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Autore: _Coco    12/05/2014    2 recensioni
« [E Váli poterono legare
con ceppi di battaglia.
Molto vennero stretti
i lacci di budello.] »
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«Lady Sigyn.» il suo sorriso è affilato, la colpisce ancor prima della sua magra – quasi acuminata – tetra figura e lei arrossisce, china il capo, distoglie lo sguardo.
«Principe Loki.»
Quel ragazzino, pallido ed emaciato come non ne ha mai visti ad Asgard, la saluta ogni giorno, quando lei si siede a riposare sotto il grande albero dalla chioma folta, e non aggiunge altro, al contrario si ferma a guardarla, fisso e insistente, per minuti interi di soffocante silenzio.
Poi fa un leggero inchino, le sorride e scompare.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Così sogna, così ride, così piange
La punizione degli innocenti

 








« [E Váli poterono legare
con ceppi di battaglia.
Molto vennero stretti
i lacci di budello.] »



Il sole è alto e Asgard splende.
Le donne si mettono in moto; e cucinano, lavano, cuciono e baciano i loro mariti -  fieri guerrieri, mai piegati - a mo' di fortuna, mentre Sigyn si riposa vicino al grande mercato e ascolta il ciarlare soffuso della gente e il rumore lontano di grida, di risate, simili alla felicità.
Non conosce dolore, nè rabbia, non sa cosa siano le lacrime e vive spensierata in un’ eterna estate.
Tutto per lei ha il sapore della vita, della giovinezza e dell’immortalità.
«Lady Sigyn.» il suo sorriso è affilato, la colpisce ancor prima della sua magra – quasi acuminata – tetra figura e lei arrossisce, china il capo, distoglie lo sguardo.
«Principe Loki.»
Quel ragazzino, pallido ed emaciato come non ne ha mai visti ad Asgard, la saluta ogni giorno, quando lei si siede a riposare sotto il grande albero dalla chioma folta, e non aggiunge altro, al contrario si ferma a guardarla, fisso e insistente, per minuti interi di soffocante silenzio.
Poi fa un leggero inchino, le sorride e scompare.
Sigyn non capisce mai e aggrotta le lunghe sopracciglia e stringe gli occhi: per intuire, per guardare, per comprendere la figura confusa del secondogenito di Odino, per vedere e per afferrare quel che c’è dietro al velo di tante bugie.
Ma ogni volta, come a conferma che Loki non è niente più di quel che appare, mentre lo guarda allontanarsi senza fretta, scorge solo una verità sfocata contro il cielo del mattino.
 
 
 
 
 
 
In fondo, però, Sigyn sogna, perché sa che tutto andrà bene e che qualcuno l’amerà.
Perché il sole è alto e Asgard splende.
Perché è giovane e sognare è l’unica cosa che sa fare.
 
 
 
 
 
 
L’afoso pomeriggio si fa pressante ed il sole è già in cammino, a metà del cielo.
Sigyn sbadiglia alla finestra e poi sospira; il parco è ancora animato da voci allegre, giovani, piene di gioia, e lei sorride, perché guardare i visi spensierati dei giovani Asgardiani la riempie di serenità e non la fa sentire triste.
Vali ha un braccio nella culla e dorme, stringendo la mano del fratello e nulla riesce a fargli mollare la presa, mentre lo stesso Narfi , ancora sveglio, ancora piccolo, lo guarda e sorride.
Sigyn si sente bene, è felice, sa che tutto andrà – che tutto va – per il verso giusto, che niente spezzerà questo limbo, suo, di Narfi, di Vali e forse anche di Loki.
Loki.
Non lo vede da tanto e, per quanto è difficile ammetterlo ad alta voce, le manca da morire; e non le bastano i rari sussurri, le poche parole, mormorate nel cuore della notte dal vento – dal Loki più silenzioso – o dal cielo.
Lo vuole accanto a sé, a tenerle la mano, a farla sentire amata non solo nel silenzio della notte ma in ogni secondo, in ogni sguardo, in ogni vita.
Tuttavia, in fondo, sa che altro non può fare, perché il suo é un marito che fugge, che non riesce a far diversamente perché non ha mai imparato.
La verità sfocata è più nitida – Sigyn la sente sotto le dita – ma è ancora inafferrabile – come Loki, come la realtà che la circonda.
 
 
 
 
 
 
E Sigyn, in fondo, ride, perché i sussurri di Loki la fan sentire comunque tremendamente bella ed amata.
Perché Narfi è sano e Vali cammina di già.
Perché lui va e viene ma è un Dio e tornerà sempre.
 
 
 
 
 
 
 
La luna è alta e Asgard si spegne.
Tutti dormono e Narfi è morto. Ma Sigyn non ci crede ed è un urlo – morto, morto, morto – un sussurro ed ancora un grido nelle orecchie e silenzio atroce nella testa e nel cuore.
«Narfi…Vali…Loki.» non riesce a dire altro né ad urlare né a piangere.
E’ solo stanca. Vuole andare a casa, sedersi e abbracciare forte i suoi bambini e sentirsi ancora amata o bella, non importa, sotto i suoi sussurri e ridere, senza vergogna e sempre ad alta voce, per gli scherzi di Narfi e per la piega rigida, e così terribilmente famigliare, della bocca di Vali.
Ogni sua speranza, ogni sua realtà, ogni sua felicità è a pezzi, ai suoi piedi, come se non fosse mai esistita.
Come se anche la sua vita si fosse rivelata una bugia.
Stavolta gli Dei hanno torto.
Stavolta gli Dei hanno torto, perché nel punire hanno colpito chi non aveva colpa, uccidendoli senza pietà; Narfi, Vali e lei stessa, Sigyn.
Si sente vuota e sembra aver dimenticato come si respira.
La ciotola è piena e il veleno pesa ma, per Loki, Sigyn non molla – e forse è per questo che ancora non cade – e non si arrende.
Loki è quel che l’è rimasto.
Loki e nessun altro.
E, seppur Distruttore, Ingannatore, Mostro, Nemico della sua stessa famiglia, seppur Assassino, Sigyn lo ama.
Anche quando Loki è Loki, e la ama meno, e la ama poco.
Ha gli occhi chiusi, ora, il Dio del Caos, e una smorfia sulle labbra e parole spezzate fra i denti.
Vaneggia, Loki, e si agita.
«Mi dispiace, Sigyn.» e il suo bisbiglio è rotto e rabbioso, colmo di immenso e incompreso dolore. E anche se non si vedono, le lacrime lo stanno straziando. Il sangue fresco di Narfi a bagnarli le guance.
Così, Sigyn lo guarda, sorride e poi crolla.
 
 
 
 
 
 
Alla fine, inevitabilmente, Sigyn piange, per il marito, per i figli e per quel sapore amaro che sa di tutto fuorché di giustizia.
Non sogna, non ride, non vive;
tiene la ciotola e piange.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
















Note: Raggiunto dagli Æsir, Loki viene giudicato per la morte di Baldr, e lo conducono in una grotta del Niflheimr; qui trasformano suo figlio Váli in lupo e lo spingono a divorare il fratello Narfi e con le budella di quest'ultimo incatenano Loki a tre pietre appuntite. Un serpente sospeso al di sopra della sua testa cola veleno sopra il suo volto, e lo brucerebbe se Sigyn (sua moglie, il cui nome significa fedele) non raccogliesse le gocce in un bacile. Ma quando il bacile è pieno e Sigyn si allontana per svuotarlo, il liquido di fuoco del veleno fa urlare e scattare Loki, i cui sussulti violenti producono i terremoti.
  
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