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Autore: Bertu    17/05/2014    3 recensioni
Zeffiro ha visto i suoi capelli biondi durante una partita di calcio. Poi è stato ricoverato in ospedale.
Sa poco di lei... anzi, non sa nulla.
Tuttavia inizia a cercarla perché sa che è lei.
E, finché è giovane, vuole assaporare ogni attimo della sua vita.
Con lei, possibilmente.
***
- Ho le nuvole negli occhi... -
Lei mi guardò accigliata.
- Non dovrebbero essere delle isole? -
Le sorrisi. Sapevo che era pignola… me lo sentivo.
- E poi i tuoi occhi sono azzurri... Non ci sono nuvole, solo un cielo limpido -
La guardai ma non risposi. Come sempre, non solo mi aveva capito.
No.
Mi aveva stregato.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Grazie a IlaPerla per il magnifico banner *^*
 
Let’s go
Crazy crazy crazy
‘till we see the sun
 
Mi accasciai sul divanetto di vimini nell’angolo più buio del giardino.
Feci un respiro profondo cercando, ancora una volta, di capire perché cavolo ero voluto andare a quella festa di fine anno. Non era nemmeno quella del mio liceo… Conoscevo la maggior parte dei ragazzi: alcuni giocavano con me a calcetto, altri avevano frequentato con me le medie o le elementari, altri ancora li vedevo alla fermata del pullman.
 
Il ragazzo che faceva da DJ non aveva un minimo di stile. Si limitava ad accontentare le richieste delle mille ragazzine che lo circondavano, forse sperando di combinare con qualcuna entro la fine della serata. Avrebbe avuto qualcosa da raccontare agli amici, non come me…
 
Mi portai alla labbra la bottiglia di Corona.
Merda, non mi piaceva nemmeno la birra.
Avrei potuto starmene tranquillamente a casa e invece mi trovavo a quella stupida festa.
 
Sollevai la bottiglia sorridendo a Stefano, il mio migliore amico, quasi un fratello, che a passi lenti si stava avvicinando a me. Si fermò a parlare con delle ragazze. Le guardò allontanarsi, fissando palesemente il loro lato B.
 
- Niente male, vero? - disse dandomi una pacca sulla spalla.
Preferì non rispondere e bevvi un altro sorso di birra.
- Dai, non fare quel muso… Posso chiedere all’amica se è libera per te. Lo sai che farei questo e altro per te… -
Scossi la testa bevendo l’ultimo sorso.
- Allora? -
- Ne ho visti di migliori –
 
Mi guardò perplesso, prendendo l’accendino dalla tasca e accendendo una sigaretta.
- Fumare fa male -
- Anche farsi troppe seghe –
 
Mi alzai e lo sfidai con lo sguardo.
Lui lo sapeva.
Come lo sapevo io.
Non mi trovavo a quella festa per sbaglio.
Ero lì per qualcuno.
Anzi, per qualcuna.
 
- Non so dove sia… - sussurrai, più a me stesso che a lui.
- Sta facendo l’asociale. Come te, aggiungerei –
Stefano lo sapeva. Sapeva dove si trovava.
E ci godeva nel farmi stare sulle spine.
- Dove? –
- Le aiuole vicino all’ingresso. Sai com’è… le piacciono i fiori –
 
I know we’ve only met
But let’s pretend it’s love
 
Dopo aver visto i suoi capelli biondi per la prima volta sono stato ricoverato all’ospedale.
Non sto scherzando. Dieci punti sul polpaccio e una ferita di guerra da mostrare orgoglioso al mondo.
Acclamato da tutti, ero diventato una leggenda.
 
Per fortuna, solamente io e Stefano conoscessimo la vera versione dei fatti.
Era la prima partita del torneo di calcio dei licei della provincia. Eravamo tutti agitati ed euforici e poco ci importava che nella squadra avversaria, nel ruolo di terzino destro, c’era un ragazzo rimandato bocciato quattro volte, che pesava più di tutti i miei compagni di squadra e del mister.
Eravamo gasati.
Sapevamo di poterla vincere.
 
