Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: Stephanie86    19/05/2014    13 recensioni
Lei era la Salvatrice.
Lei doveva spezzare la maledizione.
Lei doveva sconfiggere la Regina Cattiva.
Sconfiggerla. Non desiderarla.

[Swan Queen | 3x21/3x22]
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

What happens tonight... Happens in the past

 

 

 

 

 

“Regina, io...”

“Un po’ informale, non trovate? Mostrate un po’ di rispetto! Si dice... Vostra Maestà.”

Emma aveva cercato di liberarsi quando le guardie l’avevano bloccata.

 “Ah-Ah. Non andrete da nessuna parte”, aveva detto Regina, scrutandola con un certo interesse. Con curiosità. Con arroganza. E con quell’odioso sorrisetto stampato in faccia. Forse perché pensava che lei le avrebbe detto dove si era cacciata Biancaneve.

“Biancaneve ha lasciato la festa in anticipo, ma... Credo che la Vostra notte... sia appena cominciata”, aveva aggiunto.

Emma non aveva osato replicare. Non aveva visto Uncino da nessuna parte, ma anche se fosse stato lì, non avrebbe mai potuto aiutarla. C’erano le guardie, c’era la Regina e c’erano tutti quegli invitati. Si sarebbe fatto catturare a sua volta e non era il caso. Avevano già abbastanza problemi. La nota positiva era che almeno aveva l’anello.

“Portatela via”.

L’avevano costretta a levarsi l’abito e a vestire come una povera ragazza di stalla, dopodiché i cavalieri neri di Sua Maestà l’avevano gettata in una cella senza troppi complimenti.

Emma non aveva mai visto Regina in quella veste.

Nelle vesti della Regina Cattiva.

Indossava un abito nero estremamente elegante ed elaborato, con le maniche lunghe che si allargavano all’altezza del gomito e coprivano le mani. Portava i capelli lunghi e persino l'acconciatura era complicata, per non parlare del copricapo costellato di gemme scure che brillavano colpite dalle luci dei candelabri. Lei si era lamentata dell’abito rosso che aveva dovuto indossare per confondersi in mezzo agli invitati, ma vedendo quello di Regina si era resa conto che il suo non era niente...

Non aveva mai visto Regina in quella veste...

Mai.

Era... Spaventosa. Oscura, spaventosa e affascinante. Maestosa.

In più, Emma aveva scoperto che avrebbe passato un’unica notte in cella. La donna che occupava la prigione accanto alla sua le aveva comunicato che il giorno seguente sarebbero stati tutti giustiziati. Avrebbe dovuto aspettarselo, ma la notizia l’aveva sconvolta comunque.

Scappare. Dobbiamo scappare.

Già ma come? E cosa ancora più importante... Lei doveva scappare. Non poteva portare l’altra donna con sé.

O forse sì?

Non poteva nemmeno lasciarla lì a morire. Anche quella donna, chiunque fosse, aveva una famiglia. Probabilmente aveva un marito e dei figli a cui badare. Persone che l’amavano e che la stavano cercando.

Regina...

Ma era difficile levarsi dalla testa l’immagine della Regina Cattiva. Ce l’aveva come... impressa nel cervello. Aveva visto qualche immagine nel libro di Henry e ne aveva sentito parlare, ma vederla... non era la stessa cosa. Era un altro paio di maniche. Capiva perché tutti la temessero. Perché la gente ne fosse terrorizzata. Capiva perché la seguissero con lo sguardo mentre si muoveva in mezzo alla folla. Era difficile staccare gli occhi dalla sua figura, agghindata in quegli abiti ingombranti, ma che le conferivano un’aria imponente, da predatrice, non solo da regina.

- A cosa pensi? – domandò stancamente la donna senza nome.

- A nulla. A come uscire da qui. – rispose Emma, in tutta fretta. E in effetti... Stava pensando anche a quello.

Grazie per il trattamento, Regina.

Udì dei rumori in fondo al corridoio. Passi.

Emma drizzò le orecchie. Venivano già a prenderle? Venivano ad ucciderle? L’altra prigioniera si irrigidì e sbarrò gli occhi nella semioscurità.

- Che succede? – chiese la donna.

- Non ne ho idea.

I soldati di Regina ricomparvero, i volti coperti dagli elmi. Uno di loro aprì la porta della cella di Emma, con uno sferragliare che riecheggiò lungo le pareti dei sotterranei.

