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Autore: D per Dolcetta    12/05/2014    1 recensioni
Sette one-shot scritte da sette dolcette diverse. Stavolta il protagonista è Castiel insieme alla sua fedele tinta!
1- Something is changing
2- Promessa
3- La tintura per capelli tira fuori il peggio delle persone
4- Mai fidarsi degli amici d'infanzia
5- R O S S O
6- Fa tutto parte del gioco
7- ...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Castiel e... la tinta!


Autrice: Gozaru
Rating: Arancione

 
 


















Il ticchettio perpetuo si diffondeva in tutta l'enorme sala vuota. Non si sarebbe potuto distinguere il suono delle unghie dure e smaltate di nero picchiettate su un cranio vuoto da quello del tacco dodici che, incurante, andava a colpire con sottile cattiveria una delle gambe portanti del trono che faceva da padrone a tutto il mobilio intorno.
Il Maligno, su di esso, teneva davanti a sé dei fogli bianchi, magicamente sospesi nell'aria, come se fossero poggiati su di un leggio invisibile; l'altra mano sosteveva il capo dai lunghi e mossi capelli rossi che le ricadevano sulle spalle in gran parte nude. L'espressione scocciata sul suo viso si poteva tranquillamente intuire a chilometri di distanza, preceduta dall'aura maligna che cresceva man mano che i suoi occhi cremisi scorrevano le righe davanti ad essi.
Le labbra contratte sarebbero potute essere leggermente più pallide, ma l'intenso rossetto rosso fuoco non dava segni di cedimento, nascondendo tutto ciò che avrebbe potuto intaccare quell'austera figura dominatrice.
Ogni muscolo del suo corpo si stava sempre più irrigidendo. Le gambe, accavallate, faticavano sempre più a mantenere la posizione, mentre una caviglia si scioglieva, lasciando che il ticchettio continuasse; come se il tempo potesse procedere solo con quel ritmo ben definito. La mascella, contratta, cominciava a dolerle in modo quasi insopportabile. Le braccia non la sostenevano più mollemente; le sembrava di aver appoggiato una delle sue importanti guance su di un palo di metallo e gli anelli d'argento aiutavano l'accrescersi di questa sensazione. Il freddo che da essi le scavava la carne fino a raggiungere le ossa si stava impossessando del suo cuore, rendendola, se possibile, più irritata.
Sbuffò, ad un tratto. Mosse la mano in modo scocciato e i fogli si sparsero per tutta la stanza, cadendo al suolo come foglie morte in autunno; il pavimento si riempì di righe, paragrafi e lettere non del tutto comprensibili ai suoi occhi lontani. Non ne voleva più sapere niente! Erano bastati solo pochi minuti per farla completamente stancare. Cos'avevano visto i suoi poveri occhi? Si massaggiò l'interno di essi, contro la base del naso e strofinandosi ogni tanto le palpebre chiuse. Cercava di riprendersi, ma certe frasi rimanevano insistentemente nel suo cervello, nei suoi ricordi, tanto che le sembrava di poterle rivedere davanti a sé.
Tutti quegli errori, tutte quelle oscenità... nemmeno un'essere malvagio come lei avrebbe mai potuto immaginarsele!
Sciolse la posizione delle gambe, sbattendo il tacco a terra. Un gesto a dir poco normale, un comando sottinteso per chi, asservito a lei, era abituato a questo genere di richiamo.
Con un leggero spostamento d'aria, si aprì un varco tra la moltitudine di fogli scritti fitti fitti nel quale apparve una persona in ginocchio con la testa bassa; il volto coperto da una mediamente lunga cascata di capelli rossi.

