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Autore: AliceWonderland    15/05/2014    4 recensioni
Arrabbiato, Michael serrò i denti a quella vista, sentendosi impotente di fronte allo stato in cui versava il fratello e, accostandosi a lui, sollevò un asciugamano e lo immerse nella bacinella d’acqua al suo fianco, pronto a rendersi utile.
Thomas era stato steso sul letto, il suo petto nudo si alzava ed abbassava con ritmo irregolare, e mostrava le tracce di bruciature ed escoriazioni all’altezza delle spalle; teneva una mano premuta sulla ferita che gli percorreva metà del volto, e le sue labbra screpolate e secche erano tese per il dolore. (...)
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Byron Arclight/Tron, Christopher Arclight/ Five, Michael Arclight/ Three, Thomas Arclight/ Four
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Note e avvisi: i personaggi presenti in questa fanfic appartengono al loro rispettivo creatore. Sono trattate, seppur in maniera lieve, tematiche incest, dunque invito cordialmente il lettore a prenderne atto, prima di dare inizio alla lettura. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



-CICATRICE-



La casa degli Arclight era avvolta da un lugubre silenzio, interrotto soltanto dai rintocchi metallici della pendola del corridoio e dall’eco ovattato dei tuoni in lontananza.
Seduto sul divano, Michael sorseggiava distrattamente dalla sua tazza di tè fumante, e, mano a mano che i minuti trascorrevano, sempre più spesso il suo sguardo inquieto vagava oltre le ampie finestre dell’abitazione, per poi spostarsi sul fratello maggiore, seduto davanti a lui e impegnato in una lettura.
-Three- lo chiamò quest’ultimo, scorgendo la sua apprensione, ma il più piccolo non gli diede tempo di formulare nient’altro in aggiunta.
-Nii-sama è uscito ore fa-.
A seguito di quell’osservazione, Chris distolse lo sguardo dalle pagine del libro.
Un altro lampo illuminò il volto preoccupato di Michael, e le sue mani strinsero nervose la tazza di porcellana, oramai vuota.
-Five, che cosa gli ha chiesto nostro padre? Tu lo sai, vero?-.
La fronte del ragazzo si corrugò impercettibilmente: -Lui non è tenuto a darci spiegazioni in merito a ogni cosa-;
-Siamo i suoi figli…!-;
-Se Tron- sibilò il primogenito, interrompendolo -avesse voluto metterci al corrente del compito di nostro fratello, allora l’avrebbe fatto, ma questa volta non l’ha ritenuto necessario, e questo è quanto, Three-.
Michael serrò le labbra e ammutolì di fronte al tono pacato ma fermo del ragazzo.
Three…
Ancora faticava a identificarsi in quel nuovo nome impostogli dal padre; un padre che a stento riconosceva, non solo nell’aspetto, ma anche negli approcci che aveva nei confronti dei figli, nelle maniere autoritarie e nella freddezza con cui si rivolgeva loro.
Ogni giorno, pronunciando quegli strani nomi, il quindicenne percepiva una parte del loro precedente trascorso svanire inghiottito da un’oscurità quasi palpabile, si sentiva sempre più privato della propria identità, ed era certo che anche per Chris e Thomas fosse lo stesso, per questo tutti loro erano così cambiati. Non erano più la famiglia di Byron Arclight, ma si erano dovuti adattare a vestire i panni dei sottoposti di quel misterioso bambino, freddo e calcolatore, che si faceva chiamare Tron. Ubbidendogli, assecondandolo, standogli vicini, speravano di farlo tornare il buon padre che era stato un tempo, eppure non passava giorno che Michael non percepisse se stesso e i propri fratelli in pericolo. E se qualcosa, prima o poi, si fosse rivoltato contro di loro?
Cercò di scacciare dalla mente quei presentimenti che da giorni lo tormentavano, e si alzò dal divano.
-Andrò a preparare dell’altro tè. Four dovrebbe arrivare a momenti…- disse sollevando il vassoio e avviandosi verso la soglia della sala, sotto lo sguardo indecifrabile del fratello.
Il fragore di un tuono scosse la città di Heartland. Dal centro alla periferia.
Nei pressi della zona portuale, alte e imponenti lingue di fuoco si levarono da un vecchio deposito abbandonato, stagliandosi contro il cielo gravido di pioggia e specchiandosi sulla superficie del mare, nera come la pece. Una sagoma emerse da quell’inferno rosso cremisi, procedendo verso la soglia dello scheletro di lamiere e stringendo a sé una figura esanime...

Sfinito, Thomas mosse a fatica qualche passo verso i portoni, la mano libera premuta contro il viso, per non respirare i fumi e le ceneri che si stavano sprigionando dall’incendio.