- Che cosa fate? – domandò Emma.

- La regina vuole parlare con Voi.

In piena notte?

La guardia entrò, la prese per un braccio e la costrinse ad alzarsi. Emma lanciò un’occhiata all’altra prigioniera.

- Solo Voi – disse la guardia. – Muovetevi.

Emma venne scortata fuori dalle prigioni, su per una rampa di scale che sembrava non finire mai e infine davanti ad una grande porta a due battenti. Accanto ad essa, c’erano due uomini armati di scudi e lance. Immobili come statue.

- Cos’è questo posto? – chiese Emma.

Ovviamente nessuno le rispose. Una guardia afferrò l’anello di ferro e batté tre colpi sul legno.

- Entrate – La voce di Regina.

Le guardie entrarono. Emma si dimenò, usando tutta la forza che aveva, ma gli uomini la trattennero, facendole male.

- Non abbiamo ancora abbassato la cresta, vedo – commentò Regina, venendo verso di lei. Sorrideva, molto divertita.

- Regina... – mormorò Emma.

- Ancora con questo tono informale... Non sono Regina, per Voi. Chiamatemi... Maestà.

Non disse niente.

- Lasciateci. E fate in modo che nessuno mi disturbi.

- Sì, Maestà. – dissero le guardie, all’unisono. S’inchinarono e poi uscirono alla svelta, senza fare altre domande.

Le porte si chiusero.

Emma riportò lo sguardo su Regina. Indossava un abito diverso, sempre nero ma con le larghe maniche e l’ampio collo bordati d’argento. Aveva raccolto i capelli e le sue labbra erano rosse come mele mature. Rosse come sangue.

Rosse.

Avvelenate.

Le stanze erano oscure, proprio come lei. Due grandi finestre davano su un ampio balcone e, attraverso di esse, Emma vedeva sprazzi di cielo punteggiato di stelle.

- Questi abiti sono più adatti alla Vostra condizione. Scommetto che sono quelli che indossate di solito – disse Regina, avvicinandosi di più e iniziando a girarle intorno, lentamente.

- Non direi.

- Oh, ma davvero?

- Indosso abiti... più comodi.

Regina la squadrò da capo a piedi. – Qual è il Vostro nome?

- Leila.

- Non è il Vostro nome. Non cercate di prendervi gioco di me. – Regina si fermò dietro di lei. – Non esiste nessuna principessa Leila. So riconoscere una principessa e Voi non lo siete.

Emma non rispose.

- Allora?

- Vengo da molto lontano – si limitò a dire.

- Non m’importa da dove venite. Voglio sapere chi siete e che cosa sapete di Biancaneve, la bandita. – Regina abbassò la voce. Si avvicinò ancora. Di più. Emma sentì il suo respiro tra i capelli. – Lo voglio sapere... Ora.

- Non so dove sia, in questo momento. Mi spiace deludervi.

- É una bandita e una traditrice. E Voi siete una bugiarda. Proprio come la donna che si trova nella cella accanto alla Vostra. L’avete conosciuta, presumo. Nemmeno lei vuole dirmi il suo nome. Morirà domani.

Emma restò in silenzio. Regina le sfiorò la chioma bionda con il viso. Avvertì il fiato sul suo collo. Lieve. E le rapì una preoccupante e rispettabile serie di brividi. Chiuse gli occhi.

- Quella donna non vi ha fatto niente di male. È una persona innocente. – replicò Emma, scoprendo di avere la bocca secca, la salivazione azzerata. Il potere che Regina sprigionava era forte. Inebriante. Il profumo della sua pelle era intenso. Le faceva perdere la concentrazione e non voleva. Non voleva assolutamente. Non lì. Non in quel momento. Non nel passato, dove il più piccolo cambiamento poteva causare un danno irreparabile. Non... Non con Regina. Non con quella Regina. Perché le stava succedendo tutto ciò?

- Innocente? Sa dove si nasconde Biancaneve e non vuole rivelarmelo. Se lo facesse... La libererei. Le sarei molto grata. – Il suo tono aveva assunto quella tipica sfumatura arrogante. – Ma non sembra intenzionata ad aprire bocca, quindi morirà.

- Ed io con lei, suppongo.

- No...

