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Autore: Monkey_D_Alyce    21/05/2014    4 recensioni
La mia vita...si può definire tale?
Tutto quello che sapevo su di me, sulla mia famiglia, sul mio passato...può essere semplicemente una menzogna.
E, come se non bastasse, arriva un serial killer a sconvolgermi la vita! Cosa vuole, costui, da me?
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Innamorata di un assassino
 
 
1° capitolo: Incubo
 
 
 
Buio…nero…cos’è il buio?
E’ un limbo che sovrasta con la sua potenza tutto ciò che gli capita a tiro. E’ quel limbo che tutti dovrebbero temere.
Mette a disagio, assalendo le persone, riempendole di dubbi, paure…peccato che io mi ci trovi bene in quel limbo.
Mi fa sentire a casa, ecco tutto! Mi accoglie nel suo abbraccio freddo.
Il buio fa perdere la via? Per me è un bene, perché io non la voglio ritrovare la via!
Non la voglio trovare, perché so che mi aspetta il mio incubo peggiore, l’uomo che devo chiamare per forza “papà”.
 
“Alzati tesoro, devi andare a scuola!” mi richiama la voce dolce di mia madre.
Altro motivo per rimanere nel buio? La scuola.
Non che a me non piaccia imparare cose nuove, sia ben chiaro! Semplicemente, a scuola ci sono degli “elementi” che ti sfottono appena ne hanno l’occasione, deridendoti davanti a tutti, facendoti sentire la peggior feccia umana di tutto il pianeta.
 
Mi alzo di malavoglia dalla mia “cuccia”, abbandonando il mio tenero peluche a forma di renna.
“Ci si vede Chopper” lo saluto schioccandogli un bacio sul suo nasino blu di plastica lucente.
“Kat, certe volte ti comporti ancora come una bimba di quattro anni! Ti ricordo che ne hai diciassette!” mi rimprovera ridendo mia madre, scompigliandomi dolcemente i miei capelli neri.
Anche se me lo continua a rinfacciare, io non rinuncio a quella piccola renna fatto di pezza con quel cappello rosso.
E’ la mia unica fonte di conforto in questa mia vita monotona.
“Mi spiace! Ma preferisco rimanere un eterno Peter Pan!” ribatto cominciando a vestirmi con una maglietta marchiata “Metallica” , dei jeans blu notte attillati e le mie All Stars personalizzate, cioè, con un mucchio di disegnini con l’angelo della morte e la scritta DEATH dovunque.
Tutti mi reputano una strana ragazza e completamente asociale: mio nonno era un pellerossa, o come viene definito in questi tempi, un Indiano d’America.
Si chiamava Enapay, cioè, Senza Paura, e lui non ne aveva! Camminava sempre a testa alta, fiero delle sue origini e con quel suo lato misterioso che ha fatto innamorare la mia cara nonna.
Lei americana, lui pellerossa fino al midollo.
Mi ricordo che quando ero piccola mi raccontava sempre tante storie sui guerrieri e gli spiriti sacri.
Il resto del tempo lo passava con la mia nonna o a meditare in completa solitudine…
 
 
…“Nonno! Perché te ne stai quasi sempre tutto solo?”
“Perché voglio vivere fuori dagli schemi, in silenzio, pensando ai segreti che ci portiamo dietro da anni e anni, come la lince…”…
 
Alla morte di mio nonno piansi moltissimo. Era una delle poche persone che mi comprendeva veramente oltre alla nonna, che morì poco tempo dopo, di crepacuore per la perdita del suo amato.
 
Riguardo il tatuaggio che decisi di farmi in sua memoria…una lince marchiata con inchiostro indelebile sul mio avambraccio con sotto la scritta “Senza paura”.
 
Mia madre mi scuote, riportandomi bruscamente alla realtà: “Tesoro? Stai bene?” mi chiede prendendo il mio viso tra le sue mani calde e rassicuranti.
“Eh? Sì, sì! Sto benissimo, mamma! Meglio che vada, altrimenti farò tardi a scuola! Inoltre devo andare a prendere Rufy!” esclamo prendendo velocemente il mio zaino nero.
Scendo velocemente giù per le scale e raggiungo la cucina prendendo qualcosa da sgranocchiare durante la strada, peccato che ci sia qualcuno di mia conoscenza a non volermi dare pace nemmeno stavolta.
“Ciao gattina. Divertiti a scuola” dice provocatorio, alzando la testa dal quotidiano, facendomi salire un ringhio gutturale, cosa, che lo diverte ancor di più.
Esco velocemente di casa, decisa a non vedere la faccia di quel bastardo per tutto il resto della giornata. Devo andare dal mio “fratellino”!
 
