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Autore: Mirin    18/05/2014    3 recensioni
LadieBlue e lo ShikaIno. Un altro tentativo, un altro fallimento.
L'industia "Buchi nell'acqua di una pessima fanwriter" è NON lieta di presentarvi: il nonsense più puro.
Non che Shikamaru Nara fosse un uomo normale.
Ma non avere Ino Yamanaka attorno era decisamente una seccatura.
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Morsi sul collo sono segni di voluttuosa proprietà.
Morsi nell’anima sono segni di una sconosciuta appartenenza.

AVVERTIMENTO (1): COME AL SOLITO, E' UNA STORIA SHIKAMARU POV/CENTRIC. SOLO QUALCUNO DEGLI ULTIMI HAIKU RIGUARDA INO.
AVVERTIMENTO (2):PRESENZA DI BASHING A INTERPRETAZIONE DELLO SHIKATEMA, SE SIETE SENSIBILI VI PREGO DI NON LEGGERE E DI PERDONARMI PER LA MANCANZA DI BUON GUSTO.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Non che Shikamaru Nara fosse un uomo normale.

 
E sentimi, stanotte.
I capelli intrecciati tra le dita, Shikamaru sorrideva.
Catturato in un istante.
Così lontano.
Un faro brillava nella notte, disturbò il suo sguardo dalle stelle.
Ino.
Sbocciare.
Ino aveva una mano sul petto, sotto un fiore.
Il sole del mattino, sorgeva?
Promessa nel vento.
“L’amerai?”
“Tanto da spaventarmi.”
Rami d’ombra.
Rischiarato da una luce insperata, L’Ombra aprì gli occhi dentro un turbine di petali.
Odore di vita.
Odore di lei.
Diamanti di pioggia.
Un semplice “grazie” non era abbastanza.
Bacio umido.
Statico o risultativo?
Gli antichi erano soliti indicare il passato come perfetto.
Per Shikamaru, perfetto era il presente.
Brilla, sotto l’arcobaleno di notte.
Gli occhi di Ino erano il cielo.
Non importava a che ora Shikamaru Nara si svegliasse.
Il suo cielo era sempre lì, ad aspettarlo.
“Buongiorno”, “Buonanotte”.
Solitario. [1]
“Nara?”
“Mphf.”
“Credo ci sia un bacio per te.”
Solitario. [2]
“Venirmi a cercare fino a Suna solo per darmi uno stupido biglietto…”
Shikamaru si zittì.
Era una dedica di compleanno.
Danza di brividi.
Un solo sorriso.
Shikamaru si sciolse come i brividi di mille notti invernali.
Lasciami.
No.
Gli occhi a mandorla si chiudevano.
Addio nella notte frondosa.
Manette.
Morsi sul collo sono segni di voluttuosa proprietà.
Morsi nell’anima sono segni di una sconosciuta appartenenza.
Volteggio nell’eterno.
Né uno sguardo, un pensiero, una parola.
Tornare? Per chi?
Stupido.
Shikamaru Nara ha le nocche rosse di neve.
Le labbra spaccate chiedono di essere risanate.
Stigmate di lontananza.
Cattura.
I cervi non sono grandi predatori.
Shikamaru aveva addosso una bellissima pantera della Sabbia.
Eppure voleva soltanto tornare a brucare la fresca erba, con la speranza.
Di trovarci una piccola, tenera viola.
Cieco.
Una lettera, dopo sei anni.
La mano aveva tremato.
Non le importa.
Sordo.
Un incontro fortuito, una missione di confine.
“Ciao.”
Il dannato vento aveva zittito una piccola, sciocca frase.
Ti amo. “Ancora.”
Codice cifrato.
Numeri, stupidi numeri.
10. 78. 00. 44.
Shikamaru si fermò, per un secondo col fiato sospeso.
1. 9. 0.
E se iniziava a leggere il suo nome persino nei numeri,
Shikamaru Nara era veramente fottuto di cervello.
Ritorno.
Le stelle le guardava, di nuovo.
Con una bionda, di nuovo.
Un faro, di nuovo.
“Scusami, devo andare.”
Come la marea.
Sballottato di qua e là, il freddo dell’acqua gli sbatté dritto in faccia.
Un’onda alta si era infranta contro una roccia vicina, schizzandolo completamente.
Bianca, perfetta, impetuosa.
Shikamaru assaggiò l’acqua di mare.
No, non sapeva di lei quanto le assomigliava.
Tempeste e vendette.
La guerra chiamava spesso, persino dopo dieci anni dopo la sua fine.
Nel sonno, Shikamaru la sentiva gridare.
La guerra?
No, Ino.
Anche stando a tre giorni di viaggio da lei.
Giorno.
1130.
2500.
3284.
“Pronto per il nono Capodanno, Nara?”
Shikamaru scosse le spalle.
Nove anni passati lontano da Ino a lui sembravano mille.
Conchiglia.
A Suna non c’era uno straccio di nuvola.
Bionda distesa di sabbia.
I capelli di Ino sul letto, la domenica mattina.
Tanto.
La barba pizzicava sul volto da quasi-trentenne.
Ventidue.
Strinse i denti.
Filo.
Un vecchio gioco di bambini.
Le mani a coppa vicino alla bocca, un paio di rughe.
“Mi senti?”
Rispondeva l’eco di un sussurro.
Bordo.
Un albero fiorente in mezzo al deserto.
Le dita sul limitare tagliente.
Ricordi. Profumo immaginato di un bocciolo.
Svegliarsi.
La mano sul lato sinistro del letto.
Assenza.
Desiderio e gola secca.
Scintilla di neve.
Bruciava la neve sul volto, quasi come il sole perenne della Sabbia.
Una stilla di neve ripercorse la sua cicatrice, somigliava ad una lacrima.
Arrivederci, si mormorava, non appena quella si schiantava al suolo.
Vita.
Normalità.
Caffè del pomeriggio.
Amaro.
Un po’ di panna, per raddolcire la bocca.
Una nuvola passava fuori la finestra, miracolo.
Routine spezzata.
Ripercorrere.
“Perché sei qui, Shikamaru?”
“Ancora, Ino. Ancora.”
Ino capisce.
Questione di accenti.
 