- No?

- Ho altri piani, per Voi... Leila. Forse Vi ucciderò. Ma non subito. – Le mani di Regina le sfiorarono i fianchi. Poi risalirono, posandosi sulle sue braccia.

- Altri... piani?

Regina afferrò il mantello blu e sciolse il nodo, lasciandolo cadere per terra. Emma rimase immobile, in attesa. Una mano di Regina premette contro il suo sterno, l’altra le strinse i capelli nel pugno e l’attirò indietro. Accadde tutto in un istante. Emma sentì la bocca di Regina sul padiglione, poi all’altezza del lobo e infine sul collo. Si ritrovò a spalancare gli occhi e a trattenere, a stento, un gemito. Il suo corpo vibrò, come scosso da una scarica elettrica.

Che sto facendo? Cosa stai facendo, Regina?

- Regina, cosa stai...?

- Maestà... – Strinse di più i capelli nel pugno e tirò. – Sono una regina, ma sembra che questo non Vi entri in testa.

- Io...

- Chiudete il becco, adesso.

Emma afferrò il polso di Regina, che soffocò un’esclamazione di sorpresa e dolore. Con un movimento agile e fluido la respinse e si liberò dalla sua stretta.

- Che...? – iniziò Regina. – Come vi permettete di...

- Non puoi farlo, Regina.

- Maestà... – la corresse di nuovo. – Maestà, dannata impertinente!

- Non m’importa niente del tuo titolo. Qui puoi anche essere la regina, ma è giunto il momento che mi ascolti. Io...

Con un gesto della mano, Regina la immobilizzò. Intorno al corpo di Emma si formò una spessa aura azzurra e magica. Non le permetteva di muoversi.

- Vi ho già detto che non andrete da nessuna parte. E smettetela con questo tono. Da come parlate sembra che mi conosciate da anni.

- In effetti, è così.

- Non ricordo di avervi mai vista.

- Liberami. Dobbiamo parlare.

- Non ho nessuna voglia di parlare. Parleremo più tardi.

Il respiro di Emma accelerò insieme al battito del suo cuore. Cercò di spezzare l’incantesimo, ma non era in grado. Anche perché non aveva più i suoi poteri.

Regina si avventò su di lei. Le infilò di nuovo una mano nei capelli e poi la sua bocca fu sul collo di Emma. Avvertì un intenso odore di mele. Mele rosse. Mele avvelenate.

E tutto il suo corpo fremette. Fremette in risposta alla vicinanza di Regina.

Emma si rese conto che era una sensazione nota. Si rese conto di averla già provata, per quanto l’avesse sempre respinta. Si rese conto che altre volte aveva provato sensazioni strane e piacevoli in presenza di Regina, persino quando si scontravano, persino quando si urlavano in faccia tutto il rancore che sentivano l’una per l’altra. Persino quando si combattevano. Aveva sempre nascosto quei pensieri, perché sapeva di non potersi permettere nulla del genere.

Lei era la Salvatrice.

Lei doveva spezzare la maledizione.

Lei doveva sconfiggere la Regina Cattiva.

Sconfiggerla. Non desiderarla.

Era sbagliato. Tutto sbagliato.

Tuttavia, Emma soffocò un gemito, mentre la bocca di Regina le solcava la pelle del collo. I denti mordevano, la lingua tracciava scie immaginarie ed infuocate.

- No, Regina... – riuscì a dire Emma.

- Con i miei prigionieri... faccio ciò che voglio – le sussurrò in un orecchio.

- Regina...

- Non imparerete mai, vero? Si dice... Maestà. – La sua lingua leccò la zona dietro l’orecchio. Aveva il respiro accelerato quasi quanto il suo. – Perché non provate a supplicarmi? Chi lo sa, potrebbe anche funzionare.

Emma non aveva nessuna intenzione di farlo. Era in collera, furiosa con Regina per ciò che stava facendo e con se stessa per ciò che provava. Non aveva in mente suppliche o preghiere ma solo imprecazioni.

- Io lo farei, se fossi in Voi.

- Tu non lo faresti mai, Regina. – disse Emma, salvo poi lasciarsi sfuggire un ansito, quando lei le appoggiò una mano sulla schiena e spinse il bacino contro il suo.

- E come lo sapete? – Le loro bocche erano vicine.

