai fatto? Esci fuori ! Ti uccido ! -
Presi a gridare con quanto fiato avevo.
Immaginai il peggio per mia madre.. e proprio quando lo pensai davvero.. dall'uscio di casa su una barella disteso e immobile giaceva mio padre.
Due agenti della polizia mortuaria..? Mi voltai e non vidi un'ambulanza.
Bensì il fatidico camioncino bianco.
Vidi innocente, la persona che ci aveva fatto patire la nostra esistenza, la mia giovinezza, abbandonare la sua famiglia, le sue amate bottiglie.. abbandonare una vita che aveva già perso.
Non so come qualcun'altro si senti dopo aver visto un genitore morto, esser portato via.
Lacrime, dolore.. no nulla.. una pietra si polverizzò dal mio stomaco e così rimasi immobile.
Finchè un paio di braccia non mi afferrarono da dietro.
Mia madre mi abbracciò.
Non credo di aver avuto ancora l'uso dei cinque sensi in quegli attimi di fugace stranezza.
Non udivo voci, nè odori, non sentivo i polpastrelli di mia madre che mi stringevano, la mia bocca era arsa e vedevo tutto sfocato.
  
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