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Autore: Mai Kusakabe    20/05/2014    3 recensioni
-Nah. Questo moccioso è forte, potremmo usarlo.-
Dopo l’incidente con Shanks, Garp non portò Rufy da Dadan, inconsapevole di quanto questo avrebbe cambiato la vita del suo altro nipote. [Marco/Ace; 6 capitoli (completa)] Aggiornamenti lenti
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore originale: Mai Kusakabe

Traduzione: Lilian Potter

Pairing: Marco/Ace [YAOI; raiting soggetto a cambiamento, ma che avrà un finale anche per chi non potrà continuare la lettura quando diventerà rosso]

Disclaimer: Tutti i diritti ad Eiichiro Oda; nessuno scopo di lucro.

 

 

 

RIPPLE EFFECT

Capitolo 1

 

Ace aveva la testa piegata, il mento a sfiorargli il petto mentre guardava senza poter vedere i suoi piedi a penzoloni, il suo corpo affrancato all’albero dalla corda con cui quei maledetti banditi lo avevano legato per trattenerlo lì. Ormai non stava più gridando, quella era stata la prima cosa che aveva smesso di fare, e neppure stava più cercando di slegarsi e, anche se gli occhi gli facevano male per essere stati per tanto tempo aperti, si rifiutava di dormire, la sua mente persa nelle parole che aveva sentito prima quel giorno.

 

Tutta era colpa sua. Sabo e lui avrebbero dovuto essere nel Gray Terminal come sempre, picchiandosi con qualsiasi che si mettesse sulla loro strada e accumulando più tesori, ma adesso niente di questo sarebbe potuto succedere nuovamente perché lui era stato un fottuto coglione che aveva dovuto rumare a uno degli uomini di Bluejam vari mesi fa. Da quel giorno, le cose erano colate a picco, anche se né lui né Sabo se ne erano resi conto in quel momento.

 

Dare una lezione a quel tal Polchemy e agli uomini che aveva al suo comando era sembrata l’unica opzione in quel momento, visto che quegli uomini erano sulle loro tracce, anche se Ace era piuttosto convinto che quella decisione in particolare non aveva influenzato particolarmente la decisione di Bluejam di andare a cercarli. In ogni modo, adesso Ace credeva che la migliore soluzione sarebbe stata quella di ridare loro il denaro e dare qualche altro tesoro in segno di scusa o qualcosa di simile. I tesori erano solo quello, tesori, e potevano sempre ottenerne altri, ma nessuno dei due aveva pensato a quella possibilità.

 

Invece di ciò, Sabo era venuto a nascondersi a casa di Dadan e i due ragazzi si erano illusi che tutto andasse bene. Si erano avvicinati più di quello che erano stati in passato, e finalmente avevano deciso di diventare fratelli.

 

Allora era apparso il padre di Sabo.

 

Ace non era ancora sicuro del fatto che se, nonostante il pezzo di merda che era stato, nel dire che Sabo sarebbe stato meglio con la sua famiglia Bluejam avesse avuto ragione, senza contare l’opinione che suo fratello aveva di loro. Dopotutto, Ace non poteva immaginarsi come a qualcuno poteva andare meglio con qualcuno come lui che non con qualsiasi altra persona, ma Sabo doveva aver pensato di non poter rimanere con la sua famiglia, come quando era piccolo.

 

No, Sabo aveva cercato di andarsene e adesso era morto. Ed era tutta colpa di Ace.

 

 

Ace,

non ti è successo nulla nell’incendio, vero? Sono preoccupato per te, ma so che stai bene. Mi dispiace dirtelo, ma quando leggerai questa lettera io sarò già salpato per mare. Sono successe delle cose, e sembra che me ne andò prima di te. Ancora non sono sicuro di dove, ma qualsiasi posto è meglio di questo paese. Allora, diventerò più forte e diventerò un vero pirata.