Emma la fissò negli occhi. Non l’aveva mai notato, prima, ma non erano così scuri come credeva. Erano nocciola. Ed erano fiamme. Fuochi che ardevano. Regina la desiderava quanto la desiderava lei ed era una cosa che le dava le vertigini.

- Lo so – si limitò a rispondere Emma.

Regina sciolse l’incantesimo su di lei ed Emma l’attirò contro di sé, unendo finalmente le loro labbra.

Il tempo di sentire la testa che se ne andava per i fatti suoi, il sangue che ribolliva e Regina si ritrovò schiacciata contro la parete alle sue spalle, il corpo di quella che fino ad un istante prima era una sua prigioniera e quindi a sua completa disposizione premuto contro il suo, la lingua che le esplorava spasmodicamente la bocca, strappandole mugolii bassi. Aprì gli occhi e vide quelli della falsa principessa puntati nei suoi.

Erano verdazzurri. Cristallini. Ed ebbe la sensazione che fossero familiari, anche se non avrebbe mai saputo dire il perché.

La ragazza smise di baciarla e si spostò sul suo collo. Le mani arpionarono i lacci che chiudevano il vestito e li aprirono, senza alcun riguardo.

Non era così che aveva immaginato il tutto.

Non era così che Regina aveva pianificato quella notte.

Voleva quella donna nel suo letto e aveva mandato le guardie a prenderla.

Voleva farla sua. Possederla. Dominarla. Come faceva con tutti, come faceva anche con il Cacciatore, ogni volta che ne aveva voglia.

Voleva punirla per averle mentito, per essere stata dalla parte di Biancaneve e per essersi rivolta a lei con un tono inadeguato ed irrispettoso.

Era solo per il suo piacere personale. Mirava al proprio godimento, sì. Mirava a prendersi quel corpo così come si prendeva sempre tutto. Avrebbe potuto strapparle il cuore dal petto e costringerla, se necessario, ma aveva pensato che non occorresse arrivare a tanto.

Perché c’era stato qualcosa tra loro. Era scattato un meccanismo che le aveva portate lì. Era scattato fin dal principio.

Invece ora era contro il muro e quello che provava andava ben oltre le sue aspettative.

Regina sentì la sua voce esplodere in un grido quando lei la prese, in modo deciso, risoluto, ma fluido, andando in profondità e, intanto, affondando il viso nel collo.

Era un piacere diverso, quello che la sconosciuta le stava dando. Di solito, quando trascorreva il suo tempo con il Cacciatore, sfruttando il fatto che poteva controllarlo, o con altri uomini, il piacere era solo momentaneo, durava poco ed era un piacere vuoto, misero, che non le lasciava niente, se non la sensazione di essere più sola e furiosa di prima. Era una distrazione, un qualcosa che veniva e poi passava, senza cambiare niente, senza riscaldarla come avrebbe dovuto.

Il piacere che stava provando in quel momento, invece, le sembrò durare parecchio tempo, a lungo, ed era un piacere caldo, che le scivolava dentro come un fiume, arrivava a toccare corde che non venivano toccate da anni e le annebbiava la mente, impedendole di dominare com’era solita fare. Regina si aggrappò alla sua schiena e si inarcò, seguendo i suoi gesti, muovendo il bacino per andarle incontro, intrecciando la lingua alla sua quando lei la cercava, infilando la mano libera nei suoi capelli, confusamente. Le chiedeva di più. Le ordinava di darle ancora di più.

Venne, mordendosi il labbro e costringendosi a soffocare il grido, mentre il mondo si frantumava in tante schegge argentate e la sconosciuta si abbandonava contro di lei. Frastornata, Regina restò per qualche istante con la testa appoggiata alla parete e gli occhi chiusi, le dita che ancora stringevano le ciocche di capelli biondi.

Poi, rinfrancata, sollevò le palpebre di scatto e la allontanò da sé, armeggiando con la veste per sistemarla.

- Oh... No. No, Regina, maledizione... – disse Emma, colpendo il muro con il pugno chiuso. Da parte sua, sentiva il cuore battere forte nel suo petto e nella sua testa, come una grancassa. Aveva le ginocchia deboli e le membra che tremavano.

- Sarà meglio... che ritorniate nella Vostra cella. Chiamo le guardie – replicò Regina, cercando di darsi un tono.