Una folata di vento proveniente dalla soglia si scagliò contro le fiamme; cambiando direzione, queste formarono un’insormontabile e sfrigolante barriera che costrinse il ragazzo a interrompere la sua marcia e ad esplorare con lo sguardo i dintorni, in cerca di un’altra via di fuga, ma senza successo.
Erano in trappola.
Un cigolio sinistro attirò la sua attenzione, e, alzando gli occhi al soffitto, scorse una trave consunta staccarvisi e precipitare verso di loro.
-NO!-.
Richiamando le ultime forze, con una spinta, Thomas allontanò da sé il corpo della ragazza, e, pochi attimi dopo il lancinante impatto con le schegge di legno, lanciò un grido di dolore che superò il crepitio delle fiamme, mentre una fitta oscurità calava inesorabile su di lui.

-Three!-.
Il vassoio col servizio da tè si infranse a terra, ed il fracasso di porcellane spezzò il silenzio surreale che dominava l’abitazione, facendo trasalire il primogenito di Byron Arclight.
Michael vide il fratello raggiungerlo a grandi passi e, abbassando lo sguardo, scorse le proprie mani tremare visibilmente, e le porcellane, che poco prima reggeva sopra il vassoio d’argento, infrante in mille pezzi ai suoi piedi.
-Four…!- sussurrò fra le labbra, tornando a guardare dinanzi a sé, allarmato. Per diversi istanti, i suoi grandi e limpidi occhi si dilatarono in preda al terrore di qualcosa che solo lui sembrava in grado di vedere; il suo visetto, dolce e benevolo, si fece terreo e spaurito, e dalla bocca dischiusa si levò un sommesso sussurro che preoccupò Chris.
-Ehi, Three, che cosa succede?-.
Il fratello minore trasalì, stringendosi nelle spalle: -Io... Mi è sembrato di…-.
La fronte di Christopher si corrugò, e Michael poté scorgere sul viso di quest’ultimo la medesima apprensione, mentre i rintocchi monotoni e ripetitivi della pendola accompagnavano quegli interminabili istanti.
-Su, siediti, Three- si riscosse il primo, cercando di condurlo verso la sala -Guarda che disastro-.
-Mi dispiace. Non so cosa mi sia preso. Pulisco subito-.
Stava per chinarsi sui cocci quando lo spalancarsi del portone d’ingresso li fece sobbalzare.
Il vento sospinse i battenti, facendoli urtare con violenza contro le pareti, ed una folata investì il corridoio portando con sé i boati della tempesta e dello scrosciare della pioggia che si stavano rovesciando sopra la città.
Spaventato, Michael intravide una figura emergere dall’oscurità del portale generato dallo Stemma, e, senza lasciare il tempo a Christopher di rendersi conto della situazione, si precipitò verso il fratello, comparso sulla soglia di casa.

Ansante e con passo malfermo, Thomas si mosse verso di loro e, quando Michael fu a pochi passi da lui, si lasciò cadere fra le sue braccia, che si tesero tempestivamente e lo sorressero con tutte le proprie forze.
-Four, cos’è successo?! Fo…!-.
La domanda gli morì in gola quando, posando la mano sul volto del fratello, la percepì umida e chiazzata di un liquido viscoso e scuro. Lo stesso che imbrattava la sua camicia.
Sangue.
Un brivido di terrore lo scosse: -E’ ferito, nii-sama!-.
Quest’ultimo li raggiunse, sollevando il viso del ragazzo ed esaminandolo con aria smarrita.
-Five, dobbiamo portarlo in ospedale!-;
-No-.
Una voce brusca e ferma li agghiacciò. Distogliendo lo sguardo dal ferito, i due fratelli videro Tron uscire dalla penombra del corridoio, il volto celato dalla maschera ghignante e le mani intrecciate dietro la schiena.
-Ma è ferito gravemente!- tentò di spiegargli il più piccolo dei tre.
Come poteva Tron, loro padre, rimanere così calmo e pacato dinanzi al proprio figlio ridotto in quelle condizioni?
Thomas tossì e piegò le labbra in una smorfia di dolore. Il suo viso, sporco di sangue e cenere, si levò quanto bastava ad incontrare lo sguardo del padre: dall’espressione del ragazzo trapelavano un misto di rabbia e dolore, e Michael, notandolo, comprese quanto la fredda reazione da parte di Tron l’avesse lasciato sconvolto, furioso e, soprattutto, deluso.
-Five, occupati della ferita- ordinò Tron, voltandosi -Dopo quanto accaduto, se lo portassimo in ospedale, qualcuno potrebbe farsi delle domande. Più tardi penseremo anche a questo, perciò, quando avrai terminato, raggiungimi- aggiunse, prima di svanire davanti ai loro occhi.
