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Autore: _Laine    15/05/2014    0 recensioni
Poteva sembrare la persona più matta di questo pianeta, fuori dagli schemi, infantile, lunatica, da ricovero immediato, e invece non avevo capito niente. Nella sua breve vita, aveva appreso molto più di ciò che io avrei mai potuto imparare nella mia, anche se fossi rimasto su questa Terra per cinque secoli.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A robin in the nest


1.
 

La giornata per David era cominciata davvero male: non solo aveva subito i rimproveri della madre per essere rincasato tardi la sera precedente, ma aveva disputato con lei l’ennesima lite circa il suo pessimo rendimento scolastico. D'altronde pensava che la scuola fosse solo una perdita di tempo, dato che il suo sogno era quello di viaggiare in tutto il mondo e scattare fotografie, e le uniche materie verso le quali nutriva un sincero e profondo interesse erano la Geografia e le lingue straniere. Per il resto del tempo David preferiva appisolarsi sul suo banco, disegnare e, se non veniva beccato – e conseguentemente messo in punizione –, era solito distrarsi ascoltando musica con il lettore mp3 o giocare con le console portatili durante le lezioni.

Riguardo il ritorno a casa all’una di notte, invece, aveva una motivazione più che valida, anche se sua madre non la sarebbe mai venuta a sapere: si era intrattenuto con quella splendida ragazza, Grace Turner, che aveva conosciuto alla festa poco prima e con cui aveva deciso di prolungare i festeggiamenti. Forse aveva bevuto un po’, forse quella ragazza gli aveva fatto girare la testa e non poteva di certo tirarsi indietro, fatto sta che in sua compagnia aveva perso la cognizione del tempo. Durante il week end poteva rincasare quando preferiva dato che, ormai diciannovenne, non aveva di certo il coprifuoco, ma nei giorni feriali sua madre non voleva che tornasse tardi, dovendo andare a scuola presto, ma quella volta non poté proprio farne a meno.

Così, quel freddo mattino di inizio Dicembre, David uscì di casa sbattendo la porta violentemente e, sapendo che quel gesto avrebbe fatto infuriare ulteriormente la madre, se ne scoprì quasi compiaciuto.

Il liceo che frequentava si trovava a soli tre isolati e quindi ogni mattina percorreva sempre lo stesso tragitto a piedi, passando per il parco dove era solito giocare da piccolo con gli amici. Ripensava alle partite a calcetto, le risate, i pomeriggi passati a rincorrersi con i suoi compagni, alle volte in cui, sfinito dopo una corsa, si era disteso sull’erba per riprendere fiato e sua madre lo chiamava a gran voce, chiedendogli se desiderasse un gelato o una bibita fresca. Talvolta ripensava anche a suo padre che lo teneva per mano mentre muoveva i primi passi con i pattini che gli erano stati regalati a Natale, ma sui quali non aveva più voluto andare da quando egli se n’era andato.

David ricordava sempre la sua infanzia con affetto e nostalgia, ma poi veniva catapultato nuovamente nella realtà che lo circondava e il suo umore ne risentiva bruscamente già di prima mattina.

Una volta uscito di casa, però, si sorprese felice, soprattutto dopo aver notato che stava cominciando a nevicare. Per lui la neve era sinonimo di divertimento e soprattutto, come spesso accadeva, se fosse scesa una notevole quantità di neve le scuole sarebbero state chiuse a causa dell’inesistente possibilità di essere raggiunte da chi arrivava da lontano. Si incamminò dunque di buon passo verso la scuola, sapendo che ci sarebbero poi state buone probabilità di trascorrere qualche giorno di vacanza extra.

Si era da poco introdotto nel parco quando una figura attirò la sua attenzione: una ragazza mingherlina di bassa statura, dai lunghi capelli dorati parzialmente nascosti da un berretto bianco che terminava con un pon pon, un cappotto nero aderente che le arrivava quasi al ginocchio, una calzamaglia bianca di lana e degli stivaletti neri senza tacco. In poche parole i suoi indumenti erano un'alternanza di bianco e nero, cosa che David trovò divertente. Sghignazzò, osservando quella buffa ragazzina che stava ferma e osservava con occhi splendenti e stupefatti il cielo grigio sopra di lei. Se fosse stata tutta dello stesso colore, pensò, la gente l’avrebbe scambiata per una statua.

