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Autore: _only_ hope_    12/05/2014    5 recensioni
"Ma che diavolo...?” chiede, infine, già sapendo in parte la risposta.
“La Bailey e la Kepner stanno operando Jo per un tumore al fegato"non dice nulla di più

[Piccola Jolex, ambientata tra un anno o due]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Karev, Altri, Jo Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Urla, dolore, spavento, persone che arrivano per lo più incoscienti e/o sanguinanti: questo è il pronto soccorso e la dottoressa Kepner non cambierebbe il suo lavoro nel reparto di traumatologia per niente al mondo.
Fortunatamente dopo i tre incidenti stradali che si sono verificati tra la notte e la mattina mietendo decine di vittime e feriti ora la situazione è piuttosto tranquilla: nel pomeriggio ha dato un’occhiata ad alcuni pazienti che lamentavano dolori, che si sono procurati ferite belle profonde nei modi più strani e altri che si sono scottati per bene. Alcuni li ha mandati a fare una TAC, altri direttamente in sala operatoria, come è successo per l’uomo che era arrivato con un’ascia nella schiena e che è ancora vivo per miracolo.
Ora si sta dirigendo verso una donna mora piegata in due sul lettino: paziente TAC numero diciotto?
“Salve. Riesce a distendersi, così posso dare un’occhiata?” le chiede gentilmente. L’altra alza la testa e la guarda negli occhi:
“Se mi dai un attimo vedo che riesco a fare” dice, il dolore che trasparisce dalla sua voce, mentre la donna spalanca gli occhi: questa persona purtroppo la conosce...
“Wilson, che ci fai tu qui?!”
“Accertamenti?!” risponde l’altra, ironica, ma la faccia del suo superiore rimane invariata. Dopo aver fatto un sospiro che le causa una fitta acuta decide di spiegarsi meglio: “Ero in malattia da due giorni, poi il dolore si è acuito e ho deciso di prendere un taxi per vedere che succede”
“Cosa senti?” le chiede al quel punto la Kepner, che si è finalmente ricordata di essere un medico, mentre la fa stendere lentamente sul lettino. L’altra fa una smorfia: la nuova posizione non è molto felice...
“Dolore. Al fegato. Da più o meno cinque giorni: prima era solo un leggero fastidio, poi è via via peggiorato”
“Altro?” le domanda, mentre le palpa l’addome
“Febbre sui trentotto e mezzo da tre giorni, ma ora è scesa a trentasette e otto, me l’ha misurata poco fa l’infermiera. E nausea: è da ieri che non mangio o lo faccio e rimetto tutto” conclude, facendo una smorfia: la rossa le ha toccato un punto particolarmente dolente.
“È anche gonfio: ti porto a fare una TAC” l’altra annuisce, mentre la dottoressa chiama uno specializzando al momento senza occupazione.
“Io arrivo tra un attimo: vuoi che chiami Alex?” dice infine.
“No, non serve: sta operando con la Robbins. Semmai dopo. È tanto gonfio?”
“Un po’”
Jo sospira: quell’affermazione per i medici, i quali con i pazienti tendono sempre a minimizzare, significa ‘Sì’. Bene: non se ne era neanche accorta!
 
 
Circa mezz’ora dopo Jo Wilson si trova sotto al tubo della TAC, mentre la Kepner osserva attentamente le immagini che si vengono a proiettare sul computer. Appena si rende conto della situazione si porta una mano alla bocca:
“Chiama la Bailey” dice al ragazzo seduto al suo fianco, che dal canto suo si è illuminato: caso davvero raro, magari le due dottoresse gli concederanno di lavarsi con loro!
Poi, mentre sta per uscire, gli viene in mente una cosa:
“La Bailey ha appena finito di operare: non è meglio Webber?”
“Lui sta operando ora” risponde la rossa, alquanto irritata: odia essere contraddetta, soprattutto dalle matricole.
“La Grey?”
“Hai sentito che ti ho detto? Chiama.La.Bailey!” esclama, scandendo per bene le parole: ma perché gli specializzandi devono sempre contraddire gli strutturati? Pensano per caso di essere migliori di loro? Poveri illusi!
Un attimo dopo la dottoressa di colore arriva con sguardo assassino e dietro di lei il ragazzo guarda la Kepner come a dire: ‘Non guardi me: io La avevo avvisata!’
“Mi serve un consulto” dice la donna molto tranquilla, per nulla turbata da quella situazione. La Bailey sta per ribattere, ma decide di tenersi i commenti e le domande sul perché non abbia chiamato la Grey per sé: prima aiuta la Kepner prima finisce.
“Fammi vedere” ordina, sperando di cavarsela in un attimo. Ci rimane di sasso appena la rossa gira lo schermo nella sua direzione: quella persona ha una massa enorme nel fegato! Stenta quasi a crederci...
“E questo?! Solo ora viene qui?” chiede, tanto sorpresa quanto scocciata.
“Non ha avuto sintomi fino a cinque giorni fa” riferisce l’altra
“Operiamo il prima possibile: il tempo di trovare una sala libera e che smaltisca il liqudo di contrasto e che lo preparino. Fallo parlare con gli anestesisti, intanto”
“La preparino e Falla parlare” puntualizza April: “Donna, venti-” si interrompe appena vede la specializzanda muoversi all’interno del tubo.
“Wilson, ferma! Ancora un attimo”
“Sì sì, scusa, è che fa un po’male” risponde lei.
“Wilson?!” si sente esclamare, intanto.
“Oh, diavolo, la Bailey! Quanto è grave?!”
Entrambe le dottoresse pensano a come possono fare per addolcire un po’ la pillola, poi Miranda decide di essere diretta: è quello che la Wilson vuole. Fa un respiro profondo, poi dice:
“Operiamo il prima possibile, massa al fegato”
Jo reclina la testa all’indietro con un sospiro:
“Bene” dice, ironica, poi un pensiero la assale. “Non dite nulla ad Alex finche lui non sarà fuori dalla sala e io dentro, intesi?!”
Nessuno risponde
“Intesi?!” rimarca, allora, il tono più duro.
“Intesi” replicano gli altri tre presenti, specializzando e Kepner in primis.
 