- Regina, aspetta...

- Forse questa notte Vi porterà consiglio e domani mi direte... ciò che voglio sapere.

- Devi dimenticare...

Regina si voltò di scatto. I suoi occhi scintillavano ancora ed erano sbarrati, accesi. Accesi di collera e di... qualcos’altro. Qualcosa che Emma non riuscì ad afferrare, in quel momento. – Come?

- Devi dimenticare quello che è successo qui... Regina, devi farlo, se non vuoi che...

- Sopravvivrò, Leila – rispose, seccamente e caricando il suo falso nome di sarcasmo. – Non c’è bisogno che mi diciate di dimenticare...

- Invece sì! Regina, tu non capisci...

- Maestà...

- Non me ne importa niente! Fai un incantesimo, bevi qualche pozione e dimentica... Perché il passato non dovrebbe essere cambiato. Le conseguenze sarebbero terribili ed io... Quello che è successo qui dentro è già abbastanza grave...

- Ma di che cosa state parlando?! – esclamò Regina, mettendosi le mani sui fianchi e fissandola, sbalordita.

- Vengo dal futuro, Regina.

Nel dirle ciò, Emma si sentì proprio come Marty McFly, il protagonista di Ritorno al Futuro.

Solo che Marty McFly non finiva a letto con qualcuno che voleva ucciderlo.

Silenzio.

- E quello che è accaduto stanotte non era previsto... Niente di tutto questo era previsto. Non doveva andare così. Non dovevamo incontrarci. Ho cambiato il passato e tu... Devi dimenticare. Subito.

Regina le rise in faccia. – È ridicolo. Se è vero quello che dite, allora significa che avete aperto un portale temporale ed è impossibile. Va contro le regole della magia.

- Non l’ho aperto io, ma qualcuno l’ha fatto! – Emma mosse qualche passo verso di lei. – Regina, credimi...

- Perché dovrei?

Emma rifletté qualche istante. – Vuoi vendicarti di mia... Di Biancaneve... Perché la ritieni responsabile della morte del tuo primo amore. Si chiamava Daniel. Non l’ha ucciso lei, è stata tua madre... Cora... E poi... Poi Tremotino ti ha insegnato ad usare la magia. Ha...

- Basta così! Non ti permetto di aggiungere altro – La voce di Regina era incrinata e piena di collera. Aveva finalmente lasciato perdere la forma di cortesia.

- Dovevo dirti qualcosa per convincerti.

- Chi ha aperto quel portale? È stato Tremotino?

- No. Ma non posso dirti chi è stato. Cambierebbe tutto e ho già abbastanza problemi... Ho persino interrotto il primo incontro dei miei genitori...

- Dei tuoi genitori? – Regina era sempre più confusa.

- Lascia perdere. Non esiste... Un incantesimo per dimenticare?

- Esiste... C’è una pozione...

- Sai come prepararla?

Regina la guardò, trasecolata e furiosa. – Certo che so come prepararla! Per chi mi hai presa?

- Mi dispiace... Prepara quella pozione. E bevila. Fallo, Regina, altrimenti il futuro cambierà e potrebbe cambiare in peggio! Fidati di me.

- Oh! Mi chiedete di fidarmi di qualcuno che non vuole nemmeno rivelarmi il suo vero nome?

- Non posso farlo. – Emma si mise una mano nei capelli. Era finita in una situazione assurda. Prima il portale e ora... Ora Regina. Forse anche lei aveva bisogno di dimenticare. Se avesse potuto permettersi di prendere un po’ di quella pozione, magari si sarebbe sentita meglio. - Un giorno... Un giorno ci incontreremo ancora, Regina, ma quel giorno è lontano e devono succedere molte cose, prima.

Regina non smetteva di fissarla. Stava battagliando con se stessa. Era evidente.

...Il futuro cambierà e potrebbe cambiare in peggio.

Era vero e ne era consapevole. Eppure c’erano cose che avrebbe tanto voluto sapere: per esempio, se sarebbe mai riuscita a catturare Biancaneve, se l’avrebbe uccisa, ottenendo quindi la sua vendetta. Se avrebbe rivisto sua madre. Se...

Se, un giorno, la rabbia si fosse spenta. Se avrebbe smesso di sentire quel vuoto al centro del petto. Se fosse riuscita ad essere felice. Anche solo per un istante.