 

Quando entrambi saremo pirati con più di libertà di tutti, incontriamoci di nuovo in qualche luogo. In qualche luogo nel vasto, largo mare, so che ti vedrò di nuovo.

 

Sai, Ace? Mi domando chi di noi sia il maggiore. È un po’ strano essere due fratelli maggiori, ma questo vincolo è il mio più gran tesoro.

 

Abbi cura di te, Ace.

 

Ace si trovava sul bordo della collina che dava sul mare, stringendo tra le mani la lettera di Sabo mentre la leggeva per l’ennesima volta.

 

Questa volta non pianse quando i suoi occhi ripercorsero le parole che ormai aveva già imparato a memoria. Non poteva piangere, aveva gli occhi tanto secchi per aver pianto così a lungo che Ace non si sarebbe sorpreso se fossero diventati incapaci di produrre lacrime.

 

Era passato del tempo da quando Ace aveva letto la lettera per la prima volta, poco più di un giorno, dato che ora che il sole stava sorgendo per la seconda volta da quando era arrivato lì.

 

Il dolore struggente che aveva provato quando lo avevano legato all’albero si era calmato un po’, e la lettera di Sabo lo aveva rifatto intensificare, ma adesso si era afflosciato di nuovo, lasciando spazio ai pensieri scuri che invadevano la sua mente quasi ogni volta che veniva su quel posto che osservava concretamente il male.

 

Pensieri scuri e la consapevolezza che, anche se era qualcosa che dovrebbe essere stata lì fin dal principio, aveva perso l’unica persona di cui realmente gli importasse al mondo.

 

Con quella consapevolezza venne un altro pensiero. Avevano promesso che avrebbero lasciato l’isola nel compiere diciassette anni, ma Sabo se n’era andato prima e non l’aveva mantenuta. Ace si domandò se lui l’avrebbe fatto. Se riusciva ad andarsene, si sarebbe assicurato di vivere con più libertà di tutti, come un pirata, proprio come lui e Sabo avevano sempre sognato di diventare.

 

Sarebbe stato un tributo a suo fratello, navigare per il mondo, vivere avventure e non dover dipendere da quello che altri avrebbero cercato di imporgli. Se non ci riusciva, allora questo avrebbe significato che il mondo aveva avuto ragione sin dall’inizio e Ace davvero non sarebbe mai dovuto nascere. In quel momento si sentiva persino incline a credere che il mondo aveva azzeccato, ma sarebbe stato un insulto a Sabo semplicemente arrendersi.

 

Una volta che lo ebbe in chiaro, Ace decise che ora era il momento di salpare.

 

Quando la mattina arrivò, molti abitanti della zona centrale della citta del Regno di Goa si svegliarono per scoprire che le loro possessioni, in particolare soldi e gioielli, erano sparite. La centrale di polizia fu invasa da segnalazioni di questi casi e, alla vista di tutti quei cittadini scontenti che avevano perso i propri preziosi beni, nessuno prestò molta importanza alla lamentela di un pescatore a cui avevano rubato la barca, come anche la scomparsa di quasi tuto il cibo di quelle case passò inosservata.

Portgas D. Ace, il colpevole di questi crimini, non era a conoscenza dello scalpore che le sue azioni avevano causato, troppo occupato com’era ad organizzare le sue provvigioni e le sue nuove ricchezze nella piccola cabina della sua nuova imbarcazione

Erano presenti barche più grandi, persino alcune che avevano letti dentro alle cabine, ma in questa aveva trovato la più preziosa di tutte le sue nuove possessioni, qualcosa che non era stato in grado di trovare in nessuna delle case, e che sarebbe stato necessario rubare da un negozio: attrezzi di navigazione.

Lui non era un esperto come lo era stato Sabo, ma aveva prestato attenzione quando suo fratello gli aveva spiegato alcune cose, e aveva persino letto un libro o due quando era stato chiaro che non sarebbero stati nella stessa ciurma. Ace sperava che ciò fosse sufficiente per navigare nell’East Blue. Supponeva che sarebbe migliorato con il passare del tempo.