Io sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene e, nonostante fossi il portiere, non avevo nessuna paura.
Nessun’ansia di prestazione.
 
Avevamo retto un buon primo tempo.
Eravamo in parità.
Eravamo riusciti a contenere quella montagna.
 
Poi però, complice un passaggio a vuoto, gli avversari avevano iniziato a risalire e la carica era guidata da quella cosa enorme.
 
Non so perché, sicuramente incitato dall’adrenalina, abbandonai la porte e iniziai a correre verso di lui.
Poi, però, mi girai di colpo.
Di scatto.
 
Qualcosa nella coda dell’occhio aveva attirato la mia attenzione.
I suoi capelli biondi.
Brillavano alla luce del sole.
Mi fermai, proprio nella traiettoria del tiro.
Mi colpii sul naso e caddi a terra.
Che figura di merda.
 
Non ho un quadro reale e definito di ciò che successe dopo.
Stefano mi ha detto che, per concludere l’azione, il tipo mi ha calpestato un polpaccio e l’addome ed è stato espulso. Che l’allenatore mi ha portato di corsa all’ospedale. Che blateravo di capelli d’oro e labbra rosse come una rosa.
 
Tutto ciò che io ricordo sono le nuvole nel cielo sopra la partita.
Avevo le nuvole negli occhi la prima volta che l’ho vista.
 
And never never never stop
For anyone
 
Scoprire la sua identità solo dai capelli è stata una missione che io e Stefano abbiamo accettato volentieri. Solo dopo ci siamo accorti del suo grado di difficoltà: era del nostro liceo o dell’avversario? Era capitata lì per caso? Era l’amica di qualcuno? La sorella, magari? Non prendevo in considerazione l’opzione “fidanzata”.
Era mia.
Io lo sapevo.
Adesso dovevo solamente accertarmi che lo sapesse anche lei.
 
Stavo per gettare la spugna quando la vidi di nuovo.
Complice un pullman guasto, uno troppo pieno da non poter respirare, la incontrai sulla terza opzione. Mi appropriai del posto vicino a lei e stiracchiai le braccia, cercando di mettere in evidenza le spalle e attirare la sua attenzione.
Stava leggendo e non mi degnava nemmeno di un’occhiata.
 
Sapendo di non avere altre possibilità, il destino mi stava decisamente aiutando, decisi che dovevo far qualcosa.
Cercai qualche informazione sul libro su wikipedia e poi feci un respiro profondo.
- Di che fazione fai parte? -
Lei mi guardò stupita. Gli occhi non erano azzurri come avrei creduto. Erano castano chiaro, a Stefano avrei detto color del miele.
In quel momento erano sgranati e non riuscivo a capire se la mia domanda l’aveva infastidita oppure fatto piacere.
 
Fatto sta che rimaneva in silenzio.
- Io sarei un intrepido. Le mie cicatrici lo dimostrano -
Mi guardò intensamente mentre riponeva il libro nella borsa. Non aveva ancora detto una parola. Non aveva risposto alla mia domanda.
Semplicemente, mi guardava.
E io, completamente esposto al suo sguardo, mi sentivo a disagio.
Nudo.
 
Poi sorrise e qualcosa dentro di me si sciolse. Oppure, più semplicemente, ricominciai a respirare.
- Abnegante -
Lo disse quasi con un tono di sfida, ma non aveva importanza. Stava parlando con me e volevo godermi ogni istante. Dovevo far si che si ricordasse di me.
Che mi volesse ancora vedere.
Che il mio ricordo iniziasse a tormentarla, come il suo faceva con me.
 
