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Autore: Ylianor    11/05/2014    6 recensioni
E' la prima volta, dopo il suo risveglio dal coma successivo alla sua morte, che il capitano Kirk si trova a partecipare ad un evento ufficiale della Flotta Stellare.
Dopo le giornate passate nell'ambiente ovattato dell'ospedale, sotto lo sguardo vigile di Bones, il brusco rientro nel mondo esterno porterà Jim a fare i conti con alcuni suoi vecchi fantasmi...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: i personaggi sono creazione di Gene Roddenberry. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro. Mi auguro che lui, insieme a Foscolo e Shakespeare, non me ne vorranno a male se ho usato uno stralcio delle loro opere in questa mia elucubrazione...

Kobayashi Maru °~

Quando a Jim venne affidato il primo, ingrato, compito ufficiale «compatibile con il suo stato di salute compromesso» era passato veramente troppo poco tempo dal suo risveglio.
Jim trovava ironica quella definizione che gli ammiragli avevano assegnato alla sua morte e resurrezione nella conferenza stampa tenuta pochi giorni dopo la sciagura che si era abbattuta su San Francisco.
E così, eccolo lì, in «perfetta salute» a presenziare in alta uniforme al funerale dell’Ammiraglio Pike.
Immobile, in piedi al leggio delle autorità, Jim si riscosse dai suoi pensieri, a disagio.
Gli era stato chiesto di dire qualche parola di commemorazione per quello che aveva considerato come un mentore, un ispirazione, un…

Un colpo di tosse distinto alla sua destra rimise ordine nel bandolo caotico dei suoi pensieri: solerte come sempre, il suo Primo Ufficiale lo riportò al reale.
Jim fece scivolare i suoi occhi, color del mare in tempesta, in quelli scuri di Spock in un misto di gratitudine ed affetto, prima di alzarli per fissare il vuoto dinnanzi a se.
Il popolo voleva lo spettacolo. Voleva il salvatore della Terra.
«Il popolo ha bisogno di eroi».

E così, James Tiberius Kirk indossò il suo sorriso più sfrontato come una maschera e parlò.

“Qualsiasi discorso sarebbe poca cosa e male esprimerebbe quel che sento. Ho perduto un mentore, un amico, una guida. Con la scomparsa di Pike, viene a mancare il miglior capitano che si potesse desiderare.”
Le ciglia dorate di Jim adombrarono per un istante i suoi occhi mentre soccombeva al dolore, ma non se ne fece sopraffare.
 “Non sono un poeta, e non ho belle parole da donarvi per descrivere Christopher Pike. Posso solo dire che la sua memoria non andrà perduta sin quando noi ricorderemo quel che ci ha lasciato e ci lasceremo ispirare dal suo esempio.  E’ questo che rende l’umanità grande, ed uomini come lui immortali.”
Non aggiunse altro, e si allontanò dal palco dopo un brusco accenno di capo a saluto di tutti.
Sentiva degli sguardi appuntati su di lui, ma in quel momento non voleva né poteva interessarsene.
Si fermò sulla tomba di Pike per qualche istante, giusto per porgergli un ultimo saluto, e non si meravigliò di non avere lacrime per piangerlo.
Dopotutto, lui era il formidabile James T. Kirk, l’eroe, il salvatore della Terra.
E gli eroi non piangono, giusto?
Serrò la mascella reprimendo il desiderio di urlare tutto il suo disappunto e dette seguito a quella farsa lasciando che tutti credessero che per il più giovane capitano della Flotta Stellare quella fosse solo una giornata come tutte le altre e che egli avesse già perfettamente metabolizzato il dolore di quella perdita, della morte e dei rimorsi che si portava dietro da giorni.
 
 
In cerca di quiete, vagò per il cimitero federale per un tempo indefinito, ristorato dal silenzio e dall’aspetto ordinato e austero di quel luogo. Una serie di lapidi marmoree costellavano il prato verde adombrato di cipressi come pallidi gigli protesi verso il cielo azzurro screziato di nubi autunnali.
Gli ritornarono alla mente i versi di un poeta italiano di cui aveva letto in adolescenza:
 
Qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l'obblío nella sua notte;
 
Non era forse auspicabile la notte ed il dolce sonno della morte?
Erano giorni che non dormiva, trascorrendo le ore più buie della notte ad arrovellarsi domandandosi se non ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato nell’aver gabbato il Mietitore.
La morte non sarebbe stata forse il giusto prezzo per i suoi errori? E, avendola beffata, era forse irrispettoso invocarla adesso quasi come una liberazione?
Fortunatamente, anche in quel caso gli venne in aiuto qualcuno senz'altro più abile di lui nel formulare tali accorati pensieri: il Sommo Bardo ed il suo amato Amleto...
 
Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci esitare. 
[1]
 
Quando si riscosse da quei pensieri cupi si rese conto di aver vagato per il cimitero fino a raggiungere un luogo che non visitava da ormai oltre vent’anni[2].
Jim spalancò gli occhi, incredulo, sbattendo le palpebre un paio di volte prima di fissarli sulla tomba che aveva di fronte.
 
Ltn. Cmdr. George Samuel Kirk
2202-2233
 
Identica alle altre lapidi in marmo, la tomba di suo padre si distingueva solo per la presenza di una piccola foto olografica che mostrava il volto di un uomo che Jim non aveva mai conosciuto, ma che ciò nonostante aveva influenzato terribilmente la sua vita.
Quella immagine lo guardava con uno sguardo azzurro tranquillo e determinato ed un sorriso pacato sul viso.
Così diverso, quello sguardo, dai vortici blu che animavano gli occhi di suo figlio... e diverso era il sorriso, che in Jim era più spesso atteggiato in uno sfrontato ghigno di sfida verso il mondo. Ma dopotutto, aveva mai conosciuto la serenità quel ragazzino diventato troppo presto capitano?
George Kirk, l’eroe che aveva salvato la vita ad 800 persone, per lui era un completo estraneo.
E sarebbe dovuto essere un padre.
George, che aveva ispirato e spronato persone oneste ed elevate come Pike ad essere migliori, per Jim aveva rappresentato soltanto un grosso vuoto.
L’aura epica di cui l'avevano ammantato era stata per il giovane James una presenza ingombrante che, come una nana bianca in un sistema binario, aveva quasi risucchiato del tutto la luce del ragazzo.
Per quanto avesse cercato di conformarsi alle pur alte aspettative che tutti sembravano avere su di lui, sempre ligio in memoria di suo padre, questo non era mai bastato!
Non bastava per sua madre che era fuggita via facendosi una nuova vita dopo qualche tentativo maldestro di mostrare affetto per quel figlio a cui associava  solo il dolore e la perdita dell’amato marito.
Non bastava di certo a Frank, che aveva cresciuto i due giovani Kirk con insofferente malagrazia quando sua sorella Winona glieli aveva lasciati insieme alla gestione della fattoria che lei e suo marito avevano acquistato nell’Iowa.
Neppure a Sam era bastato, e così anche lui aveva abbandonato Jim al suo destino.
Infine Jim, come ogni sistema binario che si rispetti, non ce l’aveva fatta più ed era esploso in un gesto estremo di ribellione, illogico di certo – come avrebbe puntualizzato Spock – ma liberatorio.
Perso anche quel fittizio equilibrio, era andato allo sbando, incapace di trovare un corso per la sua vita. Solo la sua innata curiosità e l’intelligenza vivida lo tenevano a galla: leggeva moltissimo, imparava qualsiasi cosa lo incuriosisse, si spostava ovunque non fosse casa accettando i lavori più disparati, mettendo di fatto in pratica senza saperlo un suggerimento che lo stesso George Kirk aveva dato a Sam anni addietro:  “Non spaventarti di essere una spugna. Assorbi tutto ciò che puoi.”
Ed era ancora così, alla deriva e senza una meta, quando incontrò Pike in quel bar quella sera. L’allora capitano gli aveva dato un obiettivo sfidandolo a fare di meglio di suo padre, innescando di fatto la catena di eventi che l’aveva portato alla sua morte e metaforica (se non già fisica) resurrezione…
“E adesso?” Chiese ad altra voce alla figura olografica, mentre la sua maschera di sfrontata sicurezza si frantumava come un ghiacciolo staccatosi da una gronda e caduto al suolo.
Forse era la prima volta che Jim si soffermava sul volto sconosciuto di George senza provare astio ma solo tristezza.