-Va bene- asserì Chris, atono -Coraggio, Three. Portiamolo nella sua stanza-.
In quell’istante, Michael sentì il mondo crollargli addosso.
Avrebbe voluto urlare, gridare a quel bambino e a Christopher quanto fossero profondi il suo sconcerto e la delusione per quella reazione distaccata e disumana, ma non permise allo sconforto di prendere il sopravvento.
-Vieni, nii-sama, andiamo-.

Arrabbiato, Michael serrò i denti a quella vista, sentendosi impotente di fronte allo stato in cui versava il fratello e, accostandosi a lui, sollevò un asciugamano e lo immerse nella bacinella d’acqua al suo fianco, pronto a rendersi utile.
Thomas era stato steso sul letto, il suo petto nudo si alzava ed abbassava con ritmo irregolare, e mostrava le tracce di bruciature ed escoriazioni all’altezza delle spalle; teneva una mano premuta sulla ferita che gli percorreva metà del volto, e le sue labbra screpolate e secche erano tese per il dolore.
-Dove sei?- lo sentì esclamare -Non… non riesco a vederti- gemette disperato, spostando lo sguardo intorno a sé.
Michael ebbe un tuffo al cuore. Prese posto sul letto accanto a lui e, allontanandogli la mano dalla guancia sfregiata, tornò a pulirgli la ferita.
-Sono qui, Four- lo rassicurò -Sei a casa, adesso. Andrà tutto bene-.
Thomas volse lo sguardo dalla sua parte e gli strinse il polso, facendogli quasi male: -Non ci vedo, Three!-.
-Five, dice che non riesce a vedere…!- lo informò il più piccolo, quando Christopher li raggiunse con l’occorrente.
Questi portò il dito indice davanti al volto del fratello, spostandolo da destra a sinistra, ma lo sguardo di Thomas non ebbe alcuna reazione.
-Hm- sussurrò intellegibile il primogenito, sfilandosi la giacca e tirandosi su le maniche della camicia –Non agitarti. Per ora occupiamoci della ferita, prima che si infetti, al resto penseremo dopo. La perdita di vista potrebbe essere temporanea-.
Michael annuì, in parte rincuorato da quelle parole: -Dimmi cosa devo fare-;
-La ferita va disinfettata, forse dovremo dare dei punti. E’ profonda, non sarà piacevole. Te la senti?-.
I pugni di Michael si serrarono, tanto che le nocche divennero bianche per la tensione: -Sì-.
Le grida di Thomas echeggiarono per la casa.
-Aiutami a tenerlo fermo- gli ordinò Chris -Four, mi hai sentito? Devi stare fermo!-.
Michael, con non poche difficoltà, lottò contro le braccia del fratello ferito, che cercavano di allontanarli.
Era straziante sentir gridare Thomas in quel modo, vederlo ridotto in quello stato, e la cosa di cui era più sicuro e che gli faceva ancor più male era la consapevolezza che, celate dietro quelle grida e quelle lacrime, non vi fosse solo il dolore fisico causato da quella ferita, ma la delusione, la tristezza, la rabbia e la frustrazione accumulate da quando la loro vita era cambiata per sempre.
Thomas era sempre stato prima un bambino e poi un adolescente capace di celare la propria sensibilità dietro maniere brusche, irrequiete, e caustica ironia, ma Michael non lo biasimò quando lo vide esplodere a quel modo; in quel momento, Thomas Arclight piangeva anche le lacrime che non aveva avuto la forza di versare in passato, forse malediva il giorno stesso in cui Tron era tornato…
-Lasciami!- strepitò il ragazzo.
-Non muoverti, Four, o peggiorerai la situazione!- lo rimproverò Chris.
Terrorizzato da quelle grida, il quindicenne strinse i denti e si sporse verso il corpo del fratello, che si agitava sul letto; gli bloccò il viso sul guanciale, in modo che Christopher potesse seguitare nella medicazione, e con la mano libera afferrò quella di Thomas e la strinse forte nella sua.
-Va tutto bene, Four- esclamò.
Il ragazzo lottò ma, lentamente, a quel contatto, sembrò placarsi ed abituarsi alla sgradevole sensazione dell’ago che gli penetrava la pelle.
-Three…- sussurrò, volgendo il viso alla sua sinistra.
Il ragazzino strinse di più la sua mano fra le proprie, e, portandosela davanti al viso, baciò le dita gelide e tremanti del fratello.
-Adesso calmati, nii-sama- gli disse, carezzandogli e scostandogli i capelli chiari dal viso –Non agitarti. E’ quasi finita-.
