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Autore: queenofpromise    17/05/2014    1 recensioni
Damon è andato, non si sa se potrà tornare.
Elena è distrutta, disperata, devastata. Stefan è rimasto solo, senza il suo unico fratello.
Ecco le loro reazioni alla morte della persona a loro più cara.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alaric Saltzman, Caroline Forbes, Elena Gilbert, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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PLEASE, DON'T LEAVE ME.


The days are dark when you're not around
The air is getting hard to breathe.”

Suicide - Rihanna

 

ELENA

Sto sognando.
Damon non è morto. No, è un sogno. Tra poco mi sveglierò e lui sarà accanto a me, lui mi stringerà se avrò il volto rigato di lacrime.
No, Damon è qui con me. Forse senza sentimenti, forse nero di rabbia, ma è qui, vivo.
«Elena, andiamo.», un mormorio giunge alle mie orecchie, la voce mi sembra familiare. «Ti stanno aspettando tutti. Andiamo.», Caroline mi prende per un braccio, aumentando lentamente la presa al crescere della mia determinazione a rimanere seduta sul suo, sul nostro letto, a contemplare quella che per molto tempo è stata la camera in cui Damon ha sfogato tutti i suoi dispiaceri, i suoi dolori, la sua rabbia. Una stanza che sembra ancora impregnata del suo odore in ogni tessuto, in ogni particella di polvere; una stanza in cui è ancora percepibile la sua presenza, con i suoi effetti positivi e negativi; una stanza intrisa dall'alone dei nostri ricordi, delle nostre liti concluse sul letto sul quale ora sono seduta, dalla sua celata bontà.
«Elena...», Caroline insiste, con tono impaziente, forse leggermente irritato.
«NO! Vattene. Non verrò di sotto. VATTENE!», sbotto, urlando, come se la potenza della voce servisse ad eliminare la tristezza che in questo istante mi assale.
E' un attimo impercettibile, agisco senza rendermene conto: sfrutto i miei doni da vampira - la forza e la velocità - per alzarmi dal letto con un movimento agile e rapido e raggiungere il cassettone in cui lui riponeva i suoi vestiti, passandovi sopra un braccio per far cadere a terra tutti gli oggetti che vi si trovavano.
«No, Elena, non puoi.», la mia amica mi supplica, spostandosi velocemente accanto a me per impedirmi di provocare altri danni alla camera. «Sai che devi farlo, sei costretta. Avanti, vieni con me.», continua, con tono fermo e deciso, ma non abbastanza per convincermi.
«Ho detto che non scenderò. Non starò in piedi davanti al camino che ha visto tutta la nostra storia, dal primo momento all'ultimo; non starò a sentire tutte quelle persone che mi diranno “condoglianze”, non una parola di più, non una parola diversa. Io non ho bisogno della loro compassione, ok? Possono risolvere qualcosa? Possono portare indietro Damon? No! Non ho bisogno di loro. Damon è morto, è andato, e non posso fare niente, NIENTE, né per riportarlo qui, né per non pensarci!», urlo, ancora; urlo contro la mia migliore amica, senza pensare a tutto quello che Caroline ha fatto per me in ogni momento simile a questo; urlo, sperando che qualcuno possa sentire il mio odio verso ciò che mi circonda; urlo, sperando che Damon, ovunque sia, mi ascolti, che capisca che sono morta anch'io, con lui.
Caroline si siede accanto a me, cercando di mascherare gli occhi lucidi sbattendo frequentemente le ciglia. Fisso il pavimento, senza preoccuparmi delle lacrime salate, cariche di amarezza, che bagnano il colletto della mia maglia; per un istante mi sembra di essere completamente isolata dal mondo: non esiste altro oltre alla piccola porzione di pavimento che il mio sguardo riesce a controllare.
«Io so come ci si sente. So cosa vuol dire perdere qualcuno di così importante, e no, non mi riferisco a mio padre, ma a Tyler. Siamo stati lontani per molto tempo anche noi. Ti capisco, Elena.», sussurra attirandomi in un abbraccio fraterno, come a volermi proteggere, come fossi una bambina.
Mi scosto immediatamente, infastidita dal contatto fisico con un altro vampiro.
«Come diamine puoi sapere come ci si senta, quando hai perso il tuo amore, l'hai tradito con un altro e poi l'hai ritrovato? Tyler è di sotto, VIVO. Damon no. Damon non c'è, non posso parlargli, non posso toccarlo, non posso guardarlo negli occhi. Tu con Tyler puoi fare tutto ciò che vuoi, è sulla Terra con te. E ora, per favore, vattene. Non voglio vedere nessuno, e per nessuno intendo nessuno.», termino il mio discorso con un tono più acido di quanto in realtà mi aspettassi, lasciando una Caroline notevolmente spiazzata e sicuramente anche delusa dal comportamento di un'Elena che probabilmente non è più Elena.
Resto ad osservare la figura della mia migliore amica che cammina a passo incerto verso la porta, decisa ad accogliere, senza contestare, la mia richiesta poco gradevole.