Incuriosito da quella strana figura, le si avvicinò e chiese divertito: “Hey, scusami, ma cosa stai facendo?”

La ragazza sembrò impassibile a quella domanda ma poi, senza spostare lo sguardo, rispose: “Aspetto che arrivino, chissà che meraviglia quando arriveranno qui!”

Ma chi? Pensò lui, troppo sconcertato e perplesso per formulare la domanda ad alta voce.

“Guarda anche tu!” aggiunse poi lei con la voce emozionata, mentre per un momento distoglieva lo sguardo, osservava David sorridendo e gli indicava un punto in alto con l’indice della mano protetta da un guanto nero.

Forse è scappata da un ospedale psichiatrico, oppure ha sbattuto forte la testa. Nonostante questi pensieri, valutò che la strana ragazza fosse tutto sommato innocua, e quindi decise di assecondarla per qualche istante.

“Eccoli! Li vedi?” domandò ad un tratto lei, colta dall’emozione e dalla sorpresa.

A David occorse una manciata di secondi per riuscire finalmente a vedere due uccellini volare vicini e rincorrersi nel cielo descrivendo linee curve ed armoniose. “Cos’hanno di speciale due volatili?” chiese, deluso e sempre più perplesso.

La ragazza lo guardò sconvolta, come se il pazzo fosse lui. “Sono due pettirossi che hanno appena imparato a volare, e ora giocano felici e spensierati per aria. Non hanno confini, possono arrivare dove vogliono e godere di una totale libertà. Li ammiro e nello stesso tempo un po’ li invidio.”

“Ah.” Non sapeva proprio cosa rispondere a quella profonda confessione, anche se doveva ammettere che le era sembrata stranamente affascinante. “Come fai a saperlo?”

Finalmente lei lo guardò per la prima volta. “Poco fa, qui da qualche parte, ho visto un nido nel quale vi erano alcuni piccoli pettirossi che cercavano di volare, poi improvvisamente due di essi ci sono riusciti, librandosi in aria e dirigendosi chissà dove. Allora ho deciso di stare qui ad aspettare il loro ritorno.” David ebbe modo di osservare attentamente il suo volto: i suoi lineamenti erano delicati e armoniosi, ma i suoi grandi occhi azzurri erano segnati da delle leggere occhiaie che le conferivano un’aria stanca. Ciononostante aveva un’espressione allegra e serena, e lui la trovava davvero carina.

“Mi aiuteresti a cercare quel nido? Non conosco questo parco e non ricordo più dove si trova. Mi piacerebbe vedere se anche gli altri piccoli ce l’hanno fatta.”

David stava per rispondere che non poteva perché doveva arrivare a scuola in orario, ma si fermò prima di pronunciare quelle parole. In fondo di andare a scuola non ne aveva alcuna voglia.

Forse perché gli veniva la nausea a pensare di trascorrere la giornata tra le ore di Chimica, Matematica, Storia ed Economia, forse perché lo allettava l’idea di trascorrere del tempo sotto la neve, forse perché quella ragazza lo incuriosiva in modo insolito ed innaturale, fatto sta che si disse al diavolo! e decise di seguirla in quella pazza e decisamente assurda impresa.

Rischiò di pentirsene qualche minuto dopo, quando si era addentrato assieme alla sconosciuta laddove gli alberi si facevano più numerosi. 

Si chiese per quale motivo avesse deciso di aiutare la ragazza a fare una stupidaggine del genere, che lui non avrebbe fatto nemmeno quando aveva cinque anni. Pensò addirittura che la ragazza avesse bisogno di aiuto e che quindi dovesse subito chiamare qualcuno, oppure che lei facesse parte di una banda di criminali intenzionati a rapirlo per poi chiedere un riscatto.