Ma non avere Ino Yamanaka attorno era decisamente una seccatura.

 

Fuoco di primavera.
Le gambe intorno alla sua vita.
Unghie nella carne.
Spinte di desiderio.
“Mia.”
Capelli delle ventitré.
Una treccia per andare a dormire, insieme.
Lamentela.
Se vuoi stare nel mio letto, Nara, sopporterai i miei capelli.
Spalle.
Un peso deposto sulle spalle dell’Uomo.
È compito della Donna alleggerirlo.
Un bacio.
“Sposami.”
Lacrime spezzate.
Uno schiaffo in pieno volto.
Respiro rotto.
“Non è colpa tua.”
Amico.
Tenersi per mano davanti alla pietra grigia.
“È il terzo anno che manchi, Cho.”
Un bacio, pudico, quasi un sorriso.
“Biwako, saluta lo zio.”
Sangue.
Shikamaru la guardava con occhi duri.
Si asciugò il rivolo di sangue che le scorre dalle labbra.
Sbatté le ciglia.
“Almeno sono viva, no?”
Sorriso.
Raggio di sole a mezzanotte.
Batté gli occhi.
Azzurro ghiaccio.
“Tua.”
Scosse la testa.
“Nostra.”
Altalene malandate.
Quarantanove anni, la mano di un bimbo nella sua.
“Papà, perché non posso andare su quell’altalena?”
Shikamaru sorrise.
Gli avevano offerto statue d’oro, facce di pietra scolpite.
Aveva voluto quella stupida altalena.
“È il monumento del Rokudaime, Shikaichi.”
 
Bianco.
Un dito percorse la lacrima di cicatrice sotto l’occhio destro.
Segno che lui l’amava.
“Un giorno sboccerò, Shika.”
“Nel caso, saresti comunque il più bel bocciolo di tutti.”
 
ladie’s a gentleman! (author’s corner):
Biwako: nome della madre di Asuma e di conseguenza, nome della figlia di Asuma e Kurenai.
  
Che schifo.
Chiedo scusa, ma era troppo forte il desiderio.
SE NON TROVATE UN SENSO ALLA STORIA, NON DISPERATE. NON CE L'HA UN SENSO, QUESTA STORIA.
Perché gli haiku? Innanzitutto, per i puristi, so che quelli da me scritti non sono dei veri e propri haiku. L’haiku ha come obiettivo quello di esprimere un sentimento, un’emozione, un concetto astratto in pochissime parole. Diciamo che mi sono ispirata alla brevità degli haiku per questa storia, per fare un omaggio ad una bravissima roleplayer inglese che ho conosciuto su Tumblr.
Non è un ritorno. Fa tipo schifo, chiedo venia.
È roba nonsense, accenno di trama orribile, un stile di scrittura mai provato a cui non sono avvezza per nulla. Pubblico soltanto per portare una ventata di novità nel mio account, nella speranza di una “rinascita” quest’estate.
*coffcoffGinerkaianè?coffcoff*
Il titolo della storia è emblematico.

Amore imperitur-OMMIODDIO SHEESH, MI ERA MANCATO, SIIIIIIIII, CHE BELLOOOOOOO!
A M O R E  I M P E R I T U R O  A I  L E T T O R I  E  V E N E R A Z I O N E  A I  R E C E N S O R I.
Kiss,
la vostra… bah, solita stronza Ladie.
   
 
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