 
Un’ora e quindici minuti dopo la dottoressa Grey si avvia sospirando verso il banco delle infermiere: Alex è tornato e, dopo aver visitato il piccolo Miguel, il bambino di nove anni su cui aveva appena concluso un’operazione durata sei ore, è lì a compilare la cartella clinica del paziente.
“Cosa vuoi, Mer?”
Karev l’ha vista avvicinarsi titubante, come fa sempre quando ha qualcosa da nascondere: sono stati specializzandi assieme al Grey+Sloan per quasi dieci anni, la conosce, ormai.
La dottoressa dal canto suo a quelle parole si blocca di scatto: oh, diavolo, e ora che gli dice? Prova un profondo quanto passeggero moto di odio nei confronti delle Kepner e della Bailey che, sapendo che lei sa prendere Alex per il verso giusto, le hanno lasciato quel compito infame, andando ad operare! Beh, intendiamoci, non che operare la Wilson possa definirsi più facile...
Presa da un’ondata di coraggio, senza dire una parola Meredith porge il foglio che aveva in mano all’amico: il consenso affinché lui possa venire a conoscenza delle condizioni di Jo è stato adeguatamente compilato: manca solo la sua firma. Il pediatra dapprima lancia alla collega un’occhiata interrogativa, poi comincia a leggere e la sua faccia si fa sempre più shokkata
“Ma che diavolo...?” chiede, infine, già sapendo in parte la risposta.
“La Bailey e la Kepner stanno operando Jo per un tumore al fegato” non dice nulla di più: non vuole arrecargli ulteriore dolore.
Karev dopo aver sentito questa parole alza gli occhi verso il soffitto, sospira e bisbiglia un ‘Perché...?’. Poi la sua voce da un sussurro diventa un grido rabbioso:
“Perché? Perché diavolo tutte a loro? Che è: attiro il cancro nelle mie donne? Merda! È colpa mia: sì, è colpa mia!” urla, si sfoga, e intanto prende a calci tutto quello che incontra sul suo cammino: il primo sfortunato è stato il tablet, che probabilmente non si accenderà mai più...
Meredith cerca invano di calmarlo, sia con le parole che bloccandolo fisicamente, ma viene bruscamente gettata a terra. Poi arriva la Robbins:
“Karev: che diavolo stai facendo?!” tuona, senza però riuscire a smuoverlo. “Ehi, vieni qui solo una volta o due al mese e pretendi pure di distruggermi il reparto?! Ma vieni a dare una mano o cosa?” continua, ottenendo l’effetto voluto solo in parte: ora il pediatra tira giù solo i bidoni.
E poi accade.
“Dottor Alex?” chiede una vocia dietro di lui: “Stai bene?” lui si volta e trova una bambina mora e lentigginosa di cinque anni che lo guarda preoccupata. È Katie: Karev era andato ad occuparsi di lei più o meno tre mesi prima, l'aveva operata assieme a Sheperd e alla Robbins. Le sue condizioni erano critiche, ma erano riusciti a tenerla in vita: è rimasta in coma farmacologico fino a quattro settimane prima. Karev era stato la sua mamma e il suo papà, i quali erano fuggiti alla prima occasione: era nella stanzetta della bimba ogni volta che la clinica privata gli lasciava un buco libero.
“Ehi, Caitlin: sei in piedi!” esclama non appena la vede.
“Beh, doveva essere una sorpresa, vero Katie?” dice la Robbins, in piedi al suo fianco. La piccola invece che rispondere sfila la manina da quella della dottoressa e corre ad abbracciare le gambe di Karev che, intenerito, si mette ad accarezzarle i corti capelli mori.
“Perché sei arrabbiato?”
“Non ti preoccupare: ora che ci sei tu va decisamente meglio” dice, per poi prenderla in braccio. Lei gli mette le mani attorno al collo e si accoccola sul suo petto, donandogli grande serenità.
“Jo è ammalata tanto?” chiede, poi: Alex si era quasi dimenticato che i bambini sono grandi osservatori...
“Sì, ma Miranda e April la faranno tornare in sesto” dice, mentre comincia a crederci anche lui.
La bimba annuisce convinta: “Sì, sono bravissimissimissime!” afferma, facendolo finalmente sorridere. Caitlin intanto si guarda attorno:
“Hai fatto un disastro disastroso: Arizona si arrabbia!”
“Mhh...” commenta Alex, mentre valuta i danni: “Mi sa che devo sistemare” dice poi, più rivolto alla Robbins che a Katie, mentre rimette a terra la bimba.
“Ti aiuto io!” si illumina lei, intanto. Poi si volta verso Arizona, come a chiederle il consenso: la pediatra annuisce, Caitlin può essere un buon diversivo.
Dopo un po’, mentre la piccola si allontana verso un altro bidone, la donna si china al fianco del collega:
“Non fare la cazzata di andare in sala operatoria, intesi? Stai qui con Katie, anche quando avete finito, ok?” lui sospira: i suoi piani sono appena andati in fumo...
“Ehi, Karev, non.fare.cazzate. Lo sai anche tu che non ti farebbe bene vedere la Wilson stesa sul tavolo”
A quelle parole Alex alza la testa e capisce che la Robbins ha perfettamente ragione: non aveva ancora visto la situazione sotto questa prospettiva.
“Promesso” dice infine, mentre l’altra gli mette una mano sulla spalla:
“Appena sappiamo qualcosa veniamo subito a dirtelo: non abbatterti, ok? Per qualsiasi cosa io sono qui”
 
