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Autore: Lady_Daffodil    30/07/2008    4 recensioni
Questa fanfiction è in pratica il "remake" di You're my eyes and I will be your voice. La sostanza resta invariata ma la trama l'ho modificate per renderla meno banale e scontata. Fatemi sapere se ho fatto bene! Non è facile per Bill, dopo aver toccato le stelle, accettare un periodo di riabilitazione vocale dopo l'intervento. E non è facile soprattutto quando nessuno sembra capire cosa lui provi. Solo una persona riuscirà a comprendere il suo stato d'animo. Una ragazza che Bill incontra nella sua clinica. Non una ragazza qualsiasi, ma una ragazza quasi del tutto non vedente che per questo non si rende conto della vera identità del ragazzo. E Bill, per non rovinare un'amicizia, non le rivelerà nulla. Ma prima o poi, tutti i nodi vengono al pettine...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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chap 1                                                                                      Descrivimi le nuvole

Questa fan fiction è il “remake” di You’re my eyes and I will be your voice. La trama della storia è rimasta a grandi linee la stessa ma ho deciso di dare un più spazio a situazioni molto importanti sulle quali non mi ero soffermata troppo. Ho fatto accadere avvenimenti importanti troppo in fretta, non lasciando il tempo ai personaggi di evolversi. La storia mi era sfuggita di mano, prendendo vie un po’ comuni. Allora ho aggiunto alcune cose e ne ho eliminate altre. Spero di rendere così la storia meno banale e più interessante.
Spero che questo mio cambiamento non dispiaccia a nessuno, ed anzi mi auguro che le meravigliose lettrici che seguivano la precedente versione e che l’avevano salvata in preferiti continuino ad apprezzare la nuova. Spero anche che possa piacere anche a nuovi lettori.
Il resto, scopritelo leggendo! Enjoy it!


E’ doveroso precisare che questa fan fiction non è scritta a scopo di lucro nè ha la pretesa di fornire una descrizione del reale carattere dei personaggi, parte dei quali, precisamente i Tokio Hotel e tutto lo staff, non sono stati da me creati.



                                                                                                
                                                             Bambini delle tenebre



-Bill!!Dove vai?
-Ho bisogno di stare solo!
-Bill, ora non fare così…
-Dimmi Tom, hai mai subito un intervento chirurgico? Sai cosa si prova a non poter parlare, a non poter emettere neanche un piccolissimo suono per dieci maledettissimi giorni? E dopo settimane trascorse a ripetere l’alfabeto o i giorni della settimana, senza poter accennare neanche una nota, come diavolo pensi mi possa sentire dopo aver ascoltato la decisione dei medici di prolungare questa fottutissima riabilitazione?
Il gemello tacque.
Il ragazzo allora gli voltò le spalle e prese a salire le scale. In realtà non sapeva dove portassero. D’altronde non gli era mai passata per la testa l’idea di esplorare quell’ospedale. Ma non voleva tornare a casa e discutere ancora con il fratello.
Aveva bisogno di stare un po’ solo a riflettere.
-Herr Kaulitz, mi vedo costretto a dissuaderla dall’allontanarsi, potrebbe essere pericoloso.
-Saki, che diavolo potrebbe succedermi?! Posso avere il diritto di starmene anche io per i cazzi miei???
La guardia del corpo si fermò sul primo scalino, decidendo che sarebbe stato più saggio attendere fuori.
Bill salì in fretta le scale. Rabbia, frustrazione, stanchezza si rimescolavano dentro di lui e lo rendevano inquieto.
 Si ritrovò davanti ad una porta. Si fermò un attimo a riflettere. Un cartello vietava l’ingresso ai non addetti.
-Fanculo ai divieti!- disse e spalancò con furia la porta.
Si ritrovò sul terrazzo dell’ospedale. Sembrava deserto. Il che era perfetto visto il suo stato d’animo.
-Merda!- esalò. Quel giorno i medici gli avrebbero dovuto comunicare quando avrebbe potuto ricominciare a cantare e invece aveva avuto una bella sorpresa:era necessario prolungare ulteriormente la terapia. Per lui era così frustrante! Ripetere parole insulse come fosse un bambino che impara a parlare. Sapeva che era necessario e lo aveva fatto con il massimo impegno. Ma ora si sentiva pronto a riprendere a cantare, a calcare nuovamente le scene, a sentire ancora la luce dei riflettori riscaldare il suo viso.
O forse non era così? Forse la sua era solo un’illusione, forse era solo il suo bisogno di stringere nuovamente in mano il microfono a fargli credere di star bene.
Si sentiva solo. Nessuno poteva capirlo. Tom gli era stato accanto per tutto il tempo, e gliene era grato. Ma una volta appreso che il fratello sarebbe tornato a cantare, sminuiva ogni problema. Lui continuava a suonare, poteva ancora provare il piacere che derivava dal sentire le note nascere sotto le sue dita che accarezzavano le corde della chitarra. Bill avrebbe ancora dovuto aspettare. Ma temeva che se l’attesa si fosse ulteriormente prolungata avrebbe finito col deludere i fan o con il non riuscire a cantare come prima avendo perso l’allenamento.
Iniziò a prendere a calci la ringhiera con la rabbia e la frustrazione che gli montavano dentro.
-Maledizione!!- urlò.
                                     
