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Autore: boy    16/05/2014    3 recensioni
"«Basta, stai zitta!» sbottò Margaret. «Mi hai stufato! I tuoi genitori sono morti, accettalo!» urlò.
Teresa si portò una mano alla bocca e la guardò come se fosse un mostro.
«Oddio. Sei tu vuoi ucciderli.» sussurrò."

Liberamente tratto dal famoso video web su Teresa Fidalgo.
Ogni riferimento a nomi e persone è puramente casuale.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1983, Portogallo
 
Lo psichiatra stava guardando il fascicolo della futura paziente.

“Teresa Fidalgo, Sintra, 16 anni. Diagnosi: Schizofrenia di tipo paranoico.
Causa: grave disturbo post-traumatico causato dalla la morte improvvisa dei genitori in un incidente stradale mentre la ragazza era sulla vettura opposta che ne ha causato la morte. La paziente manifesta 1. scatti improvvisi di aggressività, 2. depressione causata dai sensi di colpa 3. Osservazione di visioni irreali quasi continuamente.”


E poi un’altra sfilza di parole riguardanti le varie patologie psichiatriche diagnosticate alla ragazza.
C’era anche una foto raffigurante la sedicenne: era molto bella. Aveva dei lunghi capelli castani e un sorriso smagliante incorniciato da grosse labbra rosse. Poteva sembrare una comune e felice studentessa, ma gli occhi la tradivano.
In quegli occhi blu c’era tristezza, angoscia, paura, follia.
Il dottore prese il telefono, compose il numero e quando l’interlocutore rispose parlò.
«Buongiorno, sono il dottor Pables della clinica neurologica Bleuer. Ho le diagnosi di Teresa Fidalgo. Avvisi la tutrice. La paziente dovrà essere internata nella clinica psichiatrica residenziale di Lisbona dalla settimana successiva a tempo indefinito per l’inizio della terapia.»

 
#
 
«Dove andiamo?»
La tutrice di Teresa era una donna sui quarant’anni, bionda, curata e sempre vestita di tutto punto: quel giorno indossava pantaloni e giacca neri, da persona professionale. Teneva quasi sempre gli occhiali da sole appoggiati sulla testa, per evitare che i capelli le scendessero sul viso.
«Margaret? Dove andiamo? In montagna?» le richiese Teresa dal sedile a fianco al suo.
«Ti porto in una clinica per un po’ di tempo.» rispose con un filo di voce la tutrice fissando l’asfalto davanti a sé.
Teresa aggrottò la fronte.
«Ti piacerà vedrai, e poi conoscerai tanti amici.»
«Non voglio andarci. Portami dai miei genitori.» disse la ragazza incrociando le braccia.
Margaret socchiuse gli occhi sospirando.
«Non posso portarti dai tuoi genitori, Teresa. Lo sai. Loro non ci sono più.»
Teresa la guardò come se fosse impazzita di colpo. «Ma sei scema? Li ho appena salutati.»
La tutrice deglutì. «No, tesoro. Non hai salutato nessuno.»
«Sì, ti dico!»
«No. E’ per questo che ti porto in quella clinica. Vedi ciò che non c’è. Non sai più cos’è reale, tesoro.»
Margaret la guardò storta. «Per me tu sei pazza.» disse scuotendo la testa.
Nessuno parlò per un quarto d’ora. L’auto sfrecciava sulle montagna attraverso una strada deserta e nascosta ma piena di bivi, incroci e strade secondarie. Sul lato sinistro dell’asfalto c’erano solamente alberi rigogliosi e verdeggianti che si ergevano dallo strapiombo della montagna. L’unico rumore che si udiva era quello delle ruote sull’asfalto.
Improvvisamente nel mezzo del silenzio Teresa sbarrò gli occhi davanti a sé.
«Eccoli! Che ti dicevo?» esclamò. Stava fissando un punto vuoto e lontano, proprio nel mezzo di una stretta curva murata ai lati.
«Chi?» chiese Margaret confusa.
«I miei genitori! Sono là, non vedi?»
La tutrice sbuffò.
«Teresa, basta con questa storia.»
«Ma sono là! Fermati!» ordinò la ragazza felicissima, con un sorriso a trentadue denti.
«Non c’è nessuno là. Basta.» alzò la voce Margaret.
Sapeva che la ragazza era semplicemente malata, ma non ne poteva più e cominciava ad innervosirsi.
L’auto si avvicinava sempre più velocemente al punto che Teresa indicava. Il suo sorriso svanì.
«Ma che fai? Rallenta, così li investirai.» disse indicando preoccupata con la mano il punto vuoto.
La tutrice non rispose.
«Ehi! Rallenta ti ho detto!»
«Basta, stai zitta!» sbottò Margaret. «Mi hai stufato! I tuoi genitori sono morti, accettalo!» urlò.
Teresa si portò una mano alla bocca e la guardò come se fosse un mostro.
«Oddio. Sei tu vuoi ucciderli.» sussurrò.
«Cosa?» chiese la donna perplessa.
Con uno scatto Teresa si avventò sulla tutrice per strapparle di mano la guida e portare l’auto fuori pista.
Margaret cominciò a dimenarsi tenendo le mani sul volante.
«Lasciami Teresa!» urlava la tutrice.
«Perché vuoi ucciderli? Fermati!» gridava come una pazza piangendo, graffiando l’autista e tentando di afferrare il volante.
L’auto sbandò verso lo strapiombo della montagna.
Urlarono. Morirono.

