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Autore: J_Youngblood    11/05/2014    0 recensioni
Ogni volta che l’effetto della magia stava per svanire Jocelyn aveva l’impressione che la figlia sarebbe stata un passo più vicina alla verità
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clarissa, Jocelyn Fray, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quella ragazza aveva le ali! Non aveva visto male. Quelle che spuntavano dalla schiena di quella ragazza erano proprio grandi ali morbide e sgargianti.
Clary si strofinò gli occhi con il dorso delle mani, strofinò così forte che per qualche secondo non vide che chiazze colorate dietro le sue palpebre. Doveva essere il caldo, era per forza così.
«Forza Clary, muoviti. Ti ho già detto che non abbiamo tutto il giorno!» Sua madre, Jocelyn, era strana da tutta la mattina, non faceva che andarsene freneticamente per la casa urtando mobili e imprecando a bassa voce. E non faceva evitare il suo sguardo, in continuazione.
La donna indietreggiò, notando la faccina stupita della figlia guardarsi intorno con i grandi occhi verdi sbarrati e carichi del luccichio tipico di quando si trovava di fronte a qualcosa che la affascinava. Non andava bene. Non andava bene per niente. Ogni volta che l’effetto della magia stava per svanire Jocelyn aveva l’impressione che la figlia sarebbe stata un passo più vicina alla verità.
Si riscosse dai suoi pensieri e si avvicinò alla bambina, prendendola bruscamente per una mano e trascinandola per farla camminare.
La strada si faceva sempre più bella e diversa, era tutto stranamente brillante, aveva un nuovo fascino. Persone dagli occhi completamente azzurri o verdi, uomini dallo strano colore di pelle.
 «Ho detto di muoverti Clary! Maledizione, perché non mi dai mai retta?!» Jocelyn era sempre stata una donna dal carattere un po’ brusco ma quella reazione era esagerata, in fondo non aveva fatto niente di male! A volte aveva l’impressione che non l’amasse affatto. O che l’amasse troppo. La donna continuava a strattonare la figlia mentre con l’altra mano si tirava freneticamente indietro le ciocche di capelli che le sfuggivano dalla crocchia lanciando occhiate fugaci e tese alla figlia.
La ragazza con le ali seguiva con lo sguardo la bambina, confusa e sorpresa. Si avviò verso di lei e quando le fu abbastanza vicina le bisbigliò qualcosa. Un soffio che arrivò all’orecchio di Clary come la brezza mattutina, fresca e pungente. Non capì cosa volesse significare quella frase ma quando si girò per parlare alla ragazza al suo posto c’era solo una ventenne che aspettava il bus, niente ali, niente sguardi strani. Eppure era sicura di averla sentita…
«Non così! Mi fai male!» Un bambino biondo come l’oro e vestito completamente di nero stava dietro un angolo della via, appoggiato al muro, reggendosi la maglietta per un lembo lasciando il fianco scoperto. Un altro bambino gli stava disegnando qualcosa sulla pelle, un segno nero. Aveva l’espressione di chi pensa di aver appena deluso qualcuno e per questo vuole prendersi a sberle. Gli occhi azzurri stretti in due fessure, le sopracciglia corrucciate. «Sto facendo del mio meglio. La prossima volta magari ci pensi due volte prima di lanciarti contro un demone Ravener da solo. Papà aveva detto di evitarli quelli…»
«…quello è il tuo di padre, non il mio. Non devo ascoltarlo per forza.»
«Finito» con espressione di sconforto Alec abbassò lo stilo con cui aveva appena tracciato un’iratze sul fianco dell’amico. Non era perfetta, ma meglio di niente.
Il ragazzino si guardò il fianco e arricciò le labbra in un’espressione tra il divertito e il disgustato. «Per l’Angelo, è l’iratze più brutta della storia dei marchi!» Jace conosceva quel ragazzino da appena un anno ma già gli parlava come se fossero cresciuti insieme, stuzzicandolo come un vero fratello.
Clary aveva seguito la scena con una strana sensazione dentro, quegli occhi dorati, quegli abiti neri e robusti, quella strana penna nella mano del ragazzino. Brooklyn non era mai stata più particolare di quel giorno.

Le due si erano fermate davanti ad una porta di granito, una sola incisione sopra di essa “il magnifico” .
Jocelyn colpì la porta con il grande battente di ferro. Dopo qualche secondo comparve sull’uscio un individuo sulla ventina, vestiti appariscenti e capelli scuri ritti in testa. Ma lo sguardo di Clary non poté non incatenarsi al suo: verde contro giallo, due tagli verticali al posto delle pupille. La ragazzina pensò che avrebbe tanto voluto farne un personaggio della sua storia a fumetti.
«Che piacere rivedervi, accomodatevi pure. Oggi la casa è in stile rococò» disse lo stregone esibendosi in un buffo inchino e con un sorriso furbo sul volto.
“Rivedervi? Perché, ci conosciamo?” Clary prese posto su di una pomposa sedia settecentesca mentre l’uomo e sua madre parlottavano fitto vicino alla finestra. Non fece in tempo ad accorgersene che lo stregone le si era avvicinato, le aveva preso la testa fra le mani e aveva iniziato a cantilenare parole senza senso. Una fitta di dolore le inondò la testa mentre Jocelyn le stava di fronte con gli occhi lucidi e la fronte aggrottata. Una sfilza di immagini cominciarono a passarle davanti gli occhi, tutto ciò che di strano aveva visto in quegli ultimi giorni, le persone, gli animali, perfino i suoi disegni erano diventati un qualcosa che non era in grado di capire ma allo stesso tempo sapeva che gli appartenevano. Si rivide nella strada che portava a quella casa, ferma a fissare quel bambino dai capelli e gli occhi color dell’oro. Un’altra serie di immagini confuse. La ragazza con le ali sussurrarle quella frase all’orecchio “L’amore rende bugiardi”.
L’ultima cosa che vide fu una firma fatta di fuoco incidersi sulle pareti del suo cranio “Magnus Bane”.
Poi più nulla.

 Quando riaprì gli occhi si ritrovò di nuovo in strada per mano alla madre, ferme davanti alla strana porta di granito. Jocelyn le sorrise. Era un sorriso triste e sollevato allo stesso tempo. «Buon decimo compleanno tesoro mio.» fu tutto ciò che disse. 
  
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