                                                                                        
                                                                                     ***


Lena poggiava le spalle contro il muro del terrazzo, godendosi il vento fresco che le sfiorava il viso.
Sospirò. La visita quel giorno era stata particolarmente stancante. Aveva dovuto cambiare le bende e provare un nuovo tipo di collirio.
Fortunatamente a visita conclusa era riuscita a fuggire dalle premure eccessive dei genitori ed era scappata sul terrazzo dell’ospedale presso cui era in cura, come ogni volta del resto. Era un buon posto per starsene in pace, evitando le domande apprensive del tipo “Come stai?” “Noti qualche miglioramento?”. O almeno poteva evitarle per un po’.
Sapeva di non poter stare lì, era vietato l’ingresso a chi non facesse parte del personale. Il perché poi, non l’aveva mai capito.
Ma fintanto che nessuno la scopriva poteva stare lì quanto voleva.
Ad un tratto sentì la porta aprirsi, anzi no, spalancarsi. Sussultò.
Merda!Ora se mi scopre qualcuno sono bellamente fregata!
Si fece piccola piccola, appiattendosi contro il muro.
Sentì dei passi dirigersi verso la ringhiera. Non dovevano averla vista.
Si chiese chi potesse essere salito sul terrazzo. Non ci andava mai nessuno, neanche per fumare una sigaretta.
La cosa un po’ la spaventò.
Chiunque fosse ora aveva deciso di sfogarsi contro la ringhiera, prendendola a calci. Lena trasalì. Quel qualcuno non doveva essere propriamente di buon umore…
La ragazza pensò che la cosa migliore fosse andarsene di lì, ed anche in fretta.
Dapprima procedette cautamente, camminando a tentoni. Ma quella presenza l’aveva piuttosto spaventata e presto mandò al diavolo la prudenza per raggiungere il prima possibile quella benedetta porta. Errore.
A Lena piaceva il vento. Le piaceva il suo leggero tocco, le sembrava quasi una carezza.
Ma quel giorno, lo maledisse con tutto il cuore dato che aveva portato sul terrazzo così tante foglie secche. Difatti fortuna volle che ci passò sopra…

