Ciao a tutti. Questa storia
è la mia prima incursione nel
mondo di Tolkien. Spero che possiate apprezzarla, e possiate divertirvi
a
leggerla così come io mi sono divertita a scriverla.
E’ una storia completa.
Ciò significa che ho scritto già
tutto lo scheletro della storia dall’inizio alla fine. E
questa è la prima
volta che lo faccio, solitamente invento mentre posto, ma siccome la
mia ultima
fanfiction (su Harry Potter) è rimasta incompiuta per vari
motivi, ho deciso
che pubblicherò storie lunghe a capitoli soltanto nel
momento in cui ho avrò
già deciso tutti i passaggi della storia, in pratica a trama
sbrogliata.
E perciò, eccomi qua.
Chiunque si sia tuffato su Arda, tra
elfi, nani, hobbit, uomini ecc… saprà bene che il
mondo che Tolkien ha creato è
molto vasto, e le sue trame sono fitte e ben collegate, ma talvolta ci
si
ritrova ad avere delle nozioni discordanti, questo perché
l’autore scriveva,
correggeva, riscriveva e quando è morto il suo lavoro era
tutt’altro che
concluso. Io, sebbene abbia ben chiara la situazione generale, devo
ancora fare
tutti i collegamenti necessari per avere risposte immediate.
Da qui l’idea di scrivere
una ff "What if", del resto perché non
inserire delle varianti che possano far quadrare il cerchio? Ma
comunque, mi
sto dilungando troppo.
In breve, la
storia è
una What if, ciò che dovete necessariamente sapere per
comprenderla appieno è
questo:
Siamo all’atto finale della
guerra combattuta nel Dagorlad,
in cui Isildur tagliò il dito a Sauron e decise subito di
tenersi l’anello
(senza recarsi sul Monte Fato con Elrond).
Esistono tre
Regni
elfici:
Boscoverde il
Grande,
guidato da Oropher che ha un figlio: Thranduil che è sposato
con un’elfa silvan
di nome Wisterian; i
due hanno un figlio
di circa 15 anni umani che si chiama Legolas.
Oropher
nel momento
in cui è diventato Re ha acquisito il potere di controllare
il grande portone
della sua fortezza, il quale può essere sigillato alla
chiusura solo dal Re (se
un elfo chiude il portone, chiunque può riaprirlo, ma se il
portone è chiuso
fisicamente o con un ordine vocale dal Re, questo si
chiuderà e nessuno
riuscirà ad aprirlo se non il Re fisicamente o con la voce).
Il potere è noto a
tutti, ma solo Oropher, Thranduil e Wisterian sanno che è un
potere insito nel
fatto di essere Re e che non è collegato a nessuno oggetto.
Imladris
con a
capo Gil-galad che possiede l’anello Vilya, e che ha un
figlio adottivo, Elrond,
che ama come suo. Elrond è innamorato di Celebrian.
Lothlòrien,
guidato
da Celeborn, cugino di Thranduil, e Dama Galadriel, la quale possiede
l’anello
Nenya. Celeborn è geloso di Thranduil e del fatto che un
giorno lui erediterà
Boscoverde il Grande. I
due hanno una
figlia, Celebrian, innamorata di Elrond.
Gil-galad e
Elrond sono gli unici che conoscono Gandalf, da poco comparso
sulla Terra di
Mezzo. Avendo capito che è stato inviato dai Valar,
Gil-galad affida a Gandalf
l’anello Narya, perché per un elfo solo
è difficile possedere due anelli così
potenti e non restarne ammaliati.
Bene, questo è tutto
ciò che è necessario sapere. Gli
aggiornamenti avverranno una o due volte la settimana, dipende dal
tempo che ho
a disposizione per scrivere. Vi
auguro
una buona lettura e spero di leggere presto le vostre impressioni e
considerazioni..
Capitolo 1
Finalmente
era arrivato il giorno tanto atteso, il male sarebbe stato sconfitto
una volta
per tutte e solo la pace avrebbe dimorato su Arda. Thranduil si
chiedeva se
davvero quel giorno si sarebbe concluso tutto, e come era possibile che
il male
sparisse dalla faccia della Terra in un batter d’occhio. Gli
elfi, gli uomini e
tutti gli esseri viventi, anche i Valar, avevano sempre vissuto
combattendo il
male, che trovava ogni volta la forza di rinascere e riproporsi in
vesti
diverse.
