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Autore: BettyLily    11/05/2014    1 recensioni
"...di quella sera mi rimasero impresse solo poche cose: l’aria fresca delle notti di settembre che mi accarezzava le guance mentre correvo, l’erba che mi solleticava quando mi buttavo a terra stremato e le risate che mi uscivano fuori da sole, libere, naturali come mai mi era capitato in tutta la mia vita."
"Piansi anche quella notte, sapevo che non ero più nel bosco, ne ero certo, ma io volevo tornarci; rivolevo i miei amici, il mio Caterpie, le mie deliziose bacche, la mia felicità. Ancora non sapevo che quei vuoti sarebbero presto stati colmanti, almeno in parte, da lui..."

EDIT: storia modificata leggermente il 12/05/2014!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Pikachu, Prof Oak
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Quella mattina mi svegliai più euforico del solito: finalmente era arrivato il giorno in cui avrei abbandonato quel dannatissimo posto. Programmavo la mia fuga da ben sei mesi e finalmente era arrivato il momento.
Avrei fatto finta di niente tutto il giorno e poi, di notte, me ne sarei andato.
 
Come sempre, ero tra gli ultimi a svegliarsi. Raggiunsi la mia postazione di lavoro: mi occupavo della sorveglianza. Ovviamente, in quel posto triste e abbandonato non arrivava mai nessuno e anche quella giornata trascorse lenta e noiosa, ma tranquilla.
Cenai con qualche bacca assieme ai miei compari e, sempre con loro, raggiunsi il dormitorio - così lo chiamavamo, ma in realtà era una grande stanza vuota con solo qualche amaca sulle quali ci ammassavamo per dormire e ai meno fortunati toccava addirittura dormire per terra.
 
Volevo partire subito, il desiderio di libertà era più forte che mai, ma attesi comunque notte fonda per iniziare a muovermi.
Avevo scelto la mia postazione per dormire in modo strategico: ero per terra vicino alla porta, ma non troppo. Così potevo zampettare via senza rischiare di urtare tutti gli altri e, non essendo esattamente sulla porta, non sarei risultato troppo sospetto.
 
Uscito dalla stanza, attraversai gli infiniti corridoi che portavano all’uscita senza farmi scorgere dalle telecamere: essendo della sorveglianza, vi avevo libero accesso, così ero riuscito a spostarle pian piano, giorno dopo giorno, un po’ alla volta, in modo da creare diversi punti dei corridoi in cui potessi passare senza essere visto. Ovviamente scappare era visto come un tradimento, ma soprattutto come un atto fuorilegge, per cui avrebbero sicuramente accusato gli altri della sorveglianza del fatto che non avessero posizionato bene le telecamere. Di solito ero un tipo altruista, ma quella sera non pensai neanche lontanamente alle conseguenze che avrebbe comportato la mia fuga: volevo solo andarmene da quella sorta di prigione che ci ostinavamo a chiamare centrale elettrica.
 
Quando fui finalmente fuori, a stento mi trattenni dall’urlare di gioia, ero terribilmente felice.
Non ricordo nulla sulla strada che feci, di quella sera mi rimasero impresse solo poche cose: l’aria fresca delle notti di settembre che mi carezzava le guance mentre correvo, l’erba che mi solleticava quando mi buttavo a terra stremato e le risate che mi uscivano fuori da sole, libere, naturali come mai mi era capitato in tutta la vita.
Attraversai anche qualche città e mi ricordo le poche luci ancora accese e di un bambino che camminava assieme a suo nonno e che, indicandomi, disse:-Guarda nonno! Chi è quello? Che ci fa qua?
 
Quando raggiunsi il Bosco Smeraldo, mi fermai ad ammirare solo uno dei tanti splendidi alberi verdi e rigogliosi che crescevano lì. Era la prima volta che vedevo una cosa del genere: avevo sempre passato la mia vita chiuso dentro e nelle rare volte in cui ero uscito avevo visto solo qualche alberello morente nei dintorni; davanti a me, ora, si erigeva qualcosa che, ai miei occhi, risultava una sorta di meraviglia, un miracolo venuto dal cielo.
 
La gioia mi riempì completamente il cuore: corsi per tutto il bosco urlando e ridendo, buttandomi e rotolandomi a terra, arrampicandomi sugli alberi per poi buttarmici giù e cadere sulla soffice erba; mangiai un sacco di bacche, altra cosa che prima mi era impedita; potevamo mangiarne solo sei al giorni, due a pasto, e, considerando che nei dintorni se ne trovavano solo di piccole e poco nutrienti, era davvero poco; mi rinfrescai anche bevendo un po’ dell’acqua fresca di un piccolo fiumicello nascosto nei meandri più profondi del bosco.
Pensavo che niente sarebbe potuto essere più bello della vita lì, continuavo a sorridere ai pokémon del bosco e a salutarli a uno a uno; non riuscivo a smettere, volevo condividere con tutti la mia immensa gioia!
 
Iniziai così la mia vita lì, assieme ai pokémon del bosco, nutrendomi solo di bacche selvatiche e giocando con loro. Non rimpiangevo affatto il passato: anche se avevo lasciato lì la mia famiglia e l’unico amico che avessi mai avuto, con loro non mi ero mai sentito per davvero a casa, non mi ero mai sentito me stesso, non mi ero mai sentito libero.
Invece, lì, anche il sole e la luna parevano miei amici che mi sorridevano e riuscivo ad essere sempre felice anche nei momenti peggiori.
 
