Lei si chiama Rebecca. Rebecca è un nome Ebraico, un nome che ha come significato la parola "corda". E non c'è nome più adatto a lei. Si, perché dietro alla sua maschera d'adolescente felice e sicura di se, ci sono due occhioni azzurri lacerati dalle lacrime e un corpo che vorrebbe cambiare, cambiare la sua vita. Impotente, però, per colpa di quella corda immaginaria che la lega e la costringe a restare lì: seduta in quella stanza, con un libro tra le mani, una sigaretta tra le labbra e la musica nelle orecchie. Trasportandola in un mondo tutto suo: dove il "non sei abbastanza" non esiste e dove il suo sorriso è sincero. Si, perché il suo non è più un vero sorriso. Lei l'ho chiama "il sorriso del diavolo": quello che sfoggia per evitare domande fastidiose. Quelle domande che la indurrebbero a fare ciò che vorrebbe da tempo: urlare al mondo che la sua felicità è volata via come un pugno di sabbia che abbraccia il vento... e che l'unica sua via di uscita è arrampicarsi su quella maledetta corda... e scappare dai suoi sbagli: Quei scheletri nell'armadio che la rendono debole e indifesa. La ragazza è forte però. Si, lei è tenace: è crollata spesso, rompendosi in frantumi come un oggetto di vetro... ma è sempre riuscita ad rialzarsi. A testa alta, più forte di prima e con uno tsunami di energia che affogava ogni pensiero che l'assaliva. Quello tsunami che chiama "Coraggio". Si, perché secondo lei i coraggiosi sono quelli che, pur cadendo, decidono di affrontare gli astacoli della vita, evitando la propia autodistruzione. E che, nonostante le cicatrici nel cuore, assaporano ogni attimo di felicità. Quegli attimi che la fanno sentire giusta per questo mondo. Quelli che ha tatuato nel cuore, racchiusi in due semplici parole: parole essenziali e indelebili. Quelli che gli hanno insegnato a vivere la vita come se si dovesse morire domani. Quelli che la rendono una ragazza alla "carpe diem".