Ace uscì dalla cabina e una volta che fu sicuro che niente sarebbe uscito da quel luogo per colpa dell’ondulare della barca guardò in alto.

Il cielo era terso, con solo alcune piccole nuvole a muoversi su di esso, e Ace si permise di chiudere gli occhi e sentire la brezza del mare accarezzargli la pelle.

Era così strano essere in mare.

Aveva sempre saputo che un giorno sarebbe partito su una nave, ma si era aspettato che quel giorno fosse il suo diciassettesimo compleanno, e si era aspettato che per quel giorno sarebbe anche stato alto e muscoloso, non un moccioso magrolino che non poteva proteggere nessuno.

Scuotendo furiosamente la testa per disfarsi di quel pensiero, Ace osservò lo spazio vuoto del piccolo ponte, opposto a dove c’erano le attrezzature da pesca, e decise che era ora di fare un po’ di esercizio.

 

L’uomo cadde con un pesante colpo e rimase steso al suolo, incosciente e con una ferita aperta sulla testa che sanguinava dove aveva sbattuto sul pavimento.

Ace guardò le sue mani, strette intorno a un palo di legno, e diresse loro un’occhiata infastidita.

Continuava ad essere troppo debole. Quell’uomo, un pirata che non aveva neppure una ricompensa sulla sua testa, l’aveva quasi battuto quando Ace aveva cercato di scontrarsi con lui in un corpo a corpo, e il ragazzo si era visto costretto ad afferrare il primo oggetto simile a un tubo che aveva trovato per combattere.

Ace non si era portato il tubo con sé, non era previsto capace di utilizzarlo nuovamente senza venir assalito dai ricordi del suo fratello morto, e adesso aveva cominciato a rimpiangere quella decisione. Ma non si sarebbe creato un rimpiazzo per sottostare alle sue necessità, no. Ace non voleva dipendere da un arma per lottare, voleva essere capace di utilizzare braccia e gambe per quello, ed era quella stessa ragione che si era promesso di allenarsi persino di più di quello che già faceva. Per diventare più forte.

Con quell’idea in mente, Ace decise di andare a cercare i bulli locali. Tutte le città avevano i loro bulli debolucci che si credevano importanti, ed erano molto utili per mettere alla prova le sue abilità per il momento.

 

Monkey D. Garp era seduto dietro la sua scrivania nel Quartiere Generale della Marina dopo essere tornato da un’altra infruttuosa ricerca dall’East Blue.

D’accordo, aveva fatto visita a Rufy nel villaggio e aveva passato due settimane ad allenarlo, ma non aveva trovato neppure una traccia del suo altro nipote.

Come sempre.

Ace era sparito da più di un anno, giusto dopo la morte di Sabo, senza lasciare più che una nota scritta su un piccolo pezzo di carta dove diceva a Dadan che adesso non si sarebbe dovuta preoccupare di spendere denaro per lui. Aveva scritto anche alcune righe a Garp, dicendogli che in quel modo non avrebbe dovuto mettersi in pericolo per proteggerlo e che, nonostante fosse un fottuto vecchio, non era un nonno poi tanto male.

Quello era il miglior complimento che Garp avesse mai ricevuto da Ace.

Il ragazzo era scomparso da un mese quando Garp era andato a trovarlo a casa di Dadan quella volta, e l’unica ragione per cui il marine non aveva fatto nulla ai banditi era perché aveva potuto vedere che erano sinceramente preoccupati per il ragazzo. Anche Garp era preoccupato, tanto preoccupato che si era messo a piangere sul momento, stringendo il foglio che ancora conservava in una mano.

Era partito dall’isola immediatamente, appena trattenendosi per dire addio a Rufy, e l’aveva cercato per tanto tempo quanto aveva potuto stare fuori dal quartiere prima che Sengoku lo minacciasse di andare lui stesso all’East Blue per trascinare il suo culo a Marineford.