I
suoi pensieri scorrevano veloci mentre le
sue mani accarezzavano la spada di suo padre; la lama era lucente,
l’impugnatura solida e le gemme incastonate in essa
brillavano, le lunghe dita
del giovane Thranduil lentamente ne percorrevano i contorni. Quella
spada aveva
combattuto altre guerre, ma adesso davanti all’inesperienza
del principe
sembrava essere meno solida, era come se le gemme tremassero al pari
dell’animo
inquieto di colui che l’ammirava.
“Un
giorno
sarà tua” disse una voce sicura e dolce.
Thranduil
appoggiò subito la spada sul tavolo. “Non ho
fretta di possederla, padre”.
Oropher gli
si avvicinò, gli lisciò i capelli, sistemandogli dietro le orecchie le
trecce da guerriero.
Suo figlio era bellissimo, ma ancor di più era buono.
“Non hai fretta, eppure
un giorno sarà tua. E’ di ottima
fattura”.
Le mani di
Oropher indugiavano sulle spalle larghe del figlio, del suo unico
figlio, che
egli stesso aveva portato in guerra. Lo sguardo del re era severo,
eppure
sapeva anche riempirsi di
calore.
Thranduil
conosceva la fierezza di suo padre, e sapeva che non avrebbe mai
sentito parole
dolci sussurrate in sottofondo, come quelle che lui invece dispensava a
Legolas, però sapeva di essere amato, lo sentiva nel cuore,
nell’animo e in
quelle mani che ancora compivano dei movimenti circolari sulle sue
spalle.
“Padre…”
disse il principe inclinando il viso verso la spalla nel tentativo di
cercare
un contatto. Oropher avvicinò la mano e accarezzando la
guancia di Thranduil
tentò di rassicurarlo: “Ma dovrai aspettare a
brandirla perché oggi torneremmo
a casa insieme”.
Oropher
abbassò le mani e fece per andarsene, ma due braccia forti
la avvolsero in un
disperato tentativo di fermare il tempo. La voce di Oropher si perse in
fondo
alla gola e lui con compostezza ricambio l’abbraccio.
All’esterno
della tenda del Re, i soldati stavano finendo di prepararsi. Era ora di
uscire
e porre fine al potere di Sauron. L’esercito di Boscoverde il
Grande era
composto da elfi valorosi, anche se con poca esperienza. Erano pronti a
seguire
il loro re e a lottare per il regno; e così fecero quando
arrivò il momento.
Lo scontro
era già iniziato, l’esercito di Sauron
già combatteva contro gli uomini di
Gondor, le urla si diffondevano nella piana, le perdite erano ingenti
ma gli
uomini non demordevano, se
il male non
avesse avuto fine allora neanche il bene ne avrebbe avuto.
Poi
arrivò
il segnale, non c’era alcuna possibilità di
sbagliare, l’arrivo degli uccelli
neri inviati da Celeborn del Lothlòrien indicava che
bisognava andare
all’attacco. Gli eserciti di Imladris e del
Lothlòrien si sarebbero uniti a
loro da li a poco.
L’esercito
con divise verdi avanzò a passo deciso, ordinatamente.
Thranduil guardò davanti
a sé, una marea nemica avanzava verso loro. Si
girò di lato per vedere l’arrivo
degli eserciti alleati, ma non vide nessuno. Anche Oropher si
voltò a cercare
Celeborn e Gil-galad ma l’unica cosa che vide era il suo
umile e fiducioso
esercito, pronto a morire per lui. Possibile che gli alleati fossero
caduti in
un’imboscata? Era troppo strano. Possibile che Celeborn lo
avesse tradito? Il
nipote era sempre stato invidioso
della grandezza di Boscoverde, ma non avrebbe mai inviato il segnale in
anticipo. O lo avrebbe fatto?
“Ah,
Celeborn” pensò il Re “qua affermo che
il
giorno in cui tu entrerai a Boscoverde con l’intenzione di
dominarlo, la
foresta diventerà buia e mai ti
appoggerà” , poi guardò suo figlio
ancora una
volta e penso che forse era l’ultima volta che lo vedeva e
ciò che vide lo
riempì di orgoglio: un giovane principe, con il busto dritto
e lo sguardo fiero
che non mostrava paura ma determinazione.
Oropher si
fece forza e gridò: “Andiamo a sconfiggere il
nemico! Con forza e senza mai
arrenderci, combatteremo fino all’ultimo elfo. Per Arda, per
tutti gli elfi e
per Boscoverde!”.