«Ha chiamato, Padrona?» chiese con voce roca e sottomessa, come se le sole sue parole potessero disturbare qualunque pensiero della donna. Ella aprì gli occhi e alzò lo sguardo sul nuovo arrivato.
«Falli sparire» disse in modo alquanto lagnoso, allungando il braccio davanti a sé e disegnando in aria dei cerchi con il polso; la mano mollemente abbandonata dopo di esso.
Il ragazzo annuì, rivolgendo lo sguardo del color dell'asfalto asciutto o, se preferite, dello smog intenso di prima mattina, su tutto ciò che gli stava intorno. Focalizzò la sua attenzione sui fogli che lo circondavano e, facendo appello al potere dentro di sé, fece in modo ch'essi si posizionassero in modo ordinato sul fondo della sala; li avrebbe poi fatti sparire personalmente. La sua idea sembrò non piacere alla padrona che, alzato lo sguardo graffiante su di essi, fece sì che la carta prendesse istantaneamente fuoco.

«Erano così terribili?» chiese allora il ragazzo, forte della fiducia che aveva conquistato da che l'aveva conosciuta. Ella non rispose, limitandosi a sospirare.
Gli scappò un sorrisino di comprensione.

Era stato estenuante per lui; un periodo davvero nero. Si era lasciato abbindolare da una ragazza che, senza pietà, l'aveva scaricato per seguire uno stupido sogno nella carriera musicale; un sogno che avevano fatto nascere e coltivato insieme, ma che purtroppo solo lei avrebbe colto. Si sentiva umiliato, tradito e il suo cuore infranto doleva così tanto da non dar segno di una guarigione. Aveva cominciato la sua autodistruzione chiudendosi in sé stesso pochi minuti dopo la partenza della sua ex. Non aveva amici, se non forse un ragazzo che aveva appena conosciuto con il quale sentiva un certo feeling musicale; nessun altro, a parte lei... quand'era presente, ovvio.
Si rinchiuse in casa, succube dei ricordi dolorosi con cui continuava a straziarsi psicologicamente. Quando finalmente si decise ad uscire da quella dannata porta, il mondo era ormai tra le braccia della notte e l'aria, nonostante sembrasse più pulita rispetto a quella di una stanza chiusa da chissà quanti giorni, gli entrava pesantemente nei polmoni. Si trascinò al bar più vicino, finendo presto vittima dei fumi dell'alcool e poco mancò che toccasse chissà quale altra sostanza.
Si risvegliò cullato dalla pioggerella tipica della primavera e... cos'era l'altra sensazione? Qualcosa di duro lo stava picchiettando su una coscia.
Aprì mollemente gli occhi, ancora preda della sbronza pesante, notando solo allora che non era più seduto sullo squallido sgabello del locale, ma, con la schiena contro un muro freddo, era stato lasciato ai margini della strada, ubriaco marcio e pure sotto la pioggia. Una fioca luce gli entrò dritta negli occhi, ma nel suo stato gli diede comunque un fastidio non indifferente. Ancora, però, non aveva capito che fosse quell'insistente pressione. Mosse maldestramente una mano verso il punto che veniva più volte colpito e si ritrovò a toccare qualcosa di caldo e... non proprio scivoloso; non sapeva come descriverlo, ma quella sensazione l'aveva già provata... Cos'è che era? La sua mente riportò alla luce l'immagine mentale del suo giubbotto in simil-pelle.

«Ehi...» una voce, ovattata dall'alcool «Ehi! Dico a te! O mi molli la scarpa o te ne arriva uno più forte!». Non era squillante né sottile; non seppe descrivere altro se non le vene pulsare più forte nelle sue tempie. Si girò, allora, o almeno provò a muovere la testa in direzione della voce e, pian piano, cercò di mettere a fuoco quella che sembrava una sagoma nera sfocata e senza bordi netti.

