RABBIA E MAGIA.
Harry proseguì senza fiatare immerso in mille pensieri,
negativi e positivi, anche se di positivi ce n’erano davvero pochi. I Dursley
non erano molto felici di vederlo, in verità non lo erano mai stati, ma
stavolta erano davvero di pessimo umore. Arrivati al numero 4 di Privet Drive
Harry entrò e schiaffò il baule in un angolo della sua stanza. Si sedette sul
letto e si augurò di addormentarsi per non svegliarsi mai più. Si sentiva
stanco sia fisicamente sia moralmente, la cicatrice gli prudeva e aveva le
lacrime agli occhi. Ora era rimasto davvero solo. Finalmente aveva capito
perché Silente si ostinava a mandarlo dai Dursley, e purtroppo per lui doveva
restarci. Appoggiò la bacchetta nel cassetto e giurò a se stesso di non
sfiorarla fino a Settembre. Come avrebbe trascorso questi tre mesi? Sarebbe
rimasto chiuso nel suo sgabuzzino sopraffatto dall’ansia di tornare a Hogwarts.
Stavolta però, era tutto diverso. I compagni avevano capito chi aveva ragione,
ma ora a Harry questo non importava più. Cercava di allontanare dalla mente
ogni pensiero che lo riconduceva a Sirius, ma le alternative erano davvero
poche e stupide, in confronto a quello che era successo al suo padrino.. si
sentiva triste e colpevole. Si sentiva quasi un assassino. “mi starebbe bene
andare ad Azkaban” pensò e una lacrima gli rigò il viso. Ma se l’asciugò subito
e si alzò di scatto. Tutti quei pensieri gli avevano seccato la gola. Scese il
più lentamente possibile e solo quando fu arrivato in cucina si accorse che suo
cugino non c’era. La cosa non lo toccava più di tanto, ma non aveva mai visto i
suoi zii così preoccupati. Si riempì un bicchiere con tutta la calma possibile
e, senza pensarci, azzardò a dire: - dov’è Dud?- non appena finì la frase un
pianto interruppe il silenzio che regnava fino a poco prima. Sua zia piangeva.
Sembrava una cosa seria. Ma non seria come la morte del suo padrino. E solo a
pensarci, Harry tremò, facendo cadere a terra il bicchiere. Stranamente sua zia
non lo uccise di ceffoni, così, con tutta la volontà possibile, asciugò e pulì.
– tuo cugino non è dai Dowkins, doveva andare lì a pranzo, ma non c’era.
Abbiamo telefonato a casa dei Dowkins, per dirgli a che ora doveva tornare
Dudley, ma loro mi hanno risposto che Dudley non era mai arrivato a casa loro-
spiegò zio Vernon -e se l’hanno rapito?- gemette sua zia. Harry guardò la scena
attonito e subito pensò di avere già troppi problemi (la paletta gli cascò
dalle mani) quando la porta si aprì con uno scatto. Dudley era tornato. Harry
corse di sopra. Non voleva essere d’intralcio. Sapeva bene cosa faceva Dudley
il pomeriggio. Frequentava una banda di ragazzi teppisti e fumava, anche.
Sorrise appena quando pensò alla faccia che avrebbe fatto sua zia se avesse
saputo che il suo “piccolo e indifeso” Dudley fumava. Ma il pensiero non era
allegro abbastanza. Si stese sul letto senza togliersi nemmeno le scarpe e,
dopo circa un’ora si addormentò.
Verso mezzanotte un dolore lancinante lo svegliò. La
cicatrice bruciava. Harry si alzò, si massaggiò la fronte ormai abituato a quei
dolori e si accorse di aver deformato gli occhiali. “magnifico” si disse, e
cominciò a ripararli.
Il mattino seguente si svegliò grazie all’urlo di suo
cugino (-No!-) ma non riuscì a capire perché gridasse, e, a dir la verità, nemmeno
gli importava. Si alzò, si stiracchiò appena e un peso terribile gli crollò
addosso: era solo e non poteva sfogarsi con nessuno. Come avrebbe potuto
sopportare tutto questo? E a tutto si aggiungeva la paura del duello finale con
Voldemort. Non gli importava, in verità di morire, ma di cosa avrebbero pensato
tutti quando l’unico che poteva salvare le loro vite si fosse fatto uccidere.
C’erano anche altre due cose che contribuivano all’ansia che lo opprimeva.
Sapeva che a luglio sarebbero arrivati i risultati dei G.U.F.O. e sapeva che da
lì dipendeva la sua futura carriera da Auror. Poi, alla fine dei suoi problemi
c’erano le ragazze. Cho, così carina, ma così difficile, e inoltre, doveva
anche sopportare i battibecchi amorosi fra Ron ed Hermione. Perché sapeva che
tra loro c’era una certa simpatia. L’aveva intuito. “passerò due mesi in
compagnia dei miei problemi” si disse Harry affranto, e per distrarsi scese giù
x vedere cosa diavolo stava succedendo.
Su zio aveva il viso contorto in una smorfia di rabbia e sua zia tratteneva a stento le lacrime, emettendo, di tanto in tanto, gemiti e sospiri. Dudley era sprofondato su una poltrona, le mani impegnate a ficcarsi in bocca una merendina ipercalorica. Harry alzò gli occhi al cielo e si versò del succo all’arancia. Lo bevve tutto d’un sorso e decise che era meglio uscire per una passeggiata. “Non incontrerò nessuno che vuole farmi fuori”disse a bassa voce Harry ripensando con orrore all’estate scorsa.