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Autore: leonora51    17/05/2014    1 recensioni
A 14 anni Rose è un’orfana come molti altri. O forse no. Cosa succede quando si ritrova catapultata nella foresta incantata e diventa prigioniera della regina malvagia?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ai turisti che affermavano di conoscere ogni angolo di Londra, ma che avevano esplorato soltanto la sua parte ricca e vibrante, la zona povera della capitale sarebbe apparsa come una città totalmente diversa. A mano a mano che ci si avvicinava i sentieri biancheggianti e i prati ben curati, per cui gli inglesi sono a buon merito famosi, lasciavano spazio a edifici grigi, addossati gli uni agli altri e separati soltanto da vie strette e fangose. Tra di essi l’orfanotrofio S.Paul colpiva i sensi del passante per la sua indicibile tetraggine, che sembrava rimanere appiccicata, come una colla, ai suoi orfani. Questi non erano ben visti dalla gente del luogo, che forse temendo di essere contagiata dalla loro cattiva sorte, si impegnava ad ignorarli tutto l’anno, fuorché per quelle rare occasioni in cui la società richiedeva che si dimostrasse una buona dose di spirito cristiano. La vigilia di Natale era una di queste occasioni, in cui gli orfani radunati , tutti vestiti in un’anonima uniforme grigia, venivano fatti marciare a due a due fino alla parrocchia, per deliziare la comunità con il canto di natale.  Nella processione c’erano ragazzi e ragazze delle età più varie, dai bambini di pochi anni che agitavano le gambette per stare al passo con il gruppo, a giovanotti robusti e bambine che erano quasi donne. Rosaline Harris era una componente di quella schiera ordinata. A 14 anni Rose aveva una bellezza fragile, i lineamenti delicati e la pelle lattea la facevano somigliare a una bambola di porcellana che un soffio di vento poteva spezzare in qualsiasi momento e i grandi occhi innocenti aggiungevano eloquenza a questa immagine. In quel momento tuttavia lo sguardo della ragazza era velato da un acuto dispiacere per essere stata costretta ad unirsi alla messinscena natalizia, che l’avrebbe fatta oggetto di riso da parte delle sue compagne di scuola l’indomani. A quel pensiero un forte rossore le si sparse per tutto il viso e il collo e prese a mordicchiarsi il labbro inferiore incerta. La chiesa era ancora piuttosto distante, se avesse fatto una corsa avrebbe potuto raggiungere il bosco e la direttrice non si sarebbe data animo di cercarla. Riflettendo che una ramanzina sarebbe ben valsa la possibilità di evitare lo scherno, chinò la testa e si lanciò in una corsa a capofitto verso gli alberi.
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Sebbene la messa fosse terminata da un pezzo e avrebbe dovuto già esser tornata all’orfanotrofio, il desiderio di procrastinare il più a lungo possibile la punizione della direttrice, l’aveva trattenuta nel bosco. Mentre i raggi rossi del sole che tramontava, si riflettevano sulle chiome degli alberi, ella passeggiava con uno sguardo interiore, non esterno e non si accorse di quanto si era addentrata nella boscaglia, fino a che anche l’ultimo raggio di sole fu coperto dai fitti alberi. Riscossa dalle sue meditazioni, fece per tornare sui suoi passi, quando alla sua sinistra, a malapena visibile dietro alla spessa cortina di piante, vide uno spazio tra due rocce, grande abbastanza perché vi potesse entrare un uomo.  Seguendo la sua naturale curiosità, ella vi si addentrò senza un secondo pensiero. Quando fu all’interno della caverna trattenne a malapena un grido di meraviglia. Nel centro esatto stava un grande specchio rettangolare, la cornice d’oro riccamente decorata faceva presumere che fosse antico e di valore. Come orfana che aveva avuto ben poco da dichiarare proprio, ella era attirata dalle cose belle come una falena dalla luce. E lo specchio era la cosa più bella che avesse mai visto. Si avvicinò con un’aria di reverenza alla superficie di vetro per guardarci dentro, ma appena lo fece, balzò indietro come fosse stata colpita da una scossa elettrica. Si mise a guardare intorno a sé freneticamente, aspettandosi che persone pronte a farle del male balzassero fuori dall’ombra in quell'istante. Ma non accadde nulla, la caverna appariva silenziosa e vuota come prima. Con il cuore che le batteva all’impazzata tornò a guardare lo specchio e di nuovo, riflesse dietro di lei, comparvero centinaia di persone. Si avvicinò per studiarle più da vicino, la punta del naso a pochi centimetri dallo strano oggetto e finalmente riuscì a distinguerle: un uomo dalla pelle di coccodrillo piegato su un calderone, un re che mangiava un cosciotto di tacchino seduto sul trono, una nonnina con la balestra e un ragazza che si trasformava in un lupo erano soltanto alcune delle bizzarrie che vide proiettate in quello specchio. Non potendo credere ai suoi occhi e volendo toccare con mano quello straordinario prodigio, quasi senza rendersene conto, sfiorò la superficie di vetro, ma non sentì altro che aria. Non ebbe neppure il tempo di meravigliarsi, perché subito dopo si sentì risucchiare dentro lo specchio e il mondo si spense.
