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Autore: tonks87    11/05/2014    7 recensioni
“Katniss è a casa” risponde. “Dorme” aggiunge. Il suo tono sembra venire da un altro pianeta, come se fosse il ragazzo a dormire.
“É viva?” chiedo a questo punto direttamente. Sento l’impulso di correre nella loro casa e controllare di persona che la ragazza in fiamme respiri ancora, nel suo letto. Certo sarebbe rilassante non averla più in giro a rompere e a fare tutto ciò che di fastidioso sa fare…ma mi sono ripromesso che questi due sarebbe rimasti vivi, almeno loro.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haymitch Abernathy, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarò banale, ma non sono molto abituata a pubblicare storie, quindi, come l'altra volta, dedico questa storia a valeriaspanu (leggete le sue storie sono bellissime...), senza la quale questo racconto non sarebbe mai venuto alla luce. Grazie mille, per l'appoggio e per le lunghe chiacchierate. 

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Sento la porta sbattere e immediatamente tolgo i piedi dal tavolinetto davanti al divano. Se Effie dovesse entrare e accorgersi che sto volutamente cercando di rovinare del mogano, passerei una serata infernale. Cerco di sistemarmi in maniera composta sul divano, quando mi rendo conto che è il ragazzo del pane ad essere entrato in casa. Si affaccia nel soggiorno, mi fissa e senza dire una parola si siede sulla poltrona vicino a me. Il suo sguardo si posa in un punto indistinto sulla parete, non si muove, non emette parola. Sta lì e mi sembra alquanto preoccupato tanto da trasmettere ansia anche a me. Sono anni che non ha una ricaduta forte, anni che non cerca di far del male alla ragazza. Alle volte stringe i suoi polsi con troppa forza, oppure entra in casa facendomi strane domande circa il passato, ma nulla che meriti lo sguardo che ha ora.
“É successo qualcosa?” gli domando infine. Lui finalmente si accorge della mia presenza, e mi fissa stralunato, come se fosse ubriaco. Fa semplicemente segno di sì con la tesa. Ora sono davvero preoccupato.
“Dov’è Katniss, Peeta?” gli domando sollevandomi dal divano, pronto ad ogni emergenza. Ero certo che tutta questa tranquillità avrebbe avuto una fine. Dieci anni di serenità nel villaggio dei vincitori erano troppi. Risate, feste, viaggi al mare. Non appartenevano alla nostra vita. E sapevo che il momento del dolore sarebbe tornato, pronto a chiedere il suo compenso.
“Katniss è a casa” risponde. “Dorme” aggiunge. Il suo tono sembra venire da un altro pianeta, come se fosse il ragazzo a dormire.
“É viva?” chiedo a questo punto direttamente. Sento l’impulso di correre nella loro casa e controllare di persona che la ragazza in fiamme respiri ancora, nel suo letto. Certo sarebbe rilassante non averla più in giro a rompere e a fare tutto ciò che di fastidioso sa fare…ma mi sono ripromesso che questi due sarebbe rimasti vivi, almeno loro.
“Certo che è viva, Haymitch, che razza di domanda è?” risponde indignato, come se quello pazzo nella stanza fossi io. Come se fossi io ad avere uno sguardo da folle e fossi immobile da circa dieci minuti.
“ALLORA COSA È SUCCESSO?” gli urlo.
Lui mi guarda come se cercasse il coraggio per dirmi qualcosa.
“É incinta”. Due parole. Secche. Mi risiedo perché sento che questa chiacchierata necessiti che io stia seduto. Prendo due boccate d’aria a pieni polmoni. Non una tragedia ci ha bussato alla porta, nessun dolore, ma qualcosa di nuovo, qualcosa che in queste case non si era mai visto: vita.
“Oh…” sono le uniche parole che riesco a dire.
“Già…oh…” ripete il ragazzo.
“Beh…era quello che volevi, no?” lo guardo, ma il suo volto si è ancora girato verso il punto indefinito della parete che tanto gli interessa. Stupido Haymitch, ogni tanto dimentichi che loro sono come te, sopravvissuti, e le loro paure sono così simili alle tue.
“Sei terrorizzato, ragazzo del pane?” gli chiedo senza nascondere una punta di ironia, nel vedere Peeta Mellark, trionfatore di due arene, sopravvissuto alle torture, vincitore di una guerra, spaventato da una piccola creatura. Ma come posso biasimarlo? Lui ancora non risponde, mi fissa e annuisce, di nuovo. Mi alzo e vado a prendere dalla mia scorta privata (di cui Effie è ignara) dello scotch e due grossi bicchieri di vetro. Gli sbatto sul tavolinetto di mogano (al diavolo Effie e il mogano-che-si-potrebbe-macchiare) e li riempio abbondantemente.
“Dobbiamo festeggiare” gli dico sorridendo e porgendogliene uno. Lui lo prende con fare meccanico, e non faccio in tempo neanche a brindare che già lo ha bevuto tutto. Poi lentamente lo riposa.