 
1998, Portogallo
 
«Il posto dovrebbe essere subito dopo una montagna» dissi indeciso.
«Ah, io non so la via.» proferì Tiago continuando a guidare e fissando l’asfalto davanti a sé.
«Dobbiamo prestare attenzione alla strada, anche se non ci siamo mai andati ci arriveremo.» risposi.
Tania dal sedile anteriore si girò verso di me. «Nemmeno io conosco la via.»
«Quindi cosa volete da me? Neanch’io so la strada!» mi esasperai.
«Ma avevi detto di sì!» sbuffò Tiago.
Feci le spallucce e mi sistemai meglio sul sedile posteriore centrale. «No, io mi affido al mio sesto senso.»
Tania sospirò e si mise a guardare fuori dal finestrino. «Ah, il tuo sesto senso, meno male, ora sì che siamo salvi. Vaffanculo.»
«Dubiti delle mie capacità mentali?» risi.
«Potevi impegnarti di più invece che farci girovagare a Sintra nel bel mezzo del nulla, cazzo.»
«Ah, la ragazza è arrabbiata.» alzai gli occhi al cielo. «Tiago, accelera.»
Tiago borbottò qualcosa come “fenomeno da circo”, non capii bene. Il rumore continuo e ripetitivo delle ruote sull’asfalto rendevano tutto ovattato e lontano.
Guardai il paesaggio fuori. Eravamo, in effetti, nel bel mezzo del nulla. C’era qualche lampione ogni tanto a illuminare l’infinita strada piena di bivi davanti a noi, ma il più lo facevano i fanali del’auto di Tiago e la luna.
Arrivammo ad un altro incrocio.
«Dove vado ora, mister Sesto Senso?» chiese Tiago sarcasticamente.
«Gira a sinistra. Anzi no… no no, torna indietro, torna indietro.»
«Devo dire che il tuo sesto senso sta funzionando benissimo!» brontolò Tania.
Tiago svoltò e tornò indietro, mentre lei tutta imbronciata guardava fuori dal finestrino. «Sto cominciando ad avere freddo.» mugugnò.
«Bisogna solo avere pazienza. Io mi sto divertendo!» sorrisi.
Restammo tutti e tre in silenzio per una buona mezz’ora di strada circa. Guardai l’orario: le 23:29.
Ad un certo punto, girovagando, ci ritrovammo su una strada che percorreva una montagna, anch’essa piena di bivi ed incroci. Un casino, un labirinto. Sul ciglio sinistro della strada c’era una fitta e lugubre boscaglia, che si ergeva dall’oscuro strapiombo della montagna .
«Ma dove siamo? Maledizione!»
«Vedo solo alberi morti.» disse Tania cupamente. Mi faceva morire dal ridere.
«Non voglio passare tutta la notte a cercare la via giusta. Sono stanca di stare seduta e di vedere sempre la stessa strada» si innervosì.
«Ma dai che ci stiamo divertendo!» risi. «Non ci succederà niente, state tranquilli, a meno che Tiago non sbandi in modo da finire dritti nello strapiombo.»
