Fanfic su attori > Cast Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: wearesotogether    11/05/2014    3 recensioni
Nessuno osò pronunciare il suo nome, o fare direttamente riferimento a lui. Inutilmente, ovvio. Lui era lì con loro in ogni istante. Il suo nome sembrava aleggiare su di loro con grazia, e la sua presenza non era mai stata tanto forte come quel giorno, in quell'aula che ne aveva viste così tante. Si insinuava tra le sedie rosse disposte in bell'ordine su un lato, sui tasti del pianoforte nell'angolo, lungo gli scaffali appoggiati ai muri. Davanti alle due targhe lucidate, appese di fianco alla porta. Tutto sembrava parlare di lui.
---
[happy birthday cory]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss, Lea Michele, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A Cory.
A Lea.
E a tutti quelli che un po' di cuore l'hanno perso il 13 luglio
in un hotel di Vancouver.







 
 
------------------------------------------
In loving memory
Cory Monteith
1982 - ∞
 
Happy birthday little angel
------------------------------------------
 





Lea si guardò di nuovo allo specchio e sospirò profondamente.

Aveva gli occhi rossi e gonfi, e le sue occhiaie non erano mai state così pronunciate. Non aveva dormito quella notte. Non molto, non bene.
Dopo aver guardato Funny Girl, la sera prima, nel suo appartamento decisamente troppo grande per una sola persona, ed essersi fatta un bel pianto che comprendeva qualcosa di più, era andata a dormire discretamente presto, nella speranza che il sonno cancellasse almeno un po’ di quell’angoscia che gli attanagliava le membra da qualche ora ormai.

Ma non era servito.
E non erano servite neanche le tre tisane e le due pastiglie di sonnifero che aveva preso qualche ora dopo, quando aveva capito che sdraiarsi e chiudere gli occhi non sarebbe bastato. Dormiva per qualche ora, poi cominciava ad agitarsi nel sonno, e si svegliava sudata, tremante, con le guance bagnate di lacrime.

Sognava. Sognava sempre la stessa cosa. Da mesi ormai. Da quando…

Era un bel sogno, Lea lo sapeva, ma non poteva fare a meno di sedersi sul letto e scoppiare a piangere ogni volta che si svegliava dopo averlo fatto.
Lei era forte, ma tutto quello era più forte di lei. E lei se ne rendeva tristemente conto ogni giorno.

E anche ora, davanti allo specchio di quello che era stato il suo camerino negli ultimi cinque anni, luogo di pianti, urla, disperazioni, ma anche scherzi, risate e tanti momenti felici, non poteva fare a meno di sentirsi svuotata, sopraffatta, travolta dagli eventi.
Perché quella era la sua vita, e quelle nell’altra stanza erano le sue persone, e quello era il suo lavoro, e Lea ne era grata, era grata da morire per avere tutte quelle cose.
Ma c’erano volte, c’erano giornate, giornate come quella, in cui non poteva impedirsi di desiderare, per un secondo solo, di essere qualcun altro, da qualche altra parte, con qualcuno che ora non era più con lei.

Sospirò di nuovo, cercando con tutte le sue forze di trattenere le lacrime che cominciavano a farsi strada tra le sue ciglia lunghe.
Tirò su col naso e si pettinò la frangia. Di nuovo.

Poteva farcela. Sarebbe andata bene. Era giusto così. Sarebbe andata bene. Poteva farcela.

Un leggero bussare interruppe i suoi pensieri che vagavano incontrollati, e Lea ne fu quasi grata. E ancora più grata fu quando, dopo aver pronunciato un leggero “Avanti”, si rese conto che ad aver bussato era stato Chris.

“Ehy hon” sussurrò il ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle e guardandola con dolcezza. Come sempre.