Un istante e basta.

(hai smesso di sentirlo, quel vuoto, poco fa)

Respinse quel pensiero.

- Guardie! – urlò Regina.

 

Emma venne gettata di nuovo nella sua buia cella senza troppi riguardi.

- Cos’è successo? – le domandò la donna nella prigione accanto.

Non è proprio il caso che tu lo sappia.

Aveva la sensazione che l’odore di Regina le ristagnasse addosso. Quell’odore forte, di mele rosse e mature, rosse come le sue labbra. Ristagnava, quell’odore, sui suoi vestiti logori, da ragazza di stalla. Le ristagnava dentro. Ristagnava il suo sapore sulla bocca. Si era spinta in lei, perdendo completamente la testa e il controllo, perdendo il contatto con la realtà. Perdendosi in un labirinto di vertigini, in un abisso oscuro e profondo. Le era sembrato di... di toccare il cuore nero di Regina. E le era sembrato che lei stesse toccando il suo, ricoprendolo di gemiti e ansiti, di ordini sussurrati. Di qualcosa che era lussuria, ma era anche dolore e rabbia. E paura.

Istintivamente, si portò le dita alle labbra.

- Niente – rispose Emma. – Niente. Devo trovare un modo per uscire da qui. E alla svelta.

Prendi la pozione, Regina. Ti prego.

 

L a regina preparò l’intruglio che le sarebbe servito per dimenticare Leila, o in qualunque modo si chiamasse la sconosciuta proveniente dal futuro.

Prese la boccetta e se la portò alla bocca.

Esitò.

“...Quello che è accaduto stanotte non era previsto... Niente di tutto questo era previsto. Non doveva andare così. Non dovevamo incontrarci”.

Si sarebbero incontrate ancora, dunque. Ma quando? E perché? Cos’aveva a che fare, lei, una sovrana, con una falsa principessa?

(E se non fosse una falsa principessa?)

Impossibile. Non esiste nessuna principessa Leila. Non l’ho mai sentita nominare ed io ne conosco molte.

Forse non esisteva nessuna principessa Leila. Ma poteva esistere una principessa... bionda e con gli occhi verdazzurri, come cristallo. Sarebbe esistita tra un po’ di tempo.

Mi causerà dei guai.

Doveva ucciderla. Probabilmente era un’alleata di Biancaneve o qualcuno che le avrebbe dato del filo da torcere.

Forse era qualcuno che l’avrebbe tradita. Di nuovo. Forse avrebbe cercato di usurpare il suo trono.

(Forse ti sconfiggerà)

“Prepara quella pozione. E bevila. Fallo, Regina, altrimenti il futuro cambierà e potrebbe cambiare in peggio! Fidati di me”.

Regina guardò la pozione nella boccetta.

“Quando conosci il futuro, c’è ironia ovunque”, le aveva detto Tremotino, anni prima. Lui conosceva gli eventi che ancora dovevano verificarsi. Forse sapeva chi era la principessa Leila. Forse era in grado di dirle se sarebbe esistito qualcuno del genere, in futuro.

Se...

Le mani... Le mani di quella sconosciuta addosso... Quella sensazione inebriante, di...

(no)

Quella sensazione di completezza assoluta. Di pienezza. Quel piacere così intenso. Perché doveva dimenticare? Perché doveva dimenticare quei pochi minuti in cui si era sentita di nuovo viva?

Alzò un braccio e fece per scagliare la boccetta sul pavimento.

“Un giorno... Un giorno ci incontreremo ancora, Regina, ma quel giorno è lontano e devono succedere molte cose, prima”.

(Fidati di me)

...Il futuro cambierà e potrebbe cambiare in peggio.

(è debolezza, Regina. Ciò che provi è soltanto una debolezza. Non durerà. Solo il potere dura)

Regina bevve la pozione.

 

***

 

 

 
Angolo autrice:

Okay. Ho scritto questa cosa dopo aver visto le ultime puntate della 3°stagione.

Swan Queen, perché loro sono e saranno sempre la mia bellissima OTP.

Mi è venuta fuori così. Colpa di Tumblr, a dirla tutta. xD

L’ho scritta e ho deciso di non tenerla per me. Spero apprezziate. E anche se non apprezzerete, grazie comunque a chi la leggerà.

   
 
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Stephanie86