Raggiungo la sua casa in un paio di minuti, ringraziando il fatto che viviamo piuttosto vicini.
Corro alla sua porta, per poi bussare insistentemente, sapendo il fatto che mi aprirà la porta tutto tranquillo con qualcosa in bocca…poco ma sicuro. Fa sempre così.
“Fiao forellona! Fuoi un fornetto?” mi domanda con la bocca piena di cornetti al cioccolato, mentre quella golosità gli scivola lungo il mento, minacciando di sporcargli la maglietta, raffigurante un Jolly Roger indossante un cappello di paglia, che gli ho regalato per il suo compleanno.
Mi avvicino a lui, pulendogli l’angolo della bocca con la punta dell’indice, per poi mangiare il cioccolato sul mio dito: “No, grazie Rufy. ho finito di mangiare giusto due secondi fa mentre venivo da te!”
Alza le spalle rassegnato, per poi sparire dalla mia vista e ritornare subito dopo “armato” di zaino e cappello di paglia: “Sono pronto!”
 
Giungiamo a scuola chiacchierando del più e del meno, per poi dirigerci verso i nostri rispettivi armadietti, posti uno di fianco all’altro.
Apro, o meglio, tento di aprire l’anta del mio personale “riponi libri” e oggetti personali, dato che una ragazza di mia conoscenza è venuta a cercare rogne.
“Lucinda! Che piacere vederti!” la saluto sarcasticamente, ottenendo una grassa risata da parte sua.
Partiamo subito dal fatto che è considerata la ragazza più bella della scuola e del quartiere.
Non capisco dove la trovino così “dannatamente” bella, considerando il fatto che va in giro come una prostituta, in cerca di spasimanti “usa e getta”.
Altro punto. Davanti ai professori, al Preside e alla gente in generale, fa gli occhi dolci, mentre, quando vede la sottoscritta, rivela il suo vero carattere: una stronza senza cuore, sul serio.
“Ciao Gatta Indiana! Come ti butta?” mi saluta a sua volta con il suo solito tono derisorio.
“Fino ad un attimo fa stavo una meraviglia, ma poi, sfortunatamente, sei arrivata tu a rovinarmi la giornata!” le rispondo stampandomi sulla faccia un sorriso fintamente innocente.
“Ti consiglio di non fare tanto la furbetta. Giochi col fuoco, Gattina! Ci si becca in giro!” ribatte allontanandosi, seguita a ruota dal suo gruppo di amichette, che sogghignano sparlandomi dietro.
“Giuro che prima o poi le sfigurerò la faccia che si ritrova” mi promette Rufy mantenendo il suo sguardo serio e il suo tono calmo e tranquillo. Mi fa ridere quando fa così.
“Ok Rufy! Andiamo? Altrimenti, chi la sente la Prof. di Matematica?” lo intimo evitando di scoppiargli a ridere in faccia per l’espressione che ha assunto.
“CAZZO!!! NON HO FATTO I COMPITI!!!” urla facendosi sentire per tutto il corridoio, attirando così, l’attenzione su di noi.
“MA CHE BABBEO!!! PERCHE’ NON LI HAI FATTI?!?” gli grido contro, dandogli un pugno in testa.
“Perché io non farò mai i compiti per quella cicciona di Alvida. Anche se li faccio, finisco sempre per essere cacciato fuori dall’aula” afferma facendomi un sorriso da orecchio a orecchio.
“Che mentecatto” dico sconsolata, passandomi una mano sulla fronte, come a voler spazzare via un po’ di stress.
Che palle! Perché non ho preso la fermezza e la calma di mio nonno???
Ho capelli neri come la pece lisci e lunghi fino alle spalle, con una frangetta scalata a incorniciarmi il viso, mentre la mia pelle è bronzea. Molto più chiara, rispetto alla carnagione scura di mio nonno.
Gli occhi li ho “ereditati” dalla nonna: sono azzurri come il mare, tranne per delle “linee” rosse scarlatte a rovinarne la loro purezza. Un’altra caratteristica per cui mi definiscono strana.
Forza fisica? Sono campionessa di Capoeira, la mia passione fin da sempre.
Mi ha allenato il padre del mio “fratellino”, Dragon. Lo considero il mio eroe personale.
A causa del suo lavoro (non ha mai capito quale) ha smesso di allenarmi, ma ha affidato l’incarico a Shanks il Rosso, l’uomo che regalò il cappello di paglia a Rufy quando era piccolo.
 