Senza
pensarci su, gli elfi avanzarono spinti solo dal loro coraggio. Lo
scontro fu
violento, Thranduil con la spada in mano fronteggiava il nemico, gli
alleati
ancora non si vedevano. Suo padre combatteva con tenacia, eppure
sembrava che
per quanta forza ci mettesse la spada non lo assecondasse, era come se
qualcosa
non andasse bene. Oropher sentiva la spada pesante da gestire,
più pesante del
solito, la lama per quanto l’avesse affilata il giorno prima
non era perfetta e
quell’imperfezione gli fu fatale.
Thranduil
vide il padre cadere a pochi metri da lui, il petto in sangue, le gambe
che
tremavano, il corpo che non stava più in piedi, che
lentamente si accasciava al
suolo e sullo sfondo di questo triste scenario le truppe di Imladris e
del Lothlòrien
che finalmente arrivavano e si
lanciavano contro il nemico.
Thranduil non
fece in tempo a realizzare l’accaduto che una fitta di dolore
si diffuse in
tutta la spalla, e fu il suo turno di crollare un po’ alla
volta mentre il
mondo andava avanti nella sua pazzia e Isildur tagliava il dito di
Sauron
recuperando l’anello del potere.
Era confuso,
a terra, e dolorante come non gli era mai capitato d’essere,
eppure, ancora non
lo sapeva, ma sarebbe stata una sensazione familiare ancora per molto
tempo.
Sentì una voce chiamare il suo nome, e un’altra
domandare perché. Poi non sentì
più niente, vide però alcuni elfi che gli si
avvicinavano, parlavano a voce
troppo bassa o forse era lui che per chissà quale ragione
non sentiva più, le
orecchie gli fischiavano fastidiosamente.
Si
sentì
sollevare, cercò di sollevare il braccio per spostare i
capelli che erano
appiccicati sulla guancia, ma la spalla gli fece troppo male e un urlo
strozzato uscì dalla sua gola.
“Principe,
piano…”.
Qualcuno
parlava, lo chiamava principe. Lui era un principe, era figlio di
Oropher che
era il Re degli Elfi di Boscoverde… era in guerra contro le
forze di Sauron e …
le orecchie ripresero a ronzare. Perché quel ronzio non
voleva passare?
Thranduil
era stanco, e mentre lui era lì suo padre magari lo stava
cercando, e poi non
c’era nessuno che parlasse a voce alta.
“Portiamolo
… tenda…”
“…
il
Mezzelfo… non … anche
guarit…”
“Oropher
…
non serve… Mandos…”.
Il ronzio
nelle orecchie di Thranduil aumentò vertiginosamente, stava
male, sì, questo
era certo ma quella parola, “Mandos”,
l’aveva sentita bene, era stata accostata
al nome di suo padre. Thranduil voltò il viso di lato,
qualcuno sosteneva un
elfo con una ferita al petto. Era una brutta ferita, molti sarebbero
morti dopo
aver preso un colpo del genere, sarebbero caduti a terra come
…
Oh, Valar!
Un’immagine gli passò davanti agli occhi: suo
padre che scivolava verso il
basso, suo padre che era stato ferito e che ora era giunto nelle sale
di
Mandos.
Thranduil non
aveva forze ma, come poté, con un misto di angoscia e
consapevolezza gridò“
No, non può essere. Noo!”. Sentì delle
mani gentili ma forti tenerlo.
“Thranduil
devi restare calmo, ti stiamo togliendo l’armatura e poi
curerò le tue ferite.
Sei nella tenda del Re …” la voce si interruppe,
sospirando. “Sei al sicuro”.
Il guaritore
e gli aiutanti liberarono il nuovo Re dall’armatura e gli
scoprirono il petto.
La ferita era sanguinante, ma non grave. “Lord Elrond, cosa
possiamo fare?”.
Elrond si
guardò attorno, non c’era molto da fare
lì. Thranduil era chiaramente sotto
shock, ma la ferita alla spalla non era seria. “Non potete
fare niente, andate
fuori e soccorrete i feriti, al Re ci penserò io”.
I due
aiutanti si scambiarono uno sguardo incuriosito. Vedendoli titubanti,
Elrond li
rassicurò: “Andate e non abbiate paura, il Re non
è in pericolo di vita”.
Elrond di
Imladris era un bravo guerriero, ma ancor di più era un
eccellente guaritore,
non restava altro da fare che obbedire ai suoi ordini per quanto
fossero
inaspettati, perciò i due elfi uscirono dalla tenda.
Thranduil
prese fiato, aveva riconosciuto la voce finalmente.
“Elrond…”.
“Sì,
Thranduil, sono io. Sto ripulendo la ferita, non temere non
è grave”.
“Mio
padre…”.
“Stai
calmo,
non agitarti”.
“Gli
uccelli
sono arrivati troppo presto”.