Sentiva le lacrime rigargli il volto, ma non se ne curò. In quel momento non era James T. Kirk a parlare ma Jim, un ragazzino che aveva perso il padre. Due volte.
Ecco il bandolo della matassa.
Jim si concesse una risata amara: prima George, padre perso ancor prima che potesse conoscerlo, ed ora Pike… Solo adesso che l’aveva perduto capiva di aver permesso a quel uomo severo eppur rassicurante di colmare il vuoto dentro di se che l’assenza di George Kirk aveva reso un baratro insondabile.
Aveva da sempre biasimato George di averlo abbandonato.
Un pensiero irrazionale ed ingiusto, ma cosa poteva saperne un ragazzino di sacrificio e di bene superiore?
Semplicemente, aveva odiato tutti quelli che continuavano a ripetergli che suo padre era un eroe. Odiato chi gli sottolineava che lui era vivo solo grazie al sacrificio di George, e soprattutto odiato sua madre che -pur non avendoglielo mai rinfacciato palesemente - con la sua assenza e le sue scelte aveva fatto sentire Jim rifiutato.
Ora iniziava a capire Winona... e di certo ormai poteva capire più di ogni altro suo padre.
 
Poco prima che gli eventi precipitassero, Khan gli aveva chiesto se ci fosse niente che non avrebbe fatto per la sua famiglia.
Jim sospirò ed un sorriso triste si dipinse sul suo volto segnato dal dolore.
“Niente più di quello che hai fatto tu, papà…” Ammise, inginocchiandosi per sfiorare l’oloimmagine che tremolò appena al tocco.
Era la prima volta in assoluto che si rivolgeva al padre, e dovette ammettere che nel accettarlo si era finalmente liberato da un peso che gli gravava da anni sullo sterno, impedendogli di respirare.
Quando si rialzò per andare via era il tramonto; guardando il sole sparire oltre la baia, indorando l’acqua sotto le macerie del Golden Gate, Jim si sentì più leggero: era fuggito fino ad adesso, ma ora finalmente capiva. E con quella consapevolezza, poteva infine superare la perdita del padre senza più colpevolizzare nessuno.
Pike aveva avuto ragione a dire che non era pronto, che era solo un ragazzino presuntuoso che non aveva rispetto per la poltrona di comando.
Ma ormai tutto quello era lontano, come se fosse successo in un'altra vita.
 
Eccola la sua Kobayashi Maru, questa volta senza trucchi.
Adesso aveva compreso, a sue spese, cosa volesse dire essere senza via di uscita.
E ciò nonostante aveva resistito, combattuto, sperato fino alla fine…
Aveva capito quanto coraggio ci volesse a sacrificarsi, a perdere tutto, per il bene degli altri.
Aveva provato il sollievo del successo nel sentire che la nave era salva.
Aveva visto il dolore negli occhi di chi restava. Aveva provato terrore nel vedere avvicinarsi la fine con mille rimorsi e rimpianti che gli attanagliavano l’anima.
Ed infine, era morto.
Inspiegabilmente, gli era stata data una seconda opportunità. Ma nel “rinascere” si sentiva più vecchio di almeno dieci anni…
 
 “Non ti deluderò.”
Concluse, sfilandosi la giacca della divisa d’ordinanza per gettarsela in spalla, il suo sorriso sfrontato nuovamente stampato sul volto.
Questa volta, però, non era una maschera.
Una nuova sfida l’attendeva, e James Kirk non era tipo da tirarsi indietro!
 

NOTE:
[1] Ho scelto una delle traduzioni dell'Amleto che trovavo più adatte al gusto di Jim a mio avviso (anche se lui in originale la dovrebbe citare in inglese ma vabè). Ne avrei preferita un altra ma non la ritrovo... non è detto però che in futuro non metta una nota al riguardo. (Si, vecchi fissazione per l'Amleto).
[2] Ho ipotizzato che Jim non visitasse volontariamente il cimitero, ed in particolare la lapide del padre, dall'ultima volta che la madre ce l'aveva trascinato a forza.

Normalmente non pubblico le mie storie, reputandole di nessun interesse per il pubblico, ma questa volta folgorata sulla via di Damasco da un'ispirazione improvvisa, ho superato questo taboo. Spero probabilmente invano di andare a colmare un vuoto che sono abbastanza sicura che -vista la scarsa introspezione che hanno dedicato al mio capitano preferito nei reboot- non mi aspetto di vedere in Star Trek 2016... hanno levato al mio Jim la cultura, l'introspezione e la profondità che mostrava il Prime. Dò fiducia e mi piace il giovane Kirk dagli occhi come il mare, ma spero di aver contribuito a ridargli un minimo di spessore e profondità.
PS: seppur sia una fan della Kirk/Spock, non ho voluto tirare in ballo l'argomento, pur considerando da quanto ho visto nei due film la coppia quasi canon dopo il secondo film.

Mi auguro che abbiate gradito, ed in caso contrario... che consideriate un soave virtuosismo questo mio scritto, scusandomi di aver turbato la vostra personale visione di Jim! 
  
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