La fronte del ragazzo si distese, e le sue dita, a contatto con le labbra di Michael, risposero con una lieve carezza, prima che la sua bocca tornasse a tendersi sotto il dolore di un nuovo punto.
-Non lasciarmi… Non…!-;
-Non ti lascio-.
Per tutta la notte, Michael restò al capezzale del fratello, il cui riposo veniva spesso disturbato da lancinanti fitte al viso che lo facevano gemere e faticare a riprendere sonno.
Gli occhi del quindicenne erano arrossati e gonfi di lacrime, che ben presto colarono lungo il suo viso stanco e assonnato.
Chris aveva previsto l’incedere di febbre e qualche complicazione dovuta al trauma, e, nonostante il ragazzino fosse stato preparato a far fronte a quei problemi, a stento riusciva a perdonarsi di non poter fare altro per il fratello, se non limitarsi a vegliarlo e a sperare che il primogenito avesse fatto tutto il possibile per bloccare la brutta infezione.
Era questo ciò che temeva di più, e che da giorni lo tormentava… Quel bieco presagio, infine, si era avverato. Erano stati messi in pericolo.
Se avesse potuto prendere su di sé quell’orrenda ferita, Michael l’avrebbe fatto senza pensarci due volte, perché da quando loro fratello Christopher si era dovuto allontanare per un lungo periodo da loro, anni prima, tutto era passato sulle spalle di Thomas.
Quel fratello così vivace e prepotente che gli dava sempre il tormento, con sorpresa dell’ultimogenito si era preso con impegno inaspettato cura di lui, facendo il possibile per sostenerlo quando lo sconforto prendeva il sopravvento, difendendolo quando i bambini più grandi lo sbeffeggiavano, facendogli spazio nel suo letto quando la notte gli faceva paura e gli incubi lo tormentavano…
Quel periodo aveva segnato profondamente il loro rapporto. Certo, i battibecchi erano all’ordine del giorno, ma crescendo, maturando, era nata una nuova complicità fra i due che appianò gran parte delle divergenze.
Thomas si era fatto più forte e responsabile; quella forza di volontà che possedeva, la spavalderia, la sicurezza che aveva di se stesso, le maniere seppure goffe di proteggerlo, di consolarlo quando era triste, avevano fatto sì che il secondogenito divenisse il suo punto di riferimento, la sua roccia.
Per questo, pur di non vederlo così vulnerabile e sofferente, Michael avrebbe dato qualunque cosa.
Temeva che quella cicatrice, che sarebbe rimasta a lambire il volto del fratello, sarebbe stata un’ulteriore barriera, un ulteriore passo verso lo sgretolarsi di quell’ideale di famiglia che da sempre bramavano di tornare ad essere.

-Five ha detto quando potrò togliermi queste bende?-;
-Non ancora, nii-sama- rispose Michael, con voce flebile, bagnandosi appena le labbra di tè caldo.
Thomas abbassò lo sguardo e, stringendo nervosamente la sua tazza la sollevò, scaraventandola lontano, davanti a sé, costringendo il ragazzino a chiudere gli occhi quando l’impatto con la parete la distrusse ed il liquido ambrato colò, macchiando la tappezzeria.
-Non lo sai! Forse non vedrò mai più nulla se non questa dannata oscurità!- esclamò angosciato -Sembra una maledizione che ci perseguita!-;
-Non dire così! Hai sentito cos’ha detto Five: potrebbe essere stato il trauma a…-.
La risata sguaiata di Thomas lo interruppe, agghiacciandolo.
-Ma, certo, Five ha detto questo! Sì…! Sì, forse è così- sogghignò il ragazzo, piegando, poi, le labbra in un amaro sorriso -Che stupido. Sono patetico, vero?-;
-Non parlare così, Four…-.
Come poteva biasimare la sfiducia e le parole taglienti del fratello, in un momento come quello? Su Thomas era appena calata l’oscurità vera e propria, e se Michael fosse stato al suo posto, se fosse stato lui a dover trascorrere le ore e i giorni successivi all’incidente col timore e l’angoscia di non poter più tornare a vedere le cose che lo circondavano, avrebbe provato il medesimo ribrezzo verso le belle parole e le magre frasi di circostanza che di sicuro non gli avrebbero riportato la luce sotto le palpebre.
-Pensavo che ubbidire ai suoi ordini avrebbe cambiato la scarsa considerazione che Tron ha di me- continuò il più grande, alzandosi la mano davanti al viso -Ero disperato, terrorizzato, ma tornando a casa mi ripetevo… Questo sangue, questa ferita, questo dolore, lui sarà fiero di vederli. Sarà fiero di vedere che ho ubbidito e portato a termine ciò che mi aveva chiesto- le labbra di Thomas fremettero -Ma non ho ottenuto nulla, se non indifferenza… Niente più che banale indifferenza!-.
