Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Tempie90    12/05/2014    2 recensioni
AU tradotta dal sito di FF fanfiction.net, è un'esperimento che abbiamo deciso di fare io e anitagaia.
La storia parla di una Beckett ancora novellina facente parte della Vice squad del 12° distretto, ovviamente le modalità in cui conosce Castle sono altre! XD
Speriamo vi piaccia e abbiate la pazienza di leggere i nostri aggiornamenti!
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Saaaalve! Questa settimana siamo puntuali ma non per merito mio: ha fatto tutto Anita! Aaaaaaaaaah se non ci fosse lei *_*
Speriamo che il capitolo vi piaccia, sembra piuttosto interessante! =P
Buona lettura e per chi farà la nottata, buon finale di stagioneeeeeeeeee! *_*

 


                          Capitolo 16


Il problema nello scrivere un libro su Kate Beckett era che avrebbe reso molto più difficile dimenticarla. Andava con desiderio alla ricerca della parola giusta che potesse descrivere quel distinto bagliore dei suoi occhi, l'esatta frase per descrivere la distensione infinita delle sue gambe; e quando finalmente si spostava dal computer, circa verso mezzanotte, continuava ad avere impresso il pallore luminoso del suo viso nei suoi occhi.

Il suo stomaco si lamentò rumorosamente, il suono che echeggiava nell'immobilità del suo studio.

Giusto, cibo. Aveva bisogno di cibo.

Aveva mangiato con Alexis, certo, ma quello era stato ore e ore fa, e adesso la sua attenzione non era più rivolta alla scrittura-

Si. aveva fame.

Andò dritto al frigo per uno spuntino di mezzanotte, esitando tra il formaggio e un pezzo di prosciutto prima di scrollare le spalle e prenderli entrambi. Afferrò anche una mela, e poggiò tutto sul ripiano della cucina, la sua mente che immediatamente ritornava a pensare a Kate adesso che non era occupata.

Non aveva davvero idea se l'avrebbe chiamato o meno. Pensò che le sue parole l'avessero fatta vacillare, anche se solo per un paio di preziosi secondi; ma aveva speso anche abbastanza tempo con lei da sapere che era testarda, e determinata.

Abbastanza tempo.

Sbuffò alla sua stessa scelta di parole. No, non era stato abbastanza tempo- non sarebbe mai stato abbastanza tempo. Se non l'avesse mai voluto rivedere, se avesse dovuto spendere il resto della sua vita provando ad afferrare nel modo giusto la sua personalità, provare a  darle vita con le sue parole-

oh, beh. Poteva farlo, no? Aveva una magnifica figlia, e una carriera in salita; avrebbe imparato a vivere senza Kate Beckett, così come aveva imparato a vivere senza Meredith, senza Sophia.

Era bravo in questo. Aveva pratica.

La conosceva appena, inoltre. Che stava pensando? Che poteva guarire la ferita oscura e persistente che aveva dalla morte di sua madre? Che avrebbero tutti vissuto felici e contenti, una famiglia magnificamente riunita?

Buona fortuna per quello, Rick.

Non l'aveva neanche presentata ad Alexis, non è vero? Non era solo Kate. Anche lui aveva problemi, problemi di abbandono, e aveva una figlia senza madre il cui cuore era troppo tenero e prezioso per essere distrutto così.

Aveva bisogno di sicurezza, di certezza che nessuna donna avrebbe mai avuto la possibilità di dare.

Prese un morso dalla sua mela, masticando lentamente, e si ricordò dello sguardo negli occhi di Kate quando gli aveva detto di andarsene, di fare ciò che era meglio per entrambi.

Quello che era meglio. Come faceva a sapere-

Scosse la testa, ne aveva abbastanza, davvero abbastanza, e così spinse i pensieri in una altra direzione. Ma non andavano lontani; e così si ritrovò a pensare al caso, riguardo a quel file che aveva tenuto fra le mani brevemente.

Era masochista, non c'era dubbio, ma ne voleva ancora sapere di più. L'omicidio di sua madre.

Un caso irrisolto, l'assassino mai preso: stuzzicava quella parte di lui che credeva sarebbe finito tutto bene, quella parte della sua mente che era così curiosa. Sapeva quello che avevano detto, che dopo 24 ore le tracce diventano fredde, e diventava sempre più difficile rintracciare il crimine alla persona che lo aveva perpetrato. E dopo cinque anni...

Ma nonostante tutto. Si rifiutava di credere che non ci fosse nulla da fare.

Ci doveva essere qualcosa, un dettaglio che era stato ignorato, una traccia che non era stata seguita a causa di desideri meschini o per soldi.

Si chiedeva- c'era questo poliziotto che conosceva- beh, ne conosceva più di uno, ma questo ragazzo del 54esimo che aveva frequentato quando stava iniziando Derrick Storm. Clifford Haynes.

Se Rick lo avesse chiamato, e gliavesse chiesto un favore...