Questa era una delle tante – tantissime – cose che amava di Chris. Da quando era successa… quella cosa, lui, al contrario di molti, non l’aveva mai guardata in modo diverso da prima. Lea odiava gli sguardi di pietà e compassione che si trovava spesso addosso, come se fosse un cucciolo bastonato. Lo era forse, ma detestava quando gli altri glielo ricordavano in continuazione.
Chris era capace di capirla. Di starle vicino, senza essere invadente. Di esserci, senza sembra inopportuno. Di abbracciarla e restare in silenzio per ore. Di guardarla, senza farla sentire rotta, distrutta, sbagliata.

Era così comprensivo, così disponibile, così preoccupato a farla star bene, che spesso Lea si dimenticava che lei non era l’unica ad aver perduto qualcosa, quel giorno.
Qualcuno lì fuori aveva perso un figlio, un cugino, un idolo, un’ancora. Un amico. Chris aveva perso un grande amico, eppure non le aveva mai rinfacciato i lunghi pomeriggi che lei passava a piangere o a urlare quanto la vita fosse ingiusta tra le sue braccia. Né l’aveva mai sgridata quando lei era scontrosa.
C’era sempre stato. Sempre.

E Lea in quel momento ne fu così grata che in pochi passi lo raggiunse e lo strinse forte a sé, lanciandosi d’istinto verso il corpo caldo dell’amico.
Chris rimase spiazzato per qualche secondo, poi ricambiò l’abbraccio.
“Ehi” sussurrò sui suoi capelli, accarezzandole la schiena con dolcezza.
“Ehi” rispose a sua volta Lea qualche minuto dopo, quando finalmente si staccò da lui. I suoi occhi erano lucidi.
“E questo per cos’era?” chiese Chris, riferendosi all’abbraccio, senza togliere le mani dai fianchi minuti della ragazza.
“Per ricambiare tutti quelli che tu mi hai dato e che io non ho mai avuto l’accortezza di darti” sussurrò Lea, abbassando un po’ lo sguardo.
Chris le sollevò il mento con dolcezza. “Non devi ricambiare nulla. Non lo faccio per quello, lo sai…”
Lea singhiozzò. “Lo so, ma…” cominciò con voce tremante, ma Chris la interruppe.
“E poi non mi piacciono gli abbracci” aggiunse il controtenore, sorridendo. Lea scoppiò in una leggera risata e Chris annuì, contento di essere riuscito nel suo intento.
“Stai bene?” chiese poi, tornando serio.
Lea rimase in silenzio. “Come sempre” sussurrò, e Chris capì. Capì che no, ovviamente non stava bene, ma che poteva farcela. Poteva farlo. Per lui.

A quel punto qualcun altro bussò alla porta.
Il viso fresco di Darren si affacciò con titubanza dalla porta di legno.
“Ehi. Ci siamo tutti di là…” esclamò, senza entrare.
Chris gli sorrise appena, e Lea annuii come in trance. Sospirò – per l’ennesima volta in pochi minuti – e disse, con decisione: “Andiamo allora”

Afferrò la mano di Chris con la destra e, avvicinandosi alla porta, afferrò anche quella di Darren con la sinistra. Li guardò entrambi negli occhi.
“Siamo qui. Siamo sempre qui” sussurrò Chris, stringendo ulteriormente la presa.

E almeno di quello Lea era più che sicura.


***


Darren non aveva esagerato. C’erano davvero tutti, in quella piccola aula dall’aria familiare.

C’erano Naya ed Heather che chiacchieravano tranquille con Kevin.
C’erano Chord e Mark che continuavano a lanciarsi schiaffi sulla nuca con forza, ridendo appena.
C’era Dianna, in un angolo, che si torturava le dita.
C’erano Jenna, e Amber, e Harry.
C’erano Matthew, Jayma, Mike e Jane che discutevano con Ryan, Ian e Brad.
In un angolo c’erano persino Melissa, Jacob, Becca, Alex e Blake, che “non sarebbero mancati per nulla al mondo”, avevano detto.
E c’erano, i costumisti, i truccatori, gli addetti alla fotografia e alle luci, gli sceneggiatori, i produttori.