Distolgo la mente dai miei ricordi più belli e felici, per andare dalla mia amica Sarah:
“Olà, Kat!”- mi saluta con un cenno della mano, voltando un’altra pagina del giornale- “Hai sentito la notizia?”
“No, Sarah. Qual è?” le domando perplessa.
“Ho sentito da mio padre che…hai presente il serial killer di cui si parla?” mi chiede a sua volta, interrompendo bruscamente il flusso delle sue parole.
Una caratteristica di lei, anzi, due: la prima è che è la figlia di Smoker, un ufficiale di Polizia, la seconda è che Sarah non ama spiegare le cose due volte.
Cosa realmente dimostrata dalle sue innumerevoli note da parte dei professori, ma nonostante questo, è una studentessa modello.
“Mmh. Ho sentito dire che è accusato di pluriomicidi nei confronti dei gangster. E’ molto ricercato… anche se non ne capisco il motivo…”
“Kat, svegliati!!! Ha ucciso anche vari innocenti, che, a detta delle sue lettere spedite al Corpo di Polizia, erano nel giro…”
“Va bene, Sarah. Ma…sei sicura di averlo sentito dire da tuo padre? Non è che hai rovistato un’altra volta tra le sue scartoffie, vero?” le chiedo mettendola così, con le spalle al muro.
Arrossisce un pochino, cercando di non dare peso alla cosa: “Era una semplice sbirciatina…”
“Vabbè. Di sicuro sarai stata sveglia per tutta la notte leggendo i vari rapporti e facendo ricerche sul killer” osservo dirigendomi al mio posto.
“Esatto Kat! Sei un cazzo di genio! Come hai fatto?” mi domanda ridendo felicemente per la mia “scoperta”.
“Semplice. Mi hai ripetuto miliardi di volte che fai così fin da quando eri bambina e che Smoker ti ordinava di studiare che intrometterti nei suoi affari…”- le rispondo mentre lei mi guarda leggermente stupita, quando la campanella di inizio ora suona…- “Boom Baby!”
 
 
Finite le sei interminabili ore di scuola, esco assieme a Rufy e a Sarah, chiacchierando sulla nostra giornata di scuola, raccontandoci le disavventure a vicenda.
Io e Sarah siamo nella stessa classe, mentre Rufy è nell’altra sezione.
“Ah! Lo sapete ragazze? Pare che sia arrivato il serial killer in città! Che cosa strafica!!!” esclama felicissimo il mio “fratellino”, facendomi sospirare pesantemente, convinta del fatto che la mia compare ne uscirà con una delle sue tipiche frasi: “Tanto mio padre lo beccherà, così avrà la promozione!” detto fatto.
“Non ne dubitiamo, Sarah, tranquilla!” esclamiamo indifferenti io e Rufy, facendola innervosire.
“Chissà perché, ma non vi credo!”
“No, è che sappiamo la fama di tuo padre e quindi, il Grande Cacciatore Bianco non fallirà. E’ questo, che intendiamo” cerco di farla ragionare, mentre Rufy annuisce in continuazione.
Giuro che non sto mentendo. Per colpa di una semplice sbronza, mi ha riaccompagnata a casa personalmente, mentre Sarah vomitava fuori dal finestrino e io ridevo come una scema senza ritegno. Il giorno dopo ci beccammo la ramanzina da parte sua, dandoci delle incoscienti e che una notte in gattabuia non ci avrebbe fatto male.
Da quel momento ho cominciato  chiamarlo “Capo”, dato che impartiva ordini a destra e a manca…solo che lui mi ha sempre chiamato, anzi, ordinato di chiamarlo “Zio”, affermando che mi considerava come una nipote pestifera e che è in continua ricerca di guai.
Una famiglia di sconclusionati, praticamente.
 
