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Autore: __lovelyrita    11/05/2014    2 recensioni
«Mi amerai comunque?»
«Da sempre e per sempre»
«Ma non hai paura?»
«Tremendamente»
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Liverpool, 1 gennaio 1968

Mi svegliai con la tristezza e lo sconforto che si erano annidati nel mio petto.
Non sapevo cosa pensare o come sentirmi. Ero triste, sì, arrabbiata, sì, ma sentivo come una sorta di libertà che mi scorreva nelle vene. Ma, ogni volta che la percepivo, la solitudine mi prendeva, e tornava tutto peggio di prima: era un circolo vizioso.
Ovviamente nè Paul nè Linda erano tornati a casa, e io quella notte rimasi da sola in quella casa enorme, dispersiva.
La mattina mi preparai il caffè e mi sedetti al tavolo, guardando fuori dalla finestra. Era una brutta giornata, grigia e fredda, una di quelle giornate che solo l'Inghilterra ti riesce a donare quasi 365 giorni all'anno.
Soffiai sul caffè, ne bevvi un sorso e poi posai nuovamente la tazza sul tavolo.
Eccomi qua. Ventisei anni, sposata da poco più di sei mesi, già stata tradita ed avere tradito, quasi-madre. Uno schifo insomma. Adesso che ne sarebbe stato di me? Cosa avrei fatto della mia vita? Ero ancora giovane e senza un briciolo di idee su ciò che avrei potuto fare.
Me ne stavo seduta al tavolo, con la fronte poggiata sul palmo della mano, a giocherellare con delle briciole di pane secco rimaste sulla tavola dopo la mia ultima cena con Paul.

Quel pomeriggio la depressione era diventata la mia migliore amica: girovagavo per la casa senza una meta, senza darmi pace; mi sedevo sul divano per alzarmi dieci secondi dopo, andavo in bagno, mi pettinavo i capelli, andavo in cucina, bevevo un goccio d'acqua. E poi suonò il campanello.
Non mi aspettavo nessuno, ma chi poteva essere se non i miei soliti e soli amici?
Andai ad aprire

-E' inutile che venite a consolarmi e cercare di farmi uscire-dissi, prima di guardare in faccia il mio ospite.

-Allora direi proprio che devo andarmene- rispose. Era una voce familiare, ma non solita. Alzai lo sguardo. Era Eric.

-Oh Dio, Eric scusami tanto!- -Figurati, hai del tutto ragione. Vuoi che me ne vada?-

-Assolutamente no! E' sempre un piacere stare con te, entra pure- mi feci più felice. Come ho già detto, Eric era una persona squisita, era impossibile non voler stare con lui. -Scusa per il disordine, ma, sai, sono stati tempi duri e la cura della casa è l'ultima cosa a cui ho pensato-

-Tranquilla. Emh...ti ho portato...-
e tirò fuori da dietro la schiena un mazzo di tulipani gialli.

-Oh Eric, non dovevi! Sono stupendi-

-Questo è il minimo per essermi imbucato a casa tua in una giornata così difficile-

-Mi farà solo che bene parlare con te-
poi rivolsi un altro sguardo ai fiori -Diamine, sono davvero bellissimi. Sono i...-

-Tuo preferiti. Lo so-

Lo guardai sbalordita -Te lo sei ricordato?-

-Certo che si-

-Cavolo, probabilmente Paul neanche lo ha mai saputo-
dissi, quasi sussurrando tra me e me.
Ci mettemmo sul divano, io preparai il caffè e azionai un bel vinile, uno di quelli perfetti per dei pomeriggi da passare con un caro amico che non vedi da anni. Parlammo, ridemmo, bevemmo, ballammo. Incredibile a dirsi, ma passai le tre ore più spensierate di tutto quel periodo. Eric aveva questo potere con me, riusciva a farmi sciogliere, tranquillizzare e rallegrare con poche semplici mosse, cosa che nessuno riusciva a fare, neanche George.
Mentre ballavamo come due pazzi a ritmo di Elvis, lui mi prese per i fianchi e disse

-Rio, sei mia amica e ti voglio bene, per questo ti dico di non arrenderti-
A quelle parole mi bloccai istantaneamente

-Sai che c'è? Hai proprio ragione. Paul è il mio fottuto marito e merito di tenermelo. Ora vado da lui e glielo dico- Come una tornado spensi la musica e mi andai a cambiare. Uscimmo di casa e chiusi la porta.