Elrond
pensò
che Thranduil stesse delirando e posandogli il palmo della mano sulla
fronte
gli controllò la temperatura.
“Gli
uccelli? Quali uccelli?”chiese il guaritore.
“Gli
ucc…”
riprese a dire il Re cercando di alzarsi, ma il dolore alla spalla era
troppo
forte e così ricadde nel letto, chiudendo gli occhi.
La fronte
era fresca, però era necessario che Thranduil bevesse una
tisana calmante,
doveva riposare per
riprendersi in tempi
brevi. La tenda però non era organizzata come infermeria e a
Elrond mancava il
necessario. Allora prese un
lenzuolo, coprì il busto di Thranduil e lasciandolo sdraiato
nel suo giaciglio,
andò verso la sua tenda per recuperare delle erbe.
Dopo poco
Thranduil riaprì gli occhi e si accorse di non essere solo
nella stanza.
“Elrond?”
chiese incerto.
Un elfo
alto, robusto e biondo si accostò al suo letto.
“No, caro cugino, non sono
Elrond”.
Thranduil
senti il sangue salirgli fino alla testa, come osava Celeborn venire
nella sua
tenda, così sfacciatamente, ben sapendo di aver inviato il
segnale in anticipo.
Forse se non lo avesse fatto suo padre non sarebbe morto. Sicuramente
Oropher
avrebbe avuto una possibilità in più.
Le uniche
parole che riuscì a pronunciare furono:
“Perché hai inviato gli uccelli in
anticipo”.
Celeborn
sollevò le sopracciglia e con un mezzo sorriso rispose:
“Di quali uccelli stai
parlando?”.
“Smettila!
Sai bene di cosa parlo. Del segnale che …”
“Come?
Cosa?
Quale segnale, Thranduil?”.
Thranduil
non riusciva a capire se Celeborn lo stesse facendo a posta o
semplicemente
stesse cercando di mantenerlo calmo perché era preoccupato
per lui.
“Celeborn”
disse con calma riprendendo fiato “Ero presente quando tu e
mio padre vi siete
accordati sul momento in cui Boscoverde sarebbe dovuto
intervenire”.
“Già.
C’eravamo solo noi tre e nessun altro”
continuò l’altro sornione.
“Bene,
allora
ti ricordi!”.
“Se mi
ricordo? Mi ricordo tante cose, cugino. Per esempio di come tuo padre
si sia
impossessato di un grande regno, mentre io mi sono dovuto accontentare
di un
piccolo bosco. Di come tu e lui vi siate allontanati sempre
più da me e Galadriel
e abbiate preferito stare con quei selvaggi silvani. Mi ricordo di
tante cose,
certo che ricordo” sputò con la lingua avvelenata.
“Ognuno
fa
le sue scelte, Celeborn. Né io, né mio padre ti
abbiamo mancato di rispetto,
abbiamo solo portato avanti il progetto di costruire un Regno di Elfi,
come tu
e Galadriel fatte nel Lothlòrien”.
“Sì,
anche
io ho dei progetti. Li vuoi conoscere?” domandò
Celeborn dando le spalle a
Thranduil e prendendo in mano un cuscino “Progetto di
seppellirti accanto a tuo
padre e di assumere il comando del tuo regno”.
Il cuore di
Thranduil perse un battito, ma lui tentò di mantenere la
calma. “Spiacente ma
la mia ferita non è grave, e anche se lo fosse, io lascio un
erede al trono”.
Era una
risposta semplice e senza malizia ma Celeborn si sentì
colpire al cuore, lui
non aveva figli maschi, non ancora, e chiaramente dal suo punto di
vista
Thranduil aveva voluto evidenziarlo.
“Il
piccolo
Legolas,” disse con disgusto “non preoccuparti
sistemerò anche lui con la tua
bella mogliettina”.
Thranduil
aveva sentito troppo, fece per alzarsi ma Celeborn fu molto
più rapido e gli fu
subito addosso spingendogli il cuscino sul viso. Thranduil
lottò come se fosse
ancora in battaglia, cercò di liberarsi ma un braccio era
inutilizzabile e
l’altro non poteva competere con la forza di Celeborn e tutto
il suo peso. La
schiena di Thranduil si inarcò, i pugni chiusi battevano sul
materasso, le
gambe si divincolavano ma
non c’era
alcuna possibilità di fuga.
Il tessuto
morbido sulla bocca non faceva passare l’aria e poco alla
volta i polmoni
smisero di lottare, il petto si abbassò e Thranduil rimase
immobile. Celeborn
mise a posto il cuscino e di fretta uscì dalla tenda.