Ad un tratto il suo sproloquio interiore venne interrotto da una visione che lo intenerì non poco: un uccellino tentava di muovere le ali ripetutamente, faceva un piccolo balzo in avanti e si fermava, poi riprovava la stessa operazione senza successo. La ragazza si avvicinò a David e sussurrò: “Bravo, l’hai trovato” e con lui osservò quella toccante scena, ma a differenza del ragazzo, aveva le lacrime agli occhi.

“Perché stai piangendo?” le domandò con delicatezza.

Tirò su col naso e rispose: “Perché io sono proprio come questo pettirosso, vorrei volare ed essere libera di fare tutto ciò che voglio, ma non posso.”

David non capì quella frase, ma non chiese ulteriori spiegazioni, percependo lo stato di profonda tristezza in cui ora si trovava la ragazza. “Forse hai bisogno di sederti un attimo” le disse. “Vieni con me.”

Lei non si oppose e seguì David, che le cinse le spalle con un braccio e la condusse verso una panchina poco lontana.

“Ti prego, smetti di piangere.”

Era così strano: si trovava in un parco con una perfetta sconosciuta che con tutta probabilità non doveva essere lì, proprio come lui. Aveva deliberatamente evitato la scuola per motivi sconosciuti a sè stesso e ora stava cercando di confortare una ragazza che non smetteva di singhiozzare per chissà quale ragione.

La sua aria spensierata e giocosa da bambina l’aveva abbandonata e ora appariva come una donna adulta che non riusciva a sopportare il peso del mondo. Quanti anni poteva avere? Poco prima David gliene avrebbe dati non più di quattordici, ma ora che la guardava piangere ne dimostrava almeno una ventina.

Non sapeva cosa fare e quindi aspettò, sperando e pregando che si calmasse.

“Perdonami, non so cosa mi sia preso, e nemmeno perché abbia deciso di venire qui stamattina. Non volevo farti perdere tempo: sicuramente hai di meglio da fare che stare qui con una tizia che non conosci nemmeno.”

Udendo quelle parole David sentì un nodo alla gola. “Non ti preoccupare, sono stato io a decidere spontaneamente di rimanere qui con te, anche se è stata una delle cose più strane che io abbia mai fatto. Sicuramente non vuoi e non devi raccontarmi perché sei triste, ma se riuscissi a smettere di piangere ne sarei molto felice.” Si avvicinò alla ragazza e, cingendole di nuovo le spalle con un braccio, le asciugò due lacrime che le stavano rigando le guance con la manica del suo giubbotto, scoprendo una dolcezza che mai avrebbe pensato di possedere.

“Avrai pensato che sia una pazza” affermò, persa per un attimo nei suoi pensieri.

“Onestamente sì, non posso negarlo ma, anche se non mi era mai successo prima, ti posso dire senza alcun dubbio che alle ragazze che piangono preferisco quelle che vanno alla ricerca di nidi.”

Con queste parole riuscì a strapparle un debole sorriso, dal quale si sentì confortato anche lui. Rimasero vicini ancora per un po’, senza proferire parola, quando ad un tratto David scoprì che la ragazza stava osservando con aria stupefatta una scena proprio davanti a lei: i due uccelli che avevano visto prima nel cielo planarono a terra, a pochi passi dal pettirosso che tentava di volare. Gli si avvicinarono e cominciarono a cinguettare, mentre il piccolo tentava con tutte le sue forze di riuscire nell’impresa. Poco dopo riuscì a rimanere in aria e volare per qualche metro, per poi ritornare a terra. Il cinguettio dei due fratellini aumentò di volume come per incitarlo a non arrendersi e, alla fine, tutti e tre cominciarono a volare velocemente nel cielo, disegnando figure astratte ed intrecciando di tanto in tanto le loro traiettorie.

Forse per tutte le emozioni strane e contorte che aveva provato quella mattina, forse perché ora si era reso conto che non presentarsi a scuola si era rivelata una grande idea, forse perché stare accanto a quella strana ragazza lo faceva sentire paurosamente elettrizzato, quello era uno degli spettacoli più emozionanti a cui avesse mai assistito.

  
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