* * *

STEFAN

«Vedrai, troveremo un modo per farlo tornare indietro.», Alaric posa una mano sulla mia spalla – tipico gesto di Damon – nel tentativo di confortarmi e convincermi del fatto che prima o poi rivedrò mio fratello.
«Avevamo una sola opportunità, una sola... ed è andata. Siamo tutti qui, tranne lui.», mormoro stropicciandomi gli occhi per l'ennesima volta, in parte per asciugare le lacrime che continuano a scorrermi in viso, in parte perchè spero ancora che tutto questo non sia vero. «Avremmo dovuto sfruttare al meglio quest'occasione. Avremmo dovuto essere più svelti, così nessuno avrebbe rischiato così tanto. E invece... devo trovare qualcosa che possa riportarmi mio fratello.», mi alzo in piedi, prendendomi la testa tra le mani, come se potesse aiutarmi a pensare più intensamente.
Alaric continua a fissarmi mentre passeggio nervosamente per il salone di questa casa che ora sembra essersi improvvisamente espansa, svuotata, spenta; chiudo gli occhi e mi sembra di sentire il bourbon di Damon che viene versato nel bicchiere, la sua risata sarcastica, il suo tono ironico ma al contempo serio e deciso. Mi volto istintivamente verso la parete del camino e la colpisco con un pugno vampiresco, lasciando cadere uno dei quadri appesi.
Caroline, dall'altra parte dell'enorme stanza, mi osserva quasi spaventata.
«No, Stefan! Calmati.», in mezzo secondo è accanto a me, pronta a stringermi nel suo abbraccio protettivo, a rassicurarmi.
Serro i pugni, avvertendo l'incessante bisogno di scaricare tutta la tensione accumulata fino ad ora attraverso la forza fisica, ma tento comunque di non agitarmi ulteriormente per non dare un dispiacere a Caroline, che è già stata delusa da Elena.
«Care, tu devi aiutarmi.», imploro con un tono di voce che alle mie stesse orecchie pare ridicolo, puerile, irreale.
«Farò il possibile... faremo tutti il possibile.», afferma prendendomi la testa tra le mani per costringermi a guardarla negli occhi. «Ehi, ascoltami. Tu non rimarrai solo, andremo incontro ad ogni rischio pur di farlo tornare. Vedrai che ce la faremo.», sussurra, stringendomi a sé, quasi volesse farmi dimenticare quello che sta accadendo.
«Caroline, devo andare. Torno presto.», esordisco dopo un tempo che mi pare infinito, in modo calmo, troppo calmo per non destare sospetti; ma spero nella fiducia dei miei amici e, senza aggiungere altro, mi incammino verso la porta d'ingresso con una meta già prefissata.