Michael non avrebbe voluto ascoltare quelle parole. Vivere quella situazione era già abbastanza doloroso, e sentire parlare in quel modo Thomas di loro padre gli stava spezzando il cuore. Neanche poteva dargli torto, in fondo.
Che razza di persona era diventata Byron Arclight? Era a quello che si sarebbero dovuti ridurre anche lui e Chris per un po’ di benevolenza? Arrivare a bearsi del dolore, delle ferite, del sangue, e, nonostante ciò, non avere neanche la certezza di potersi considerare amati o quantomeno stimati?
Era follia, eppure loro non riuscivano a sottrarsene, non ne avevano la forza, era come se fossero legati a quel bambino da fili invisibili, e per quanto disprezzassero ciò che erano diventati, sembrava sempre che qualcosa, dentro di loro, riuscisse a portarli nuovamente ad appoggiare quella causa che sapevano essere sbagliata sin dal principio…
-Mi sembra di impazzire, Three- ammise Thomas, amareggiato, mentre il fratello prendeva posto accanto a lui -A volte penso che sarebbe stato meglio se lui non fosse tornato affatto- sussurrò -E’ diventato un’altra persona, non ci sono affetto o calore nei suoi occhi…-;
-Adesso basta, ti prego- disse Michael, con ferma gentilezza, cercando di placarlo –Nii-sama, dovresti pensare a riposare, invece-.
Thomas si ribellò alle carezze del fratello, afferrandogli i polsi e gettandolo sul materasso.
-Four, che cosa…?!-;
-Maledizione, Three!- gridò il ragazzo, bloccando ogni movimento del più piccolo col proprio corpo -Perché non apri gli occhi?! Guarda che cosa mi ha fatto Tron! Guarda!- esclamò rabbiosamente, portandosi una mano sulla metà del volto bendato -Domani potrebbe succedere a te! A te, ci hai pensato?!- urlò fuori di sé -E io… Ogni maledetto giorno lo vivo nel terrore di non essere in grado di proteggerti!-.
Gli occhi verdi di Michael si dilatarono, colmi di stupore per le parole appena pronunciate dal fratello, sempre così spavaldo, sprezzante e ben lontano dall’esternare ad alcuno i propri pensieri e i propri timori.
Quando Thomas liberò i suoi polsi dalla stretta, il ragazzino si portò le mani alla bocca lottando per trattenere i singhiozzi, fissando i lineamenti del fratello, a cavalcioni su di lui, sfocarsi dietro le lacrime che oramai cadevano copiose dal suo viso.
-Three… Perdonami. Quando nostro padre e Five sono tornati pensavo che tutto sarebbe tornato alla normalità, e invece Tron, da quel momento, non ha fatto che pensare alla sua dannata vendetta, ed ogni cosa è nuovamente stata stravolta… Sei rimasto solo tu, Three. Se solo avessi la certezza di saperti al sicuro da tutto questo… Sei importante per me. Io…!-.
Le dita affusolate di Michael si posarono sulle sue labbra, impedendogli di proseguire: -Non lo dire, ti prego- lo supplicò.
Il fratello digrignò i denti, contrariato, distogliendo lo sguardo e rinunciando a replicare.
-Non dirlo più, Four… In questa situazione, se dovessero scoprire…-;
Il fratello maggiore gli diede le spalle, scompigliandosi i capelli arruffati, con aria risentita: -Non c’è bisogno che me lo ricordi-.
La pendola del corridoio rintoccò cupamente l’ora.
. -… Nii-sama, metti il broncio?- domandò Michael, sbirciando il ragazzo rimasto seduto sul bordo del letto e fattosi improvvisamente taciturno.
-Figuriamoci- sbottò sprezzante questi.
-Lo stai mettendo proprio in questo momento- insistette il più piccolo, incrociando le braccia al petto, indispettito -A volte ti comporti come un bambino-.
Un cuscino colpì di striscio il viso di Michael, lasciandolo a bocca aperta.
-FOUR!-.
L’interessato tese la mano verso il fratello minore, rimasto seduto al centro del letto: -Vieni qui, aiutami a vestirmi-.
Esitante, Michael unì la mano alla sua ma, senza avere il tempo di reagire, il ragazzo lo strattonò bruscamente, imprigionandolo in un abbraccio e strappandogli un bacio che lo lasciò senza fiato.
Thomas era davvero cocciuto; quando si metteva in testa qualcosa non vi era nulla che potesse mettersi sulla sua strada, specie un rifiuto.