Forse avrebbe potuto mettere mani su quel file.

Non sapeva esattamente come funzionassero gli archivi del NYPD, ma certamente si poteva fare, giusto?

Come un dogma, non c'erano molte cose che con i soldi non si potessero ottenere. E lui ne aveva bisogno. Aveva bisogno di uno sfogo per il suo invaghimento per Kate Beckett, dato che apparentemente lei non lo voleva.

Avrebbe risolto il caso; sarebbe stato il suo cavaliere azzurro, il suo eroe, il suo segreto benefattore.

E lei non doveva mai saperlo.

Perchè se l'avesse mai scoperto, non aveva alcun dubbio che gli avrebbe sparato.


Kate si abbottonò lo stivale nero di pelle che le arrivava al ginocchio, e fece un passo insicuro. Il tacco era abbastanza normale.

Mise il secondo e poi si alzò per guardarsi allo specchio della sua stanza.

Si era messa una gonna corta ma non tanto da essere indecente, un top scollato e un maglione che poteva togliersi una volta entrata nel club. Il vestito era abbastanza sexy, ma anche poco eccentrico- esattamente ciò a cui aveva aspirato.

Aggiustò velocemente il trucco, mettendo un po' di eyeliner, e scosse i capelli con le dita.

Stava abbastanza bene.

Afferrò il cappotto, e la piccola borsa dove aveva messo il distintivo e la pistola, e poi si avviò verso la porta. Mentre chiudeva la porta a chiave, non potè fare a meno di sorridere al ricordo di Johnson quando era venuto indossando una giacca di pelle, una catena di oro pesante, e con degli occhiali da sole nonostante fosse inverno e il sole era tramontato.

Doveva ammetterlo, c'erano momenti in cui il suo lavoro era molto divertente.

Johnson stava aspettando nella macchina sul lato opposto della strada; corse verso di lui, evitando un paio di macchine e guadagnandosi alcune strombazzate incazzate.

Aprì la porta, sedendosi sul sedile del passeggero, sentendo gli occhi del detective su di lei. I suoi vestiti dovevano aver passato il test perchè lui non disse nulla, semplicemente avviò la macchina con l'accenno di un sorriso agli angoli della bocca.

“Non riesci a fare niente senza attirare l'attenzione, vero?” Scherzò mentre si inseriva nel traffico.

Beckett strinse gli occhi minacciosamente, smorzando il suo stesso sorriso. “Oh, sta zitto, detective.”

Johnson rise, qualcosa di silenzioso che passò nei suoi occhi lo fece apparire- almeno un po'- come un orsetto di peluche.

Kate poggiò la testa sul sedile, compiaciuta di se stessa, e del suo temporaneo partner.

Si. amava il suo lavoro.

Quando raggiunsero il club, c'era già una piccola fila di gente ad aspettare per entrare.

Johnson e Beckett presero posto alla fila. Il detective aveva messo un braccio attorno alla vita di Beckett; lui era ancora più alto di lei di un paio di centimetri, nonostante i tacchi, il che significava che poteva tranquillamente sussurrarle qualcosa nell'orecchio.

Notarono subito che non tutti erano entrati nel club, ma le ragioni per le quali ad alcuni venisse negato l'ingresso erano sconosciute. Infatti, sembrava completamente casuale.

Kate guardò, il sopracciglio aggrottato, fino a quando non erano a un paio di metri dalla porta. Johnson le mormorò qualcosa. “Facciamo finta che siamo ubriachi. Questo potrebbe andare bene.”

La sua unica risposta fu quella di appoggiarsi a lui pesantemente, e prese a sorridere guardandolo da sotto le ciglia. “Si?”

La strinse più vicino a sé con un sorriso, le sue labbra che flirtavano con la sua tempia. “Pensi di poter ridere per me?”

Beckett poggiò una mano sul suo petto e rise, a bocca aperta, un suono divertito che non avrebbe mai, in altre circostanze, fatto.

“I prossimi,” disse il buttafuori, e loro si mossero in avanti, Johnson quasi la trascinava con sé.

“Carta di identità, per favore.”

Fecero finta di non trovarli, Beckett che perdeva il suo equilibrio una volta o due mentre guardava nella sua borsa, facendo finalmente uscire la carta. L'uomo muscoloso li guardò, e poi annuì. “Potete entrare.”

Sentì la stretta trionfale della mano del detective sulla sua vita, e poi entrarono nel club. Il corridoio era stretto, i muri dipinti di nero ma per metà coperti di poster di ogni genere, vecchi e nuovi. Lasciarono i loro cappotti all'appendiabito, e poi entrarono nella stanza principale, a forma di diamante, con una pista da ballo al centro e un bar alla loro sinistra.

Lo spazio nel mezzo era caratterizzato da quattro piedistalli, sui quali le ballerine danzavano a ritmo di musica, e lentamente si toglievano i vestiti. Erano tutte svestite in modo diverso, ma quella più vicina all'essere completamente nuda era una donna che era nei suoi primi anni venti, con solo un laccio attorno alla vita.