Poi un giorno successe il fatto che segnò il resto della mia vita.
Era mezzogiorno circa, quando un tipo piuttosto anziano si addentrò nella foresta. I miei nuovi amici – coi quali avevo imparato a relazionarmi – mi avevano detto, tempo addietro, che si chiamava Oak ed era una sorta di scienziato. Non era la prima volta che veniva lì e nemmeno la prima che lo vedevo.
Eppure, quella mattina, attirò la mia attenzione in particolare. Non fece nulla di strano, le solite cose.
Ancora oggi non capisco cosa mi spinse ad avvicinarmi a lui e al suo assistente, fatto sta che lo feci; scesi dall’albero dove mi rifugiavo assieme ai pokémon più timidi(o più affezionati al bosco, che per questo  non volevano correre il rischio di doverlo lasciare) e, pian piano, li raggiunsi, mentre studiavano un uovo pokémon che avevano trovato nell’erba alta.
Quando si accorsero di me, mi guardarono piuttosto stupiti, ma io li ignorai e mi avvicinai sempre di più all’uovo. Non avevo idea di cosa stessero cercando di capire loro e non me ne interessai: improvvisamente quell’uovo era diventato il centro della mia attenzione; sembrava così gracile e piccino, quasi… morto. Sapevo di non poter fare molto e mi vennero addirittura le lacrime agli occhi: una creatura se ne stava andando davanti a me e io non potevo fare nulla, ero impotente.
Benché, pensai, non sarebbe servito a niente, mi ci rannicchiai intorno, tentando di trasmettergli il mio affetto, il mio dispiacere per quello che stava accadendo, tentando di spiegargli che non era solo e, senza accorgermene, mi addormentai.
 
Mi risvegliai sentendo degli scricchiolii. Aprii gli occhi e mi guardai attorno. Era arrivata la notte, ma i due uomini erano ancora lì(anche se il più giovane dormiva), i pokémon ancora sugli alberi e io ancora attorno all’uovo.
-Ragazzo! Ragazzo, svegliati, guarda!- sentii dire da Oak, probabilmente rivolgendosi al suo compare. Ma non capivo cosa dovesse vedere, prima di qualche altro scricchiolio: provenivano dall’uovo!
Balzai all’indietro spaventato e assistetti a un evento che, in vita mia, mai avevo visto prima: l’uovo si stava schiudendo! E, come sentii dire in seguito dai due uomini, era stato grazie al mio calore che era sopravvissuto nonostante stesse morendo e che, addirittura, era riuscito a schiudersi!
 
Passarono alcuni mesi; io avevo iniziato a prendermi cura del piccolo Caterpie che era uscito dall’uovo, ormai mi reputava una sorta di madre per lui.
Tuttavia, quella sera, decisi di lasciarlo andare; gli spiegai che non potevamo stare insieme, che io gli volevo bene, ma sentivo che prima o poi ci avrebbero separato e io preferivo che lo facessimo ora, con e non contro la nostra volontà. Lui mi obbedì senza proferire suono, rassegnato, non provò nemmeno a contraddirmi, doveva essermi talmente affezionato e rispettarmi così tanto da non pensare neanche lontanamente che la mia opinione potesse essere messa in discussione.
Piansi tutta la notte: perché l’avevo fatto? Perché?! Eppure, una parte di me era ancora convinta che fosse stata la scelta giusta, sentiva che presto mi sarebbe successo qualcosa.
 
All’alba, in preda ad un attacco di disperazione e, probabilmente, malinconia, feci per andare a cercare il Caterpie, quando incontrai Oak e un altro dei suoi assistenti.
-Ehi, come va?- mi si avvicinò amichevole, ma io indietreggiai.
Improvvisamente, quella figura, che sempre aveva sempre suscitato una certa curiosità in me, mi spaventava. Poi la vidi: quella sfera pokéball. Senza rendermene conto, mi ritrovai rinchiuso in quello stupido e angusto posto senza che sapessi come fare a uscire.
Ora ero legato per sempre a quell’oggetto: il Pikachu libero che ero sempre stato da dopo la mia fuga, se n’era andato e questa volta per sempre.
 
Piansi anche quella notte, sapevo che non ero più nel bosco, ne ero certo, ma io volevo tornarci; rivolevo i miei amici, il mio Caterpie, le mie deliziose bacche, la mia felicità. Ancora non sapevo che quei vuoti sarebbero presto stati colmanti, almeno in parte, da lui: un infantile bambino di nome Ash che dalla mattina seguente diventò il mio compagno di vita.



Spazio autrice! =)
Buonasera(giorno?) gentaglia! :3 Che dite, vi è piaciuta o meno la storia? Ma, domanda più importante, avevate intuito che il protagonista fosse Pikachu? Ho provato a mascherarlo il più possibile fino all'ultimo! X3
Beh fatemi sapere con una recensione; sono ben accette anche quelle neutre o negative, sono piuttosto fiera di questa storia - cosa molto strana da parte mia - e vorrei sapere se c'è ancora qualcosa che devo cambiare!
Un abbraccio,

Sora∞
  
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