Seppur turbato, Michael socchiuse gli occhi e concesse una timida risposta a quelle labbra umide e lussuriose, per poi posare le mani sul petto del fratello e allontanarlo, affrettandosi a distogliere il viso paonazzo prima che questi potesse nuovamente ritentare l’impresa.
-Hm… Magra consolazione- commentò il secondogenito, insoddisfatto, liberandolo dall’abbraccio e sospirando rassegnato -Dovresti avere più riguardo. Sono pur sempre convalesce…-.
Il rumore della porta che sbatteva lo interruppe, facendolo sussultare, e, nonostante i suoi ripetuti richiami, Thomas comprese ben presto di essere rimasto solo nella stanza. -…Three?-.
Lentamente, Michael si lasciò scivolare a terra, sulla moquette scura, la schiena premuta contro lo stipite della porta appena chiusosi alle sue spalle.
Serrò le labbra, ancora vibranti e ingolosite dai baci ricevuti poco prima e, levando lo sguardo smeraldo verso il cielo coperto, cercò di regolarizzare il respiro.
Dentro di lui, sentimenti contrastanti lottavano per avere la meglio gli uni sugli altri. Neanche lui, come suo fratello, era più in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato, e la complessa situazione in cui si muovevano ogni giorno non era di aiuto, anzi, non faceva altro che logorarli lentamente.
Per Michael, quello che stavano vivendo e provando vicendevolmente, all’ombra di tutto e tutti, era la più splendida e orribile delle torture. Una ignobile beffa del Destino che donava loro immensi piaceri alternati a dolorosi sensi di colpa.
Più volte, nel corso di quegli ultimi mesi, il ragazzino aveva cercato di convincersi del grande sbaglio che commettevano, abbandonandosi a quei piaceri che tra consanguinei non erano altro che inenarrabili tabù, ma per quanto la sua mente tentasse di redarguirlo, quando il suo sguardo e quello di Thomas si incontravano, le loro mani si sfioravano e le personalità diametralmente opposte si completavano l’un l’altra, ogni cosa intorno a loro non aveva più importanza; né i tabù, né le persone che al di fuori di quelle mura li imponevano, e Michael dimenticava, cancellava quelli che sarebbero stati i pregiudizi degli sconosciuti, tornava padrone di se stesso, dei propri sentimenti, e amava; amava senza distinzione di sesso e di sangue, domandandosi che male avrebbe mai potuto fare al prossimo quell’unione.
Ma per quanto ancora avrebbero potuto celare tutto nell'ombra, prima che quell'amore che gli donava, sì, la forza di andare avanti ogni giorno, si rivoltasse contro di loro, distruggendo ciò che avevano di più caro?
-Nii-sama…- gemette, nascondendosi il viso umido fra le mani, mentre un’opprimente tachicardia gli infiammava il petto.

Tempo dopo…
La stanza di Tron era buia, oscurata da pesanti tendaggi di velluto blu notte e illuminata dalla fioca luce generata dallo Stemma, divenuto la sua unica finestra sul mondo, dove il suo sguardo dorato, celato dietro la bieca maschera, sbirciava divertito e scrutava malevolo.
-Le selezioni per i campionati intercontinentali di Duel Monsters, hai detto?-;
-Proprio così- asserì il bambino, dondolando le gambe su e giù dalla sedia su cui sedeva -In ogni città stanno già radunando i migliori duellanti per poter selezionare il futuro campione che rappresenterà l’Asia-;
-Il campione dell’Asia…- il bisbiglio appena sfuggito dalle labbra di Thomas attirò l’attenzione di Michael.
-Per quale ragione dovremmo partecipare?- chiese Christopher, serio -Ha forse a che vedere con…-;
-Solo uno di voi parteciperà a quel torneo, Five- lo corresse il padre, sporgendo il capo verso di loro e piegando le labbra in un sogghigno -Ho sentito dire che all’evento parteciperà anche il favorito della città: Ryoga Kamishiro- cinguettò, tornando a dar loro le spalle.
I tre sussultarono. Kamishiro? Non era lo stesso nome che portava la ragazza coinvolta nell’incidente di poche settimane prima?
-Parteciperò io-.
Gli sguardi conversero su Thomas, che aveva appena parlato.
-Non essere impaziente, Four- lo ammonì il primogenito.
-Non sono impaziente! Desidero partecipare a quel torneo, Tron- esclamò il ragazzo, sicuro di sé.
-Ti ritieni all’altezza?- gli domandò il bambino, con voce flautata.
-Sì, ma certo-.
Michael seguì la scena, a disagio.