«Fottiti.» scandì Tiago. «E’ tantissimo che sto guidando.»
«Oltre le montagne. Dai che stiamo quasi arrivando.» mentii.
In realtà non avevo la minima idea di dove ci trovavamo e cominciavo un po’ a preoccuparmi e a sentirmi in colpa.
«Quanto carburante abbiamo?»
«C’è qualcuno là.» interruppe Tania puntando l’indice sul parabrezza.
Tiago rallentò e strizzò gli occhi in direzione del suo dito. Scorgemmo una figura femminile sfuocata per via dei vetri dell’auto sporchi.
Era ferma immobile sul ciglio destro della strada, e fissava davanti a sé.
«Mi fermo, è sola.»
Tania guardò Tiago come se fosse impazzito. «Sei stupido o cosa? Non fare cazzate.»
«Ma dai, è sola!»
«Chissenefrega!» rispose Tania acida.
«Lasciala venire, lasciala venire. Può essere divertente!» esclamai.
«Cosa?» sussurrò lei incredula.
Tiago accostò ed io aprii lo sportello destro dell’auto, scansandomi sulla sinistra.
«Ciao!» mi rivolsi alla ragazza sconosciuta.
«Potete darmi un passaggio? Devo andare là, più avanti.» chiese. Era veramente carina.
«Certo, entra!» sorrisi.
«Devo andare là, più avanti.» ripeté sistemandosi sull’auto e chiudendo lo sportello.
«Okay.» sorrise Tiago ripartendo. Tania scuoteva la testa borbottando “perché?”.
«Che facevi tutta sola a quest’ora lì in mezzo?» chiesi.
La ragazza non rispose, continuando a fissare dritta davanti a sé.
«Ti è successo qualcosa? Come ti chiami?» continuai.
Tania si girò con un’espressione curiosa. L’estranea si spostò una ciocca di capelli scuotendo la testa. «Sono Teresa.»
«Ti è accaduto qualcosa?» ripetei.
Nessuna risposta, ancora.
«Ehi, tutto okay? Vuoi da bere?» chiese Tania aggrottando la fronte.
«Zitta. Sto cercando di capire cosa le è capitato.» dissi. «Non aver paura, puoi dircelo.»
Tiago si grattò una guancia continuando a guidare.
Arrivammo un po’ più avanti e ad un certo punto Teresa ci indicò freddamente un punto della strada davanti a noi.
«Sono qui per controllare. Riuscite a vedere quel punto?» ci chiese senza guardarci.
«Sì…» rispondemmo confusi, guardando attentamente dove ci indicava.
Sospirò con tristezza.
«Non c’è nessuno. Non c’è mai stato nessuno.»
Non capivo. Tiago rallentò.
«E’ quello in cui ho avuto l’incidente. E’ il punto in cui sono morta.»
Sentii un nodo allo stomaco. Ci girammo verso di lei.
La sua faccia era rigata da crepe di sangue, i suoi occhi erano improvvisamente completamente neri, vitrei e la sua pelle bianchissima.
Urlammo.
L’auto sbandò verso lo strapiombo.
Morimmo.
  
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