Sorrisi, il migliore dei miei sorrisi affascinanti.
- Zeffiro -
Strinse la mia mano.
- Aurora -
 
Aurora…
Dolce Aurora…
Bellissima Aurora…
 
Prima che potessi dirle qualsiasi cosa, Aurora prese lo zaino e si diresse verso l’uscita.
- Sei già arrivata? – dal mio tono di voce traspariva la delusione.
Così tanto per incontrarla… e mi era già scivolata dalle mani.
- Posso almeno sapere che scuola fai? -
A costo di passare per uno stalker dovevo saperlo.
Dovevo sapere tutto di lei.
Dovevo stare con lei.
 
- Scienze Umane al Fermi -
Mi salutò con la mano e poi scese i gradini.
Incollai il viso al finestrino e la guardai allontanarsi.
Quando era quasi ormai fuori dal mio raggio d’azione, si girò.
Sorrise.
Stava sorridendo.
Stava sorridendo a me.
 
Tonight let’s get some
 
Avevo partecipato a qualsiasi attività che coinvolgeva entrambe le nostre scuole pur di vederla e parlarci di nuovo.
Student party.
Rimembranze celebrative.
Feste di ‘stocazzo e ‘staminchia che lei, ogni volta, bidonava.
Ero andato a quell’ultima festa giurando che, se non l’avessi vista, avrei trovato un’altra ragazza disponibile e avrei passato il resto della serata con lei. Ne avevo giusto giusto adocchiata una che poteva fare al mio caso.
 
Stavo giusto per offrirle da bere quando Aurora apparve.
In tutto il suo splendore.
Era avvolta da un vestito bianco.
Anche se era sera e il cielo era limpido, avevo, ancora, le nuvole negli occhi.
Vedevo solo lei.
 
Giusto il tempo per riprendermi ed era già sparita. E non l’avevo vista per tutta la festa.
Non mi aveva neppure salutato.
Tuttavia, non sono il tipo che si arrende. Non così facilmente, almeno.
E non con lei.
 
La trovai esattamente dove aveva detto Stefano.
Vicino all’ingresso, immersa tra i cespugli di rose.
Per un po’ la osservai da lontano.
Non stava facendo nulla, eppure c’era un qualcosa di magico nei suoi gesti.
L’avrei osservata per sempre.
 
Come sentendo il mio sguardo sulla schiena, si voltò.
Occhi negli occhi.
Interpretai il suo sorriso come un segno ad avvicinarmi a lei.
Cosa che feci, naturalmente.
 
Eppure non riuscì a spiaccicare una parola.
Aveva un qualcosa di strano, Aurora.
Un qualcosa che mi intimoriva, ma, allo stesso tempo, mi intrigava.
Un qualcosa che mi avrebbe fatto rimanere ore in silenzio, pur di ascoltare il suo respiro.
 
Il che era strano.
Non era mia abitudine restare in silenzio.
Non era mia abitudine ascoltare una ragazza respirare.
 
Mi stavano succedendo troppe cose insieme.
Cose che non volevo capire, che non volevo analizzare.
Volevo solo farmi travolgere dagli eventi, farmi portare alla deriva dalle onde.
Guardarla, continuare a bearmi di tutto ciò che era e rappresentava.
 
Guardarla, semplicemente quello.
Farla mia imprimendomi ogni suo minimo particolare nella memoria.
Oppure blaterare di cose sceme solo per sentirla ridere.
 
Erano tante le cose che avrei voluto fare con Aurora.
Forse fin troppe.
Forse stavo effettivamente correndo troppo.
 
Solo che non avevo mai desiderato qualcuna così intensamente.
Lei… era unica nel suo genere.
Un’unicità che può spaventare.
Un’unicità che rappresenta una sfida.
Che poteva rappresentare una possibilità.
 
And live while we’re young
 
- Ho le nuvole negli occhi... -
Lei mi guardò accigliata.
- Non dovrebbero essere delle isole? -
Le sorrisi. Sapevo che era pignola… me lo sentivo.
- E poi i tuoi occhi sono azzurri... Non ci sono nuvole, solo un cielo limpido -
La guardai ma non risposi. Come sempre, non solo mi aveva capito.
No.
Mi aveva stregato.
 