Garp era riuscito unicamente a sentire alcune voci su un moccioso mostruosamente forte che riempiva di botte delle persone sulle varie isole, ma se n’era già andato per quando il marine era arrivato alle suddette isole. Dalle descrizioni fornite da alcune vittime, che coincidevano tutte sul fatto che fosse un bambino irascibile, dai capelli scuri e le lentiggini sul viso, Garp aveva potuto sapere che si trattava di Ace. Sentiva lo stesso ogni volta che andava nell’East Blue almeno su un’isola, ma in ogni caso non era stato in grado di trovare Ace.

Il marine provava sentimenti contrastanti in relazione a quelle voci. Da un lato, erano la prova che Ace almeno era vivo, e diventava più forte dato che ogni volta che anche le sue vittime lo erano sempre più, ma al contempo significava che il ragazzo si stava mettendo costantemente in pericolo, e questo preoccupava Garp.

Nel suo ultimo viaggio, il viceammiraglio aveva sentito menzionare questi incidenti in una base della marina in cui si era formato per fare provvigioni, e non aveva potuto evitare di domandarsi quanto tempo sarebbe passato prima che riuscissero a scoprire chi stesse dietro agli attacchi. Almeno gli uomini parlavano di quello erano sembrati increduli all’idea di un bambino che batteva gli adulti in quella maniera.

 

Ace barcollò all’indietro, riuscendo a malapena a mantenersi in piedi quando ricevette un pugno dritto in faccia.

Ci furono delle risate attorno a lui e lo stesso uomo che lo aveva colpito lo afferrò dal collo della camicia e lo sollevò, avvicinandolo alla suo viso. Ace voltò la testa, cercando di evitare che lo sgradevole alito marcio dell’uomo gli soffiasse in faccia.

-Quindi sei tu il bambinetto mostruoso che ultimamente ha attaccato persone in tutto l’East Blue, eh?-

Ace fulminò l’uomo con lo sguardo e cercò di liberarsi dalla mano che lo sosteneva, guadagnandosi un pugno sullo stomaco.

Ci furono ulteriori risate tra gli altri uomini.

-Lo ucciderai, capo?- domandò qualcuno, e Ace trattenne l’impulso di girarsi per lanciare un’occhiata assassina a quello che aveva parlato, mantenendo i suoi occhi fissi sulla minaccia più immediata.

-Nah. Questo moccioso è forte, potremmo usarlo.-

In quel momento, sentendo quelle parole, Ace si ricordò di Bluejam. Bluejam, che lo aveva utilizzato per preparare il fuoco che aveva bruciato il Grey Terminal. Bluejam, che era venuto con il padre di Sabo per portare Sabo lontano da lui.

Ed Ace vide tutto rosso.

-Non lavorerò per te!- urlò e, prima che qualcuno potesse reagire, aveva dato un calcio in faccia all’uomo con la sufficiente forza da fare in modo che lo lasciasse e che cadesse all’indietro sostenendosi il naso adesso rotto.

Senza pensare, Ace si scagliò su di lui, dando feroci pugni e calci all’adulto, senza rendersi conto che i colpi che non avevano causato molti danni prima adesso stavo rompendo facilmente pelle, muscoli e ossa.

Non fu fino a dopo, quando lui era l’unico ad essere rimasto in piedi in quel vicolo, che Ace guardò le sue mani e si rede conto che queste avevano causato molti più danni di quelli che la sua forza avrebbe dovuto permettergli. Confuso, si domandò perché nessuno degli altri uomini lo avevano attaccato ed alzò la testa per guardarsi intorno, trovandoli tutti lì, stesi al suolo con le armi sparse nelle vicinanze, essendo loro cadute di mano. Nessuno di loro era sveglio.

Si domandò cosa fosse successo, ma non potè trovare nessuna spiegazione.