Se quello poteva essere chiamato indumento.

Johnson condusse Beckett verso il bar, e ordinò dei drink prima di girarsi verso di lei.

“In base alle informazioni che abbiamo,” disse quanto più silenziosamente poté, annuendo verso la porta alla destra del bar. “Questa conduce al corridoio dove ci sono le stanze dedicate ai clienti con... i bisogni speciali. Il nostro lavoro stasera è quello di scoprire se è vero oppure no.”

“Come vuoi agire?” Chiese lei, rivolgendo un sorriso verso il barista che tornava verso di loro con due bicchieri.

Il detective spinse i soldi sul bancone, e prese un sorso di birra, i suoi occhi che analizzavano la stanza.

“Non so ancora come funziona qui,” disse pensosamente. “Forse vanno loro stessi dalle persone che sembra si stiano riscaldando troppo, e gli offrono un posto-”

“Possiamo facilmente testare quella teoria,” rimarcò Kate, senza distogliere lo sguardo dal suo.

“Si?” Chiese Johnson, scrutandola. “A te sta bene?”

“Certo,” e scrollò le spalle. Era il suo lavoro, no? E inoltre, lui non era proprio il più brutto del pianeta. Lei era libera, senza legami, e se questo le avrebbe fatto avere una buona parola da Johnson per la sua promozione, allora le sarebbe andato bene.

Ma quando si trovarono sulla pista da ballo, le mani del detective sotto il suo top, i loro corpi che strisciavano l'uno contro l'altro a ritmo di musica, Bekcett capì che poteva non essere così semplice come pensava.

Non aveva paura del contatto fisico; aveva un grande controllo su se stessa, e si fidava del suo partner. No, non era quello.

Ma...

Quando le labbra sfiorarono la linea del suo collo, quando fece scivolare una gamba fra le sue, la sua mano che saliva la gonna, Kate fu senza fiato, una fitta di desiderio lancinante che la colpiva nel profondo.

Voleva che fosse Castle.

Voleva che fossero le mani di Castle quelle su di lei, la sua bocca calda e sorridente, quel suo modo di sussurrare il suo nome contro la sua pelle. Lo desiderava da impazzire.

Johnson la baciò, e lei rispose, aprendo la bocca contro la sua, i suoi occhi si chiusero per immaginare l'uomo di cui aveva un disperato bisogno, che desiderava più di ogni altra cosa. Il sangue le scorreva nelle vene, il cuore che batteva all'impazzata, il suo corpo che si alzava-

E poi furono interrotti.

“Signore, signora. Mi dispiace, ma non tolleriamo questo genere di comportamento nel nostro club.”

Kate si morse il labbro, forte, il suo cuore che esplodeva mentre il suo collega la lasciava andare. Si erano in qualche modo spostati in un angolo, ed era così grata, ma così grata del supporto che il muro le dava. Oh, Dio.

Johnson cercava di mantenersi indifferente, cercando di far proporre all'uomo quelle ipotetiche stanza, ma il suo approccio amichevole venne brutalmente fermato quando il ragazzo chiamò due guardie di sicurezza.

“Nick, Esteban, portate queste due persone fuori, per favore. Sembra che abbiamo confuso il nostro locale con qualche altro posto.”

Nonostante le proteste vivaci del detective, lui e Beckett dovettero tornare in mezzo alla strada, spinti con non troppa gentilezza. Esteban, o forse era Nick, sbatterono la porta dietro di loro, e Johnson immediamente smise di fingere di essere ubriaco.

“Dannazione,” imprecò, passandosi una mano fra i suoi capelli inesistenti.

Dopo un momento di silenziosa considerazione, si girò verso Beckett, il sopracciglio leggermente alzato. “Stai bene?” Le chiese, osservandola.

Probabilmente era tutta disordinata, poteva sentire i capelli che le si appiccicavano addosso, la pelle d'oca sulle braccia perchè non gli avevano restituito i cappotti, ma annuì fermamente, non fidandosi della sua voce.

Non voleva che sentisse quanto eccitata fosse e farsi un'idea sbagliata. Lei stessa poteva a malapena credere che il pensiero di Rick Castle fosse abbastanza da trasformala in un essere così eccitato e bisognoso.

“Solo freddo.” Disse alla fine, abbracciandosi.

“Si, proverò a riprendere i nostri cappotti.” Disse Johnson. “Nn credo ci faranno entrare di nuovo, però. Almeno ci abbiamo provato.” Agiunse quietamente a se stesso. Poi, guardandola. “M aspetti qui?”

“Ok” rispose, a dire il vero sollevato nel vederlo allontanarsi.

Gesù, non usciva con Castle.

Lui non era niente per lei.

Allora che cos'era tutta quella colpa che si sentiva dentro?
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Tempie90