È strano pensare come questa possa essere stata la prima vera conversazione tra di noi.
Di come si ricorderà di me grazie a questa uscita.
Sempre se vorrà ricordarsi di me…
 
Respirai a fondo.
Dovevo sapere. Dovevo sapere se quell’unicità rappresentava ancora una possibilità.
 
Prima che potessi parlare, si voltò verso di me.
- Come sta il tuo polpaccio? Mi dispiace davvero di quello che ha fatto Bocia… Non è un cattivo ragazzo, forse solo un po’ competitivo -
Gli occhi sbarrati, la guardai.
- Sai del polpaccio? -
 
Lei annuì.
- Certo che lo so. Ero a quella partita. Ho visto tutto -
La sua voce lasciava intendere almeno un doppio senso.
- Guardavi me… come quella volta sul pullman, o alla festa in teatro e alla conferenza sulla caduta del muro di Berlino. Sapevo che mi cercavi, vedevo il tuo sguardo perlustrare la zona e le tue labbra stringermi quando individuavi la mia classe, ma non me. Ti ho dato la caccia quanto tu l’hai data a me -
 
Mi strinse il braccio, appoggiando la testa sulla mia spalla.
La strattonai leggermente, così da poterla avere di fronte a me.
E di poterla stringere tra le mie braccia.
Si alzò in punta di piedi e appoggiò le labbra al mio orecchio.
Il leggero abito bianco si muoveva dolcemente, spinto dalla leggera brezza della sera.
- Ti voglio -
 
Infilai una mano nei suoi capelli biondi e, senza dire nulla, senza lasciarle tempo di cambiare idea, lasciai che le nostre labbra si incontrassero. Prima fu un bacio dolce, leggero, come se entrambi dovessimo abituarci alla reciproca compagnia. Alla reciproca esistenza.
 
Poi lei si strinse di più a me, premette il suo corpo contro il mio.
La intrappolai nel mio abbraccio di ferro.
Approfondì il nostro bacio.
Le lingue danzarono, si incrociarono.
Ci separammo leggermente per prendere fiato, ma lei continuò a succhiarmi il labbro inferiore per poi mordermi leggermente la mascella.
 
Le strinsi i fianchi.
Mi stava letteralmente facendo impazzire.
- Ti voglio. Sei perfetta. Sei mia -
Gemette tra le mie labbra, mentre cercavo di dimostrarle, in quel modo forse fin troppo fisico e brutale, ciò che aveva significato la mia ricerca in quei mesi.
 
Avremmo avuto tempo per le parole.
Ci sarebbe stato tempo per le ansie e le paranoie.
Quello che mi importava, in quel momento, era stare con lei.
In tutti i modi possibili.
 
Farmi uccidere di nuovo durante una partita di calcio.
Cercarla fino alla fine del mondo.
Trovarla.
Baciarla.
 
Volevo solo avere le nuvole negli occhi.
Ancora.
Ma per ora mi accontentavo di vedere il suo vestito bianco.
Stringerlo tra le dita mentre era con me.
Mentre riuscivo a pensare solo una cosa.
Un nome.
 
Aurora.
 
 
Ciao ragazze :)
Questa è la mia seconda OS con protagonista Zeffiro. Ha una storia, questo ragazzo. Forse un giorno la racconterò, ma per ora… per ora accontentatevi di leggere questi frammenti.
La canzone usata e che mi ha dato l’ispirazione per questa OS è “Live while we’re young” degli One Direction. Non so perché, ma credo che in quelle poche strofe abbia riassunto tutto lo spirito della OS :) Sono dei minititoli… perfetti *^*
A questo punto la parola sta a voi… Che ne dite della OS?
Fatemi sapere la vostra opinioni, ci terrei veramente tanto.
Detto questo… buon weekend :)
E… divertitevi!
Un bacione *^*
Vostra Robi
 
   
 
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