Cominciò a sembrargli fin troppo ovvio che quella proposta fosse destinata già in partenza al fratello… Sin da piccolo era sempre stato il sogno di Thomas diventare un duellante famoso, conosciuto in ogni angolo della Terra, dunque per quale ragione loro padre conduceva quello strano giochetto con entrambi i fratelli? Perché non l’aveva direttamente domandato a Thomas, e, soprattutto, per quale motivo Tron voleva che questi partecipasse al torneo?
-Four non si è ancora ripreso del tutto, Tron. Per favore, lascia che sia io a partecipare- si fece avanti l’ultimogenito, lasciando i due ragazzi di stucco.
Un’espressione indecifrabile attraversò il volto di loro padre: -Three, vorresti davvero partecipare a quelle selezioni?-.
Il ragazzino annuì sicuro.

-Come ti è saltato in mente, si può sapere?- esclamò Thomas, furibondo, una volta che i tre si furono congedati dal padre ed ebbero lasciato la stanza.
Michael corrugò la fronte, indispettito.
-Ora basta, Four. Sarai tu a partecipare, perciò è inutile continuare a discuterne- lo ammonì Christopher, lanciando un’occhiata gelida al fratello e allontanandosi lungo il corridoio.
-Tsè!- sibilò il secondogenito, portandosi le mani sui fianchi e tornando a spostare l’attenzione sul fratello più piccolo, rimasto immobile, al suo fianco -Be’? Si può sapere cosa ti è preso là dentro? Perché hai voluto intrometterti?-.
Michael serrò i pugni e alzò le iridi verde smeraldo su di lui.
-Non ti sei ancora ripreso del tutto dall’ultima missione, hai quasi rischiato di perdere la vista, hai disprezzato nostro padre per questo, e ora accetti di buon grado di stare al suo gioco?- disse -Non ti sei chiesto cosa ci sia dietro alle ragioni che l’hanno spinto a proporti come partecipante a quella selezione? Pensi che ti abbia permesso di iscriverti solo perché al corrente delle tue ambizioni?-.
Gli occhi cremisi del più grande si dilatarono colmi di sorpresa.
-Mi preoccupo per te, Four! Non voglio che ti succeda qualcosa!- gli rivelò Michael, spostando lo sguardo sulla profonda cicatrice che percorreva lo zigomo marcato del fratello.
-Sì, anche io penso che abbia qualcosa in mente, ma…- replicò pacatamente l’altro -Ci ho riflettuto a lungo, in quest’ultima settimana, e sai cosa ti dico? Siamo in ballo, oramai, Three- insistette quando sul viso del più piccolo si fece largo lo sconcerto -Per me non ha senso ritirarmi dopo quello che ho passato. Se invece continuerò a fare ciò che mi dice, capirà il mio valore. Dovessi impiegare tutta la vita, riuscirò a farglielo capire. Non voglio perdere la speranza di riavere nostro padre-;
-Questo lo capisco ma, per favore, non essere avventato!-.
-Non mettertici anche tu, come Five, adesso! Farò tornare nostro padre. Sento di esserne in grado, e non cambierò idea. Tu, piuttosto, cerca di non prendere più simili iniziative con Tron, chiaro?-.
Il ragazzino sgranò gli occhi verdi, e alla mente gli tornarono le parole pronunciate da Thomas, giorni prima. Che errore di valutazione aveva commesso...
Ogni maledetto giorno lo vivo nel terrore di non essere in grado di proteggerti!
Suo fratello era egocentrico, impulsivo e pieno di sé, e Michael era sempre stato certo che prima o poi si sarebbe fatto così incauto da non prendere in considerazione i pericoli e i tranelli di loro padre, invece, in quel momento, il più piccolo ebbe l’impressione che si fosse fatto avanti con l’obbiettivo di assicurarsi che lui, suo fratello minore, non prendesse ancora una volta parte ai piani del bambino. Aveva trovato un’altra volta il modo di proteggerlo, conservando quel suo orgoglio tanto prezioso?
-Four, ma tu…?-;
-Piuttosto- lo interruppe il ragazzo, sfregandosi il naso con aria di sufficienza -Non sarà qualcos’altro ad infastidirti?-;
-D-di che cosa parli?- gli chiese Michael, battendo le palpebre, colto alla sprovvista da quella domanda formulata con fin troppa malizia.
L’indice di Thomas si posò sullo zigomo attraversato dalla cicatrice.
La brutta ferita ed il gonfiore sul suo viso erano svaniti da qualche giorno, l’infezione era scongiurata e la sua vista aveva subìto danni minimi, trascurabili. Unico segno tangibile di quella terribile notte, e che sarebbe rimasta impressa su di lui per sempre, era proprio quella lunga e sottile cicatrice che segnava la destra del suo volto.