Ace sorrise, guardandosi attorno per assicurarsi che nessuno dei suoi nemici fosse ancora cosciente prima di avvicinarsi all’ultimo uomo che aveva sconfitto, incosciente come il resto della sua ciurma.

Ricordava di aver visto la faccia di quell’uomo prima, era un pirata relativamente famoso nell’East Blue, con una ricompensa di dieci milioni di Berry sulla sua testa, piuttosto sopra alla media dei pirati di quell’oceano. Era una somma molto buona, e sarebbe servita per rimpiazzare la sua barca che era ormai piuttosto in cattivo stato, ma disgraziatamente Ace non poteva reclamarla.

Poteva essere che non fosse la persona più intelligente del mondo, ma non era neppure un idiota. Ace aveva sentito le voci che circolavano sul suo conto, e sapeva che non appena un ragazzo di dodici anni fosse apparso in una base della marina trascinando un pericoloso capitano pirata completamente sconfitto, i marine avrebbero fatto due più due e lo avrebbero identificato.

Poteva essere che non avesse ufficialmente una taglia sulla sua testa, ma Ace non era molto sicuro che questo significasse che lo avrebbero semplicemente lasciato andare con il denaro.

Non era qualcosa che fosse ansioso di verificare.

Ma, anche senza ottenere i soldi, aveva tratto qualche beneficio da questa battaglia. Aveva vinto, per iniziare, ed era riuscito ad utilizzare la strana abilità che era comparsa un paio di mesi prima per farlo. D’accordo, non era stato perfetto visto che non poteva usarla precisamente a sua volontà, ma l’ira era stata magnifica per farla apparire. Non se l’era cavata male prima, anche se lo avevano superato molto di numero, ma una volta che quell’abilità era apparita di nuovo era stata una questione di minuti sbarazzarsi di tutti i deboli, e il capitano era caduto facilmente in una lotta uno contro uno.

Ace non sapeva precisamente cos’era quell’abilità che migliorava tanto la sua capacità, non era stato capace di trovare informazioni su questa, ma non gli importava molto finchè risultava utile. E non era l’unico potere senza una spiegazione. No, Ace poteva anche sentire delle cose. Sapeva per istinto dov’erano le persone, era capace di prevedere gli attacchi degli altri e a volte poteva persino farsi un’idea di quanto forte qualcuno fosse.

Una volta Ace aveva considerato la possibilità di essersi mangiato un Frutto del Diavolo per sbaglio, ma poteva ancora nuotare, quindi aveva scartata quell’idea.

Dopo vari intenti falliti di scoprire cosa gli stava succedendo, Ace aveva deciso di ignorare il perché e di concentrarsi ad imparare come utilizzare quelle nuove abilità. Guardandosi intorno, non gli sembrò che se la cavasse male.

Il brutto era che questa ciurma era una delle più forte dell’East Blue, e questo voleva dire che presto quest’oceano non sarebbe stato sufficiente per allenarsi.

Forse era ora di cercare informazioni su come entrare nella Grand Line.

 

Ace camminava per le affollate strade in pieno pomeriggio, con attenzione ad evitare qualsiasi colpo che potesse rovinare le sue preziose compere. A parte il fatto di essere assurdamente cari, i Log Pose sembravano oggetti fragili, e Ace non voleva rischiare di romperlo. Avrebbe dovuto infiltrarsi in una nave pirata o due solo per riunire il denaro necessario a comprarne un altro se questo si rompeva.

Almeno navigare con questa strana bussola sembrava piuttosto facile, o lo sarebbe stato se non fosse per le cose strane che aveva letto sul clima della Grand Line. Avrebbe scartato la maggior parte delle cose come bugie o esagerazioni se non fosse stato per le storie che ricordava che il nonno gli aveva raccontato anni fa, quando Ace era piccolo e ancora non sapeva molto del mondo.

