LA MASCHERA FELICE J
CAPITOLO I
Mi guardo allo specchio, sono un
disastro.
Lavo ripetutamente la mia faccia
con acqua gelida cercando di ridurre al minimo i segni che le lacrime mi hanno
lasciato.
Piango, si piango.
Non è cambiato niente.
Pensavo che sarei diventata
più forte, ma niente.
Chi nasce debole, muore debole.
Tra qualche giorno sarà il
mio compleanno, un altro motivo per piangere.
Già, perché nel
giorno del mio compleanno cade l’anniversario del mio dolore.
Quel giorno di tre anni fa ho perso
tutto e una parte di me è morta.
Vado in camera da letto, mi preparo e non posso fare a meno
di dare un’occhiata alla foto che c’è sul mio comodino.
Che bei tempi.
Ero felice in questa foto, ma non
ricordo perché.
Ci sono le mie amiche, loro sanno
tutto della mia storia e mi sono state molto vicine; ci sono anche Mamoru e
Motoki, loro non sanno niente, ho preferito tenerli all’oscuro di tutto, è
stata la cosa migliore da fare.
Scendo di corsa per le scale, mi
guardo un altro po’ allo specchio che ho in salotto, do un ultima sistemata ai miei due
lunghi codini biondi, chiudo gli occhi e respiro profondamente.
Ora sono pronta ad
indossare la mia maschera.
Una maschera fatta di segreti e
finti sorrisi.
Agli occhi di tutti io sono il
ritratto della felicità: frequento scienze infermieristiche con ottimi
risultati, vivo in una bellissima casa, ho tanti amici.
Sono una ragazza sempre allegra,
spensierata e un po’ superficiale.
Eh si … sono proprio una
brava attrice, merito l’Oscar!
Ma nessuno può capire, nessuno sa come mi sento
davvero, nemmeno le mie amiche.
Solo io conosco il peso che mi
porto dentro.
Poi, naturalmente, quando sono sola
quella maschera perfetta che ho costruito non regge
più, e si frantuma in mille pezzi.
Sotto la maschera si rifà
vivo il mio dolore
J J J J J J J J J J
Arrivo al Crown.
Entro e trovo Motoki e Mamoru, i
due inseparabili.
Mi siedo al bancone e ordino del
caffè, ne ho bisogno, stanotte ho dormito poco e niente.
«Così abbiamo fatto le ore piccole? Testolina
buffa!» Mamoru mi prende in giro, come al solito, ha sicuramente notato i miei occhi gonfi e
arrossati.
Io non dico niente, ma lo fulmino
con lo sguardo, stamattina non ho assolutamente voglia di discutere con lui.
«Ma dai, Mamoru lasciala in pace una volta tanto» Motoki mi
sorride e mi porge il caffè.
È sempre stato un ragazzo
gentile e soprattutto discreto, e pensare che quando frequentavo
le medie avevo una cotta per lui.
Bevo velocemente, ma nel pagare
lascio cadere a terra tutto il contenuto della mia borsa.
Raccolgo tutto frettolosamente,
pago e scappo via salutando i presenti.
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«Oggi è più
stralunata del solito!» mi rivolgo al mio amico Motoki, il quale mi
guarda e sorride mentre è
intendo a dare una ripulita al bancone.
Usagi non l’ho mai capita sul
serio, forse perché siamo incompatibili, completamente diversi!
Già, però è
così buffa, mi diverto troppo a prenderla in giro.
Mi dispiace che oggi non era di
buon umore.
Involontariamente i muscoli del mio
volto si muovono facendomi assumere un espressione
da imbecille, sto ridendo da solo.
«Quella faccia non mi convince per niente …
scommetto che stai preparando qualche scherzetto alla nostra amica! Attento Mamoru, un giorno si
vendicherà e sarà doloroso … molto doloroso!»
Motoki capisce tutto e mi mette in guardia, ma non posso, non posso vivere
senza stuzzicare quella ragazza, le sue reazioni sono sempre così
esilaranti.