“Ehi ragazzi! Che ne dite di fare un salto a casa mia? Mio padre ci preparerà qualcosa!” ci propone Sarah facendo brillare gli occhi.
“N-no-non ce n’è bisogno, s-sul serio!” le rispondiamo io e Rufy impacciati.
“Perché no?” chiede ancora lei, leggermente offesa.
Non voglio venire perché Smoker, a cucinare, è peggio di Rufy!!! Brucerebbe tutto e il cibo saprebbe non solo di bruciato, ma anche di fumo dei suoi due sigari, Sarah!!!
“Io e Rufy dobbiamo fare i compiti…vero, fratellino?”
“S-sì Kat! Andiamo! Altrimenti si farà tardi!!!” esclama felice lui, iniziando a trascinarmi come un carrello della spesa.
Se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo, e purtroppo, ha visto noi…
“Ragazzi! Che piacere vedervi!” ci saluta Smoker, fermando la sua volante e abbassando il finestrino.
“Ciao papi!” risponde al saluto la nostra amica, schioccandogli un bacio sulla guancia.
“Signor Smoker” accenniamo solamente io e Rufy, guardandoci d’intesa come a dire: Dobbiamo andarcene, altrimenti moriremo!
“Vi ho detto di chiamarmi Zio!!! E non datemi del Signore! Mi fate sentire vecchio!” sbotta iracondo, aspirando il fumo dai suoi due sigari per calmarsi, mentre noi cerchiamo di indietreggiare per sfuggire alla sua rabbia.
Sembra che ce l’abbia sempre con noi due, soprattutto con me! Che ho fatto di male?!?
“Ci scusi!” mormora in risposta Rufy chinando il capo, ottenendo uno sbuffo da parte del fumoso.
“Volete venire a casa nostra?” domanda senza farci caso l’uomo, facendoci tremare leggermente, mentre Sarah ghigna divertita da quella scena.
“Ci dispiace, ma io e Ru abbiamo altre cose da fare!” ribatto prendendo il mio “fratellino” per un braccio, avvicinandolo a me, cercando di essere il più convincente possibile.
“Ne siete sicuri? Non è un problema!”- “Non è questo il punto, Zio. E’ che tu sei pessimo a cucinare e quindi non vogliamo venire!”…io uccido. Uccido quel deficiente, senza cervello, mentecatto di Rufy!!!
Una vena pulsante si fa strada sulla tempia di Smoker, facendomi intimorire un poco: mi toccherà pararci il culo.
“Eheheh! Zietto! Rufy non sa quello che dice! E’ colpa delle troppe ore passate sui banchi di scuola, inoltre, ha molta fame!”- “Kat, guarda che non è vero quello che dici…”- “Fratellino, taci, per favore!”- “Ma sorellona…non è colpa mia se lo Zio non sa cucinare…”- “STA’ ZITTO STUPIDO!!!”
A fermarmi dal mio primo omicidio è Smoker, che perdona Rufy per la sua maleducazione.
Lui sta per ribattere, ma gli tappo la bocca per non fargli dire altro, facendo una risatina nervosa: “Ti ringrazio per la comprensione, Zio!”
Così salutiamo lui e Sarah, per poi dirigerci verso casa mia, al fine di far svolgere a Rufy, per una volta buona, i compiti di Matematica.
 
Camminiamo in silenzio, per poi arrivare alla mia dimora (anche se non la considero tale).
Entrando, noto subito un borsone da viaggio e, senza pensarci su due volte, mi dirigo in cucina, seguito a ruota da Rufy, dove sento provenire le voci di mia madre, quella di lui e di un’altra voce a me famigliare…
“Bentornata tesoro! Oh! Ci sei anche tu, Rufy!” ci saluta sorridente mia madre.
L’attenzione degli altri due viene presa dalla nostra entrata in scena…
“Ciao piccola Kat! Sei cresciuta in fretta! Anche tu, Rufy!” ci saluta il nuovo arrivato, leccandosi le labbra, mentre si alza dalla sedia su cui era spaparanzato…disgustoso.
“E’ un piacere vederti, Doflamingo” rispondo al saluto freddamente, trascinando Rufy dietro di me, come a proteggerlo dalle mani del biondo.
“Kat! Non si tratta così un tuo parente stretto! E’ tuo zio!” mi rimprovera mia madre, lanciandomi un’occhiataccia.
“Già Kat…tua madre ha ragione…dovresti essere punita quando parli in modo così maleducato” gli da manforte lui.
 
 
 
“Fufufufufufu! Tranquillo Mihawk. Non è un problema!” ride Doflamingo, avvicinandosi con passi lenti a calcolati a noi due… l’incubo…è peggiorato…




Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!
Dico subito che questa FF è la "modifica" di "A different love".
Già! A me non piaceva come l'avevo scritta, quindi, ho deciso di rifarla.
Questo capitolo lo dedico a KikiShadow93! Kiki-san! Non ti ringrazierò mai abbastanza per l'appoggio e l'aiuto che mi dai!!! Grazie Milleeeee!!!
Non ho altro da aggiungere!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!!!!
Alyce :))))))))
  
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