Scosse la testa in un tentativo di disfarsi dei ricordi dell’uomo a cui ancora voleva bene nonostante le sue discutibili abilità educative, e si congelò nel vedere dove lo avevano portato i suoi piedi.

Si trovava in un’enorme piazza, le persone camminavano nell’aria circostante come in qualsiasi altro luogo della gremita città, e lì, eretto nell’altro estremo di quell’aperto spazio quadrato, si ergeva un’alta struttura di legno.

Il patibolo.

Il luogo dove tutto era iniziato. Il posto dove l’esecuzione del Re dei Pirati, Gold. D Roger,  aveva avuto luogo quindici anni fa, dove era andato distrutto il posto di Ace al mondo persino prima che questo nascesse.

Ace si allontanò a grandi falciate in una delle molte strade che uscivano dalla piazza e decise che gli sarebbe andato a genio bere qualcosa. Era da vario tempo che aveva imparato come minacciare i camerieri perché gli vendessero alcool, e c’erano molte persone a cui non importava vendere alcool a un bambino che non aveva neppure quattordici anni fin tanto che pagava.

 Ace si guardò attorno, affascinato dall’acqua che ascendeva a una grande velocità sul cammino che lo avrebbe portato alla Grand Line.

Finalmente era qui. Gli era costato quasi un anno raccogliere tutte le informazioni necessarie per entrare nell’oceano più grande del mondo, così come trovare una nave abbastanza robusta da resistere alla dura entrata ma che potesse manovrare bene lui da solo, ma finalmente era qui.

Si era miracolosamente arrangiato per entrare in un canale, essendo stato per vari momenti sicuro che non ce l’avrebbe fatta e che si sarebbe schiantato contro la parete rocciosa, e adesso, con l’acqua che lo portava fino in cima, rise.

Rise per la prima volta in molti mesi, e quando la nave saltò in aria e cadde nella corrente che discendeva a grande velocità si permise di sorridere ampiamente e contemplare la vista affascinato, durante gli eterni attimi che tardò nel scendere ad acque più tranquille tornando ad essere il bambino che aveva corso per il Gray Terminal e il Regno di Goa con il suo fratello e miglior amico, ridendo e litigando e sognando di diventare un grande pirata un giorno.

Sopra all’albero maestro, la bandiera pirata che finalmente aveva deciso di issare ondeggiava furiosamente, mossa dal forte vento.

 

CONTINUA

E un’altra grande avventura ha inizio!

Quando ho chiesto a Mai se ci fosse qualcosa che desiderasse per il compleanno, mi ha risposto che le avrebbe fatto piacere se avessi iniziato a pubblicare Ripple Effect in contemporanea con lei, seguendo le stesse date di pubblicazione della versione spagnola. Ed ecco quindi a voi un'altra opera! Ma soprattutto, buon compleanno a Mai, che come sempre ringrazio per regalare a tutti noi le sue stupende storie. E questa è ufficialmente la prima What if su EFP; onestamente non vado matta per il genere, ma quest’autrice è sempre capace di sorprendermi.

 

ATTENZIONE: Essendo oggi il compleanno dell’autrice, invito tutti, anche i lettori silenziosi e affetti da pigrite cronica (e vi assicuro che vi capisco, so che è una brutta malattia da combattere) a lasciare un commento in segno di gratitudine per tutto il lavoro che svolge e i capolavori che ci regala. È un gesto molto piccolo se paragonato al suo operato, non concordate? (:

 
Per quanto riguarda gli aggiornamenti, onestamente non vi so dire in quanto per la prima volta non sono io a dettare le date di pubblicazione; cercherò di tenervi informati tramite le altre ff, non appena ne saprò qualcosa anch’io. Ad ogni modo credo dovrete portare pazienza, in quanto non so se avete notato, ma ad esempio questo capitolo è lungo come due normali.

 

Grazie mille come sempre per il sostegno e la comprensione,

Lily.

  
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