-Vieni con me?-

-Non rischio di incontrare Pattie-

-Come vuoi. Allora ci vediamo-

-Non saprei, io parto in questi giorni. Sarai disponibile a passare un altro pomeriggio in mia compagnia?-

-Assolutamente-

-Allora forse ci rivedremo presto-
e se ne andò, stampandomi un bacio sulla fronte e dandomi l'in bocca al lupo. Non lo vidi più per un altro paio d'anni.
Mi diressi verso la sede della Apple, la casa discografica che stavano per aprire, più determinata che mai. La tristezza si era tramutata in fermezza.
Quando arrivai erano circa le 19:30. Appena suonai il citofono, uscirono tutti e quattro dal portone, parlando di una qualche canzone che stavano incidendo. Si muovevano in gruppo, quasi a testuggine, e Paul stava di spalle. Quando gli altri mi videro, si zittirono e si fermarono, allora Paul si girò, dicendo "Cosa c'è?". Si zittì anche lui. Tutto il coraggio che avevo crollo d'un tratto. Ci fu un silenzio imbarazzante e, dopo qualche secondo, parlai, in contemporanea con Paul

-Ti devo parlare- dicemmo insieme, all'unisono. Paul face un passo in avanti, facendomi fare un passo indietro anche a me, per non farsi sentire dagli altri

-Vediamoci tra mezz'ora davanti al Cavern, andiamo a cena fuori-.
Il mondo tornò a brillare. Doveva dirmi che aveva fatto un grande errore e che voleva che tornasse tutto come prima. Io gli avrei detto cosa pensavo e tutto si sarebbe risolto al meglio.
Ero strafelice. Mentre mi dirigevo verso il Cavern, con una sigaretta in bocca, sorridevo ad ogni cosa che mi passava davanti. Il fumo del tabacco di confondeva con il fumo prodotto dalla temperatura esageratamente fredda, ma non mi importava, nulla poteva avere un effetto negativo su di me in quel momento. Tutto mi sorrideva.

Arrivò Paul. Il tragitto al ristorante fu breve ma abbastanza imbarazzante.
Entrammo, ci sedemmo, ordinammo da bere.

-Immagino tu ti stia chiedendo perchè io ti abbia portata a cena fuori- mi chiese. Io annuì. -Beh, è una cosa difficile da dire, quindi prima parla tu. Cosa dovevi dirmi?-

Il sangue prese a ribollirmi nelle vene, le guance divennero calde e rosse. Era il momento -Sta mattina pensavo al mio futuro. Provavo ad immaginarlo: triste, insoddisfacente. E sai perchè? Perchè tu non eri al mio fianco. Abbiamo fatto una grandissima cazzata; io sono pronta a prendermi le mie colpe, come spero tu sia pronto a prenderti le tue. So che potrebbe suonare come una pretesa egoista, e so che sono stata io a far iniziare tutto questo casino, ma devi ammettere che anche tu hai sbagliato. Io ti amo Paul, da sempre e per sempre, e voglio che questo matrimonio continui- parlai con il cuore in gola. Anzi, con il cuore in mano, tesa verso Paul. Aspettai una sua reazione, una risposta, un cenno.

-Rio, voglio il divorzio-



SPAZIO AUTRICE


Ariecchime.
E' maggio, gli uccelli cantano, il sole riscalda, i fiori sbocciano, e io sto a casa a studiare come un mulo (?).
Vi è piaciuto il capitolo?
AIUUUUTO E ORA CHE SUCCEDERAAAA'? Muahahahah!
Tanti baci lettori miei, continuate a recensire che mi riempite il cuore con i vostri commenti♥
  
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