Tutti. Tutti erano lì per lui.

Quando Lea, Chris e Darren fecero il loro ingresso nella stanza, mano nella mano, il silenzio divenne solenne, quasi fastidioso. Urlava, quel silenzio, urlava lacrime, e dolore, e mancanza. Urlava il suo nome.
Lea sorrise, leggermente stupita e piacevolmente colpita da quella folla.

Poi tutti cominciarono ad avvicinarsi a lei per salutarla. Volarono abbracci, e baci, e sospiri, e qualche lacrime che già cominciava a scendere, ma nessuno osò pronunciare il suo nome, o fare direttamente riferimento a lui.

Inutilmente, ovvio. Lui era lì con loro in ogni istante. Il suo nome sembrava aleggiare su di loro con grazia, e la sua presenza non era mai stata tanto forte come quel giorno, in quell’aula che ne aveva viste così tante. Si insinuava tra le sedie rosse disposte in bell’ordine su un lato, sui tasti del pianoforte nell’angolo, lungo gli scaffali appoggiati ai muri. Davanti alle due targhe lucidate, appese di fianco alla porta.

Tutto sembrava parlare di lui.

Lea respirò con decisione quando tutti si allontanarono da lei. Senza lasciare la mano di Chris e trascinandolo con lei, si avviò verso il piccolo tavolino al centro dell’aula, adibito per l’occasione.
Sopra vi era disposta una torta, con una sola, piccola candelina rossa.
Sulla superficie ricoperta di panna, una scritta, breve ma chiara, a lettere decise, recitava il motivo per cui erano tutti lì.

 
Happy Birthday Cory
32

 
Alla vista del suo nome Lea sussultò appena, portandosi una mano alla bocca per bloccare i singhiozzi. Strinse ancora più forte la mano di Chris – gliel’avrebbe stritolata, ma il ragazzo sembrò non darci peso – e si prese un secondo per impedire alle lacrime di uscire.

Respirò in modo regolare per cercare di riprendere il controllo, e quando finalmente riuscì a parlare senza esplodere, sorrise verso i suoi amici, che ora erano tutti raccolti intorno al tavolino.

“Sappiamo tutti perché siamo qui” cominciò Lea, con voce leggermente tremante, ma decisa. “Oggi è il suo compleanno. Cioè, era il suo… sarebbe stato il suo compleanno” La voce tremò di nuovo, e Chris le abbracciò le spalle con un braccio.

Lea sorrise ancora nella sua direzione, poi riprese. “Amavo Cory. E lui amava me. E amava voi. Eravate, eravamo la sua famiglia. Perciò sono più che sicura che lui avrebbe voluto festeggiare così. Con voi, con le sue persone, in quest’aula che è stata uno dei posti più importanti della sua vita”
Le lacrime ora scorrevano leggere lungo le sue guance e lei non poteva impedirlo. La sua voce, però, rimaneva decisa. Portò la mano libera al collo, e strinse tra le nocche la collanina che portava sempre al collo.

“Cory era la mia persona. Era il nostro leader. Noi eravamo e saremo sempre la sua famiglia. E nessuno potrà portarci via tutto questo. Tutto quello che c’è stato, che lui ci ha dato e che ci ha lasciato. Cory sarà sempre con noi, finché noi saremo qui. Insieme. Perché è quello che lui avrebbe voluto. Andare avanti. Vivere le nostre vite. Portando il suo ricordo con noi. Come diceva Finn? The show must go... all over the place... or something…

Tutti scoppiarono in una leggera risata, a quelle parole.

Lea invece scoppiò in un singhiozzo, incapace di continuare. Chris la strinse forte a sé e lei si abbandonò al suo petto, stringendo con le dita la sua camicia nera.