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La mattina seguente Rose fu svegliata da un feroce mal di schiena. La mente annebbiata dal sonno ci mise un po' a registrare che stava dormendo per terra, nello stesso bosco in cui si era rifugiata la sera prima. Guardandosi intorno pensò che in realtà non era lo stesso, gli alberi erano più ampi e c'era qualcosa nell'aria, una strana energia, che la spingeva a dire che si trovava in un posto diverso.  Dopotutto se l'unico effetto dello specchio fosse stato quello di farla svenire, sarebbe rimasta tremendamente delusa. Mentre decideva sul da farsi udì un indaffarato scalpiccio di passi e si appiattì contro il cespuglio, che le aveva fatto da cuscino. Avrebbe potuto essere stata trasportata nel mezzo di una tribù di cannibali, per quanto ne sapeva. La prudenza non era mai troppa.
Da sola, nel mezzo di una foresta, senza denaro o amici o un mezzo per tornare a casa, a Rose non passò per la testa neppure per un istante di considerare lo specchio qualcosa di diverso da uno straordinario miracolo. Il suo personale regalo di natale. Tanto era il desiderio di avventura nella quattordicenne, che le faccende pratiche erano messe in secondo piano rispetto alla possibilità di vivere un'avventura come i protagonisti dei suoi romanzi. Chissà cosa l'avrebbe aspettata in questo mondo oltre lo specchio e già si immaginava a prendere il te con la regina la mattina, catturare un drago di pomeriggio e resuscitare un faraone la sera. Dovette frenare un risolino. Non aveva mai pensato di sconfiggere una tribù di cannibali, ma le sembrava un'impresa abbastanza eroica da poter tentare. Fortunatamente (o sfortunatamente a seconda dei punti di vista) quelli che si erano avvicinati non erano dei selvaggi, ma due uomini dall'aspetto ordinario, anche se vestiti un po' stranamente, che procedevano in silenzio lungo il bosco. Tra di essi c'era un netto contrasto: l'anziano camminava ricurvo, come se dovesse sopportare il peso di ogni anno trascorso, ma aveva un'innata dignità, che mancava al giovanotto, che procedeva con andatura arrogante al suo fianco. Fu il vecchio a parlare per primo, rivolgendo uno sguardo preoccupato al suo giovane compagno - Allora Dick, come ti sta trattando la vita sotto la regina malvagia? -
L'altro si irrigidì e rispose severo - Sua maestà tratta tutti i suoi servitori come meritano-
L'anziano scosse la testa, le rughe del volto che si erano fatte ancora più marcate – Ah, così meritano la tortura come ricordo per coloro che si comportano male?- la domanda fu formulata con tanta leggera innocenza, che colse Rose di sorpresa.
-Solo quando se lo meritano-  ripeté il giovanotto duro. Poi si guardò intorno nervosamente - ma sei hai un problema con la regina puoi rivolgerti a lei personalmente-
-Potrei farlo se fossi in grado di tornare indietro vivo-
Il giovane si era fatto di un rosso accesso, diventando un tutt'uno con il colore della sua uniforme -Per l'amor di merlino, tieni a freno la lingua! Sai bene che anche gli alberi hanno occhi e orecchie per conto di sua maestà –
-E' questo il modo di parlare a tuo padre?- chiese il vecchio, il dolore chiaro nella sua voce
-E' questo il modo di parlare a un traditore. Se persisti in questo tuo atteggiamento, non sarò in grado di proteggerti per sempre – fece per andarsene, poi come un secondo pensiero aggiunse- C'è un limite a quello che la stramberia può coprire – e si allontanò tra gli alberi, senza guardare indietro.
  
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