Mi alzo, sto per andare in
ospedale, mi sono da poco laureato in medicina col massimo dei voti ed ora sono uno specializzando in
chirurgia.
Amo questo lavoro, sembra fatto
apposta per me, e poi il mio sangue freddo, la mia precisione, la mia razionalità
mi hanno reso uno tra i migliori.
Saluto Motoki, ma qualcosa a terra
cattura la mia attenzione.
Raccolgo l’oggetto
misterioso.
Ma che sbadata, Usagi ha lasciato qui a terra il suo
documento di identità;
la foto risale sicuramente a qualche anno fa, si vede che era più
piccolina … che buffa!
Leggo tutti i suoi dati e rimango
sorpreso nello scoprire che fra due giorni sarebbe stato il suo compleanno,
più che sorpreso sono
scioccato, questa è proprio una novità.
Lei è sempre stata solita
ricordarci il suo compleanno già da un mese prima, in pratica era lei
stessa ad organizzarsi la
festa a sorpresa.
Però,
adesso che ci penso, era da un bel pezzo che non festeggiava il suo compleanno;
saranno circa due, anzi tre anni.
Caspita, come ho fatto a non
accorgermene!
Chissà forse ero impegnato
fra tesi, tirocini e lavori part-time.
Mi meraviglio che le sue amiche non
abbiano organizzato qualcosa.
Comunque resto
perplesso e deluso di me stesso.
Che razza di amico sono, potevo almeno farle gli auguri.
J J J J J J J J J J
Fantastico, ho superato un altro
esame col massimo dei voti.
Alla faccia di tutti coloro che non credevano nelle mie
capacità.
Caspita com’è tardi,
le mie amiche mi aspettano.
Corro come una forsennata, non mi
va di prendere un rimprovero da loro.
«Scusate … scusate!»
dico loro col fiatone.
«Usagi ... cosa
dobbiamo fare con te!» Rei mi guarda con un aria
rassegnata, anche le altre ragazze mi fissano con la stessa espressione.
Lo so che fingono, le conosco
troppo bene, ma so anche come far cadere subito la loro messa in scena.
«Beh io, ero venuta con
l’idea di offrirvi un bel gelato, per festeggiare l’esame che ho
passato … ma a quanto pare … forse è meglio di no» neanche
ho il tempo di finire la frase che l’espressione delle ragazze muta
improvvisamente.
Basta parlare di gelato che hanno
già dimenticato il mio ritardo.
Adesso i loro occhi luccicano per
la felicità.
Tutte e cinque gustiamo delle favolose coppe di gelato alla vaniglia
super farcite di cioccolato e noccioline.
«A proposito di
festeggiamenti» mi chiede Minako «Tra due giorni è il tuo
compleanno, non puoi passare anche questo da sola a piangerti addosso» la
ragazza era stata davvero esplicita.
Le altre non dicono una parola e mi
fissano aspettando una qualche mia reazione.
Smetto immediatamente di mangiare e
abbasso la testa.
Ma come le è venuto in mente di chiedermelo, non lo sa
che per me è ancora troppo presto?
Oh mio dio, mi viene da piangere,
ma resisto con tutte le mie forze.
«Mi dispiace, ma non mi sento
ancora pronta» dico con voce tremante, mi alzo e vado via.
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«Forse avrei fatto meglio a tenere la
bocca chiusa, ma non ce la faccio più a vederla soffrire per il suo
passato, ormai è passato, deve guardare al futuro!»
Rei mi guarda
con un tono di rimprovero «Minako … anche noi ci teniamo ad Usagi, le vogliamo bene e vogliamo aiutarla … ma
non possiamo forzare le cose.»
Io, Ami e Makoto fissiamo Rei e ci rendiamo
conto che ha perfettamente ragione, non possiamo aiutare qualcuno che non vuole
essere aiutato.
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