 
Si è fatta sera su Seattle quando Alex entra finalmente nella stanza in cui Jo è stata trasferita una ventina di minuti prima dopo essere stata svegliata. È stesa sul letto e riposa: ha aghi su entrambe le braccia e il grande tubo di drenaggio le esce dall’addome. E lui è lì, immobile sulla soglia, quando la sente sussurrare:
“Ciao”
“Ehi” risponde, mettendo su il migliore dei sorrisi, per poi andare verso di lei.
“Scusa, ti sarai preso un colpo” dice, un po’ a fatica. Alex si rabbuia per un nanosecondo, metre ripensa al suo attacco di rabbia, ma si riprende subito:
“Non ti preoccupare: pensa solo a te, ora, ok?”
“Ok” ribatte lei, poi lo guarda bene in faccia. “C’è ancora, vero?” chiede. Lo vede rabbuiarsi, incerto sul da dirsi. Poi Alex opta per un:
“Un po’... La Bailey e la Kepner lo hanno tolto al 94%: il restante 6% era troppo vicino ad un vaso sanguigno”
Jo si prende un attimo per assimilare la notizia:
“Hanno fatto un miracolo: non so se hai visto che roba era!”
Karev scuote la testa: le dottoresse glielo hanno severamente proibito.
“Meglio così... Quindo ora farò la chemio” constata, infine.
Alex annuisce, serio: “Sì, farai la chemio e io sarò lì” Jo a quelle parole sorride, un po’ rassicurata, poi gli fa cenno di avvicinarsi e lo bacia.
“Non scapperò come la tua exmoglie: promesso” dice, dando voce ai timori più grandi del suo ragazzo, che le sorride in modo sincero, grato.
“Voglio diventare tua moglie, prima. Dopo aver passato tutto questo” conclude, facendogli segno di sdraiarsi al suo fianco:
“E poi voglio avere dei figli con te. Voglio anche invecchiare con te”
Alex le bacia la fronte: è un po’ calda, ma è normale dopo un’operazione del genere. L’importante è che la febbre non salga ancora, ma lui rimarrà lì ad assicurarsi che non lo faccia.
“Ok, ma prima dormi un po’, così ti rimetti prima e ti passa anche la febbre”
Lei annuisce, mentre appoggia la testa sul suo petto, poi lo guarda negli occhi:
“Ok, ma tu non andartene, non andartene mai. E se vorrò scappare io non permettermi di farlo. Voglio passare tutta la mia vita al tuo fianco” dice, accoccolandosi ancora di più contro al petto di Alex e chiudendo gli occhi.
“Anche io ho gli stessi piani, quindi niente scherzi!” ribatte lui, dolcemente.
No, non le permetterà di morire. E neppure di scappare come ha fatto Izzie. Perché lei è Jo, lei è diversa. Camminano assieme. A piccoli passi verso il futuro. Per tutta la vita.

 

  
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