 
                                                                                         ***


Bill si bloccò, l’eco del calcio che ancora risuonava nell’aria. Aveva sentito un rumore. Sembravano foglie secche calpestate.
Cazzo…chi diavolo è ora?Non mi va di sorbirmi rimproveri dal personale e neppure di dare retta a qualche ragazzina isterica!
Si allontanò dalla ringhiera e si diresse nella direzione del rumore.
-C’è qualcuno?- domandò, giusto per accertarsi di aver sentito bene.
Nessuno rispose. Ma udì un fruscìo. Proseguì in quella direzione.
Lena si maledisse a mezza voce. Odiava non vedere dove metteva i piedi. Era rimasta bloccata. Se si fosse mossa avrebbe provocato altro rumore.
Al diavolo! Se è qualcuno del personale chiederò scusa e fine della storia!
Bill girò l’angolo. Era solo una ragazza.
Per un attimo temette che l’avesse seguito per spiarlo. Ma quando la osservò con più attenzione, si rese conto che ciò non era possibile. La ragazza portava una benda che le copriva gli occhi. Non poteva vedere.
Il ragazzo rimase interdetto. La osservò per un attimo, indeciso sul da farsi. Lei non poteva sapere chi lui fosse e, per di più, sembrava molto intimorita.
-Scusa- le disse- non volevo spaventarti.
La persona che aveva parlato aveva una voce soffusa, gentile. Lena capì che doveva trattarsi di un ragazzo, forse della sua stessa età. I battiti del suo cuore iniziarono a rallentare e sospirò, rilassandosi.
-Non fa nulla, temevo solo che fosse qualcuno del personale. Non è permesso stare qua e se mi scoprono, addio oasi di pace!
Bill si guardò intorno. Effettivamente quel posto rispetto all’interno dell’ospedale era proprio un posto di quiete. Era così in alto che il rumore del traffico sottostante li raggiungeva appena.
Tornò a guardare la ragazza. Era minuta, con lunghi capelli castano chiaro. Nonostante le bende, dal suo volto trapelava una certa vitalità.
-    Se è per quello, non preoccuparti. Sono clandestino anche io. Avevo bisogno di un posto per starmene un po’ da solo a pensare e, non so neanche come, sono capitato qui.
Lena sorrise. –Bè, sei capitato nel posto giusto. Qui non ci viene mai nessuno, a parte me.
Quella ragazza lo incuriosiva. In realtà non gli capitava spesso di scambiare due parole nella più totale normalità, senza dover tirare in mezzo il gruppo o il suo aspetto. Soprattutto con una ragazza. Certo, il suo smisurato ego adorava sentirsi riempire di complimenti ma c’erano giorni in cui gli sarebbe piaciuto avere conversazioni che andassero oltre il “sei bellissimo”.
-Ci vieni spesso qui?- chiese.
-Dopo ogni visita. Diciamo che i controlli medici non sono proprio uno spasso e per ritardare un po’ le domande apprensive dei miei sugli esiti della visita, mi rifugio quassù.
-Quanto ti capisco!- sospirò tristemente Bill, parlando più tra sé che con lei.
-Anche tu genitori asfissianti?
Il ragazzo ripensò a sua madre, così equilibrata, che in quella situazione gli aveva dato tanta forza, e al fratello, che anzi gli appariva troppo tranquillo.
-Non proprio…è che alle volte mi sembra di non essere capito, di non poter condividere fino in fondo il peso della mia situazione. E questo provoca qualche discussione…
Non sapeva neanche perché si stesse aprendo così tanto con quella ragazza. L’aveva fatto istintivamente. Forse perché in quel momento si sentiva fragile e bisognoso di sfogarsi. Forse perché quella ragazza non l’avrebbe mai più vista. Forse perché lei gli ispirava fiducia. La sentiva vicina a sé, probabilmente perché anche lei, se era lì, doveva essere in una situazione simile alla sua. Magari…lei l’avrebbe capito. Bill era un sognatore e in quel momento pensò di essersi perso in una delle sue fantasie.
Ma Lena sorrise ed annuì. Capiva ciò che il ragazzo voleva dire. Non era facile vivere in un mondo in cui gli altri danno per scontati i colori, le luci, le ombre…ma nonostante questo, le persone che l’amavano non l’avevano mai abbandonata.
-    Ti capisco- disse- ma sai, nella vita di una persona, di ogni persona, accadono eventi che possono essere compresi realmente solo da chi si è trovato in situazioni affini. E questo vale un po’ per tutte le cose. Ma alla fine, l’importante è non essere soli. E’ avere qualcuno che ti sostenga comunque.
Bill rimase sorpreso e interdetto da quell’affermazione.
Alla luce di quanto la ragazza gli aveva detto, non poteva certo pensare di essere solo: il fratello, la madre, gli amici, i fans. Tutti gli mostravano costantemente il loro appoggio. E’ vero, quando David progettava già i prossimi concerti, il prossimo album, e quando gli altri gli sembravano entusiasti di tutto questo, sentiva come se dessero troppo per scontato che lui ce l’avrebbe fatta, ma dopotutto, non era forse quello un gesto di fiducia nei suoi confronti?
Si sentì in colpa nei confronti di Tom, per ciò che gli aveva detto prima di scappare lassù, su quella terrazza.
Sentirono la porta aprirsi nuovamente e Bill riconobbe Saki comparire sull’uscio. Stava per chiamarlo ma il ragazzo gli fece segno di non parlare e che l’avrebbe raggiunto a momenti.
-Chi è?- chiese smarrita Lena.
-Ehr…sono venuti a chiamarmi.
Ma non si mosse. Quella ragazza gli conferiva un senso di pace che non voleva lasciar andare.
Lei rise. –Che fai, non vai?
Bill si riscosse. Doveva essergli andato in stand by il cervello.
-Sì, scusa…allora ciao!
-Ciao.
Bill si affrettò a raggiungere Saki prima che questo temesse il sequestro di persona.
Lena sentendolo allontanarsi sorrise e scosse la testa. Che strano tipo…Però era stato il primo incontro positivo in quel luogo non propriamente allegro e la cosa le fece piacere.

                                                                                            ***

Bill scese le scale preceduto da Saki. Quell’uomo era incredibile: sarebbe stato disposto anche a portarlo a spalle fino a destinazione per evitare un qualsiasi incidente. Effettivamente lui non aveva molta simpatia per le scale, soprattutto per quelle dei palchi, ma non era poi così disperato.
Pensava che Tom se ne fosse andato. Invece era rimasto lì ad aspettarlo.
-Ti sei calmato?- gli chiese con preoccupazione malcelata dall’indifferenza.
Il fratello annuì sorridendo.
Tom iniziò ad incamminarsi verso l’uscita ma Bill lo richiamò:- Tomi…
-Mh?
-Scusa…
Il ragazzo non rispose ma un sorriso rassicurante gli si disegnò sul volto mentre aggiustava la visiera del suo cappello.
  
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