“Ho paura” dice infine.
“Lo avevo vagamente intuito”.
“Se dovessi avere una ricaduta mentre Katniss è incinta? O mentre tengo in braccio il bambino? Se dovessero tornare e portarcelo via? Aveva ragione lei, non dovevamo cercarlo questo bambino, non siamo pronti. Lo porteranno via, lo metteranno in un’arena...”
“Basta così, Peeta”. Lo interrompo, perché quelle domande lo stanno lentamente uccidendo. Lo vedo dai suoi occhi terrorizzati, come se mi supplicassero di trovare una soluzione o di svegliarlo da un brutto incubo. So che per quanto possa sentire anche io le sue paure, devo comportarmi da mentore, come ho sempre fatto con i due sventurati amanti. Devo tirarli fuori, ma stavolta quello che troveranno dopo sarà nuovo, diverso perché per una volta sarà vivo. Stringo il braccio del ragazzo, perché vedo che in questo momento vorrebbe avere suo padre, qui, vivo, per gioire con lui, per chiedergli consigli, per avere un contatto.
“Peeta, i giorni in cui starai male ci penserà Katniss al bambino, tu ti riposerai finché non sentirai di stare meglio…”
“Ma…”. Gli stringo ancora di più il braccio e gli sorrido.
“Niente ma. Quando invece sarà lei a stare male, ci penserai tu alla pagnotta bruciata, lo porterai in panetteria con te e sfornerete un sacco di dolci, che mi porterete. E se starete entrambi male, ci penseremo io ed Effie…beh più Effie, ma non sarà mai solo, Peeta. Sarà circondato da persone che lo amano e che lo potreggeranno”. Lui mi guarda con gli occhi lucidi e posa l’altra sua mano sulla mia che stringe il suo braccio.
“Non verrà mai nessuno a portarvelo via…”.
“E se dovessero venire…” mi interrompe terrorizzato.
“Nel caso remoto e impossibile, ti giuro, Peeta, che li ucciderò tutti. Uno ad uno. Non permetterò mai che qualcuno faccia del male alla pagnotta bruciata. Te lo giuro”.
Il ragazzo del pane mi guarda e finalmente respira a pieni polmoni, come se le mie parole lo avessero calmato. Lascia la mia mano e si asciuga la lacrima che percorreva il suo volto.
“Grazie, Haymitch…” sussurra, mentre un sorriso tirato gli compare sul viso.
“Non avrei mai creduto che ti sarebbe venuta una crisi da neo-papà…allora sei umano anche tu…” gli dico ridendo. Lui risponde con un smorfia ironica che mi fa capire che il peggio è passato e che sta lentamente riprendendo possesso della felicità che in questo momento gli spetta, dopo aver combattuto tanto e dopo averlo desiderato così tanto.
“Vado, prima che Katniss si svegli e non mi trovi.” mi dice mentre si alza. “Ti prego di non dirle niente, è già abbastanza preoccupata”.
Annuisco: d’altronde loro fanno questo, si proteggono a vicenda. Sorseggio tranquillamente lo scotch rimastomi, ma con la coda dell’occhio vedo Peeta bloccato sulla porta.
“Haymitch…un’ultima cosa…” dice mentre si volta.
“Niente domande sulle gravidanze…sono la persona meno indicata…” gli sorrido poggiando nuovamente il bicchiere sul mogano (oh si Effie, si macchierà, ma oggi non è importante).
“Questo bambino…ecco…questo bambino sarà un po’ a corto di parenti…” inizia imbarazzato. Mi diverte molto vedere il ragazzo del pane senza parole, lui che fomentava le folle di capitolini, ora è davanti a me, imbarazzato, a cercare le frasi giuste per dirmi chissà cosa. Questa gravidanza sta rimbambendo anche lui, evidentemente.
“Oh beh, ci sarà l’affettuosa zia Johanna, no?” gli rispondo per rincuorarlo.
“Si beh, non sono gli zii a mancare. Ecco…Haymitch, questo bambino non avrà nonni…e quindi, se per te va bene…”.
Che il mondo si fermi. Cosa pensa di fare? Cosa pensa di chiedermi?
“Peeta, io non…” lo interrompo, perché so che quella richiesta non potrebbe mai essere accolta. Io non sono fatto per le cose vive.
“Haymitch, sei la cosa più vicina ad un genitore che abbiamo. Ci hai salvati e sei rimasto qui con noi, anche quando tutti gli altri ci avevano abbandonato…Questo bambino avrà bisogno di un nonno…”.
Diamine, Mellark e la tua parlantina. Come posso dirti di no. Ora che hai detto le frasi che forse sono una vita che aspetto, nonostante non l’abbia mai ammesso.
“Dolcezza non sarà molto d’accordo, lo sai?”. Sicuramente a Katniss non andrà bene, io sarò sollevato da questo incarico gravoso e tutto tornerà nella norma.
“Oh beh…a dire il vero è stata lei a proporlo”.
Maledizione, Everdeen.
 
  
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