Cammino tra le lapidi su cui sono incisi nomi sconosciuti, alcune mal curate, altre più ordinate; un posto che fino a poche ore fa mi sembrava del tutto insignificante, ma che ora mi fa sentire quasi al sicuro.
Dopo aver vagabondato per quasi tutto il cimitero, trovo finalmente il posto adatto a me: un breve spiazzo di terreno vuoto, popolato solo da erbacce e piccoli sassi sparsi qua e là. Mi siedo, guardandomi intorno, e comincio a giocherellare con un filo d'erba scivolato per caso tra le mie dita. Prendo un respiro profondo, mi faccio coraggio.
«Damon... non so se sentirai queste parole, non so se mai avrò la possibilità di dirti queste cose, né se avrò il coraggio di farlo. Ma se sei qui, ti prego di ascoltarmi attentamente, ma soprattutto col cuore aperto. Io... io non volevo che andasse così, nessuno lo voleva. E tu non avresti dovuto combinare questo gran casino per me. Avevi tutto ciò che desideravi, eri felice, lo era anche Elena, e per me era questa la cosa più importante; ce l'avresti fatta anche senza di me, come sempre. Però avrei dovuto aspettarmi un gesto del genere... il mio terribile, altruista, casinista fratellone... un fratellone che adesso non potrò più abbracciare, detestare nei suoi momenti sbagliati, sgridare. Damon, mi manchi. Io farò tutto quello che potrò fare perchè tu torni qui con noi, a farci arrabbiare o diventare pazzi, darò la mia vita se sarà necessario, ma lo giuro sul bene che per te ho sempre provato, tu non resterai dove sei per molto tempo. Ora vado via... vado ad assaggiare il tuo bourbon, ma ti prometto che non lo finirò, te ne lascerò un po'. Ciao, pazzo, insostituibile fratello.», concludo così il mio discorso, nella speranza che lui mi abbia sentito, e mi sdraio sul terreno trascurato del cimitero, lasciando che la malinconia prenda nuovamente il sopravvento.

