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Autore: lulubellula    17/05/2014    1 recensioni
Sabato sera e tanta voglia di scrivere tutti i tarli che mi tormentano da un anno.
Dal testo:"Perché io ho paura, perché nessuno ha mai fatto tanto per me, nessuno mi ha mai cercata e aiutata in un modo tanto disinteressato, perché nessuno mi ha mai guardata come fai tu, facendomi dimenticare di tutto il resto, della gente, dei miei problemi, del fatto che sono anni che schivo gli sguardi delle persone, gli occhi bassi, per paura di sentire commenti cattivi".
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Ricordati di me
 
I minuti attesi aspettando il tuo treno arrivare alla stazione, gli attimi prima che comparissi sorridendomi salendo gli scalini.
Un ‘Ciao’ che sembrava dire niente, ma era tutto.
I primi attimi in cui non sapevamo cosa dirci e il discorso verteva inevitabilmente sul tempo, caldo, freddo, nuvoloso, very british!
Andare a piedi verso le aule universitarie, entrare a lezione e vederti perdere inevitabilmente, capire che non stavi seguendo già da un pezzo le parole del prof, vederti guardare nella mia direzione, voltarti per capire chi stessi osservando aldilà delle mie spalle e realizzare che oltre a me c’era solo il muro.
E quell’ ‘Usciamo?’ quasi bisbigliato all’orecchio che ti faceva realizzare che ci eravamo alzati all’alba, di nuovo, solo per finire inevitabilmente seduti ad un tavolo per un caffè.
Un caffè che durava ore, di solito un paio, ore nelle quali perdevamo la concezione del tempo e anche dello spazio, i nostri occhi talvolta a sostenere lo sguardo e altre volte che si abbassavano per qualche istante, quando capivamo che i nostri volti stavano diventando troppo facili da leggere, agli occhi di tutti gli altri almeno.
Perché io le avevo notate le occhiatine e forse le avevi notate anche tu, delle persone che davano ormai per scontato che noi due fossimo una coppia, quando in realtà nemmeno noi sapevamo come definirci.
Amici? Certo, ma non solo.
Innamorati? Forse, ma chi poteva dirlo davvero?
E tutte le serate o quasi, passate a scriverci in chat, quel ‘Ciao’ con cui esordivi sempre, spesso non seguito da altre parole, tanto che io dovevo rincalzarti con qualche domanda, e i minuti diventavano ore, ore piccole, passate a parlare di qualunque cosa, come facevamo anche in università, nelle ore buche, nelle ore rubate allo studio, nelle ore in cui tentavamo di aprire i libri invano, ma non c’era verso e pian piano li rimettevamo nello zaino, senza smettere di parlare o di guardarci negli occhi.
Le volte in cui venivamo interrotti da qualche ragazza che conoscevi, magari da più tempo di me, volte in cui mi imbarazzava notare che a malapena davi loro retta, quando loro ti facevano domande tu diventavi telegrafico, rispondevi tagliando corto, senza smettere di guardarmi, tanto che loro se ne andavano quasi senza salutarti.
Le volte in cui abbiamo riso, tante, le volte in cui abbiamo parlato di argomenti che ci riguardavano vicino, che ci facevano o ci avevano fatto del male in passato, non avevamo alcun tabù, avevamo aperto la nostra vita l’uno all’altra.
Eppure c’era ancora qualcosa che non mi tornava, qualcosa che mi impediva di lasciarmi andare completamente a te, qualcosa che mi impediva di dirti apertamente quello che io provavo.
Per cosa poi?
Paura.
Paura del rifiuto.
Paura di lanciarmi nel vuoto.
Paura che te ne saresti andato e non avremmo più condiviso questi momenti insieme.
Continuavamo a vederci con scuse sempre più insulse, come conferenze interminabili e noiosissime, alle quali si vedeva benissimo la tua insofferenza, nei tuoi “Ora usciamo?” e nei miei “Manca solo un’ora, io resto”.
Nel vederti rimanere seduto a fianco a me, nonostante stessi morendo di noia, nel sentirti più vicino, le nostre spalle attaccate, le nostre ginocchia a sfiorarci e tu che ogni qualvolta venisse detto qualcosa di divertente ti giravi e mi sorridevi, solo per vedere se faceva ridere anche me.
Attendere la fine di quei supplizi e mangiare insieme, seduti su una panchina, provando ogni volta qualcosa di diverso, scegliendo bar e mense diverse, cibi, bevande diversi, l’unica costante erano i nostri volti impacciati, talvolta di più, talvolta di meno.
Aspettare giorni, settimane per rivederci di nuovo, senza tuttavia mai troncare i contatti, le nostre chat sempre attive, anche troppo, i tuoi propositi di aiutarmi con questo o l’altro esame, di passarmi tutti gli appunti, senza che io ti chiedessi nulla.
Le tua mani nervose che combinavano disastri, rovesciavano tazzine di tè bollente e ci facevano perdere l’intera mattinata a correre alla ricerca del ghiaccio, di una crema lenitiva, del contatto delle nostre mani che si sfioravano e poi si lasciavano di nuovo, perché incapaci di smuovere questa situazione.
Perché io ho paura, perché nessuno ha mai fatto tanto per me, nessuno mi ha mai cercata e aiutata in un modo tanto disinteressato, perché nessuno mi ha mai guardata come fai tu, facendomi dimenticare di tutto il resto, della gente, dei miei problemi, del fatto che sono anni che schivo gli sguardi delle persone, gli occhi bassi, per paura di sentire commenti cattivi.
Allora preferisco guardare il mare e pensarti mentre sono in vacanza, vedere le altre coppie che si baciano a Capodanno mentre noi siamo soli a festeggiare in due luoghi diversi, camminare di sera al lago e sentire i brividi e non per il freddo, ma per la malinconia.
Perché mi manca parlarti, mi manca vederti, mi manca starti vicino e martoriarmi il cervello a capire se anche tu pensi lo stesso.
Ci rivedremo ancora, questo mercoledì, a una di queste inutilissime conferenze e fingeremo di morire dalla voglia di seguirle da sempre, fingeremo che le nostre spalle e le nostre ginocchia siano troppo vicine perché l’aula è affollata, fingeremo di non sentirci morire quando vedremo i nostri treni allontanarsi dalla stazione.
Ricorderemo le nostre risate, i nostri caffè, le ore passate a non studiare in aule semivuote, i nostri sorrisi e i nostri occhi, sperando che l’altro faccia il primo passo, perché in fondo noi abbiamo paura.
Troppa.
E ci lasceremo andare via.
Ricordandoci di noi.
 
   
 
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