«Vieni con me, e ti darò il potere». Non ci fu bisogno di dire altro che lui si era alzato, forte delle parole di lei, e l'aveva seguita. Non sapeva chi fosse né se poteva fidarsi, ma col senno di poi, Castiel era sicuro che fosse stata la scelta giusta.
Il Maligno era una donna forse un po' troppo suscettibile e puntigliosa; non le piacevano le cose fatte male, anche se lei stessa, spesso, le faceva tanto per farle. Odiava la mediocrità e guardava con occhi colmi di gioia tutto ciò che rientrava nel suo canone di Bellezza. Aveva un lavoro difficile e lui si era ripromesso, aveva giurato di aiutarla.
Si passò una mano tra i suoi capelli, non più neri. Si sentiva meglio con quel colore addosso. Rosso, come il fuoco che arde, come la rabbia che ti acceca quando non riesci a sentire altro che quella, come il sangue di chi, per Il Maligno, non è degno di stare in questo mondo. Rossi come i suoi; un colore che simboleggia qualcosa di più rispetto ad un semplice cambiamento. Un legame indissolubile e imperituro.
Gli aveva donato la forza, il Potere di aiutarla, rendendolo suo pari.

Si alzò dal suo trono, composto dalle ossa di chi aveva osato mettersi contro di lei. Sentì su tutto il suo corpo i resti sfiorarle la pelle nuda o attraverso i vestiti. Le tibie lungo le braccia, i teschi abbandonare le sue dita e i femori sgravati dal peso della sua persona.

«Ho una missione per te!» proferì, e il ragazzo non poté fare a meno di notare la fedele frusta di pelle nera legata in vita come fosse una cintura che spezzava l'attillato vestito di un lucido color delle tenebre.
«Comandi!» rispose lui, prontamente.
«Sono stanca di queste autrici senza né arte né parte. Ho sbagliato con loro: pensavo potessero far risaltare la vera bellezza sopra ogni altra cosa, ma la nostra controparte, Papathiel, continua a mandare seguaci che possano distruggere il mio immenso disegno di sangue».
Castiel contrasse la mascella: odiava quell'uomo che tutti definivano "Santo". Aveva fatto sì che la sua donna lo lasciasse, che la sua sofferenza potesse toccare picchi assurdi e, anche a causa sua, aveva scelto la via più oscura. Avrebbe fatto di tutto pur di ostacolarlo, arrivando a mentire, insudiciare e approfittarsi della sua più cara collaboratrice, il suo braccio destro: la Mary Sue.
Si passò la punta della lingua sul contorno delle labbra facendo affiorare un sorrisetto compiaciuto. Quella tipa era tutto ciò che si potesse definire perfetto: un gran bel paio di descrizioni, poi, era in sostanza tutto ciò che gli bastava.

«Vedo che hai già capito il tuo compito...» ironizzò Il Maligno «Ma 'sta attento: anche se le sue copie non lo dimostrano mai, hanno un'intelligenza superiore alla media. Dovrai essere furbo, mi raccomando. E se avrai bisogno, ti manderò subito i rinforzi».
Egli sbuffò. Sia chiaro, amava le sue colleghe, ma preferiva che il merito delle sue azioni andasse solo a lui stesso. Ma come poteva rifiutarsi di vedere El Diablo, donna provocante e sempre disponibile per lavori "in coppia" che più volte l'aveva tratto in salvo da ragazzette appiccicose, o la Vendicatrice, fredda e spietata donna di religione che, facendosi scudo con il verbo dell'Arminismo, portava a termine ogni missione omicida in tempi record, senza battere ciglio e senza nemmeno sporcarsi.
Sì, anche questa volta potevano farcela.
La missione era difficile, ma loro tre avrebbero potuto farcela.
Il Maligno pestò un tacco a terra, facendo tremare l'intera stanza. Allungò il suo braccio verso Castiel e, prendendo un profondo respiro, gli impartì l'ordine supremo.


«Và e distruggi le ficcyne spazzatura!»






~ Piccolo angolo post creazione.
Niente, volevo solo dire che l'idea originale della controparte benigna doveva essere PapArmin, ma inserire il sempre perfetto Nathaniel credo renda meglio l'idea.
Grazie a tutte per il lampo di genio e a Kiri, in particular, per il disegno del Maligno (clicca QUI per l'originale. Ne vale la pena!)
  
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