Qualcuno singhiozzò con lei. Naya e Kevin si abbracciarono. Mark si coprì gli occhi con le mani. Dianna si allontanò un po’ per asciugarsi gli occhi. Tutti guardavano il pavimento, incapaci di dire qualsiasi cosa.

Ci volle qualche minuto perché Lea si calmasse di nuovo. Asciugandosi gli occhi, poi, si girò verso Ryan e annuii leggermente.
Il regista, con gli occhi lucidi, si avvicinò al tavolino, tirò fuori dalla tasca della giacca un accendino, e accese la candelina rossa.
La fiamma traballò un po’, poi si fece sicura e brillò con decisione, sporgendosi verso l’altro. Lea la guardò un secondo, uno solo, prima di sporgersi verso la torta e soffiare forte.

E allora successe qualcosa.

La candelina si spense, liberando del leggero fumo, e rimase così per qualche secondo. L’applauso di liberazione stava già per partire, quando la fiammella, improvvisamente, si riaccese.

Era una cosa stupida. Una casualità, ovviamente. Tutti sapevano che non significava nulla.
Eppure il silenzio divenne ancora più teso, se possibile. Tutti si guardavano con gli occhi spalancati e i petti che battevano all’impazzata.  Nessuno seppe dire come, né perché, ma quel gesto, quella piccola fiammella che sembrava essersi riaccesa dal nulla, sembrò la cosa più significativa del mondo.

Perché in quel preciso istante, tutti lo sentirono.

Lo sentirono come non lo avevano mai sentito prima.

Cory era sempre con loro, certo, nei loro cuori e nei loro pensieri, ma in quel momento sembrò essere quasi una presenza fisica.
Come se veramente fosse lì, accanto a Lea, e avesse lui stesso riacceso la fiamma. Come a dire “Ehi, io sono qui. Con voi. E non mi spengo, non mi spegnerò mai. Come questa candelina. Perché sono nei vostri cuori. E in quelli dei miei fan, delle persone che ho salvato, che ho aiutato, a cui ho fatto compagnia con la mia voce e la mia goffaggine”

E tutti, nella stanza, sembrarono sentirlo. E sorrisero.

E Lea sorrise, girandosi verso Chris.

E Chris, guardandola, non poté fare a meno di ringraziare, dentro di sé, qualunque cosa avesse permesso a quella candelina di spegnersi e poi riaccendersi.
Fosse essa un fenomeno naturale, una strana reazione fisica, un semplice soffio di vento o una persona straordinariamente importante.


***


Lea correva.

Correva su quel prato verde, in fiore, e sembrava che non sapesse dove dovesse andare, ma in realtà, dentro di sé, lo sapeva.

Lo sapeva bene.

C’era qualcuno, lì, che la aspettava. Che l’avrebbe sempre aspettata.

Riusciva già a vedere il suo sorriso, in fondo al prato. Aumentò la velocità, sorridendo a sua volta.

Ancora qualche passo, e due braccia forti e calde l’avvolsero con dolcezza, stringendola forte per non lasciarla più andare.

Lea chiudeva gli occhi, nel sogno, e si beava del profumo di muschio che il corpo caldo accanto a lei emanava.

“Ciao amore” diceva, poi, una voce bassa e profonda.

Lea sorrideva. Alzava lo sguardo, e incontrava gli occhi scuri di Cory.

“Mi sei mancato” sussurrava, cercando le sue labbra. Lui la baciava, sfiorandole il viso.

“Anche tu” rispondeva Cory, con calma. “Ma ora sei qui. E noi siamo insieme. E staremo insieme per sempre”

“Per sempre?” chiedeva Lea, titubante, ma emozionata, le lacrime che già premevano per uscire.

“Per sempre” confermava Cory, e per un istante il mondo svaniva.

Per un istante tutto sapeva davvero di eternità.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Glee / Vai alla pagina dell'autore: wearesotogether