* * *

ELENA

Fisso immobile i ceppi di legno nel camino, le fiamme che si alzano e si abbassano con ritmo frenetico, quasi come se sentissero anche loro quanto è inquieta questa casa enorme. Il mio sguardo si appanna spesso, oramai non sbatto più le ciglia per facilitare il distacco delle lacrime dagli occhi; lascio che tutto corra senza interruzioni, lascio che ogni cosa vada come deve andare, consapevole che non esiste davvero nulla che possa portarmi avanti o indietro nel tempo, nel passato o nel futuro, con Damon.
Se ci avessi pensato prima, se fossi stata più responsabile... avrei potuto tentare di convincerlo a non fare il kamikaze, a non correre quel pericolo, a pensare a come sarebbe potuta andare nel caso peggiore. Invece non l'ho fatto. Ho rispettato la sua scelta, come lui mi aveva chiesto di fare. Sono ore, ormai, che mi tormento, pensando a quale sia la cosa realmente giusta: avrei dovuto assecondarlo, compiere quel gesto con lui, oppure avrei dovuto contraddirlo ancora una volta, lasciando ad un'altra persona quel compito? Quali sarebbero state le conseguenze? Forse l'azione migliore sarebbe stata prenderlo per mano e portarlo via, in un luogo isolato, farlo ragionare, dirgli che non poteva rischiare la vita perchè io lo amavo e non avrei sopportato l'idea di vivere senza di lui, ma non sarebbe bastato, perchè lui era Damon Salvatore, il vampiro impulsivo, l'uomo che non ascoltava mai i consigli degli altri, ma si fidava del suo istinto.
Assorta nei miei pensieri, non mi accorgo che una mano si è posata sulla mia spalla. Mi volto istintivamente, sperando ancora una volta la stessa cosa. La mia espressione cambia in un lampo, passando dal felice al deluso, quando inginocchiato alle mie spalle trovo Alaric.
«Mi dispiace...», mormora, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio per darmi conforto.
Alaric non è mai stato un uomo che sostiene gli amici attraverso il contatto fisico, ma mi sorprende quando si china per stringermi in un abbraccio in cui posso rifugiarmi senza sentire il peso del mondo che mi crolla addosso.
«Ric... Mi aveva promesso che sarebbe tornato, se qualcosa fosse andato storto. Me l'aveva promesso, e sai che Damon mantiene sempre le promesse. Non è tornato, non tornerà. Prima di decidere di compiere insieme la missione suicida abbiamo parlato, gli ho detto che lo amo, lo amerò sempre, abbiamo pensato al nostro futuro e mi ha promesso che in ogni modo avremmo vissuto quello che abbiamo sempre programmato; e invece guarda come è finita. Lui non c'è, sono rimasta sola, Stefan è rimasto solo, tu non hai più il tuo compagno di bevute. Guarda cosa c'è adesso al posto di Damon: un enorme vuoto, ovunque, perchè Damon ha lasciato una parte di se stesso in ogni maledetto angolo di questa casa, di questa città! E' ovunque, OVUNQUE! Ogni cosa mi ricorda lui, quanto mi faccia male non averlo accanto. Basta, Alaric, io non voglio più stare qui!», senza rendermene conto mi trovo ad urlare ancora, contro un'altra persona, il mio insegnante di storia che più che un insegnante per me è un padre; mi ritrovo ad urlare disperata parole che nemmeno comprendo per quanto escono in modo automatico.
Urlo, piango, mi dispero e penso a lui, penso ad una possibile fuga dalla città, come se servisse a dimenticarlo. No, Damon non è una persona che si può dimenticare, nemmeno con tutta la volontà dell'universo.
«Elena, calmati. Non sei sola. So che non c'è, ti manca come manca a tutti, ma non voglio che pensi ancora una volta che sei sola, perchè io, Stefan, tutti i tuoi amici... noi siamo qui per te.», mi prende i polsi per tentare di impormi di calmarmi con la forza, ma io mi dimeno fino a che non riesco a scappare dalla sua presa, per raggiungere, con la mia vampiresca rapidità, il tavolo sul quale sono riposte tutte le bottiglie di bourbon che lui custodiva gelosamente, decisa a prenderle tutte, una alla volta, per gettarle nel camino.
Non appena capisce le mie intenzioni, Ric corre accanto a me, cercando disperatamente di strapparmi le bottiglie dalle mani, ma io riesco ad evitare di lasciargliele e mi dirigo immediatamente verso quel maledetto camino, che ora comincia ad infastidirmi, per gettarle lì dentro, tutte insieme.
«Elena! Sei per caso impazzita?!», strilla, disperato anche lui per essere stato incapace di fermarmi. «Fermati, non prenderne altre!», mi raggiunge, tirandomi via per il braccio dalla mia postazione.
«Hai qualcosa in contrario? Lui non è qui per berlo, erano inutili, abbiamo già abbastanza oggetti decorativi.», replico indignata, osservandolo con uno sguardo carico di frustrazione.
Alaric sospira, stanco, e alza le mani in segno di resa.
Io lo guardo ancora per qualche istante, delusa da me stessa per il mio comportamento, e mi dirigo verso la porta d'ingresso, per allontanarmi da quella casa che mi ha fatto rivivere già abbastanza ricordi che dovevano restare il più distanti possibile dalla mia mente.
Per favore, Damon. Torna da me.”, è l'ultima cosa che riesco a pensare, prima di abbandonarmi al pianto ininterrotto sul ciglio della strada.

 

 

 

 

NOTA AUTRICE

Buon salve bella gente :3
Partiamo dal presupposto che sono consapevole di aver scritto una bella cacca di OS, sicuramente avrò fatto un sacco di errori di punteggiatura e probabilmente anche di lessico, ma dovete capirmi: l'ho iniziata a scuola, mentre la professoressa di latino spiegava, senza aver guardato l'episodio 5x22, e l'ho continuata a casa, dopo aver guardato l'episodio, quindi distrutta e col cuore a pezzi.
Era da un po' di tempo che immaginavo questo momento, questa situazione, quindi posso dire che avevo questa storia già in mente da un po', ma non pensavo di svilupparla in questo modo.
Forse ho presentato nel modo errato il personaggio di Elena perchè ho tentato di immedesimarmi troppo nella sua parte e forse ho sbagliato anche ad usare la narrazione in prima persona, ho fatto tutto ciò perchè volevo che Elena, nella storia, si sentisse come mi sentivo io mentre scrivevo.
Ok, non sto a scrivervi il mio messaggio di lode al personaggio di Damon perchè ne verrebbe fuori un'altra pagina; mi fermo qui e come al solito spero che vi piaccia e che non vi annoi.
Alla prossima. :)

Nina

  
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