Michael pensava che Thomas avrebbe odiato per sempre quello sfregio, ma a giudicare dalla sconcertante leggerezza con la quale ne parlava, sembrava essersi già abituato a specchiarsi e a rimirare quel nuovo e particolare tratto distintivo, che sembrava donare ulteriore personalità al suo viso sottile e piacente. Quella cicatrice sembrava in perfetta simbiosi con l’indole tormentata e selvaggia del suo proprietario…
-Parlo di questa- disse quest’ultimo, interrompendo i pensieri del più piccolo -Farà impazzire le ragazze, me lo sento. Temi la concorrenza, non è così, fratellino?-.
Michael inarcò le sopracciglia, colto alla sprovvista da quell’affermazione; per un attimo rimase in silenzio a fissare il ragazzo, con un espressione sciocca e sconcertata disegnata sul volto.
-Ma che cosa stai dicendo, Four?!-.
I profondi occhi scarlatti di Thomas sembrarono sbeffeggiarlo, canzonarlo su quanto l’avrebbe fatto ingelosire, una volta diventato una celebrità.
Michael scosse il capo, cercando una replica che avrebbe potuto scacciare dal viso del ragazzo quell’espressione arrogante, ma alla fine si limitò a piegare le labbra in un sorriso amaro e rassegnato.
Voleva bene a suo fratello. Ne amava pregi e difetti, e gli sarebbe sempre rimasto accanto per quanto lunatico ed egocentrico fosse.
Si avvicinò a lui e, sporgendosi, posò sulla sua guancia segnata un tenero bacio.
-Sistemeremo ogni cosa, Three-;
-Sì-.
La pendola scandì con veemenza i suoi fastidiosi rintocchi, facendo trasalire i due ragazzi.
Da quel giorno sembrò battere un lento ma inesorabile conto alla rovescia a cui i fratelli Arclight non si sarebbero più potuti sottrarre.

FINE.

Disse l’Autrice:
Salve a tutti, membri della sezione Zexal, e ben trovati.
Finalmente, dopo la bellezza di nove mesi (sì, una specie di maternità. Maledetti impegni, ispirazione nomade e infida, e quant’altro) riesco a postare in sezione la mia prima Teaservice. ALLELUJA OSIRIDE!
Questa storia sarebbe dovuta proseguire mostrando un maggiore approfondimento riguardante il rapporto tra i due fratelli, tuttavia, durante la stesura, ho scelto di optare per qualcosa di diverso: una oneshot dal finale aperto, inconcluso, dolce e amaro che lasciasse un po’ in sospeso le considerazioni dei due protagonisti riguardo la natura del loro rapporto e la vendetta di Tron, quando ancora Thomas non era il campione dell’Asia.
Mi auguro sinceramente che il tutto sia stato di vostro gradimento.
Ho cercato di presentare nella maniera migliore possibile gli avvenimenti dal punto di vista dei protagonisti, benché non mi sia soffermata sui dettagli della sottotrama legata all’anime (o non se ne sarebbe più vista la fine), e di rendere la storia più scorrevole possibile, tramite i loro pensieri e le loro esperienze. Spero di essere riuscita nel mio intento; per lo meno potrò dire di averci provato.
Questi due personaggi mi sono piaciuti sin da subito. Sicuramente sono in cima alla lista delle pochissime cose che apprezzo della serie. Le sfumature del loro carattere, le personalità completamente agli antipodi l’una dall’altra che li portano a scontrarsi e a renderli molto piacevoli quando vengono accostati, il loro percorso “interiore” e la maturazione svoltasi durante l’arco della serie, il loro passato… Insomma, tutto ciò li ha resi molto meno piatti e banali della gran parte dei protagonisti della Zexal o quantomeno più dignitosi, a mio parere *si sottrae al lancio di verdure e oggetti contundenti*.
Il fatto che fossero fratelli non è tra le cose che mi hanno spinta a scriverne, quindi. E’ capitato che lo fossero, e sto sfruttando la cosa, niente di più; non nego certo che la cosa renda tutto più interessante e mi permetta di mettermi alla prova con nuove ‘tematiche. In futuro, perché no, mi piacerebbe poter trattare una ff Teaservice con qualche spunto e analisi in più rispetto ad una oneshot di poche pagine.
Ovviamente, all’interno del sito, vige un regolamento riguardo le storie incest, perciò dovrò rispettarlo, ma farò del mio meglio, cercando di rendere la lettura delle prossime storie più piacevole possibile nonostante le limitazioni.
Per ora, nient’altro da aggiungere, direi. Andiamo a ubriacarci di tè.
Ringrazio chiunque sia passato di qua per leggere questa storia, e mi dileguo, augurandovi buona serata e buon proseguimento.

+Alice(Tea Addicted)Wonderland+
  
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